Il secondo turno delle elezioni presidenziali egiziane è stato vinto da Muhammad Mursi, candidato dei Fratelli Musulmani, il quale ha preso circa 13 milioni dei voti (51,73 %) contro i circa 12 milioni (48,27%) del suo rivale Ahmad Shafiq, candidato del vecchio regime e del consiglio militare. Al secondo turno Mursi si è presentato come il candidato di tutte le forze della rivoluzione del 25 gennaio contro il ritorno del vecchio regime rappresentato da Shafiq, ultimo primo ministro di Mubarak. Questa linea gli ha permesso di raddoppiare i voti dei fratelli musulmani ottenuti al primo turno e di vincere le elezioni. Al primo turno, infatti, Mursi aveva ottenuto 5.764.952 voti e Shafiq 5.505.327. Nessuno dei rappresenti del movimento del 25 gennaio e del popolo che ha dato inizio alle manifestazioni contro Mubarak è riuscito a superare il primo turno. Il candidato dei laici democratici egiziani Hamadin Sabahi era arrivato terzo con 4.820.273 voti, senza disporre dei mezzi economici e mediatici di cui disponevano Mursi (sostenuto dal Qatar e dalla TV del suo emiro al Jazeera e Shafiq (sostenuto dall’Arabia Saudita e dal 90 per cento dei media arabi finanziati da questo paese). I Fratelli Musulmani erano un partito “illegale” ai tempi di Mubarak, ma la loro opposizione non rappresentava un problema, riuscivano a convivere col regime. La loro opposizione era invece fortissima durante il governo laico socialista ed anti imperialista di Nasser. Negli ambienti della sinistra araba si dice che la loro politica sia stata storicamente coordinata con gli inglesi prima e con gli USA dopo e che non abbiano mai fatto vera opposizione ai regimi dittatoriali filo americani. Ora festeggiano la prima volta che un loro esponente viene eletto presidente di un paese arabo, del più importante paese arabo. Ad essere precisi gli islamici avevano vinto le elezioni in Algeria, agli inizi degli anni novanta, ma i militari algerini hanno impedito loro di governare facendo precipitare il paese nella violenza sanguinaria durata per molti anni.
Per i laici e i democratici egiziani, ha vinto il meno peggio, ha perso il vecchio regime di Mubarak e sono maggiori le possibilità di continuare il processo di cambiamento. Non sarà facile, le difficoltà maggiori provengono dal pericolo di militarizzazione più che da quello dell’islamizzazione del paese. Il futuro del paese sarà sempre più determinato dalla volontà del popolo di ottenere democrazia, giustizia sociale e un ruolo arabo dell’Egitto, a sostegno ad esempio dei palestinesi, fuori dalla politica filo americana e filo israeliana di Mubarak. Il neo presidente ed i suoi collaboratori - consapevoli della forza limitata dei Fratelli Musulmani nel paese (circa il 25% dei voti al primo turno) e degli interessi forti dei militari al potere dopo Mubarak -, non sta facendo altro che mandare messaggi rassicuranti a tutti: “sarò il presidente di tutti gli egiziani, lavorerò per assicurare democrazia e giustizia sociale, apprezzo esercito, polizia e giudici, rispetterò l’autonomia dei giudici, condividerò il governo con le altre forze della rivoluzione egiziana, la rivoluzione continua”. Vedremo.
(Saleh Zaghloul - immagine da internet)
martedì 26 giugno 2012
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