VERSANTE LIGURE - HORROR VAURI (Enzo Costa e Aglaja)
ELEZIONI - Invito ai candidati
ELEZIONI - I candidOli, Eleana Marullo e Stefano De Pietro / Consiglio Comunale
ELEZIONI - I candidOli, Bianca Vergati / Municipio VIII Medio Levante (Bianca Vergati)
ELEZIONI - La battaglia delle affissioni (Stefano De Pietro)
BOCCADASSE - Altri piani per la ex rimessa dei bus (Bianca Vergati)
NUOVO GALLIERA - Quando si specula su un ospedale (Eleana Marullo)
IMMIGRAZIONE - Permesso di soggiorno e riforma del lavoro (Saleh Zaghloul)
MOSTRE – Cultura o business? (Antonella Mancini)
PAROLE DEGLI OCCHI - 25 Aprile 2012 (a cura di Giorgio Bergami)
LETTERE - Elezioni, Doria e le donne (Francesca Dagnino)
martedì 24 aprile 2012
OLI 340: VERSANTE LIGURE - HORROR VAURI
Non credo io in Lavitola
nel Trota, in Rosi Mauro
e in tutta la combriccola
fra l’orrido e la neuro
che sta in tv e in edicola:
più vero è un dinosauro
che in pieno centro circola.
Scommetto 10 euro
(la crisi un po’ mi vincola
non ho d’oro un tesauro)
che ‘sta fauna ridicola
se l’è inventata Vauro.
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OLI 340: ELEZIONI - Invito ai candidati
OLI 340: ELEZIONI - I candidOli, Bianca Vergati / Municipio VIII Medio Levante
Da tempo mi occupo del territorio e di quanto viene deciso oltre la volontà dei cittadini.
Trasparenza è parola tanto abusata quanto poco praticata.
Troppo spesso riqualificazione ha significato cementificazione, distruzione di un parco: nel mio quartiere la rimessa di Boccadasse, i tanti box invenduti, o il progetto sul Lido di corso Italia. Un conto è riqualificare, un altro è sottrarre ai cittadini un bene pubblico qual è il mare, per dare spazio ad una mera speculazione edilizia contro cui mi sono impegnata, ottenendo che non si costruisse sul mare, sottraendo altra spiaggia ai cittadini e lo stato desolante di oggi dello stabilimento testimonia quali fossero i reali interessi, case e negozi.
Così meravigliosi vecchi giardini di ville storiche, quali Villa Rusca, sono stati rivoltati per far posto a ristrutturazioni incontrollate di preziose residenze, parcheggi interrati a più piani: pini centenari silenziosamente lasciati morire.
Nella storica villa Raggio, un tempo sede del Conservatorio Paganini, poi di Consultorio e centro di recupero di ortopedia, è comparso in questi giorni un cartello per modifica destinazione d’uso, ampliamento e... piscina nel parco! La villa era un lascito per scopi socio-sanitari, ma è entrata nel patrimonio sanitario da dismettere... Addio a villa e parco e soprattutto alla sua funzione pubblica.
Non bisogna rassegnarsi al degrado oppure a parcheggi, residenze, centri commerciali, mentre spariscono le aree destinate al lavoro. Perciò mi sono candidata per il Municipio di Medio Levante nelle liste di SEL come indipendente per Marco Doria.
Le prossime elezioni sono per la nostra città un’occasione che non possiamo perdere. Lo dobbiamo ai nostri figli, ai ragazzi che se ne vanno perché non c’è lavoro e ne ho conosciuti tanti come insegnante per i bambini e come genitore alla presidenza del liceo King: li ho visti diventare grandi, studiare, laurearsi e andare via.
Ognuno di noi può fare qualcosa, per questo votare e scegliere la persona è importante, anche se la delusione verso la politica è forte.
Genova deve diventare ancora più bella, ma anche una città in cui ci sia lavoro, qualità della vita e qualità del contesto urbano, incentivando la vocazione al turismo, valorizzando litorale, parchi, ville storiche, giardini, spazi sportivi,troppo spesso indebitamente occupati e trascurati. Si deve ritrovare lo spazio pubblico, fruibile appieno da giovani e meno giovani, nel pieno rispetto dell’ambiente e dei bisogni di tutti: uno spazio in cui ritrovarsi, anche in città.
Come cittadina sento la mancanza di un’Amministrazione amica.
Il mio impegno sarà assiduo, per dare al mio Municipio il ruolo che dovrebbe avere, per consentire una vera partecipazione dei cittadini nel mutuo rispetto delle regole, per garantire un collegamento tra quartiere, comitati, associazioni e il Comune, in modo che i nostri soldi siano spesi bene.
Su questa campagna elettorale strombazzata e al contempo in sordina pesa la stanchezza della cittadinanza, il rischio dell’astensione, mentre fa capolino in fondo al cuore la sensazione che alla fine vinceranno sempre gli stessi.
Difficile dare speranza di cambiamento, eppure dobbiamo provarci, contano le persone , non soltanto i partiti, che pure non dobbiamo demonizzare perché la gente ha ancora voglia di politica vera e sa ancora appassionarsi.
E’ invece assolutamente vitale che ci siano forze nuove, dal Comune ai Municipi per controbilanciare quell’intreccio ormai consolidato troppo a lungo tra una certa politica e una certa parte di società.
Perciò torniamo a volantinare e ad ascoltare la gente.
(Bianca Vergati)
Trasparenza è parola tanto abusata quanto poco praticata.
Troppo spesso riqualificazione ha significato cementificazione, distruzione di un parco: nel mio quartiere la rimessa di Boccadasse, i tanti box invenduti, o il progetto sul Lido di corso Italia. Un conto è riqualificare, un altro è sottrarre ai cittadini un bene pubblico qual è il mare, per dare spazio ad una mera speculazione edilizia contro cui mi sono impegnata, ottenendo che non si costruisse sul mare, sottraendo altra spiaggia ai cittadini e lo stato desolante di oggi dello stabilimento testimonia quali fossero i reali interessi, case e negozi.
Così meravigliosi vecchi giardini di ville storiche, quali Villa Rusca, sono stati rivoltati per far posto a ristrutturazioni incontrollate di preziose residenze, parcheggi interrati a più piani: pini centenari silenziosamente lasciati morire.
Nella storica villa Raggio, un tempo sede del Conservatorio Paganini, poi di Consultorio e centro di recupero di ortopedia, è comparso in questi giorni un cartello per modifica destinazione d’uso, ampliamento e... piscina nel parco! La villa era un lascito per scopi socio-sanitari, ma è entrata nel patrimonio sanitario da dismettere... Addio a villa e parco e soprattutto alla sua funzione pubblica.
Non bisogna rassegnarsi al degrado oppure a parcheggi, residenze, centri commerciali, mentre spariscono le aree destinate al lavoro. Perciò mi sono candidata per il Municipio di Medio Levante nelle liste di SEL come indipendente per Marco Doria.
Le prossime elezioni sono per la nostra città un’occasione che non possiamo perdere. Lo dobbiamo ai nostri figli, ai ragazzi che se ne vanno perché non c’è lavoro e ne ho conosciuti tanti come insegnante per i bambini e come genitore alla presidenza del liceo King: li ho visti diventare grandi, studiare, laurearsi e andare via.
Ognuno di noi può fare qualcosa, per questo votare e scegliere la persona è importante, anche se la delusione verso la politica è forte.
Genova deve diventare ancora più bella, ma anche una città in cui ci sia lavoro, qualità della vita e qualità del contesto urbano, incentivando la vocazione al turismo, valorizzando litorale, parchi, ville storiche, giardini, spazi sportivi,troppo spesso indebitamente occupati e trascurati. Si deve ritrovare lo spazio pubblico, fruibile appieno da giovani e meno giovani, nel pieno rispetto dell’ambiente e dei bisogni di tutti: uno spazio in cui ritrovarsi, anche in città.
Come cittadina sento la mancanza di un’Amministrazione amica.
Il mio impegno sarà assiduo, per dare al mio Municipio il ruolo che dovrebbe avere, per consentire una vera partecipazione dei cittadini nel mutuo rispetto delle regole, per garantire un collegamento tra quartiere, comitati, associazioni e il Comune, in modo che i nostri soldi siano spesi bene.
Su questa campagna elettorale strombazzata e al contempo in sordina pesa la stanchezza della cittadinanza, il rischio dell’astensione, mentre fa capolino in fondo al cuore la sensazione che alla fine vinceranno sempre gli stessi.
Difficile dare speranza di cambiamento, eppure dobbiamo provarci, contano le persone , non soltanto i partiti, che pure non dobbiamo demonizzare perché la gente ha ancora voglia di politica vera e sa ancora appassionarsi.
E’ invece assolutamente vitale che ci siano forze nuove, dal Comune ai Municipi per controbilanciare quell’intreccio ormai consolidato troppo a lungo tra una certa politica e una certa parte di società.
Perciò torniamo a volantinare e ad ascoltare la gente.
