Con il disegno di legge della riforma del mercato del lavoro, il governo interviene ancora positivamente sull’immigrazione. Dopo aver trasformato, con il decreto Salva - Italia, in provvedimento legislativo la buona prassi amministrativa sulla validità della ricevuta della richiesta di rinnovo o rilascio del permesso di soggiorno (ad esempio per poter avere un regolare contratto di lavoro), ora il governo interviene per rafforzare la regolarità del permesso di soggiorno con l’obbiettivo di contrastare il lavoro nero. L’art. 58 del Disegno di legge di riforma del mercato del lavoro raddoppia la durata minima del periodo di disoccupazione che garantisce la regolarità del permesso di soggiorno riportandola da sei mesi ad un anno. E nel caso che il lavoratore straniero percepisca una prestazione di sostegno al reddito (indennità di disoccupazione, ecc.), tale periodo si estende per tutta la durata della prestazione. Inoltre è prevista la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno anche in assenza di contratto di lavoro, a condizione che lo straniero dimostri la disponibilità di un reddito sufficiente proveniente da fonte lecita. Ciò è quanto movimenti, sindacati, associazioni andavano proponendo da tempo per un efficace contrasto alla clandestinità e al lavoro nero.
Si tratta di provvedimenti positivi, razionali e di buon governo dopo molti anni di irrazionalità, demagogia e malgoverno. La norma di legge che viene ora emendata dall’art. 58 ha prodotto nel solo 2010 684.413 permessi di soggiorno non rinnovati (Dossier Caritas 2011). Ogni anno centinaia di migliaia di persone regolari vengono costrette alla clandestinità ed al lavoro nero dopo sei mesi di disoccupazione in un paese a corto di risorse e già fortemente colpito dall’evasione fiscale e contributiva. Ci sarebbero molti altri provvedimenti di consolidamento della regolarità del soggiorno e di ampliamento dei diritti di cittadinanza, che avrebbero un effetto moltiplicatore sulla possibilità dei migranti di contribuire alla crescita del Paese: occorre ad esempio modificare la norma del Testo Unico sull’immigrazione che lega la durata del permesso di soggiorno alla durata del contratto di lavoro. Non è infatti razionale né rispettoso delle persone immigrate costringerle alle lunghe e costose pratiche burocratiche di rinnovo del permesso di soggiorno ad ogni scadenza del contratto di lavoro che può avvenire ogni tre mesi.
(Saleh Zaghloul)
martedì 24 aprile 2012
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