Voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha.
Voglio trovare un senso a questa situazione, anche se questa situazione un senso non ce l’ha…
La galleria di immagini che segue contiene i fotogrammi delle quattro giornate dell’Ilva di Cornigliano e dei suoi operai che, mentre c’era chi latitava, scendevano in piazza per scongiurare la chiusura dello stabilimento. Da Genova a Roma, andata e ritorno: davanti al casello di Genova ovest, sotto la pioggia battente di Cornigliano, a Roma davanti a Montecitorio e nuovamente a Genova davanti alla prefettura. In manifestazioni in cui il confine tra la difesa del proprio lavoro e la difesa degli interessi della proprietà risultava incerto. La minaccia della chiusura ha fatto cadere le barriere tra fedeli alla proprietà e irriducibili, anche se per i primi è stata solo la coscienza aziendale a fare la differenza.
Ma le quattro giornate dell’Ilva cosa hanno prodotto?
Primo, ma non è ancora certo: la ripresa della produzione nel Siderurgico tarantino e a Genova, senza le quali l’azienda aveva minacciato la chiusura degli impianti.
Secondo: un decreto legge vigoroso nei toni, ma modesto nei contenuti, che non tutela i deboli. Un testo che non individua le risorse reali per la bonifica ed è vago nell’indicare i criteri relativi alla figura del Garante. A parte il fatto che sarà di nomina del presidente della repubblica e che costerà allo stato seicentomila euro. Un ddl che potrebbe dare alla proprietà il tempo necessario per mettere in vendita l’azienda.
Terzo: la firma di una tregua.
Quarto: un solco profondo tra salute e occupazione, definitivamente diventate merce di scambio.
Quinto: la garanzia temporanea di salario e lavoro
Si poteva fare di più. Tra le altre cose valorizzare il lavoro e le competenze della magistratura, che viene osannata quando reintrega il lavoratori FIOM in fabbrica, ma è massacrata se cerca di proteggerli. Si poteva vigilare maggiormente su ILVA.
Indiscrezioni giornalistiche indicano come possibile garante Umberto Veronesi. Lo stesso Veronesi citato in un'intervista dal Presidente dell'Ilva Bruno Ferrante come appartenente al gruppo degli "Amici del Venerdì": una trentina di persone delle quali facevano parte sia Emilio Riva che Ferruccio De Bortoli che una volta al mese si incontravano per stare insieme, per discutere. Non è dato sapere chi siano gli altri ventisette amici del venerdì.
I molti livelli di narrazione della vicenda offrono una testimonianza commovente: l'intervista a Adriano Sansa, ex sindaco di Genova che dichiara che Riva voleva contribuire alla sua campagna elettorale nel 1997 con 250-300 milioni di lire. Ma, naturalmente, io rifiutai, ha precisato Sansa.
Legittimo sarebbe porre la domanda a quelli che sono venuti dopo: a Burlando, arrivato in Regione Liguria nel 2005 sulle vele dell'associazione politica Maestrale, e in Comune a Pericu, Vincenzi e Doria: chissà se Riva ha pensato di far loro la stessa proposta. E chissà se loro hanno rifiutato.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)
Voglio trovare un senso a questa situazione, anche se questa situazione un senso non ce l’ha…
Vasco Rossi
La galleria di immagini che segue contiene i fotogrammi delle quattro giornate dell’Ilva di Cornigliano e dei suoi operai che, mentre c’era chi latitava, scendevano in piazza per scongiurare la chiusura dello stabilimento. Da Genova a Roma, andata e ritorno: davanti al casello di Genova ovest, sotto la pioggia battente di Cornigliano, a Roma davanti a Montecitorio e nuovamente a Genova davanti alla prefettura. In manifestazioni in cui il confine tra la difesa del proprio lavoro e la difesa degli interessi della proprietà risultava incerto. La minaccia della chiusura ha fatto cadere le barriere tra fedeli alla proprietà e irriducibili, anche se per i primi è stata solo la coscienza aziendale a fare la differenza.
Ma le quattro giornate dell’Ilva cosa hanno prodotto?
Primo, ma non è ancora certo: la ripresa della produzione nel Siderurgico tarantino e a Genova, senza le quali l’azienda aveva minacciato la chiusura degli impianti.
Secondo: un decreto legge vigoroso nei toni, ma modesto nei contenuti, che non tutela i deboli. Un testo che non individua le risorse reali per la bonifica ed è vago nell’indicare i criteri relativi alla figura del Garante. A parte il fatto che sarà di nomina del presidente della repubblica e che costerà allo stato seicentomila euro. Un ddl che potrebbe dare alla proprietà il tempo necessario per mettere in vendita l’azienda.
Terzo: la firma di una tregua.
Quarto: un solco profondo tra salute e occupazione, definitivamente diventate merce di scambio.
Quinto: la garanzia temporanea di salario e lavoro
Si poteva fare di più. Tra le altre cose valorizzare il lavoro e le competenze della magistratura, che viene osannata quando reintrega il lavoratori FIOM in fabbrica, ma è massacrata se cerca di proteggerli. Si poteva vigilare maggiormente su ILVA.
Indiscrezioni giornalistiche indicano come possibile garante Umberto Veronesi. Lo stesso Veronesi citato in un'intervista dal Presidente dell'Ilva Bruno Ferrante come appartenente al gruppo degli "Amici del Venerdì": una trentina di persone delle quali facevano parte sia Emilio Riva che Ferruccio De Bortoli che una volta al mese si incontravano per stare insieme, per discutere. Non è dato sapere chi siano gli altri ventisette amici del venerdì.
I molti livelli di narrazione della vicenda offrono una testimonianza commovente: l'intervista a Adriano Sansa, ex sindaco di Genova che dichiara che Riva voleva contribuire alla sua campagna elettorale nel 1997 con 250-300 milioni di lire. Ma, naturalmente, io rifiutai, ha precisato Sansa.
Legittimo sarebbe porre la domanda a quelli che sono venuti dopo: a Burlando, arrivato in Regione Liguria nel 2005 sulle vele dell'associazione politica Maestrale, e in Comune a Pericu, Vincenzi e Doria: chissà se Riva ha pensato di far loro la stessa proposta. E chissà se loro hanno rifiutato.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)
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