La recente apertura, in vico Croce Bianca a Genova del PADISS (Progetto Accoglienza Diurna Inclusione Sociale Sanitaria) era stata riportata nelle pagine genovesi de La Repubblica del 27 aprile scorso: il centro, nato da un progetto finanziato dal Ministero dell'Interno con il Fondo Europeo per l'Immigrazione, è gestito dalla Onlus Afet Aquilone con la cooperativa Mater Domina, e fornisce agli immigrati servizi di vario tipo, dalla doccia, al bucato, al barbiere, per arrivare a corsi di lingua, orientamento al lavoro e consulenza legale. "Everyone is welcome", recitano i volantini affissi all'ingresso del PADISS, ognuno è il benvenuto: deve solamente fornire età, nazionalità e "nickname", soprannome, per accedere ai servizi. Arrivano soprattutto uomini, dal Maghreb, ma recentemente anche un gruppo di donne maghrebine ha chiesto ospitalità per le proprie riunioni.
Lo scorso 4 maggio l’incontro svoltosi al PADISS con il Senatore Ignazio Marino ha permesso di fare il punto della situazione: secondo le parole di Rossella Ridella, responsabile del progetto, è stato stabilito un rapporto con l'ASL per le informazioni sul Servizio Sanitario Nazionale, con le associazioni Camici e Pigiami, e Ambulatorio Internazionale di Città Aperta, ma l’ambizione del centro è ampliare la rete di collaborazioni.
Dagli interventi del dibattito che si è volto tra il pubblico (composto in prevalenza da operatori del settore), è emersa pricipalmente la difficoltà per gli immigrati, anche regolari, di accedere alla medicina di base, provocando come conseguenza, da un lato l’utilizzo spesso improprio delle strutture di Pronto Soccorso, dall’altro lato il ricorso obbligato al volontariato.
Per affrontare meglio questi problemi, affermano i responsabili del centro, si sta cercando di ampliare le collaborazioni con medici di base ed altre associazioni: a volte però ciò non è stato possibile.
Ad esempio il tentativo di stabilire rapporti con i medici di base non è stato certamente favorito dall’Ordine dei Medici, preoccupato che ciò potesse privilegiare i medici più “disponibili”.
Come non è stato possibile fondare una sezione genovese dell’associazione Avvocato di Strada, a cui non è stato fornito alcun riscontro da parte dell’Ordine degli Avvocati.
Se il centro PADISS di vico Croce Bianca costituisce una realtà sicuramente virtuosa, dove le energie sane della società collaborano, intristisce la sostanziale indifferenza di questi ordini professionali. Perché non abolirli, finalmente?
(Ivo Ruello - foto dell'autore)
Lo scorso 4 maggio l’incontro svoltosi al PADISS con il Senatore Ignazio Marino ha permesso di fare il punto della situazione: secondo le parole di Rossella Ridella, responsabile del progetto, è stato stabilito un rapporto con l'ASL per le informazioni sul Servizio Sanitario Nazionale, con le associazioni Camici e Pigiami, e Ambulatorio Internazionale di Città Aperta, ma l’ambizione del centro è ampliare la rete di collaborazioni.
Dagli interventi del dibattito che si è volto tra il pubblico (composto in prevalenza da operatori del settore), è emersa pricipalmente la difficoltà per gli immigrati, anche regolari, di accedere alla medicina di base, provocando come conseguenza, da un lato l’utilizzo spesso improprio delle strutture di Pronto Soccorso, dall’altro lato il ricorso obbligato al volontariato.
Per affrontare meglio questi problemi, affermano i responsabili del centro, si sta cercando di ampliare le collaborazioni con medici di base ed altre associazioni: a volte però ciò non è stato possibile.
Ad esempio il tentativo di stabilire rapporti con i medici di base non è stato certamente favorito dall’Ordine dei Medici, preoccupato che ciò potesse privilegiare i medici più “disponibili”.
Come non è stato possibile fondare una sezione genovese dell’associazione Avvocato di Strada, a cui non è stato fornito alcun riscontro da parte dell’Ordine degli Avvocati.
Se il centro PADISS di vico Croce Bianca costituisce una realtà sicuramente virtuosa, dove le energie sane della società collaborano, intristisce la sostanziale indifferenza di questi ordini professionali. Perché non abolirli, finalmente?
(Ivo Ruello - foto dell'autore)
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