Con il decreto Salva-Italia è stata introdotta l’imposta ordinaria sul valore degli immobili posseduti all’estero dalle persone fisiche residenti in Italia. L’aliquota d’imposta è pari al 7,6 per mille della base imponibile, consistente nel valore degli immobili risultante dall’atto di acquisto degli stessi o dai contratti. L’intenzione del legislatore è quella di colpire i grandi patrimoni detenuti all’estero e molto probabilmente non si è accorto che questa norma colpisce migliaia di lavoratori immigrati di basso reddito residenti in Italia: edili, Colf, addetti alle cure dei persone anziane, camerieri ecc. Molti immigrati hanno dovuto vendere la loro prima casa nel paese d’origine per poter fare fronte alle spese del loro progetto d’immigrazione in Italia. Ma altri, dopo anni in Italia, hanno preferito investire i loro pochi risparmi per comprare o costruire una casa nel paese d’origine.
Le norme sul rinnovo del permesso di soggiorno e sulla cittadinanza sono arretrate, vengono applicate in modo restrittivo e non forniscono alcuna garanzia di integrazione e di permanenza in Italia: centinaia di migliaia di immigrati ogni anno non riescono a rinnovare i permessi di soggiorno, mentre sono pochissimi coloro che ottengono la cittadinanza italiana. Chi ha potuto realizzare il proprio progetto migratorio, diventando cittadino italiano, è giusto che paghi l'imposta sugli immobili che detiene all’estero, mentre è iniquo applicare l'imposta a chi non ha alcuna garanzia sulla sua permanenza in Italia e sul mantenimento del proprio permesso di soggiorno. Ci vuole buon senso ed equità: quest'ingiustizia va eliminata in Parlamento quando si discutono gli emendamenti di correzione riguardanti l'applicazione dell’Imu.
(Saleh Zaghloul - disegno di Guido Rosato)
martedì 17 aprile 2012
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