(Bianca Vergati)
OLI 340: ELEZIONI - La battaglia delle affissioni
C'è poco posto in politica per i pennelli teneri. "Pennelli", sì, perché per le affissioni la colla e la scopa sostituiscono il cuore, con la battaglia che si gioca negli spazi elettorali che il Comune destina ai partiti. Il fatto: i propri manifesti sono regolarmente coperti dagli avversari di corsa elettorale, alla faccia di qualsiasi regola di correttezza politica e di osservanza della legge, il che, per chi si presenta agli elettori come la soluzione ai problemi di Genova, suona come un ossimoro etico che poco ha a che fare con le "parolone" e le promesse elettorali che contengono.
Così si assiste, nel silenzio totale delle istituzioni, ad una campagna elettorale "macchiata di colla", dove lo scontro avviene non solo tra fazioni concorrenti, ma anche nell'ambito dello stesso partito. "Very italian", affermerebbe un attempato anglosassone, osservando il cimitero della legalità che rappresentano le foto della galleria fotografica proposta.Alla riunione elettorale indetta dal Comune viene spiegato con chiarezza che la legge prevede che il trasgressore sia colto in flagranza di reato da un pubblico ufficiale, altrimenti non ci sarebbero i presupposti per la denuncia, che comunque comporta solo una pena pecuniaria minima. Anzi, in alcune Regioni italiane si tende a dare una ammenda globale, addirittura a sanare il reato praticamente gratis.
Fino a che non si troverà una soluzione legata all'obbligo di affidamento da parte del committente responsabile ad aziende o persone in grado di garantire l'osservanza delle regole, non ci sarà alcun cambiamento: infatti attualmente il committente risponde solo dei contenuti dell'affissione, non del suo posizionamento.
Questa illegalità diffusa si aggiunge a quella delle affissioni elettorali al di fuori degli spazi elettorali negli spazi commerciali, altrettanto vietata a cominciare da 30 giorni prima della data delle elezioni, e che apre tutto un altro capitolo sull'incapacità dell'amministrazione pubblica a far fronte a questo tipo di reati.
(Stefano De Pietro)
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OLI 340: BOCCADASSE - Altri piani per la ex rimessa dei bus
C’era una volta la rimessa dei bus, in un grande piazzale alle spalle di Boccadasse, un sito storico e lo evocano le immagini della mostra inaugurata da Metrogenova, sabato 14 aprile con il patrocinio del Municipio Medio Levante.
L’associazione, che si occupa di trasporti, rimarca con forza l’importanza del mezzo pubblico, ricorda i tram che arrivavano in deposito, attraversando da Levante a Caricamento tutto il litorale, puntuali e tranquilli senza inquinare.
Una malinconia per i visitatori e pure per i residenti del borgo, che quasi rimpiangono quell’epoca.
Perché poi, si dovrebbe essere contenti, è stata tolta una servitù con quei bus che giravano notte e giorno imperterriti e rumorosi.
Non è tutto così roseo, eppure la mostra dedica un pannello en passant all’oggi.
Al posto della rimessa infatti si sta costruendo una U di palazzoni che incombe il contesto, una U ristretta dove il sole non arriverà mai, gli affacci ravvicinati come negli edifici della periferia più desolante stile anni ’60.
L’altra opzione erano due torri a undici piani, firmato dall’archistar, come quelle che ti colpiscono allo stomaco non appena imbocchi la sopraelevata per venire a Genova.
Non si pretendeva un parco verde, ma almeno costruire la metà.
Soltanto le immagini possono rendere l’idea: se prima la rimessa era ad un piano e mezzo di altezza, ora i piani sono cinque, attraversati da varchi che paiono immagini di un carcere.
Quando il tutto verrà completato l’aspetto sarà probabilmente più ameno, con il giardino nel piazzale, speriamo non il solito “verde piantumato” per dare un contentino agli abitanti intorno, che tanto hanno battagliato per non avere tutto quel cemento. Ci si augura diventi una “piazza” vera, uno spazio libero come sempre il Comune auspica e poi raramente concede: si sa quanto sia prezioso ed allettante lo spazio, specie in certi quartieri. Se qui non vai in piazzetta a Boccadasse, non ci sono spazi per bambini e nonni e spesso libeccio e tramontana fanno scappare tutti.
L’altro “verde” concesso in zona per ripristinare e ampliare la casa diroccata che si affacciava nei pressi è diventato un bel supermercato con annessa la sede della polizia municipale.
E speriamo pure che la piazza-giardino resti a disposizione del quartiere perché la manutenzione sarà a carico del megacondominio, che magari ci farà una bella cancellata e addio: nella Convenzione con il Comune sembra demandata la cura del verde ai privati.
Come finirà? Nel degrado o in un bel giardino chiuso?
Intanto spaventa gli abitanti del borgo un vecchio problema perché - visto che i nuovi edifici prevedono cento appartamenti - quando piove, già oggi dai tombini arriva un refluo di acque nere per tubature mai messe a norma.
Con l'occasione, segnaliamo il sito osservatorioverde.it come fonte di informazioni sull'urbanistica genovese.
(Bianca Vergati - foto dell'autrice)
L’associazione, che si occupa di trasporti, rimarca con forza l’importanza del mezzo pubblico, ricorda i tram che arrivavano in deposito, attraversando da Levante a Caricamento tutto il litorale, puntuali e tranquilli senza inquinare.
Una malinconia per i visitatori e pure per i residenti del borgo, che quasi rimpiangono quell’epoca.
Perché poi, si dovrebbe essere contenti, è stata tolta una servitù con quei bus che giravano notte e giorno imperterriti e rumorosi.
Non è tutto così roseo, eppure la mostra dedica un pannello en passant all’oggi.
Al posto della rimessa infatti si sta costruendo una U di palazzoni che incombe il contesto, una U ristretta dove il sole non arriverà mai, gli affacci ravvicinati come negli edifici della periferia più desolante stile anni ’60.
L’altra opzione erano due torri a undici piani, firmato dall’archistar, come quelle che ti colpiscono allo stomaco non appena imbocchi la sopraelevata per venire a Genova.
Non si pretendeva un parco verde, ma almeno costruire la metà.
Soltanto le immagini possono rendere l’idea: se prima la rimessa era ad un piano e mezzo di altezza, ora i piani sono cinque, attraversati da varchi che paiono immagini di un carcere.
Quando il tutto verrà completato l’aspetto sarà probabilmente più ameno, con il giardino nel piazzale, speriamo non il solito “verde piantumato” per dare un contentino agli abitanti intorno, che tanto hanno battagliato per non avere tutto quel cemento. Ci si augura diventi una “piazza” vera, uno spazio libero come sempre il Comune auspica e poi raramente concede: si sa quanto sia prezioso ed allettante lo spazio, specie in certi quartieri. Se qui non vai in piazzetta a Boccadasse, non ci sono spazi per bambini e nonni e spesso libeccio e tramontana fanno scappare tutti.
L’altro “verde” concesso in zona per ripristinare e ampliare la casa diroccata che si affacciava nei pressi è diventato un bel supermercato con annessa la sede della polizia municipale.
E speriamo pure che la piazza-giardino resti a disposizione del quartiere perché la manutenzione sarà a carico del megacondominio, che magari ci farà una bella cancellata e addio: nella Convenzione con il Comune sembra demandata la cura del verde ai privati.
Come finirà? Nel degrado o in un bel giardino chiuso?
Intanto spaventa gli abitanti del borgo un vecchio problema perché - visto che i nuovi edifici prevedono cento appartamenti - quando piove, già oggi dai tombini arriva un refluo di acque nere per tubature mai messe a norma.
Con l'occasione, segnaliamo il sito osservatorioverde.it come fonte di informazioni sull'urbanistica genovese.
(Bianca Vergati - foto dell'autrice)
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OLI 340
OLI 340: NUOVO GALLIERA - Quando si specula su un ospedale
Plastico del progetto del Nuovo Galliera, da http://www.galliera.it/ |
Sul sito del Galliera se ne parla invece come di un “Ospedale a misura di paziente”, modellato sulla “centralità del paziente”, e che si configurerà come “un’opera a basso impatto ambientale”.
L’interessamento dei comitati di cittadini di Carignano ha portato a conoscenza di un progetto di dimensioni ciclopiche: un volume del costruito cinque volte superiore all’esistente, uno scavo di 25 metri nella roccia per ricavare piani e parcheggi sotterranei; i vecchi padiglioni, dismessi e in parte venduti per finanziare l’operazione. Il Pef (Piano Economico-finanziario) del progetto illustra un costo di 180 milioni di euro (113 milioni di opere edili, il resto per impianti elettrici, meccanici, attrezzature, apparecchiature, trasporti), con la copertura di spesa che segue: 51 milioni di euro coperti dal finanziamento regionale, 48 dalla vendita degli attuali padiglioni, 4 milioni e 400mila dalla vendita di beni e terreni a Voltaggio e Coronata, 75 milioni di mutuo bancario. I padiglioni che dovrebbero essere demoliti, tra l’altro, sono stati ristrutturati negli ultimi 5 anni per una cifra di 8 milioni di euro (“Nuovo Galliera, un altro piano finanziario”, La Repubblica-Il Lavoro, 10 marzo).
