giovedì 18 dicembre 2014

OLI 419: GUERRE - Siria, resistere in attesa d'aiuto

Mentre Mazen Darwish, giornalista e direttore del Centro per i media e la libertà di espressione, così come centinaia di attivisti finiva in carcere, il regime con le amnistie liberava fondamentalisti e tagliagole .Questa prassi è confermata anche dalla scrittrice siriana Samar Yazbek, alawita come il presidente siriano e
imprigionata come oppositrice. Quando si trovava nel Nord della Siria per dare sostegno alle donne dei campi profughi, racconta di avere parlato con diversi jihadisti:“Ho parlato con loro per un anno intero sulla linea del fronte… alcuni mi hanno detto che erano in prigione con me e che Bashar li aveva rilasciati nel mese di aprile 2011”.
Un errore che  compie chi si  pone la domanda: “È meglio lo Stato Islamico o Asad?” sta nel considerare Asad il male minore, facendo una distinzione tra l’orco buono e l’orco cattivo. Lo sbaglio è porre come unica alternativa Asad all’Is: la Siria non è Asad, il pluralismo politico e il laicismo esistevano in Siria prima del colpo di stato di Hafez al Asad.
Quello che non sapete e che non vi dicono è  inoltre che  in questo momento in Siria, sotto le bombe e sotto il giogo della dittatura e dei gruppi sedicenti islamici, una coraggiosa parte di cittadinanza resiste.
Resistono documentando le atrocità, resistono scrivendo, resistono filmando, resistono riunendosi, resistono con la satira (cercate le meravigliose vignette quotidiane che arrivano dalla città di Kafranbel- www.occupiedkafranbel.com), resistono andando a scavare tra le macerie, resistono non scappando dal territorio siriano.
Sono gli ultimi, sono il seme della speranza di un popolo .
Se e quando questo genocidio cesserà torneranno i siriani scappati all'estero? Avranno voglia, avendone una minima possibilità, di ricominciare una nuova vita partendo da zero? Di certo torneranno quelli che hanno ora formato tendopoli grandi come città .Il campo profughi di Zaatari in Giordania è  la più grande città di quel paese, erano 25.000 mila unità tenda sparse in 5 km quadrati nel 2013.
Il più grande esodo da quello del Ruanda, 6000 profughi in più ogni giorno.
Diciassette milioni di persone pare abbiano abbandonato le proprie case, muovendosi dentro o fuori dal territorio siriano e questo su una popolazione di 22 milioni di abitanti!
Dopo circa tre anni le tende fornite in parte dall'UNCR e dalla mezza luna rossa nei vari campi organizzati in Giordania, Libano e Turchia, non reggono più l'acqua. Basta poca pioggia e il terreno si trasforma in fango scivoloso come il sapone, quelli che hanno una stufa rischiano di morire bruciati, gli altri rischiano di morire di freddo in inverno e di caldo in estate.
Abbiamo visto i campi spontanei lungo il confine con la Turchia. Cercate di immaginare cosa vuol dire stare in una tenda estate e inverno, con qualche materassino e qualche coperta, un paio di pentole, nessuna intimità, nessuna luce, nessuna possibilità di lavarsi . “Non conosco nessuno” dice una donna affranta. Sradicati da tutto. “Qui siamo più al sicuro, ma questa è vita ?.
Anche per questo alcuni resistono in città bombardate quotidianamente come Aleppo (ma la lista è lunghissima). Una “roulette russa” in cui provi a vivere sapendo che presto potrebbe toccare a te o ai tuoi famigliari. Le bombe infatti cadono a “caso”, non ci sono zone sicure, non ci sono motivazioni plausibili se non l'intento “terroristico” del governo siriano. Nel mirino sono soprattutto gli ospedali e le zone dove le persone si raccolgono, come i mercati.
Cosa si può fare?
Intanto pretendere di essere informati su quanto accade. Considerare che ogni giorno arrivano profughi siriani sul territorio Italiano eppure non è stato istituito un canale particolare di protezione. Una famiglia è arrivata a piedi dalla Grecia! Solitamente transitano per Milano e hanno bisogno di tutto.
Per quanto riguarda Genova esiste una piccola associazione, “Time for peace “, che è una vera rarità per il capitolo che affronta. Un piccolo gruppo di tecnici, ingegneri, ortopedici e di semplici volontari sono riusciti a creare delle validissime protesi ortopediche a basso costo per il terzo mondo. Si recano in Turchia, vicino al confine con la Siria e lì verificano le conseguenze dei bombardamenti indiscriminati. Una quantità vastissima di bambini, donne, anziani amputati e anche tra i giovani maschi coloro che hanno subito l'amputazione guerreggiando non sono la maggioranza. In dieci giorni, il tempo possibile che si può prendere di ferie dal lavoro, riescono a fare, quasi non dormendo, una decina di protesi. Dipende molto dalla complicazione dei casi che si presentano.
Rendere autonoma una persona amputata libera un'intera famiglia dall'accudimento continuo. Per poter migliorare il loro lavoro avrebbero bisogno di fondi, per realizzare le protesi e finanziare lo stampo per produrre il nuovo ginocchio. Un ginocchio a basso costo, ma dalle prestazioni ideali  che potranno distribuire a tutti i gruppi che fanno protesi a basso costo.
Per visionare i loro progetti : timeforpeacegenova.org.
In questo momento mi ha telefonato una delle due o tre persone arabofone che in Italia sono state prese spontaneamente come riferimento da chi sta viaggiando nel mediterraneo verso le nostre coste. “Hanno chiamato dalle acque libiche che stanno imbarcando acqua e affogheranno. Sai quante volte non so poi più nulla di queste persone che chiamano? Una volta su dieci, una barca su dieci sparisce e l'unica cosa che rimane è una telefonata. Io non posso far altro che avvisare la capitaneria, ma se non ho le coordinate e sono in acque libiche sono certa che non ne sapremo più nulla”.
(Alessandra Raggi - immagini da internet)


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