Da diversi anni si riscontra un crescente malcontento dei cittadini verso la politica che dovrebbe governarli, al punto che la presenza di manifestazioni in via Garibaldi di fronte a Palazzo Tursi si sono fatte via via più frequenti e numerose. Nelle ultime, insieme alla coscienza dello scemare dell’ascolto da parte delle Istituzioni di fronte all’ingigantirsi dei problemi, si è aggiunta per conseguenza anche una maggiore determinazione dei manifestanti, al punto che spesso viene sbarratol’ingresso al “palazzo” chiudendo il portone della sede del Comune. Che diventa il “Fortino Tursi”.
Il portone di Tursi risale al secolo scorso, forse qualche anno prima del 1900, e fu costruito secondo i metodi in uso nel tempo di costruzione del palazzo, richiamando l’idea del distacco tra signorotti e cittadini, considerati “al di fuori”, “estranei”, mentre i giochi della politica venivano svolti all’interno delle grandi corporazioni d’interesse e della nobiltà. Questo distacco trova la sua rappresentazione pratica nell’esistenza degli offendicula, ossia dei sistemi di offesa presenti sulle recinzioni (punte metalliche, cocci di vetro) e nei portoni (punte a cono orizzontali), a difesa della proprietà privata. Non fa eccezione il nostro caro portone a Tursi.
La giurisprudenza moderna ha normato con precisione gli offendicula, consentendone il posizionamento solo in posizioni difficilmente raggiungibili e con opportune segnalazioni, e la giurisprudenza è ormai unanime nel considerarli illegittimi nei casi nei quali il danno cagionabile non sia proporzionale alla necessità di difendere una proprietà, che tra l'altro nel caso di Tursi è pubblica. Anche l’esplicita volontà personale di superare una delimitazione fa parte del processo valutativo sulla loro tollerabilità.
Applicando questo concetto di proporzionalità e di volontà a Palazzo Tursi, appare evidente che l’esistenza di un portone senza punte sporgenti sarebbe già ampiamente sufficiente a difenderne l’inaccessibilità, per cui l’atteggiamento dell’amministrazione che richiede la chiusura del portone nonostante la presenza degli offendicula citati potrebbe costituire uno di quei casi di sproporzionalità tra offesa e difesa.
Aggiungiamo a questo altri due ragionamenti: il primo riguarda gli agenti di polizia municipale, che appaiono sprovvisti di protezioni individuali specifiche nel momento nel quale stazionando di fronte al portone si espongono alla possibilità di essere spinti con la schiena contro le punte, fatto tra l’altro già avvenuto ripetutamente, motivo per il quale il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del Comune ha messo in mora l’amministrazione su tale rischio, dichiarando tra l’altro, si legge nella nota inviata, “… che un eventuale ulteriore infortunio non potrà essere ritenuto accidentale in quanto tale rischio è, da questo momento, messo a conoscenza del Datore di Lavoro”. La presenza delle punte complica anche il lavoro degli agenti, che oltre a contenere i manifestanti devono, nello stesso momento, fare attenzione a non ferirsi.
Il secondo riguarda invece i manifestanti, per i quali la presenza delle punte sporgenti sul portone rappresenta un evidente pericolo di ferimento sproporzionato rispetto alla necessità di contenere la protesta al di fuori del palazzo, anche perché l’azione di avvicinamento al portone potrebbe essere determinata da cause diverse dalla volontà personale, potendo una persona essere anche spintonata da dietro, per cui la presenza degli offendicula in questi casi risulta essere visibilmente contraria al codice.
Pare che l’unica soluzione per il Sindaco sia quella di organizzare in modo differente la difesa del fortino, lasciando aperto il portone e utilizzando le transenne, oppure di dotare il portone di un vetro temperato che protegga dalle punte, ammodernando quindi la funzione di un palazzo amministrativo moderno, il che parrebbe sicuramente incomprensibile per un signorotto medioevale certamente pronto a gettare anche olio bollente sui manifestanti affamati, ma è perfettamente in linea non solo con il codice moderno ma anche con la logica ed il rispetto della incolumità pubblica.