I comitati cittadini di Carignano hanno presentato ricorso al Tar contro l’enorme costo pubblico ed impatto ambientale del progetto. La stampa ha accolto la sentenza del Tar in un primo momento come una vittoria del Galliera (“Carignano, Comitati sconfitti, il Tar sblocca il nuovo Galliera”, Il Secolo XIX, “Nuovo Galliera Comitato del no bocciato dal Tar”, Il Corriere Mercantile, 7 aprile 2012). Il Cittadino, settimanale cattolico genovese, titola “Tar, sentenza pro-Galliera” (17 aprile). Poi, in un secondo tempo, è apparso chiaramente che i lavori sono bloccati e la questione è tutta da ridefinire (“Stop al Galliera: De Martini e Viscardi, grande vittoria dei comitati civici”, Il Secolo XIX, 11 aprile).
La sentenza, di fatto, da un lato ammonisce i ricorrenti (comitati di Carignano) sul fatto che non è possibile ricorrere contro un progetto preliminare e li invita ad aspettare la versione definitiva, dall’altro annulla la delibera di approvazione della variante urbanistica che avrebbe consentito la costruzione del Nuovo Galliera. Tale variante è quella che prevede di trasformare la destinazione di 5 dei 20 padiglioni in spazi residenziali e commerciali, rendendoli maggiormente appetibili sul mercato immobiliare, con un’operazione che i comitati di Carignano hanno definito “di natura speculativa” (Il Secolo XIX, 8 aprile).
Quindi, per ora, il progetto è fermo: sarà una delle eredità roventi lasciate dalla giunta Vincenzi alla prossima amministrazione.
(Eleana Marullo)
Quindi, per ora, il progetto è fermo: sarà una delle eredità roventi lasciate dalla giunta Vincenzi alla prossima amministrazione.
(Eleana Marullo)
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OLI 340
OLI 340: IMMIGRAZIONE - Permesso di soggiorno e riforma del lavoro
Con il disegno di legge della riforma del mercato del lavoro, il governo interviene ancora positivamente sull’immigrazione. Dopo aver trasformato, con il decreto Salva - Italia, in provvedimento legislativo la buona prassi amministrativa sulla validità della ricevuta della richiesta di rinnovo o rilascio del permesso di soggiorno (ad esempio per poter avere un regolare contratto di lavoro), ora il governo interviene per rafforzare la regolarità del permesso di soggiorno con l’obbiettivo di contrastare il lavoro nero. L’art. 58 del Disegno di legge di riforma del mercato del lavoro raddoppia la durata minima del periodo di disoccupazione che garantisce la regolarità del permesso di soggiorno riportandola da sei mesi ad un anno. E nel caso che il lavoratore straniero percepisca una prestazione di sostegno al reddito (indennità di disoccupazione, ecc.), tale periodo si estende per tutta la durata della prestazione. Inoltre è prevista la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno anche in assenza di contratto di lavoro, a condizione che lo straniero dimostri la disponibilità di un reddito sufficiente proveniente da fonte lecita. Ciò è quanto movimenti, sindacati, associazioni andavano proponendo da tempo per un efficace contrasto alla clandestinità e al lavoro nero.
Si tratta di provvedimenti positivi, razionali e di buon governo dopo molti anni di irrazionalità, demagogia e malgoverno. La norma di legge che viene ora emendata dall’art. 58 ha prodotto nel solo 2010 684.413 permessi di soggiorno non rinnovati (Dossier Caritas 2011). Ogni anno centinaia di migliaia di persone regolari vengono costrette alla clandestinità ed al lavoro nero dopo sei mesi di disoccupazione in un paese a corto di risorse e già fortemente colpito dall’evasione fiscale e contributiva. Ci sarebbero molti altri provvedimenti di consolidamento della regolarità del soggiorno e di ampliamento dei diritti di cittadinanza, che avrebbero un effetto moltiplicatore sulla possibilità dei migranti di contribuire alla crescita del Paese: occorre ad esempio modificare la norma del Testo Unico sull’immigrazione che lega la durata del permesso di soggiorno alla durata del contratto di lavoro. Non è infatti razionale né rispettoso delle persone immigrate costringerle alle lunghe e costose pratiche burocratiche di rinnovo del permesso di soggiorno ad ogni scadenza del contratto di lavoro che può avvenire ogni tre mesi.
(Saleh Zaghloul)
Si tratta di provvedimenti positivi, razionali e di buon governo dopo molti anni di irrazionalità, demagogia e malgoverno. La norma di legge che viene ora emendata dall’art. 58 ha prodotto nel solo 2010 684.413 permessi di soggiorno non rinnovati (Dossier Caritas 2011). Ogni anno centinaia di migliaia di persone regolari vengono costrette alla clandestinità ed al lavoro nero dopo sei mesi di disoccupazione in un paese a corto di risorse e già fortemente colpito dall’evasione fiscale e contributiva. Ci sarebbero molti altri provvedimenti di consolidamento della regolarità del soggiorno e di ampliamento dei diritti di cittadinanza, che avrebbero un effetto moltiplicatore sulla possibilità dei migranti di contribuire alla crescita del Paese: occorre ad esempio modificare la norma del Testo Unico sull’immigrazione che lega la durata del permesso di soggiorno alla durata del contratto di lavoro. Non è infatti razionale né rispettoso delle persone immigrate costringerle alle lunghe e costose pratiche burocratiche di rinnovo del permesso di soggiorno ad ogni scadenza del contratto di lavoro che può avvenire ogni tre mesi.
(Saleh Zaghloul)
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OLI 340: MOSTRE – Cultura o business?
Van Gogh al Ducale: uno dei business “culturali” più riusciti della stagione. Indugiavo ad andarvi, memore di passate esperienze, e anche stavolta sconforto e rabbia hanno avuto il sopravvento, come già l’anno passato per Mediterranea. Stesso curatore, stesso stile. Mai vista mostra più sconclusionata e brutta di questa, né una simile accozzaglia di argomentazioni retoriche e pretestuose per giustificarla. È chiaro che non sono in discussione le opere in sé: nella mostra del Ducale sono concentrati capolavori di bellezza e importanza unica. Peccato che non si afferri il criterio della scelta e il suo scopo, per quanto il tema del viaggio, pur nella sua genericità, vorrebbe essere il filo conduttore della loro presenza qui. Non si poteva, più onestamente, dire: “Abbiamo la fortuna di poter avere in prestito queste opere. Pensiamo di proporvele, magari con un piccolo corredo di notizie, giusto per collocarle un po’ nella storia dell’arte”? Invece, con rara supponenza, limitata fantasia e abbondanti salti mortali, si è preteso di inventare un “percorso”, entro cui costringere artisti, epoche, tematiche e stili che fra loro mai e poi mai potrebbero parlarsi e che in chi non bazzica le cose dell’arte può solo generare confusione.
Qualcuno dovrebbe spiegare cosa c’entra, per esempio, Nicolas de Staël (di cui l’unica tela presente richiederebbe uno spazio di cinque e non di due metri per essere non dico “goduta” ma guardata) con Caspar David Friedrich (di cm 30 x 25 e una stanza tutta per sé). E cosa avrebbero da dirsi Kandinsky e Hopper o Rothko e Gauguin, magari passando per Turner (4 opere in mostra). E come è possibile affermare enfaticamente, in riferimento all’unico Gauguin (peraltro preziosissimo) presente, che «senza questo quadro la mostra non si sarebbe potuta fare e che con quest’unico quadro tutta la mostra si potrebbe fare». C’è di che risentirsi, se calati nei panni degli altri artisti esposti, e c’è di che rammaricarsi di non aver fatto davvero una mostra con un unico quadro. Perché no? Si sarebbe potuto. Naturalmente con i mille collegamenti e con tutti gli apparati critici del caso, al posto di quelle sbobbe graficamente illeggibili e stomachevoli nei contenuti: torrenti di parole che non spiegano nulla ma hanno la prerogativa di creare inutili ingorghi e affollamenti nel flusso di folla plaudente.
Per non parlare delle cadute di gusto, tipo il plastico con la riproduzione delle proprietà di Monet e lui in persona sotto l’ombrellone, intento a dipingere, indovinate cosa? Le ninfee! E che dire della stanzuccia di Van Gogh in grandezza naturale come primo impatto all’ingresso? Due rimandi al mondo concreto dei pittori – il letto di Van Gogh e i laghetti di Monet – che in una mostra organizzata diversamente, ad esempio per coinvolgere bambini e magari anche qualche adulto che li accompagna, sarebbero divertenti e anche stimolanti. Qui sono solo cafoni.
Potrei continuare, ma mi limiterò a un’unica domanda, che non rivolgo al curatore, il quale fa il suo mestiere come lo sa fare e secondo coscienza (la sua), ma ai responsabili delle scelte culturali cittadine, agli “esperti”, agli amministratori, a coloro che hanno una qualche voce in capitolo: capisco il business e capisco che una mostra come questa debba “rendere”, ma dove sta scritto che non si possa fare una bella mostra e redditizia senza per questo fare un insulto alla cultura?
