A Genova le uniche attività in crescita sono le palestre e gli esercizi che vendono bevande e tramezzini. Le grandi aziende cittadine – il porto da tempo fa storia a sé – sono la sanità (ospedali e ambulatori), Comune, Regione e quel che resta della Provincia. Quando si parla di fabbriche, Ilva, Fincantieri, Latte Oro e simili, la parola d’ordine è “salvare” che vuol dire che stanno annegando. I loro dipendenti, operai e impiegati, non hanno voglia di finire sott’acqua e per questo manifestano in modo più o meno clamoroso ma basta vederli sfilare per capire che non sanno a che santo votarsi. Il “padrone” pubblico o privato, carte alla mano invoca “l’oggettività” della sua crisi che – sostiene - trarrebbe origine da vicende che si svolgono sempre più lontano dal luogo dove sorge la fabbrica. Altri paesi e altri operai che si trovano a migliaia di km, gruppi finanziari con nomi esotici, irriconoscibili. I protagonisti di questa penosa vicenda, in particolare gli operai, non sono degli ingenui. Sanno benissimo che il mondo globale, trasformato in unico grande mercato, produce fatalmente il genere di congiuntura che oggi li travolge. Pensano anche che sarebbe necessario fare qualcosa: che le banche, le aziende e, perché no, i sindacati, i centri di cultura dovrebbero interrogarsi su quello che sta succedendo, fronteggiarlo o almeno cercare di porre le basi per risolvere domani quello che oggi costringe alla difensiva, a pensare a “salvarsi”. Invece di tutto questo non succede niente. E se qualcuno cerca di parlarne, di approfondire, gli occhi si alzano al cielo, come se solo lassù potesse trovarsi la soluzione.
In controtendenza va il libro di Luciano Gallino, La lotta di classe dopo la lotta di classe. Intervista a cura di Paola Borgna, Laterza, Roma-Bari, 2012. Gallino, professore universitario, studioso di profilo internazionale e protagonista della sociologia industriale italiana fin dagli anni Cinquanta, a partire dal 2000 ha dedicato almeno una decina di titoli al tema della globalizzazione e ai suoi effetti sull’organizzazione del lavoro. Titoli importanti che mostrano come siamo in un grande pasticcio e come sarebbe necessario che la politica – a cominciare dalle rappresentanze dei lavoratori – imparassero a fare il loro mestiere misurandosi con la complessità del problema, tecnico, economico finanziario ma specialmente umano. E’ quello che ha tentato di fare con il suo La lotta di classe dopo la lotta di classe. Nel giro di meno di una quindicina d’anni il mondo ha visto un concentramento di ricchezza d’un livello mai conosciuto in precedenza; un fatto che ha polverizzato processi culturali, organizzativi, sistemi di valore fino a ieri giudicati imprescindibili. Interrogarsi sul “che fare”, scrive Gallino, è necessario, irrinviabile.
E’ sicuramente un buon motivo per andare
Giovedì 18 ottobre alle ore 20.30 allo Zenzero Circolo ARCI, via Torti 35, Genova dove a introdurre la riflessione sul libro sarà Nando Fasce docente di Storia contemporanea della nostra Università.
(Martina Buch - immagine da Internet)
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