“Quell’universitaria in Ferrari figlia di tredici anni inutili di scuola”, titolava in prima pagina domenica 1 dicembre il Corriere della Sera, spendendo quasi tre mezze colonne per una reprimenda ai “ ragazzi e ragazze che hanno imbrogliato, sottraendo ai bisognosi e magari più meritevoli”, chiedendosi “se la scuola serve a qualcosa, se fornisce educazione civica, se i figli non sanno ribellarsi ai padri su quel minimo di eticità su cui si fonda la convivenza civica”. Giusto, troppo comodo però dare colpa alla scuola, in fondo in fondo alle famiglie e a nient’altro.
C’è la crisi, si è scoperto però che da Nord a Sud s’ imbroglia per ottenere agevolazioni su borse di studio, rette mensa, asili nido, tanto che d’ora in poi, decreta il governo, si potrà fare un’autocertificazione “parziale” dei redditi, ai dati importanti risponderà direttamente l’agenzia delle entrate. Ah sì? E ad esempio per quelli che hanno auto intestate a società, la villa–casale dichiarata al catasto casa agricola, bilanci in passivo perenne, che si fa? Si dirà, l’imbroglio è nell’animo umano, quanti cittadini-modello girano con il tagliando park invalidi della zia che manco guida, in fondo che male vi fo?
Ormai il senso di comunità pare la sottile linea grigia che si sbiadisce sul mare all'orizzonte, puoi dare addosso alla scuola, ma è la famiglia l’ambiente primario, cui un individuo dovrebbe fare riferimento. Nella società dell’apparire forse si sono rimescolati i modelli e non ce ne siamo accorti, non abbiamo ancora messo a fuoco i danni.
Anche la legge pare un po’ meno uguale a quella di una volta.
Farà scuola la sentenza pronunciata nei giorni scorsi dalla corte d’appello di Genova (Secolo, 2/11): almeno sul piano penale non è reato dichiarare un reddito fasullo per accedere alla riduzione dell’abbonamento dell’autobus (e con l’azienda trasporti in bancarotta..).
I magistrati infatti hanno stralciato in secondo grado l’addebito di falso contestato ad una quarantenne, che aveva dichiarato con atto notorio di non arrivare al reddito di settemilacinquecento euro. Omettendo di essere inserita nello stato di famiglia come convivente di un medico: convivente però non vuol dire moglie a quanto sembra per i giudici, e qui giuristi e femministe potrebbero schiumare, perciò la sua dichiarazione, compreso il reddito non era poi “così falsa”. Si è passati quindi ad ipotizzare sul piano penale il reato specifico per “indebita percezione di erogazioni ai danni dello stato” e sorpresa però, tale reato non si lo può applicare se il “beneficio ricevuto “ è inferiore ai quattromila euro. Al massimo una sanzione amministrativa, l’avvocato in trionfo, la signora estasiata.
Di fatto, la sentenza suggerisce che si può fare un pochino i furbetti, carta straccia diverranno dunque tutti quelle denunce ai suddetti furbetti strombazzate in tv, con buona pace per chi il furbo non fa e ogni tanto si sente pure un po’ fesso.
(Bianca Vergati - immagine di Guido Rosato)
C’è la crisi, si è scoperto però che da Nord a Sud s’ imbroglia per ottenere agevolazioni su borse di studio, rette mensa, asili nido, tanto che d’ora in poi, decreta il governo, si potrà fare un’autocertificazione “parziale” dei redditi, ai dati importanti risponderà direttamente l’agenzia delle entrate. Ah sì? E ad esempio per quelli che hanno auto intestate a società, la villa–casale dichiarata al catasto casa agricola, bilanci in passivo perenne, che si fa? Si dirà, l’imbroglio è nell’animo umano, quanti cittadini-modello girano con il tagliando park invalidi della zia che manco guida, in fondo che male vi fo?
Ormai il senso di comunità pare la sottile linea grigia che si sbiadisce sul mare all'orizzonte, puoi dare addosso alla scuola, ma è la famiglia l’ambiente primario, cui un individuo dovrebbe fare riferimento. Nella società dell’apparire forse si sono rimescolati i modelli e non ce ne siamo accorti, non abbiamo ancora messo a fuoco i danni.
Anche la legge pare un po’ meno uguale a quella di una volta.
Farà scuola la sentenza pronunciata nei giorni scorsi dalla corte d’appello di Genova (Secolo, 2/11): almeno sul piano penale non è reato dichiarare un reddito fasullo per accedere alla riduzione dell’abbonamento dell’autobus (e con l’azienda trasporti in bancarotta..).
I magistrati infatti hanno stralciato in secondo grado l’addebito di falso contestato ad una quarantenne, che aveva dichiarato con atto notorio di non arrivare al reddito di settemilacinquecento euro. Omettendo di essere inserita nello stato di famiglia come convivente di un medico: convivente però non vuol dire moglie a quanto sembra per i giudici, e qui giuristi e femministe potrebbero schiumare, perciò la sua dichiarazione, compreso il reddito non era poi “così falsa”. Si è passati quindi ad ipotizzare sul piano penale il reato specifico per “indebita percezione di erogazioni ai danni dello stato” e sorpresa però, tale reato non si lo può applicare se il “beneficio ricevuto “ è inferiore ai quattromila euro. Al massimo una sanzione amministrativa, l’avvocato in trionfo, la signora estasiata.
Di fatto, la sentenza suggerisce che si può fare un pochino i furbetti, carta straccia diverranno dunque tutti quelle denunce ai suddetti furbetti strombazzate in tv, con buona pace per chi il furbo non fa e ogni tanto si sente pure un po’ fesso.
(Bianca Vergati - immagine di Guido Rosato)
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