(Antonella Mancini)
Qualcuno dovrebbe spiegare cosa c’entra, per esempio, Nicolas de Staël (di cui l’unica tela presente richiederebbe uno spazio di cinque e non di due metri per essere non dico “goduta” ma guardata) con Caspar David Friedrich (di cm 30 x 25 e una stanza tutta per sé). E cosa avrebbero da dirsi Kandinsky e Hopper o Rothko e Gauguin, magari passando per Turner (4 opere in mostra). E come è possibile affermare enfaticamente, in riferimento all’unico Gauguin (peraltro preziosissimo) presente, che «senza questo quadro la mostra non si sarebbe potuta fare e che con quest’unico quadro tutta la mostra si potrebbe fare». C’è di che risentirsi, se calati nei panni degli altri artisti esposti, e c’è di che rammaricarsi di non aver fatto davvero una mostra con un unico quadro. Perché no? Si sarebbe potuto. Naturalmente con i mille collegamenti e con tutti gli apparati critici del caso, al posto di quelle sbobbe graficamente illeggibili e stomachevoli nei contenuti: torrenti di parole che non spiegano nulla ma hanno la prerogativa di creare inutili ingorghi e affollamenti nel flusso di folla plaudente.
Per non parlare delle cadute di gusto, tipo il plastico con la riproduzione delle proprietà di Monet e lui in persona sotto l’ombrellone, intento a dipingere, indovinate cosa? Le ninfee! E che dire della stanzuccia di Van Gogh in grandezza naturale come primo impatto all’ingresso? Due rimandi al mondo concreto dei pittori – il letto di Van Gogh e i laghetti di Monet – che in una mostra organizzata diversamente, ad esempio per coinvolgere bambini e magari anche qualche adulto che li accompagna, sarebbero divertenti e anche stimolanti. Qui sono solo cafoni.
Potrei continuare, ma mi limiterò a un’unica domanda, che non rivolgo al curatore, il quale fa il suo mestiere come lo sa fare e secondo coscienza (la sua), ma ai responsabili delle scelte culturali cittadine, agli “esperti”, agli amministratori, a coloro che hanno una qualche voce in capitolo: capisco il business e capisco che una mostra come questa debba “rendere”, ma dove sta scritto che non si possa fare una bella mostra e redditizia senza per questo fare un insulto alla cultura?
(Antonella Mancini)
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OLI 340: LETTERE - Elezioni, Doria e le donne
Cara Oli,
sono appena tornata dall'incontro di ieri sera, 23 aprile, allo Zenzero con le candidate che sostengono Marco Doria. Voglio condividere con voi l'emozione e la felicità provata per un avvenimento che potrebbe diventare una chiave di volta nella politica, almeno nella nostra città, se si riuscirà a tener fede alle intenzioni. Ho visto donne giovani e meno giovani che si presentavano, dicevano quello che le aveva mosse a candidarsi, con semplicità. Parlavano dei figli che avevano, del lavoro che facevano, delle tante cose che riuscivano a tenere insieme nelle loro vite. Atmosfera attenta e rilassata, salvo qualche sollecitazione (sacrosanta!) da parte delle facilitatrici e dal pubblico ("ricordate: siete consigliere e non consiglieri!!", "Se riuscite a mantenere i contatti con noi, con questa rete di donne, sarete più forti voi stesse!"). Bello, molto bello.
Pensate: se queste donne, quelle che saranno elette manterranno un legame con i bisogni e le aspirazioni delle donne e se questo si riflettesse, anche in minima parte nelle politiche della città, sarebbe una vittoria della democrazia partecipata.
Non democrazia diretta (troppa grazia, Sant'Antonio!) non democrazia rappresentativa (emmu zà dêto), ma un modo di essere incluse in certa misura nelle politiche istituzionali.
Raggiungere una presenza paritaria nei Consigli e possibilmente nelle Giunte è un obiettivo importante, e forse oggi, dando la propria preferenza a una donna, è a portata di mano.
Il 27 aprile alle 16.30 in Largo Pertini la Rete di Donne per la Politica ha invitato tutte le candidate delle liste che sostengono la candidatura a Sindaco di Marco Doria nelle elezioni amministrative del 6 e 7 maggio ad un incontro con cittadine e cittadini.
Gli obiettivi che abbiamo individuato sono: il mantenimento ed efficace sostegno ai Centri Antiviolenza; la creazione di una struttura permanente ed adeguata per gli incontri e le iniziative femminili e femministe dove avviare anche un percorso di partecipazione permanente tra Amministrazione pubblica ed associazioni di donne; il rafforzamento degli strumenti istituzionali contro le discriminazioni di genere e contrasto a messaggi e pubblicità lesive della dignità delle donne; l’adozione del Bilancio di Genere, come strumento per garantire uno sviluppo paritario.
(Francesca Dagnino)
sono appena tornata dall'incontro di ieri sera, 23 aprile, allo Zenzero con le candidate che sostengono Marco Doria. Voglio condividere con voi l'emozione e la felicità provata per un avvenimento che potrebbe diventare una chiave di volta nella politica, almeno nella nostra città, se si riuscirà a tener fede alle intenzioni. Ho visto donne giovani e meno giovani che si presentavano, dicevano quello che le aveva mosse a candidarsi, con semplicità. Parlavano dei figli che avevano, del lavoro che facevano, delle tante cose che riuscivano a tenere insieme nelle loro vite. Atmosfera attenta e rilassata, salvo qualche sollecitazione (sacrosanta!) da parte delle facilitatrici e dal pubblico ("ricordate: siete consigliere e non consiglieri!!", "Se riuscite a mantenere i contatti con noi, con questa rete di donne, sarete più forti voi stesse!"). Bello, molto bello.
Pensate: se queste donne, quelle che saranno elette manterranno un legame con i bisogni e le aspirazioni delle donne e se questo si riflettesse, anche in minima parte nelle politiche della città, sarebbe una vittoria della democrazia partecipata.
Non democrazia diretta (troppa grazia, Sant'Antonio!) non democrazia rappresentativa (emmu zà dêto), ma un modo di essere incluse in certa misura nelle politiche istituzionali.
Raggiungere una presenza paritaria nei Consigli e possibilmente nelle Giunte è un obiettivo importante, e forse oggi, dando la propria preferenza a una donna, è a portata di mano.
Il 27 aprile alle 16.30 in Largo Pertini la Rete di Donne per la Politica ha invitato tutte le candidate delle liste che sostengono la candidatura a Sindaco di Marco Doria nelle elezioni amministrative del 6 e 7 maggio ad un incontro con cittadine e cittadini.
Gli obiettivi che abbiamo individuato sono: il mantenimento ed efficace sostegno ai Centri Antiviolenza; la creazione di una struttura permanente ed adeguata per gli incontri e le iniziative femminili e femministe dove avviare anche un percorso di partecipazione permanente tra Amministrazione pubblica ed associazioni di donne; il rafforzamento degli strumenti istituzionali contro le discriminazioni di genere e contrasto a messaggi e pubblicità lesive della dignità delle donne; l’adozione del Bilancio di Genere, come strumento per garantire uno sviluppo paritario.
(Francesca Dagnino)
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mercoledì 18 aprile 2012
OLI 339: SOMMARIO
VERSANTE LIGURE - A CHE SITO VOTARSI (Enzo Costa e Aglaja)
ELEZIONI - Album da una campagna elettorale (Giovanna Profumo)
MEMORIE PARTIGIANE - Le voci della 6A Zona (Giovanna Profumo)
MIGRANTI - Il Centro Servizi più vulnerabile dei suoi assistiti (Eleana Marullo)
IMMIGRAZIONE - IMU ed i contribuenti immigrati (Saleh Zaghloul)
AMBIENTE - Cartoline dalla passeggiata di Nervi (Bianca Vergati)
SOCIETA’ – Càssego: l’eredità di don Sandro (Ferdinando Bonora)
CULTURA - "Magico artifizio..."
PAROLE DEGLI OCCHI - 15 Aprile 2012 (a cura di Giorgio Bergami)
LETTERE - Genova, l'Europa e il software libero (Nicola Vallinoto)
ELEZIONI - Album da una campagna elettorale (Giovanna Profumo)
MEMORIE PARTIGIANE - Le voci della 6A Zona (Giovanna Profumo)
MIGRANTI - Il Centro Servizi più vulnerabile dei suoi assistiti (Eleana Marullo)
IMMIGRAZIONE - IMU ed i contribuenti immigrati (Saleh Zaghloul)
AMBIENTE - Cartoline dalla passeggiata di Nervi (Bianca Vergati)
SOCIETA’ – Càssego: l’eredità di don Sandro (Ferdinando Bonora)
CULTURA - "Magico artifizio..."
PAROLE DEGLI OCCHI - 15 Aprile 2012 (a cura di Giorgio Bergami)
LETTERE - Genova, l'Europa e il software libero (Nicola Vallinoto)
martedì 17 aprile 2012
OLI 339: VERSANTE LIGURE - A CHE SITO VOTARSI
Sogno un bel posto
dove “partito”
stia per “onesto”
e “retribuito
non troppo, il giusto
come pattuito
da un chiaro testo”
e restituito
sempre sia il resto:
c’è, ’sto bel sito?
