Spicca nel tramonto il decoro a righe dell’abbazia di S.Giuliano, finalmente liberata almeno dalle transenne che la circondavano da anni, così da goderne la visuale intera, pur se i lavori sono fermi e incompleti. Il sagrato è abbandonato con macerie a vista e più degradato ancora appare l’accesso, un pezzo di strada dall’asfalto rabberciato e il piccolo piazzale ingombro di auto e motorini. Siamo sul Lungomare Lombardo, riqualificato dalla parte a levante con un camminamento di sanpietrini, che conduce all’unica spiaggia libera della promenade più preziosa della città, un biglietto da visita per chi percorre la passeggiata dalla Fiera a Boccadasse, su cui si affacciano manufatti silenziosamente allargati, sopraelevati, con aggiunte di piani terrazzati, scalette intricate: il tutto in mascherata illegalità, accanto all’antica chiesa, dove un tempo sposarsi era oltremodo chic.
Lungo la discesina verso monte spiccano un piccolo cubo in cemento serrato da una stonata saracinesca in alluminio, giardinetti fioriti dall’aria più campestre che marina, di sicuro niente che assomigli ad un’insolita nicchia di “borgo marinaro”.
Vedere il mare è un’impresa perché gli stabilimenti hanno eretto palizzate, manufatti scadenti: altro che “cannocchiale vista mare”, in barba alla Variante di salvaguardia di litorale del Levante del 2010, che prescriveva anche precise norme di “decoro di arredo urbano”.
Lungomare Lombardo è segnalata come “zona pedonale”.
Ci si ferma a guardare l’ingombro di veicoli, che quasi non permette il passaggio.
Ecco arrivare una signora a rimuovere le sbarre, che dovrebbero impedire l’accesso ai motorizzati, comincia ad inveire contro quel parcheggio selvaggio, dirigendosi verso una Smart: non è anziana, non ha il bastone, insomma non sembra bisognosa del parcheggio sotto casa mentre a pochi metri su corso Italia ci sono gli spazi autorizzati zona blu per residenti.
Sarà lei la titolare del passo carrabile con autorizzazione dal numero cancellato?
No, il permesso gliel’hanno dato i Beni Culturali e lei non lavora ai Beni Culturali, abita lì da tempo, indicando le casette all’interno del cortile dell’abbazia. Dunque sono abitazioni private le piccole costruzioni. Chi mai avrà dato il permesso di costruire nel perimetro di un edificio tutelato, di trasformare in residenze quelle che un tempo forse erano capanni per gli attrezzi, magari per la cura del giardino e dell’orto?
Probabilmente la Soprintendenza non ha avuto il tempo di verificare, fa fatica a distinguere tra sacro e profano, tra beni pubblici e interessi privati, tra precari abusivi e beni comuni.
Così l’abbazia aspetta il completamento dell’infinito restauro, le risorse con il contagocce.
Forse non è un caso perché avrebbe dovuto ospitare gli uffici della Soprintendenza suddetta, ma i dipendenti hanno fermamente respinto l’ipotesi di trasferimento: troppo lontana dal centro, troppo scomoda rispetto a via Balbi per treni e bus. Forse la vista mare non è gradita, forse non sanno che qui passa l’autobus 31, poche fermate e capolinea alla stazione Brignole.
Intanto in Municipio il rappresentante della Lega si lamenta della mancata realizzazione del Lido, dove avrebbe dovuto trovare spazio “un asilo per nonni” e auspica che all’interno dell’abbazia possa trovare ospitalità un centro per anziani, ”come onere di ritorno sul quartiere”, già richiesto a suo tempo dal Municipio in cambio della cessione perpetua di un altro bene comune, il litorale.
(Bianca Vergati, foto da Internet)
martedì 19 giugno 2012
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento