Qualcuno osserva: “Ma perché non l’ha chiamato? Insomma vede il suo nome sui giornali per un mese e non gli dà un colpo di telefono? Ma non ha senso! Bastava che lo chiamasse!”
Però, no. Dalla lettura di giornali pare non funzioni così la politica locale. Sembra invece caratterizzata da molti sussurri. Così è successo quando Burlando non parlava con Vincenzi e quando Vincenzi non veniva invitata a cena da Bersani e per quella passata alla storia come la cena dei bolliti, in cui si era parlato molto di sanità in assenza dell’assessore competente, Claudio Montaldo.
Una politica in cui gli interessati anche se diretti, non si parlano direttamente e si affidano a “amici” comuni o personalità della vita pubblica per comunicare. La stampa asseconda questo sistema, agendo da portavoce, mescolando tempi istituzionali e gossip politico. Così da parer fuori dal mondo anche a me, lettrice, che il direttore del Teatro Stabile Carlo Repetti potesse chiamare Doria.
Certo di cariche da vicesindaco non si può parlare al telefono, ma forse ha ragione chi suggerisce che un incontro vis a vis potevano concederselo.
Il piatto più amaro è riservato ai lettori di Repubblica, edizione genovese, il 2 e 3 giugno con l’intervista a Carlo Repetti e la relativa risposta di Marco Doria .
Il primo che - pur ammettendo di non aver “mai parlato” con il nuovo sindaco - dichiara che forse la sua presenza come vicesindaco era “troppo ingombrante” per Doria, “per età, esperienza amministrativa” e schiettezza. E aggiunge che il suo nome “è stato usato come coperchio di una pentola a pressione, il tam tam sulla giunta”, chiedendosi perché Doria non abbia avuto la cortesia di chiamarlo per avvisarlo che non se ne faceva nulla.
Doria che risponde all’intervista riconoscendo che il nome di Repetti gli era stato fatto dal Pd, che “trova irriguardoso” che venga ipotizzato che franchezza ed autonomia siano ragioni che possano indurlo a “non avvalersi della collaborazione di persone valide e competenti”, che non ha bisogno di yes men o yes women e che a fronte di “un compito impegnativo” - quello di formare una giunta - ha compiuto autonomamente scelte in maniera meditata, senza chiamare tutti quelli che la stampa citava come possibili assessori.
Che il nuovo sindaco abbia agito in totale autonomia non ci sono dubbi. Giunta più nuova non ci poteva essere. Peccato che in squadra ci sia anche chi, “disgustato dall’attuale sistema politico”, non ha nemmeno votato ma esita a lasciare la propria occupazione per calarsi nel ruolo politico di assessore perché non può “stare fuori dal mercato per cinque anni”.
Peccato che Marco non abbia chiamato Carlo, e che Carlo non abbia chiamato Marco e che tutti i nomi che apparivano sui giornali non abbiano chiamato Marco perché, fedeli ai tempi istituzionali, aspettavano di essere chiamati.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice e di Ivo Ruello)
martedì 5 giugno 2012
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