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
.
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OLI 339: MEMORIE PARTIGIANE - Le voci della 6A Zona
La 6A Zona è stata un luogo geografico, ma anche del sogno, della fuga, dell’attesa.
Indica le valli alle spalle di Genova, dove tra il ‘44 e il ‘45 si erano incontrati coloro che del fascismo volevano vedere la fine.
A teatro la 6A Zona è una voce che svela: “Dopo venti e passa anni che non si faceva politica, che non si parlava, di colpo, in prima fila erano apparsi loro. Un miracolo...”
Poi precisa: “Era una strada; ma per sapere dove portava bisognava inventarsela, percorrerla...”
Accenna alle parole, a quelle più politiche: “lotta di classe, rivoluzione”, per planare su “coscienza, e nostro paese”.
Racconta di un mondo in cui la disciplina condivisa veniva discussa di continuo, un luogo che pretendeva presenza: “la tua dovevi dirla. Magari due parole in croce ma dovevi dirla” e rigore estremo.
Ricorda un universo nel quale una donna - “per la moralità collettiva” - era bene non portasse i pantaloni “piuttosto una sottana lunga” e racconta di “una guerra che c’aveva bisogno di parole, molte, e di principi, ma uguali per tutti.”
Poi indica le montagne e sfiora la neve, le armi, la paura di essere torturati, la fuga dalla città e ricorda che “il giovane, allora, studente, operaio, era escluso dalla vita. Proprio escluso. Non contava, né in casa né fuori” e di come la montagna fosse stata occasione per diventare grandi.
E’ una voce che, insieme alla musica, ti accompagna nei luoghi della 6A Zona partigiana, ma non è sempre la stessa: perché è la voce di Marietta, di Carlo, di Scrivia, Denis, Lesta. E Bisagno. Ragazzi di allora interpretati da giovani studenti di Merano che di questa storia hanno raccolto il testimone. Dopo sessantasette anni.
Il lavoro si basa su testi curati da Manlio Calegari su fonti testimoniali, rielaborati per il teatro da Marcello Fera e Lorenza Codignola.
6A Zona – Storie di una formazione partigiana andrà in scena martedì 24 aprile al Teatro Duse alle ore 20.30.
(Giovanna Profumo)
Indica le valli alle spalle di Genova, dove tra il ‘44 e il ‘45 si erano incontrati coloro che del fascismo volevano vedere la fine.
A teatro la 6A Zona è una voce che svela: “Dopo venti e passa anni che non si faceva politica, che non si parlava, di colpo, in prima fila erano apparsi loro. Un miracolo...”
Poi precisa: “Era una strada; ma per sapere dove portava bisognava inventarsela, percorrerla...”
Accenna alle parole, a quelle più politiche: “lotta di classe, rivoluzione”, per planare su “coscienza, e nostro paese”.
Racconta di un mondo in cui la disciplina condivisa veniva discussa di continuo, un luogo che pretendeva presenza: “la tua dovevi dirla. Magari due parole in croce ma dovevi dirla” e rigore estremo.
Ricorda un universo nel quale una donna - “per la moralità collettiva” - era bene non portasse i pantaloni “piuttosto una sottana lunga” e racconta di “una guerra che c’aveva bisogno di parole, molte, e di principi, ma uguali per tutti.”
Poi indica le montagne e sfiora la neve, le armi, la paura di essere torturati, la fuga dalla città e ricorda che “il giovane, allora, studente, operaio, era escluso dalla vita. Proprio escluso. Non contava, né in casa né fuori” e di come la montagna fosse stata occasione per diventare grandi.
E’ una voce che, insieme alla musica, ti accompagna nei luoghi della 6A Zona partigiana, ma non è sempre la stessa: perché è la voce di Marietta, di Carlo, di Scrivia, Denis, Lesta. E Bisagno. Ragazzi di allora interpretati da giovani studenti di Merano che di questa storia hanno raccolto il testimone. Dopo sessantasette anni.
Il lavoro si basa su testi curati da Manlio Calegari su fonti testimoniali, rielaborati per il teatro da Marcello Fera e Lorenza Codignola.
6A Zona – Storie di una formazione partigiana andrà in scena martedì 24 aprile al Teatro Duse alle ore 20.30.
(Giovanna Profumo)
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OLI 339: MIGRANTI - Il Centro Servizi più vulnerabile dei suoi assistiti
(foto da internet) |
Oggi il Centro servizi integrati ha un futuro più precario ed incerto dei suoi assistiti. Da principio, il Centro riceveva finanziamenti con una programmazione biennale, successivamente si è passati ad una cadenza annuale. Attualmente, il Centro presta assistenza e servizio con una programmazione mensile, senza sapere il destino che attende la struttura e le persone che ci lavorano. Al momento in cui si scrive, infatti, il Bilancio 2012 del Comune di Genova non è stato approvato e rimarrà come pesante eredità alla nuova amministrazione: nel frattempo si procede giorno per giorno. Altro fattore di debolezza per il Centro Servizi, è la sua dimensione cittadina: è una struttura piccola, che vive grazie al finanziamento del Comune e non afferisce a strutture regionali o nazionali. Si viene a creare, quindi, una situazione per cui chi assiste è in una situazione precaria e vulnerabile come chi è assistito. Ma chi lavora non sapendo se il suo ufficio funzionerà ancora dopo dieci, quindici giorni, con che tranquillità può procedere? Che servizio può offrire?
(Eleana Marullo)
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OLI 339: IMMIGRAZIONE - IMU ed i contribuenti immigrati
Con il decreto Salva-Italia è stata introdotta l’imposta ordinaria sul valore degli immobili posseduti all’estero dalle persone fisiche residenti in Italia. L’aliquota d’imposta è pari al 7,6 per mille della base imponibile, consistente nel valore degli immobili risultante dall’atto di acquisto degli stessi o dai contratti. L’intenzione del legislatore è quella di colpire i grandi patrimoni detenuti all’estero e molto probabilmente non si è accorto che questa norma colpisce migliaia di lavoratori immigrati di basso reddito residenti in Italia: edili, Colf, addetti alle cure dei persone anziane, camerieri ecc. Molti immigrati hanno dovuto vendere la loro prima casa nel paese d’origine per poter fare fronte alle spese del loro progetto d’immigrazione in Italia. Ma altri, dopo anni in Italia, hanno preferito investire i loro pochi risparmi per comprare o costruire una casa nel paese d’origine.
Le norme sul rinnovo del permesso di soggiorno e sulla cittadinanza sono arretrate, vengono applicate in modo restrittivo e non forniscono alcuna garanzia di integrazione e di permanenza in Italia: centinaia di migliaia di immigrati ogni anno non riescono a rinnovare i permessi di soggiorno, mentre sono pochissimi coloro che ottengono la cittadinanza italiana. Chi ha potuto realizzare il proprio progetto migratorio, diventando cittadino italiano, è giusto che paghi l'imposta sugli immobili che detiene all’estero, mentre è iniquo applicare l'imposta a chi non ha alcuna garanzia sulla sua permanenza in Italia e sul mantenimento del proprio permesso di soggiorno. Ci vuole buon senso ed equità: quest'ingiustizia va eliminata in Parlamento quando si discutono gli emendamenti di correzione riguardanti l'applicazione dell’Imu.
(Saleh Zaghloul - disegno di Guido Rosato)
Le norme sul rinnovo del permesso di soggiorno e sulla cittadinanza sono arretrate, vengono applicate in modo restrittivo e non forniscono alcuna garanzia di integrazione e di permanenza in Italia: centinaia di migliaia di immigrati ogni anno non riescono a rinnovare i permessi di soggiorno, mentre sono pochissimi coloro che ottengono la cittadinanza italiana. Chi ha potuto realizzare il proprio progetto migratorio, diventando cittadino italiano, è giusto che paghi l'imposta sugli immobili che detiene all’estero, mentre è iniquo applicare l'imposta a chi non ha alcuna garanzia sulla sua permanenza in Italia e sul mantenimento del proprio permesso di soggiorno. Ci vuole buon senso ed equità: quest'ingiustizia va eliminata in Parlamento quando si discutono gli emendamenti di correzione riguardanti l'applicazione dell’Imu.
(Saleh Zaghloul - disegno di Guido Rosato)
OLI 339: AMBIENTE - Cartoline dalla passeggiata di Nervi
“Lovely!”, esclama la bionda turista che fotografa con il suo ipad tutto quanto vede intorno in passeggiata a Nervi: un incantevole visione a picco sulla scogliera frastagliata, il mare che si frange, le tamerici, il pitosforo profumato e il vecchio porticciolo dalle case colorate, un percorso che ti porta ai Parchi maestosi sia pure trascurati, con il roseto quasi una bozza di colori.
