Alle 10 di venerdì 3 ottobre la sala è completa, un pubblico formato da esperti e medici riuniti alla Berio per la Campagna Europea sulla gestione del rischio da stress lavoro-correlato. In agenda anche esperienze aziendali. Tra i relatori Inail, psicologi, sindacato e Confindustria, la top ten della materia, tra cui alcuni componenti della commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro.
Il clima pare sereno e volto a proporre buone pratiche per il bene di lavoratori e aziende. Il tema è delicato ma, una volta convenuto che “manca lo stressometro” e che il fenomeno è di difficile misurazione, nelle parole dei relatori cresce la profonda distanza tra chi rappresenta il sindacato e chi le aziende, tra chi crede nella campagna e chi non ci crede. Il momento economico pone “ben altre” questioni, dichiara infatti Fabio Pontrandolfi di Confindustria, “se il lavoro non c'è, c'è poco da stressarsi”. Ma anche sulla campagna stessa il relatore nutre perplessità e dichiara che è un errore legare lo “stress lavoro-correlato” a “fattori sociali”. Anche sul come fare la valutazione del rischio stress Confindustria lamenta poca chiarezza a livello normativo, sulle parti datoriali, denuncia, grava il compito di dover gestire “un tema che si alimenta della sua stessa incertezza”. Meglio parlar d’altro, suggerisce Pontrandolfi , magari della campagna futura, quella sull’invecchiamento attivo sul lavoro, cercando di non far pagare alle aziende il costo sociale dell'anzianità dei dipendenti.
E' un fiume in piena Cinzia Frascheri, CISL, sono solo due le ore di formazione dedicate in azienda a questo tema. E anche sul ruolo del medico competente rivendica la necessità di uno sguardo più attento all'organizzazione del lavoro e agli effetti che ha sul dipendente, al suo reale benessere. Frascheri denuncia che sovente i medici hanno una modalità spiccia - tot a visita, tot soldi - e che l'Italia ci ha messo quattro anni per recepire un accordo europeo, costretta dall'obbligo di farlo. Un medico competente interverrà, poco dopo, dichiarandosi stressato dal dibattito e lamentando l'assenza al tavolo dei relatori di una figura professionale che rappresenti la categoria. Al tavolo, in effetti, non c'è nemmeno un Rappresentante dei
Lavoratori per la Sicurezza.
La possibilità di affrontare seriamente il rischio dello stress lavoro-correlato pare quindi soffocata, in primis, da una valutazione esclusivamente a carico dell'azienda e, a livello istituzionale, da uno sguardo corto che non prevede di esaminare gli effetti dell'erosione di lavoro sui dipendenti stessi. In quella sede è stato confermato che non esistono commissioni di esperti che valutino l'impatto psicologico delle numerose crisi aziendali italiane – datori di lavoro stessi ricorrono al suicidio - su tutti i soggetti coinvolti. E nessuno, pare, ad oggi, voler considerare i costi che graveranno in futuro sul SSN. Quindi vietato stressarsi se l'azienda va in crisi.
Chi fosse rimasto nel pomeriggio, a sala ormai semivuota, avrebbe sentito parlare di Genova Parcheggi e dello stress causato dal rapporto con l'utenza, dell'ospedale di San Martino e della gestione dello stress generato dalla relazione con i pazienti o dal rischio di contagio di malattie gravi. Nel pomeriggio idee e modelli hanno avuto voce. Ma a quell'ora parte dei protagonisti del mattino erano già svanita.
(Giovanna Profumo - immagine di Guido Rosato - foto dell'autrice)
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