“A POCHI MINUTI DA / A FEW MINUTES FROM / PALAZZO DUCALE”, esclama un grande pannello sistemato da non molto nel cortile minore di Palazzo Ducale a Genova – quello che affaccia su piazza De Ferrari, di grande passaggio – con una pianta semplificata del centro cittadino.
Vi sono evidenziati alcuni importanti poli culturali, con linee rosse che suggeriscono i percorsi per raggiungerli e, nella fascia in basso, indicazioni pratiche sulla localizzazione, gli orari di apertura, le distanze e i tempi per raggiungerli a piedi o in autobus. Sono citati anche i due organismi che hanno prodotto tale informazione: “Genova Palazzo Ducale – Fondazione per la Cultura” e “Genova Musei”, che fa capo all’Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune.
Compaiono solo complessi museali, oltre ovviamente lo stesso Palazzo Ducale. Una scelta di campo limitata, che sulle prime può apparire riduttiva, ma che in fin dei conti è condivisibile, in una città antica che è un unico grande monumento in cui c’è molto altro da trovare, conoscere e godere, la cui presentazione avrebbe però creato qui un farraginoso sovraccarico di dati e annullato l’efficacia di questo sintetico strumento promozionale.
Fissiamo pure l’attenzione sui musei, come luoghi in cui si concentrano variegate testimonianze del passato e del presente, lasciando la scoperta di tutto il resto all’autonomia dei visitatori.
Ma perché soltanto questi?
Vediamo infatti il Museo del Risorgimento, i Musei di Strada Nuova, il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone, il Museo di Sant’Agostino, il Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce; oltre all’Acquario di Genova, anch’esso a pieno titolo museo naturalistico, con animali vivi e non imbalsamati. E basta, in una città con ben altra ricchezza di strutture analoghe.
Non è difficile immaginare il criterio col quale sono stati selezionati: salvo prova contraria, si tratta degli unici musei civici presenti nell’area rappresentata e gestiti direttamente ed esclusivamente dal Comune; a parte il Ducale – dove ci si trova – e il famoso Acquario, che in virtù di un’eccellente strategia promozionale è ancor oggi impropriamente considerato da molti, fuori Genova, il principale motivo – se non l’unico – per venire da noi e quindi può anche starci, come riferimento e rimando di grande notorietà.
Se davvero è così, il pannello in questione risulta indecente, irritante e inaccettabile.
Vogliamo promuovere la città nel suo insieme, o soltanto un settore della sua amministrazione?
Intendiamo privilegiare le esigenze dei visitatori e dell’intera collettività, o soltanto di coloro che si occupano di una parte dei beni accessibili al pubblico – di cui non sono proprietari, ma gestori per conto della comunità – e che hanno prodotto questo invito?
Ai turisti, e anche ai residenti, interessa poco sapere se il tale museo fa capo al Comune piuttosto che allo Stato, o a una realtà ecclesiastica o privata, se non come informazione accessoria che arricchisce la conoscenza storica, ma non incide sulla sua sostanza di tessera di un vasto mosaico, la quale ha senso anche e soprattutto nel suo rapporto organico con tutto il resto, poco importa quale sia l’ente che se ne cura.
Dov’è il Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, appena al di là della piazza? Che fine ha fatto il Galata Museo del Mare, comunale ma con una gestione a sé stante che tocca anche la vicina Commenda di Prè? E il Museo del Tesoro di San Lorenzo, gioiello di fama mondiale tra gli addetti ai lavori, condiviso da Comune e Curia arcivescovile? E il Museo Diocesano? E il complesso conventuale e museale di Santa Maria di Castello? E il Museo dei Beni Culturali Cappuccini? E la magnificenza delle Gallerie nazionali di Palazzo Spinola e Palazzo Reale, proprietà dello Stato e non del Comune? E il Museo Luzzati a Porta Siberia? E la Villa del Principe, tuttora degli eredi di Andrea Doria?
Solo per citarne alcuni.
Continueremo a fare poca strada, se ciascuno continuerà a farla nel proprio carrugio.
(Ferdinando Bonora – fotografie dell’autore)
Vi sono evidenziati alcuni importanti poli culturali, con linee rosse che suggeriscono i percorsi per raggiungerli e, nella fascia in basso, indicazioni pratiche sulla localizzazione, gli orari di apertura, le distanze e i tempi per raggiungerli a piedi o in autobus. Sono citati anche i due organismi che hanno prodotto tale informazione: “Genova Palazzo Ducale – Fondazione per la Cultura” e “Genova Musei”, che fa capo all’Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune.
Compaiono solo complessi museali, oltre ovviamente lo stesso Palazzo Ducale. Una scelta di campo limitata, che sulle prime può apparire riduttiva, ma che in fin dei conti è condivisibile, in una città antica che è un unico grande monumento in cui c’è molto altro da trovare, conoscere e godere, la cui presentazione avrebbe però creato qui un farraginoso sovraccarico di dati e annullato l’efficacia di questo sintetico strumento promozionale.
Fissiamo pure l’attenzione sui musei, come luoghi in cui si concentrano variegate testimonianze del passato e del presente, lasciando la scoperta di tutto il resto all’autonomia dei visitatori.
Ma perché soltanto questi?
Vediamo infatti il Museo del Risorgimento, i Musei di Strada Nuova, il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone, il Museo di Sant’Agostino, il Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce; oltre all’Acquario di Genova, anch’esso a pieno titolo museo naturalistico, con animali vivi e non imbalsamati. E basta, in una città con ben altra ricchezza di strutture analoghe.
Se davvero è così, il pannello in questione risulta indecente, irritante e inaccettabile.
Vogliamo promuovere la città nel suo insieme, o soltanto un settore della sua amministrazione?
Intendiamo privilegiare le esigenze dei visitatori e dell’intera collettività, o soltanto di coloro che si occupano di una parte dei beni accessibili al pubblico – di cui non sono proprietari, ma gestori per conto della comunità – e che hanno prodotto questo invito?
Ai turisti, e anche ai residenti, interessa poco sapere se il tale museo fa capo al Comune piuttosto che allo Stato, o a una realtà ecclesiastica o privata, se non come informazione accessoria che arricchisce la conoscenza storica, ma non incide sulla sua sostanza di tessera di un vasto mosaico, la quale ha senso anche e soprattutto nel suo rapporto organico con tutto il resto, poco importa quale sia l’ente che se ne cura.
Dov’è il Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, appena al di là della piazza? Che fine ha fatto il Galata Museo del Mare, comunale ma con una gestione a sé stante che tocca anche la vicina Commenda di Prè? E il Museo del Tesoro di San Lorenzo, gioiello di fama mondiale tra gli addetti ai lavori, condiviso da Comune e Curia arcivescovile? E il Museo Diocesano? E il complesso conventuale e museale di Santa Maria di Castello? E il Museo dei Beni Culturali Cappuccini? E la magnificenza delle Gallerie nazionali di Palazzo Spinola e Palazzo Reale, proprietà dello Stato e non del Comune? E il Museo Luzzati a Porta Siberia? E la Villa del Principe, tuttora degli eredi di Andrea Doria?
Solo per citarne alcuni.
Continueremo a fare poca strada, se ciascuno continuerà a farla nel proprio carrugio.
(Ferdinando Bonora – fotografie dell’autore)
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