Non ti aspetti perciò angoli di degrado e d’incuria, che invece vi sono, dovuti a cittadini che gettano carta, bottigliette, vaschette del gelato sulle rocce, ma presenti anche presso stabilimenti balneari, chioschi, società sportive. Già, pure le innumerevoli società sportive, “ presidio del territorio” come amano definirsi, ammucchiano materiale fatiscente, assi, corde marce insieme a tanniche e ferri rugginosi, c’è soltanto da scegliere di fronte a vecchi depositi di legno serrati dai lucchetti. E trovi barche in ogni anfratto, al di fuori delle collocazioni consentite sulle quali oltre al permesso si paga l’occupazione suolo pubblico.
C’è poi chi non paga nemmeno il canone e allora dichiara di fare manifestazioni per beneficenza, ma pretende dall’assessore al Demanio il dragaggio del porticciolo per una previsione di costi intorno ai cinquecentomila euro: tanto quanto il fondo stanziato per il ripristino di tutto il litorale del Levante.
Dunque i cittadini hanno delegato le Istituzioni a concedere spazi pubblici, ad occupare un bene comune quali il mare, le spiaggia, ora interdetti da cancellate e questi spazi sono trattati spesso come sopra. La concessione contempla il buon ordine dello spazio ottenuto insieme alla manutenzione della spiaggia e spesso invece vedi cicche vecchie di anni con rimasugli del bar soprastante.
Le mareggiate non c’entrano, si tiene in ordine giusto giusto nei dintorni, poi ci deve pensare il Comune.. A quando una verifica puntuale della manutenzione del Demanio privatizzato?
Spiccano nelle arcate sottostanti poveri giacigli, immaginabili rifugi di disperati: l’Italia è anche questo.
(Bianca Vergati - foto dell'autrice)
Non ti aspetti perciò angoli di degrado e d’incuria, che invece vi sono, dovuti a cittadini che gettano carta, bottigliette, vaschette del gelato sulle rocce, ma presenti anche presso stabilimenti balneari, chioschi, società sportive. Già, pure le innumerevoli società sportive, “ presidio del territorio” come amano definirsi, ammucchiano materiale fatiscente, assi, corde marce insieme a tanniche e ferri rugginosi, c’è soltanto da scegliere di fronte a vecchi depositi di legno serrati dai lucchetti. E trovi barche in ogni anfratto, al di fuori delle collocazioni consentite sulle quali oltre al permesso si paga l’occupazione suolo pubblico.
C’è poi chi non paga nemmeno il canone e allora dichiara di fare manifestazioni per beneficenza, ma pretende dall’assessore al Demanio il dragaggio del porticciolo per una previsione di costi intorno ai cinquecentomila euro: tanto quanto il fondo stanziato per il ripristino di tutto il litorale del Levante.
Dunque i cittadini hanno delegato le Istituzioni a concedere spazi pubblici, ad occupare un bene comune quali il mare, le spiaggia, ora interdetti da cancellate e questi spazi sono trattati spesso come sopra. La concessione contempla il buon ordine dello spazio ottenuto insieme alla manutenzione della spiaggia e spesso invece vedi cicche vecchie di anni con rimasugli del bar soprastante.
Le mareggiate non c’entrano, si tiene in ordine giusto giusto nei dintorni, poi ci deve pensare il Comune.. A quando una verifica puntuale della manutenzione del Demanio privatizzato?
Spiccano nelle arcate sottostanti poveri giacigli, immaginabili rifugi di disperati: l’Italia è anche questo.
(Bianca Vergati - foto dell'autrice)
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OLI 339: SOCIETA’ – Càssego: l’eredità di don Sandro
Càssego, 14 aprile 2012. Foto Giorgio Bergami |
Càssego, Museo contadino. Foto Giorgio Bergami 1976 |
Càssego, indumenti di mezzalana. Foto Giorgio Bergami 1976 |
Atteggiamento diffuso non solo in ambito rurale, ma ancor più nelle pubbliche amministrazioni urbane.
L’evento è stato fotografato da Giorgio Bergami, già autore quasi quarant’anni fa delle immagini che nel frattempo venivano proiettate, riguardanti i primi allestimenti del museo e il suo patrimonio di testimonianze di vita e di lavoro delle passate generazioni.
(Ferdinando Bonora)
OLI 339: CULTURA - "Magico artifizio..."
Henry Parke, Panorama di Genova e Sampierdarena da San Benigno, 1822. |
Ferdinando Bonora
"Magico artifizio...": gli esordi della realtà virtuale
Nei panorama di Henry Parke, Luigi Garibbo e altri,
tra Genova, Firenze e il resto del mondo
Mercoledì 18 aprile 2012 alle ore 17.00
aula magna del Liceo Classico Statale Andrea D'Oria
via Armando Diaz, 8 - Genova
ingresso libero
I panorama, invenzione di un pittore inglese di fine Settecento, sono immensi quadri raffiguranti vedute di città o campagne a 360°, da chiudere a cilindro e osservare ponendovisi al centro, ricavandone coinvolgenti illusioni.
In gran voga nel XIX secolo, specie in Inghilterra, Francia e Stati Uniti, dopo essere stati a lungo trascurati dalla critica d’arte, solo di recente se n’è rivalutata l’importanza nella storia della rappresentazione del reale.
Anche Genova fu oggetto d’attenzione da parte di pittori di panorama e una sua veduta totale venne esposta a Londra nel 1828. Altre celebri raffigurazioni vanno intese come panorama, forse però rimasti allo stadio di bozzetti o esercitazioni e mai tradotti in formato gigante.
Luigi Garibbo, pittore genovese trasferitosi a Firenze, verso il 1840 vi costruì un edificio in muratura per realizzare ed esporre panorama, tuttora esistente sia pur molto trasformato e misconosciuto dagli stessi fiorentini: l’unico realizzato in muratura in Italia e il più antico sopravvissuto al mondo.
Luigi Garibbo, Lo Stabilimento del Panorama a Firenze, circa 1845. |
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Panorama
PAROLE DEGLI OCCHI - 15 Aprile 2012
(foto di Giovanna Profumo - 2012) |
OLI 339: LETTERE - Genova, l'Europa e il software libero
Ho letto con molto interesse il programma della coalizione di centrosinistra presentato da Marco Doria e ho apprezzato la sua dichiarazione che si tratta di un punto di partenza. Al riguardo ci sono due punti che, sembra, siano stati sottovalutati: il rapporto con l'Europa e l'adozione del software libero.
Genova è la porta dell'Europa sul Mediterraneo. Il rapporto della nostra città con l'Europa e con il Mediterraneo resta di cruciale importanza. Basti pensare a Genova 2004 Capitale Europea della Cultura, alla rete di città europee Eurocities e ai relativi progetti comunitari (Cascades, Mixities, Pepesec, Smart City solo per citarne alcuni), ai Caffè Europei con gli eurodeputati che riportano sul territorio le attività del Parlamento europeo, al Festival Musicale del Mediterraneo, al Suq, e a molte altre iniziative che vedono la nostra città come crocevia politico e culturale tra i paesi del Nord Africa e del Sud Europa. Rileggere il programma con uno sguardo cosmopolita può aiutarci a collocare i problemi della nostra città nella giusta dimensione.
La promozione e l'uso del software libero nel Comune, nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle strutture sanitarie e negli enti amministrativi genovesi consentirebbe un notevole risparmio economico e una ricaduta occupazionale per le realtà locali che sviluppano con le piattaforme floss (free and libre open source software). Il passaggio dal software commerciale al software libero presenta dei vantaggi quali l’assenza di costo di licenza e, in riferimento al sistema operativo Linux, una maggiore sicurezza da virus e da attacchi informatici. Molte amministrazioni comunali del Trentino - per fare un esempio concreto - hanno scelto di passare dall'Office di Microsoft a Open/Libre Office con risparmi annuali di decine di migliaia di euro. Per il passaggio si sono organizzati corsi di formazione con aziende locali piuttosto che pagare licenze proprietarie a multinazionali che fatturano in altri paesi. Senza contare che, anche a livello locale, avremmo l'esempio virtuoso dell'ospedale Galliera che ha migrato da diversi anni al software libero.
[Web: www.mfe.it www.softwareliberoliguria.org]
(Nicola Vallinoto)
Genova è la porta dell'Europa sul Mediterraneo. Il rapporto della nostra città con l'Europa e con il Mediterraneo resta di cruciale importanza. Basti pensare a Genova 2004 Capitale Europea della Cultura, alla rete di città europee Eurocities e ai relativi progetti comunitari (Cascades, Mixities, Pepesec, Smart City solo per citarne alcuni), ai Caffè Europei con gli eurodeputati che riportano sul territorio le attività del Parlamento europeo, al Festival Musicale del Mediterraneo, al Suq, e a molte altre iniziative che vedono la nostra città come crocevia politico e culturale tra i paesi del Nord Africa e del Sud Europa. Rileggere il programma con uno sguardo cosmopolita può aiutarci a collocare i problemi della nostra città nella giusta dimensione.
