L’ultimo avamposto del passato resiste deserto sotto il ponte della sopraelevata: è il chiosco del quotidiano l’Unità.
L’evoluzione della Festa, negli anni, ha registrato continue svolte a destra, partendo dal nome -
Unità appunto, mal tollerato dagli ex democristiani, ma rivendicato oggi come baluardo di larghe pacificazioni - per affondare sui contenuti, sino a quello che viene dato oggi a simpatizzanti ed elettori del Pd, un partito che è tutto e il contrario di tutto, dove tutto può accadere ma che ha chiuso definitivamente con la propria componente di sinistra.
A testimoniare i diritti, per salvare il salvabile, il ministro Cécile Kienge, la faccia migliore e più autentica di questa festa di governo, alla quale bisognerà prima o poi offrire fatti concreti con leggi vere, votate, applicabili, per essere credibili.
Il resto lo difende Enrico Letta, alla Festa Democratica Nazionale il 30 agosto a Genova, davanti ad una numerosa platea di anziani militanti, entusiasti e tolleranti con i dirigenti del Pd solo come i pazienti genitori sanno esserlo con i figli.
Di riforma costituzionale e modifica di Camera e Senato parla il nipote di Gianni Letta che prospetta
un’unica Camera che faccia le leggi e che dia la fiducia, con la metà del numero di parlamentari di oggi, un Senato composto esclusivamente da rappresentanti dei sindaci e delle regioni, non persone nuovamente elette, ma come
Marco Doria o Claudio Burlando… persone, dice il primo ministro, che controllino dal punto
“di vista del federalismo” che cosa fanno parlamento e governo. Il tutto annaffiato da
una solida legge elettorale, affinché accada come in Francia e Spagna che quando si vota poi si governa, per quattro o cinque anni. L’estero, è evidente, non viene citato per altre cose – conflitto di interessi, leggi ad personam, sentenze della magistratura – altrimenti le larghe intese si stringerebbero attorno al collo del primo ministro che ancora non sa e non può sapere che fine farà il suo governo. Il resto è un inno alla moderazione, al sacrificio e alla pacatezza in una
situazione straordinaria di
larghe intese che Letta dice di guidare nell'ottica di un progetto paese che vedrà in futuro la vittoria dell'area riformista.
Alla Festa di Genova va in onda la difesa d'ufficio di riforma dell'Imu e di Service Tax in nome dell'
equità e della progressività, in nome del
federalismo - ma non era caro alla Lega? - e dell'autonomia dei Comuni sulla base del principio
vedo, pago, voto elemento essenziale del rapporto tra cittadino e sindaco, attraverso il quale il governo si deresponsabilizza totalmente, accollando sadicamente sulle spalle dei sindaci italiani tutte le responsibilità di scelte fiscali indispensabili per far funzionare le città.
Sarà la componente cattolica del primo ministro ad averlo condotto in un sentiero degno di Ponzio Pilato?
L’Europa si affaccia alla festa nazionale del Pd con la presenza dei segretari del Partito Socialista Francese Désir e del Partito Socialista Operaio Spagnolo Rubalcaba. Ma si affaccia soltanto, per rimanere incomprensibile a molti militanti, perché nessuno, alla festa nazionale del Pd, traduce i loro lunghi discorsi.
C’è chi tra gli interventi dei due segretari stranieri coglie un “compagno Letta” e scoppia in una risata.
Letta comunista?
A sinistra si è liberata una prateria.
( Giovanna Profumo - foto dell'autrice)