L’articolo di Tito Boeri "Il condono e gli immigrati", pubblicato da La Repubblica (11 settembre) è molto interessante. Ha ragione Boeri quando scrive che la sanatoria, più che una regolarizzazione per gli immigrati, è un condono contributivo (e fiscale) e che “rischia di offrire un messaggio ai datori di lavoro che in questo momento non pare certo opportuno: è possibile farla franca perché tanto, prima o poi, ci sarà un nuovo condono”. La regolarizzazione infatti doveva essere per gli immigrati (circa un milione), non per chi li aveva fatti lavorare in nero: andava rilasciato un permesso di soggiorno per tutti coloro che non avessero commesso reati gravi.
Boeri fa una giusta critica delle politiche migratorie degli ultimi dieci anni ma il fallimento in materia è almeno ventennale. Vede soltanto i misfatti del centrodestra e della legge Bossi-Fini di dieci anni fa, ma non quelli del centrosinistra e della legge Turco-Napolitano (1998). La doppia ipocrisia di cui scrive Boeri è infatti alla base di entrambe le leggi. La terza ipocrisia, non citata nell'articolo, è invece la principale, quella di pretendere di poter impedire gli ingressi irregolari e, di fronte all’ingresso irregolare di centinaia di migliaia di immigrati, di trasformarli in soggetti (oggetti) senza diritti, esposti al lavoro nero e ad ogni ricatto (secondo le leggi del centrosinistra) e addirittura perseguibili del reato di clandestinità (secondo il centro destra).
La discontinuità auspicata da Boeri dovrebbe iniziare da una revisione di tutta la politica degli ingressi e la soluzione non è certamente quella della politica degli ingressi selettivi, di immigrati qualificati o culturalmente più vicini a noi, ma quella di rendere semplicemente possibili gli ingressi regolari, almeno quelli di cui il paese ha bisogno. Dall’altra parte non basta la cancellazione del reato di clandestinità, ma occorre una forte politica di regolarizzazione permanente di tutti i presenti sul territorio nazionale. Civiltà, democrazia, libertà, trasparenza, legalità e lavoro regolare contrastano fortemente con la presenza di persone irregolari prive di alcun diritto.
Boeri scrive del “contratto di soggiorno che vincola la presenza regolare al fatto di avere un lavoro, al termine del quale bisogna tornare a casa se non si trova lavoro entro sei mesi”. In verità questa norma non esiste più: è stata modificata dalla riforma Fornero.
Infine, sono necessarie riforme politiche e culturali: diritto al voto, cittadinanza, rispetto e valorizzazione delle diversità culturali e religiose. L’assenza totale della rappresentanza e del punto di vista degli immigrati non ha aiutato chi deve disegnare e governare le politiche migratorie. La rappresentanza politica e sociale degli immigrati non avviene tramite associazioni e comunità immigrate non rappresentative o attraverso quelle definite da Sergio Romani “nomenklature composte da persone ambiziose che aspirano a servirsi dei loro connazionali per diventare gli interlocutori accreditati delle autorità”. La rappresentanza non si realizza con le consulte ed i consiglieri aggiunti senza diritto di voto o attraverso personaggi assimilati, incuranti e addirittura irrispettosi delle loro origini e diversità culturali. La rappresentanza dovrebbe avvenire attraverso la partecipazione di tutte le persone immigrate allo stesso processo politico e sociale dei cittadini italiani esercitando pari diritti politici, a partire da quello del voto, ed attraverso la loro vera ed effettiva partecipazione e rappresentanza nelle varie istituzioni dello Stato e della società (parlamento, consigli comunali e regionali, partiti, associazioni, sindacati, ordini professionali, ecc).
(Saleh Zagholul - foto di Giovanna Profumo)
Boeri fa una giusta critica delle politiche migratorie degli ultimi dieci anni ma il fallimento in materia è almeno ventennale. Vede soltanto i misfatti del centrodestra e della legge Bossi-Fini di dieci anni fa, ma non quelli del centrosinistra e della legge Turco-Napolitano (1998). La doppia ipocrisia di cui scrive Boeri è infatti alla base di entrambe le leggi. La terza ipocrisia, non citata nell'articolo, è invece la principale, quella di pretendere di poter impedire gli ingressi irregolari e, di fronte all’ingresso irregolare di centinaia di migliaia di immigrati, di trasformarli in soggetti (oggetti) senza diritti, esposti al lavoro nero e ad ogni ricatto (secondo le leggi del centrosinistra) e addirittura perseguibili del reato di clandestinità (secondo il centro destra).
La discontinuità auspicata da Boeri dovrebbe iniziare da una revisione di tutta la politica degli ingressi e la soluzione non è certamente quella della politica degli ingressi selettivi, di immigrati qualificati o culturalmente più vicini a noi, ma quella di rendere semplicemente possibili gli ingressi regolari, almeno quelli di cui il paese ha bisogno. Dall’altra parte non basta la cancellazione del reato di clandestinità, ma occorre una forte politica di regolarizzazione permanente di tutti i presenti sul territorio nazionale. Civiltà, democrazia, libertà, trasparenza, legalità e lavoro regolare contrastano fortemente con la presenza di persone irregolari prive di alcun diritto.
Boeri scrive del “contratto di soggiorno che vincola la presenza regolare al fatto di avere un lavoro, al termine del quale bisogna tornare a casa se non si trova lavoro entro sei mesi”. In verità questa norma non esiste più: è stata modificata dalla riforma Fornero.
Infine, sono necessarie riforme politiche e culturali: diritto al voto, cittadinanza, rispetto e valorizzazione delle diversità culturali e religiose. L’assenza totale della rappresentanza e del punto di vista degli immigrati non ha aiutato chi deve disegnare e governare le politiche migratorie. La rappresentanza politica e sociale degli immigrati non avviene tramite associazioni e comunità immigrate non rappresentative o attraverso quelle definite da Sergio Romani “nomenklature composte da persone ambiziose che aspirano a servirsi dei loro connazionali per diventare gli interlocutori accreditati delle autorità”. La rappresentanza non si realizza con le consulte ed i consiglieri aggiunti senza diritto di voto o attraverso personaggi assimilati, incuranti e addirittura irrispettosi delle loro origini e diversità culturali. La rappresentanza dovrebbe avvenire attraverso la partecipazione di tutte le persone immigrate allo stesso processo politico e sociale dei cittadini italiani esercitando pari diritti politici, a partire da quello del voto, ed attraverso la loro vera ed effettiva partecipazione e rappresentanza nelle varie istituzioni dello Stato e della società (parlamento, consigli comunali e regionali, partiti, associazioni, sindacati, ordini professionali, ecc).
(Saleh Zagholul - foto di Giovanna Profumo)
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