La promozione e l'uso del software libero nel Comune, nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle strutture sanitarie e negli enti amministrativi genovesi consentirebbe un notevole risparmio economico e una ricaduta occupazionale per le realtà locali che sviluppano con le piattaforme floss (free and libre open source software). Il passaggio dal software commerciale al software libero presenta dei vantaggi quali l’assenza di costo di licenza e, in riferimento al sistema operativo Linux, una maggiore sicurezza da virus e da attacchi informatici. Molte amministrazioni comunali del Trentino - per fare un esempio concreto - hanno scelto di passare dall'Office di Microsoft a Open/Libre Office con risparmi annuali di decine di migliaia di euro. Per il passaggio si sono organizzati corsi di formazione con aziende locali piuttosto che pagare licenze proprietarie a multinazionali che fatturano in altri paesi. Senza contare che, anche a livello locale, avremmo l'esempio virtuoso dell'ospedale Galliera che ha migrato da diversi anni al software libero.
[Web: www.mfe.it www.softwareliberoliguria.org]
(Nicola Vallinoto)
martedì 3 aprile 2012
OLI 338 - SOMMARIO
VERSANTE LIGURE - L’INVOLUZIONE DELLA SPECIE (Enzo Costa e Aglaja)
IMU - Cara, carissima casa (Bianca Vergati)
SANITA' - La privatizzazione del Brignole allo sbando (Giovanna Profumo e Stefano De Pietro)
ELEZIONI - L’alternativa del voto disgiunto (Vittorio Flick)
ILVA: Taranto, Genova tra occupazione e ambiente (Giovanna Profumo)
PAROLE DEGLI OCCHI - Il corpo delle donne (a cura di Giorgio Bergami)
LETTERE - Pasqua buona. Auguri! (Angelo Guarnieri)
AVVISO - Sosta pasquale (Aglaja)
IMU - Cara, carissima casa (Bianca Vergati)
SANITA' - La privatizzazione del Brignole allo sbando (Giovanna Profumo e Stefano De Pietro)
ELEZIONI - L’alternativa del voto disgiunto (Vittorio Flick)
ILVA: Taranto, Genova tra occupazione e ambiente (Giovanna Profumo)
PAROLE DEGLI OCCHI - Il corpo delle donne (a cura di Giorgio Bergami)
LETTERE - Pasqua buona. Auguri! (Angelo Guarnieri)
AVVISO - Sosta pasquale (Aglaja)
OLI 338: VERSANTE LIGURE - L’INVOLUZIONE DELLA SPECIE
Se in peggio il mondo
di male incede
e va involvendo
da padre a erede
(Darwin smentendo
senza mercede),
chi c’è, domando,
dopo di Fede?
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
.
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OLI 338: SANITA' - La privatizzazione del Brignole allo sbando
Genova - L’Asp (Azienda pubblica Servizi alla Persona) Emanuele Brignole è una struttura per l’assistenza alla persona che vanta una storia ultracentenaria e che oggi si vede al centro di un’operazione di risanamento economico rispetto alla quale è legittimo porsi domande precise. Mentre un gruppo di volenterosi costituisce un comitato per salvare l’area verde della Valletta Carbonara (vedi Oli 333), di proprietà del Brignole, il 23 marzo 2012 sul sito dell’azienda il responsabile del procedimento avvisa che il fax relativo al bando di gara per la "PROCEDURA NEGOZIATA per la costituzione di una società mista cui affidare la gestione delle attività assistenziali e delle strutture ad esse dedicate CIG 4039306CBF non è attivo. Prega di utilizzare esclusivamente i seguenti numeri: FAX: +39 010-2445230 TELEFONO +39 0102445.1/270/216".
Trattasi di un bando per appalto pubblico, con scadenza di presentazione delle offerte o delle domande di partecipazione il 31 maggio 2012, obiettivo la “Costituzione di una società mista con socio privato al 49% e contestuale affidamento alla società mista, con ruolo operativo per il socio privato, delle attività assistenziali svolte nelle residenze dell'Asp e dei servizi connessi”.
I dipendenti dell’azienda parlano chiaro e su Il Secolo XIX del 1 Aprile 2012 - con una lettera rivolta all’assessore regionale Lorena Rambaudi - chiedono perché il Brignole si ritrovi con un debito di quarantacinque milioni di euro. E fanno riferimento allo “spacchettamento”, al “taglio delle rette assistenziali” e alla “volontà politica di svendere il Brignole”. Chiedono all’assessore alle politiche sociali e terzo settore di trovare il tempo per parlare con utenti, parenti e lavoratori.
Certo si avverte una fretta nel procedere al bando, proprio a ridosso delle elezioni comunali.
Cosa vuol dire tutto ciò? Si stanno forse mettendo in saldo il core businnes e l’attività per cui è nata l’Emanuele Brignole? Considerando la grave situazione finanziaria del Brignole, chi si accollerà i debiti? L’azienda pubblica sta diventando una bad company sulle spalle dei cittadini? Ma la legge nazionale 207/2001 prevede che questo si possa fare? La Regione ha disposto una norma specifica?
Da semplici cittadini, lasciamo aperte queste domande, convinti che importi a molti il destino della cosa pubblica, della sua gestione passata, presente e futura.
(Giovanna Profumo e Stefano De Pietro)
Trattasi di un bando per appalto pubblico, con scadenza di presentazione delle offerte o delle domande di partecipazione il 31 maggio 2012, obiettivo la “Costituzione di una società mista con socio privato al 49% e contestuale affidamento alla società mista, con ruolo operativo per il socio privato, delle attività assistenziali svolte nelle residenze dell'Asp e dei servizi connessi”.
I dipendenti dell’azienda parlano chiaro e su Il Secolo XIX del 1 Aprile 2012 - con una lettera rivolta all’assessore regionale Lorena Rambaudi - chiedono perché il Brignole si ritrovi con un debito di quarantacinque milioni di euro. E fanno riferimento allo “spacchettamento”, al “taglio delle rette assistenziali” e alla “volontà politica di svendere il Brignole”. Chiedono all’assessore alle politiche sociali e terzo settore di trovare il tempo per parlare con utenti, parenti e lavoratori.
Certo si avverte una fretta nel procedere al bando, proprio a ridosso delle elezioni comunali.
Cosa vuol dire tutto ciò? Si stanno forse mettendo in saldo il core businnes e l’attività per cui è nata l’Emanuele Brignole? Considerando la grave situazione finanziaria del Brignole, chi si accollerà i debiti? L’azienda pubblica sta diventando una bad company sulle spalle dei cittadini? Ma la legge nazionale 207/2001 prevede che questo si possa fare? La Regione ha disposto una norma specifica?
Da semplici cittadini, lasciamo aperte queste domande, convinti che importi a molti il destino della cosa pubblica, della sua gestione passata, presente e futura.
(Giovanna Profumo e Stefano De Pietro)
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OLI 338: ELEZIONI - L’alternativa del voto disgiunto
Oli bipartisan? Così sembrerebbe leggendo gli ultimi articoli pubblicati da Oli, se pur circoscritti a “Lista Doria” e “Movimento Cinque Stelle”. Tali raggruppamenti, peraltro, sembrano catalizzare l’interesse di coloro che intendono esercitare il “diritto di voto” ma non intendono più riconoscersi nelle logiche e nei programmi dei partiti del centro sinistra. A sensazione sono molti.
Inutili le recriminazioni! Bisogna partire da un dato di fatto presente in tutto il Paese: la voglia di amministratori diversi per “amministrare” la città e “gestire” programmi e progetti condivisi. E questo nella consapevolezza delle ristrettezze finanziarie in una fase di crisi, purtroppo esasperata da ricette accademiche di algidi professori universitari, con laute prebende, molteplici incarichi, ma avulsi dal contesto sociale e propensi a risolvere i problemi economico – finanziari del paese a scapito delle classi più deboli e meno abbienti.
La Liguria sembra destinata a regredire ulteriormente; ha cercato lo sviluppo essenzialmente nel cemento e nel mattone. Risultato: i fascicoli giudiziari accumulati in questi mesi (malaffare, corruzione, inquinamenti mafiotici, mala gestione e quant’altro).
Per quanto concerne il lavoro si accrescono le preoccupazioni in Genova. Quello che resta di industria sta per essere venduto al miglior offerente (Ansaldo - Elettronica), vivacchia su commesse residuali (Fincantieri), cede quote di traffico ad altri porti esteri e italiani (Livorno – Civitavecchia).
I genovesi, ma non sono i soli nel paese, vogliono amministratori nuovi e soprattutto non collusi con le vecchie logiche di potere. Le due realtà su cui si è soffermato OLI rispondono, in parte, a questa esigenza di novità. Ma sembra esistere incomunicabilità tra i due modi di intendere la politica e solo parziale affinità sulle logiche di gestione e di amministrazione.
Come evitare che il Comune finisca, come già avvenuto nelle elezioni piemontesi, in mano alle destre? Là infatti una presenza significativa del movimento “Cinque Stelle” ha portato alla vittoria la Lega e ad una giunta di centro destra. E’ questa l’alternativa voluta dagli elettori un tempo di sinistra e oggi insoddisfatti?
