Giovedì 31 Maggio 2012 i cittadini della Repubblica Irlandese andranno alle urne per decidere se accettare o no il cosidetto “fiscal compact” (o pareggio di bilancio), ovvero l'insieme di norme fiscali con cui l'Europa ha deciso di affrontare le difficoltà finanziarie che colpiscono in questi mesi i suoi membri più indebitati come Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna ed Italia (i cosidetti PIIGS). Le ultime proiezioni statistiche danno i si al 40% ed i no al 25% con una vasta percentuale (circa il 35%) di indecisi ed attorno al referendum si stanno riproponendo le stesse alleanze politiche pro e contro l'Europa che hanno caratterizzato gli ultimi referendum irlandesi. Se vinceranno i sì, l'Irlanda continuerà a seguire la politica di rigore fiscale; cosa succederà invece se vincessero i no? Sara' l'Irlanda costretta a votare ancora fino a che non vincessero i si come già accadde per la ratifica del trattato di Lisbona (magari sotto ricatto dei mercati)?
E se l'Irlanda dicesse no, cosa accadrebbe del piano di aiuti finanziari con cui la verde Isola sta cercando di sopravvivere al disastro finanziario in cui l'hanno gettata l'incompetenza e la disonesta' delle sue banche?
L'analisi delle possibili conseguenze del voto irlandese sono complesse e gli effetti di un no potrebbero essere molto profondi ed intrecciarsi in modo imprevedibile alla crisi Greca. Ora, a prescindere dalle complesse valutazioni finanziarie sulla validità della strategia del “fiscal compact” (a cui paiono credere unicamente il cancelliere tedesco Angela Merkel ed il suo ministro delle finanze Wolfgang Schäuble), il quesito referendario irlandese pone alcune interessanti domande cui val la pena interrogarsi. Ad esempio: quanti cittadini europei sanno di questo referendum? Quanti cittadini europei sanno cosa sia il “fiscal compact”? Quanti cittadini italiani sanno che analoga modifica costituzionale è stata votata in via definitiva dal Senato della Repubblica Italiana il 17 aprile 2012? Quanti cittadini europei sanno quale sia la differenza fondamentale fra la Banca Centrale Europea, la Banca Centrale Americana o la Banca d'Inghilterrra e quanti cittadini europei sanno perché, grazie a questa fondamentale differenza, gli Stati Uniti o l'Inghliterra possono permettersi di essere serenamente indebitati molto più di noi senza aver le loro democrazie in ostaggio dei mercati attraverso lo “spread”?
La maggior parte dei cittadini irlandesi andranno a votare al referendum senza avere alcuna risposta alle domande sopra poste (ed in molti casi, perfino ignorando le domande stesse). E così anche la maggior parte dei cittadini italiani, che invece conoscono a menadito i risultati conseguiti dai loro scalcianti beniamini domenicali, ignorano serenamente che dal 17 aprile, la loro costituzione impedisce l'applicazione di ricette economiche come quelle che alleviarono negli Stati Uniti la crisi del 1929 (il cosidetto “New Deal” di Roosvelt). Val la pena chiederci: perchè nessuno me lo ha detto? E' per disonestà o per incompetenza? E sopratutto, val la pena chiederci: ma riesco a fare bene il mio lavoro di essere umano, di cittadino mondiale, europeo ed italiano, senza conoscere le risposte e nemmendo le domande giuste riguardo alle dinamiche economiche e politiche che regolano le nostre esistenze? Son domande interessanti, che ne dite ?
(Gabriele Pierantoni, foto dell'autore)
E se l'Irlanda dicesse no, cosa accadrebbe del piano di aiuti finanziari con cui la verde Isola sta cercando di sopravvivere al disastro finanziario in cui l'hanno gettata l'incompetenza e la disonesta' delle sue banche?
L'analisi delle possibili conseguenze del voto irlandese sono complesse e gli effetti di un no potrebbero essere molto profondi ed intrecciarsi in modo imprevedibile alla crisi Greca. Ora, a prescindere dalle complesse valutazioni finanziarie sulla validità della strategia del “fiscal compact” (a cui paiono credere unicamente il cancelliere tedesco Angela Merkel ed il suo ministro delle finanze Wolfgang Schäuble), il quesito referendario irlandese pone alcune interessanti domande cui val la pena interrogarsi. Ad esempio: quanti cittadini europei sanno di questo referendum? Quanti cittadini europei sanno cosa sia il “fiscal compact”? Quanti cittadini italiani sanno che analoga modifica costituzionale è stata votata in via definitiva dal Senato della Repubblica Italiana il 17 aprile 2012? Quanti cittadini europei sanno quale sia la differenza fondamentale fra la Banca Centrale Europea, la Banca Centrale Americana o la Banca d'Inghilterrra e quanti cittadini europei sanno perché, grazie a questa fondamentale differenza, gli Stati Uniti o l'Inghliterra possono permettersi di essere serenamente indebitati molto più di noi senza aver le loro democrazie in ostaggio dei mercati attraverso lo “spread”?
La maggior parte dei cittadini irlandesi andranno a votare al referendum senza avere alcuna risposta alle domande sopra poste (ed in molti casi, perfino ignorando le domande stesse). E così anche la maggior parte dei cittadini italiani, che invece conoscono a menadito i risultati conseguiti dai loro scalcianti beniamini domenicali, ignorano serenamente che dal 17 aprile, la loro costituzione impedisce l'applicazione di ricette economiche come quelle che alleviarono negli Stati Uniti la crisi del 1929 (il cosidetto “New Deal” di Roosvelt). Val la pena chiederci: perchè nessuno me lo ha detto? E' per disonestà o per incompetenza? E sopratutto, val la pena chiederci: ma riesco a fare bene il mio lavoro di essere umano, di cittadino mondiale, europeo ed italiano, senza conoscere le risposte e nemmendo le domande giuste riguardo alle dinamiche economiche e politiche che regolano le nostre esistenze? Son domande interessanti, che ne dite ?
(Gabriele Pierantoni, foto dell'autore)
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