Una cosa è certa: chi avesse la responsabilità del prossimo contuso, non potrà difendersi affermando di non conoscere il problema. (Stefano De Pietro)
Il portone di Tursi risale al secolo scorso, forse qualche anno prima del 1900, e fu costruito secondo i metodi in uso nel tempo di costruzione del palazzo, richiamando l’idea del distacco tra signorotti e cittadini, considerati “al di fuori”, “estranei”, mentre i giochi della politica venivano svolti all’interno delle grandi corporazioni d’interesse e della nobiltà. Questo distacco trova la sua rappresentazione pratica nell’esistenza degli offendicula, ossia dei sistemi di offesa presenti sulle recinzioni (punte metalliche, cocci di vetro) e nei portoni (punte a cono orizzontali), a difesa della proprietà privata. Non fa eccezione il nostro caro portone a Tursi.
La giurisprudenza moderna ha normato con precisione gli offendicula, consentendone il posizionamento solo in posizioni difficilmente raggiungibili e con opportune segnalazioni, e la giurisprudenza è ormai unanime nel considerarli illegittimi nei casi nei quali il danno cagionabile non sia proporzionale alla necessità di difendere una proprietà, che tra l'altro nel caso di Tursi è pubblica. Anche l’esplicita volontà personale di superare una delimitazione fa parte del processo valutativo sulla loro tollerabilità.
Applicando questo concetto di proporzionalità e di volontà a Palazzo Tursi, appare evidente che l’esistenza di un portone senza punte sporgenti sarebbe già ampiamente sufficiente a difenderne l’inaccessibilità, per cui l’atteggiamento dell’amministrazione che richiede la chiusura del portone nonostante la presenza degli offendicula citati potrebbe costituire uno di quei casi di sproporzionalità tra offesa e difesa.
Aggiungiamo a questo altri due ragionamenti: il primo riguarda gli agenti di polizia municipale, che appaiono sprovvisti di protezioni individuali specifiche nel momento nel quale stazionando di fronte al portone si espongono alla possibilità di essere spinti con la schiena contro le punte, fatto tra l’altro già avvenuto ripetutamente, motivo per il quale il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del Comune ha messo in mora l’amministrazione su tale rischio, dichiarando tra l’altro, si legge nella nota inviata, “… che un eventuale ulteriore infortunio non potrà essere ritenuto accidentale in quanto tale rischio è, da questo momento, messo a conoscenza del Datore di Lavoro”. La presenza delle punte complica anche il lavoro degli agenti, che oltre a contenere i manifestanti devono, nello stesso momento, fare attenzione a non ferirsi.
Il secondo riguarda invece i manifestanti, per i quali la presenza delle punte sporgenti sul portone rappresenta un evidente pericolo di ferimento sproporzionato rispetto alla necessità di contenere la protesta al di fuori del palazzo, anche perché l’azione di avvicinamento al portone potrebbe essere determinata da cause diverse dalla volontà personale, potendo una persona essere anche spintonata da dietro, per cui la presenza degli offendicula in questi casi risulta essere visibilmente contraria al codice.
Pare che l’unica soluzione per il Sindaco sia quella di organizzare in modo differente la difesa del fortino, lasciando aperto il portone e utilizzando le transenne, oppure di dotare il portone di un vetro temperato che protegga dalle punte, ammodernando quindi la funzione di un palazzo amministrativo moderno, il che parrebbe sicuramente incomprensibile per un signorotto medioevale certamente pronto a gettare anche olio bollente sui manifestanti affamati, ma è perfettamente in linea non solo con il codice moderno ma anche con la logica ed il rispetto della incolumità pubblica.
Una cosa è certa: chi avesse la responsabilità del prossimo contuso, non potrà difendersi affermando di non conoscere il problema. (Stefano De Pietro)
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