Che fare? Forse la soluzione è nelle mani dell’elettore, accantonando impossibili o utopistici accordi tra partiti e movimenti così diversi. Infatti l’attuale legge prevede il voto disgiunto (la facoltà di votare per il sindaco e optare contestualmente per un partito non apparentato con la sua coalizione).
Inutile dire che il voto disgiunto, a Genova, potrebbe evitare un probabile ballottaggio ed i relativi rischi di una saldatura tra le destre, sotto l’autorevole guida dei “poteri forti”, sempre presenti e alla ricerca di come poter influire sulle scelte nella gestione della cosa pubblica.
Il risultato potrebbe essere l’affermarsi, sin dal primo turno, di un sindaco “nuovo” che coesista con una nutrita e coesa pattuglia di opposizione cui delegare il controllo, per evitare il riaffiorare della logica spartitoria, dei compromessi, o che si perpetui il malcostume recentemente venuto a galla nelle commissioni comunali in tema di “prendi il gettone e scappa”.
Ma fino ad ora poco si parla del “voto disgiunto”, quasi fosse una cosa disdicevole. E questo anche sui quotidiani locali di informazione.
(Vittorio Flick)
Inutili le recriminazioni! Bisogna partire da un dato di fatto presente in tutto il Paese: la voglia di amministratori diversi per “amministrare” la città e “gestire” programmi e progetti condivisi. E questo nella consapevolezza delle ristrettezze finanziarie in una fase di crisi, purtroppo esasperata da ricette accademiche di algidi professori universitari, con laute prebende, molteplici incarichi, ma avulsi dal contesto sociale e propensi a risolvere i problemi economico – finanziari del paese a scapito delle classi più deboli e meno abbienti.
La Liguria sembra destinata a regredire ulteriormente; ha cercato lo sviluppo essenzialmente nel cemento e nel mattone. Risultato: i fascicoli giudiziari accumulati in questi mesi (malaffare, corruzione, inquinamenti mafiotici, mala gestione e quant’altro).
Per quanto concerne il lavoro si accrescono le preoccupazioni in Genova. Quello che resta di industria sta per essere venduto al miglior offerente (Ansaldo - Elettronica), vivacchia su commesse residuali (Fincantieri), cede quote di traffico ad altri porti esteri e italiani (Livorno – Civitavecchia).
I genovesi, ma non sono i soli nel paese, vogliono amministratori nuovi e soprattutto non collusi con le vecchie logiche di potere. Le due realtà su cui si è soffermato OLI rispondono, in parte, a questa esigenza di novità. Ma sembra esistere incomunicabilità tra i due modi di intendere la politica e solo parziale affinità sulle logiche di gestione e di amministrazione.
Come evitare che il Comune finisca, come già avvenuto nelle elezioni piemontesi, in mano alle destre? Là infatti una presenza significativa del movimento “Cinque Stelle” ha portato alla vittoria la Lega e ad una giunta di centro destra. E’ questa l’alternativa voluta dagli elettori un tempo di sinistra e oggi insoddisfatti?
Che fare? Forse la soluzione è nelle mani dell’elettore, accantonando impossibili o utopistici accordi tra partiti e movimenti così diversi. Infatti l’attuale legge prevede il voto disgiunto (la facoltà di votare per il sindaco e optare contestualmente per un partito non apparentato con la sua coalizione).
Inutile dire che il voto disgiunto, a Genova, potrebbe evitare un probabile ballottaggio ed i relativi rischi di una saldatura tra le destre, sotto l’autorevole guida dei “poteri forti”, sempre presenti e alla ricerca di come poter influire sulle scelte nella gestione della cosa pubblica.
Il risultato potrebbe essere l’affermarsi, sin dal primo turno, di un sindaco “nuovo” che coesista con una nutrita e coesa pattuglia di opposizione cui delegare il controllo, per evitare il riaffiorare della logica spartitoria, dei compromessi, o che si perpetui il malcostume recentemente venuto a galla nelle commissioni comunali in tema di “prendi il gettone e scappa”.
Ma fino ad ora poco si parla del “voto disgiunto”, quasi fosse una cosa disdicevole. E questo anche sui quotidiani locali di informazione.
(Vittorio Flick)
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OLI 338 - ILVA: Taranto, Genova tra occupazione e ambiente
Ilva. Sono scesi in piazza in ottomila a Taranto per difendere lo stabilimento siderurgico. Tutti operai. L’hanno fatto perché “il cancro è solo eventuale, ma se la fabbrica chiude la fame è certa”, così ha dichiarato uno di loro al giornalista del Corriere della Sera.
A muoverli, pare, non tanto il sindacato, quanto il padrone del più grande stabilimento siderurgico europeo. Quello che dà a loro il pane.
Su il Fatto quotidiano la sintesi della perizia che fotografa la situazione ambientale nella cittadina pugliese: “Le emissioni dello stabilimento Ilva causano malattie e 90 morti l’anno nella popolazione di Taranto” questo hanno stabilito “i medici nominati dal gip Patrizia Todisco nella perizia epidemiologica per comprendere lo stato di salute dei tarantini in relazione agli inquinanti emessi dallo stabilimento siderurgico.” Il record di decessi e malattie croniche “spetta al quartiere Paolo VI”.
Alta, tra i dipendenti dello stabilimento siderurgico, è la preoccupazione per le conseguenze che l’indagine aperta in procura sull’inquinamento causato dall’Ilva potrà avere sul loro posto di lavoro. E se c’è l’ansia dei padri per le malattie dei figli, ostinata e contraria è quella per la perdita del lavoro. Ambiente e occupazione a Taranto fanno fatica a parlarsi in questi giorni.
Ed anche l’accordo di programma di Cornigliano, nella dichiarazione di un operaio tarantino, diventa un esempio preciso: “A Genova l’Ilva ha chiuso l’area a caldo e la gente è rimasta a spasso. Questo non deve accadere pure a Taranto”.
Nichi Vendola è alla ricerca dell’equilibrio “fra la vita di una grande azienda, il più grande polo siderurgico d'Europa, e il diritto alla vita e alla salute della comunità tarantina, a cominciare dai residenti che vivono nei quartieri a ridosso dei parchi minerari, del grande insediamento industriale”.
Genova, che queste vicende le conosce bene, pare distante un oceano da Taranto e molto distratta.
Anche inconsapevole di quanto Cornigliano dipenda a livello produttivo dallo stabilimento pugliese. Quell’inchiesta riguarda anche lei.
(Giovanna Profumo - disegno di Guido Rosato)
A muoverli, pare, non tanto il sindacato, quanto il padrone del più grande stabilimento siderurgico europeo. Quello che dà a loro il pane.
Su il Fatto quotidiano la sintesi della perizia che fotografa la situazione ambientale nella cittadina pugliese: “Le emissioni dello stabilimento Ilva causano malattie e 90 morti l’anno nella popolazione di Taranto” questo hanno stabilito “i medici nominati dal gip Patrizia Todisco nella perizia epidemiologica per comprendere lo stato di salute dei tarantini in relazione agli inquinanti emessi dallo stabilimento siderurgico.” Il record di decessi e malattie croniche “spetta al quartiere Paolo VI”.
Alta, tra i dipendenti dello stabilimento siderurgico, è la preoccupazione per le conseguenze che l’indagine aperta in procura sull’inquinamento causato dall’Ilva potrà avere sul loro posto di lavoro. E se c’è l’ansia dei padri per le malattie dei figli, ostinata e contraria è quella per la perdita del lavoro. Ambiente e occupazione a Taranto fanno fatica a parlarsi in questi giorni.
Ed anche l’accordo di programma di Cornigliano, nella dichiarazione di un operaio tarantino, diventa un esempio preciso: “A Genova l’Ilva ha chiuso l’area a caldo e la gente è rimasta a spasso. Questo non deve accadere pure a Taranto”.
Nichi Vendola è alla ricerca dell’equilibrio “fra la vita di una grande azienda, il più grande polo siderurgico d'Europa, e il diritto alla vita e alla salute della comunità tarantina, a cominciare dai residenti che vivono nei quartieri a ridosso dei parchi minerari, del grande insediamento industriale”.
Genova, che queste vicende le conosce bene, pare distante un oceano da Taranto e molto distratta.
Anche inconsapevole di quanto Cornigliano dipenda a livello produttivo dallo stabilimento pugliese. Quell’inchiesta riguarda anche lei.
(Giovanna Profumo - disegno di Guido Rosato)
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OLI 338; Genova
OLI 338: LETTERE - Pasqua buona. Auguri!
Piero della Francesca - La Resurrezione |
La settimana di passione si annuncia
con il volto trafitto da una corona di spine.
A ciascuno il suo frammento di vitale dolore.
Solo chi veste la dura corazza dell'oro
non sente gli spigoli aguzzi della pietra
e le lame affilate del fuoco interiore.
Ma ogni spina è sentinella a un fiore.
E ci troviamo nella scia della resurrezione.
Ne sentiamo il vento che richiama.
Non vigilavamo quando si aprì il sepolcro.
(Angelo Guarnieri)
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