VERSANTE LIGURE - MERCATO DEL LIVORE (Enzo Costa e Aglaja)
ELEZIONI - Lista Doria, la sfida della partecipazione (Paola Pierantoni)
ELEZIONI - Il Movimento 5 Stelle di Genova (Ivo Ruello)
ELEZIONI - Lettera a Marco Doria (Bianca Vergati)
ELEZIONI – Il Giornale: giochi di parole (Ivo Ruello)
TRASPARENZA - La Regione inciampa sull'aggiornamento (Eleana Marullo)
ILVA - L' Accordo di Programma e La Strada (Giovanna Profumo)
SOCIETA' - 8 marzo, maschilismo italiano (Saleh Zaghloul)
CITTA’ – Ma è proprio il caso? (Ferdinando Bonora)
PAROLE DEGLI OCCHI - Precisazioni (a cura di Giorgio Bergami)
martedì 27 marzo 2012
OLI 337: VERSANTE LIGURE - MERCATO DEL LIVORE
L’hanno stravolto? Rotto?
Ma no! Ma chi l’ha detto?
Restyling assai ridotto
che ha un assonante effetto:
da articolo diciotto
a articolo disdetto.
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
.
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VERSANTE LIGURE
OLI 337: ELEZIONI - Lista Doria, la sfida della partecipazione
Foto di gruppo delle candidate e candidati della lista Doria |
Il candidato sindaco ne spiega le "particolarità". La prima è quella più fortemente simbolica: l’elenco è di 39 nomi, non di quaranta. Il quarantesimo candidato non può esserci perché la legge italiana non consente ancora agli immigrati di essere eletti ed elettori. Questa provocazione politica viene applaudita con convinzione, e troverà spazio sulle notizie di stampa del giorno dopo.
Non trova invece spazio un’altra notazione di Doria, che commentando la forte presenza femminile, il 59 % dei nomi, dice “E’ un dato significativo, ma non è stato difficile ottenerlo, perché in giro ci sono un sacco di donne capaci, in gamba, oneste”. Certo che bisogna cercare dove non si sono già consolidati i meccanismi del potere, con i loro tetti di cristallo.
I 39 nomi sono allineati in ordine alfabetico perché “Non esistono candidati o candidate più importanti di altri”. Doria, nel parlare, usa con attenzione i generi maschile e femminile. Aggiunge: “Sono tutte persone serie, oneste, competenti, disinteressate. Tutte con una grande passione per l’impegno civile”.
Tra loro anche una componente storica della redazione di Oli, Eleana Marullo.
A mia memoria la democrazia dell’alfabeto non è mai stata molto praticata nelle competizioni elettorali, e ci sarà ben un motivo. Ma questa scelta comunica un messaggio che va oltre la materiale concretezza di non favorire la piccola cerchia dei predestinati. Doria lo esplicita dicendo che la sua lista “E’ un tassello di democrazia partecipata. Sono singole e singoli cittadini non in rappresentanza di organizzazioni o associazioni”.
La sfida ora è garantire un futuro all’esperienza di partecipazione che ha entusiasmato il popolo dei comitati per le primarie di Doria. Tutte le esperienze collettive dopo l’entusiasmo della crescita, del riconoscimento reciproco, incontrano inevitabilmente fasi di crisi, difficoltà nel riconoscere e gestire le differenze interne, nel coniugare partecipazione e democrazia con i ruoli di direzione. Questa è la sfida politica più importante, e più difficile.
L’intenzione c’è. Doria nel suo brevissimo discorso ha detto che la spinta delle primarie “deve vivere per cinque anni”.
L’obiettivo, dice Doria, è di “provare a rinnovare un po’ la politica cittadina, dando spazio ad una società civile che rivendicava di avere parola”.
Ora intenzioni e speranze devono diventare vita vissuta.
(Paola Pierantoni)
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OLI 337: ELEZIONI - Il Movimento 5 Stelle di Genova
Si dicono l'unica vera alternativa ai partiti tradizionali, e dove sono arrivati fino ad oggi, nei comuni come nelle regioni, hanno sostanzialmente mantenuto le promesse fatte agli elettori: riduzione degli stipendi quando ritenuti troppo elevati (specialmente nelle regioni), rinuncia ai rimborsi elettorali, limitazione dei mandati elettoriali a massimo due, complessivi. Poi, naturalmente, rinuncia al "leaderismo", ossia chi entra è solo un portavoce, un terminale di una organizzazione di democrazia diretta ben più numerosa che un semplice "ufficio di partito".
Queste sono le ragioni di Paolo Putti e degli altri 32 della "splendida lista" del Movimento a Genova, tra cui annoverano professionalità di ogni genere, dipendenti, disoccupati, manager aziendali. Un pot-pourri nato dalla voglia di fare qualcosa di diverso. Vivono sul web, abbastanza ignorati dai mezzi di comunicazione, vuoi per inesperienza nel contatto con la stampa, ma soprattutto per una forma di censura preventiva, dettata dalle logiche commerciali che legano la pubblicità con i redazionali, già assaporata in interviste girate ma non mandate in onda e omissioni di presenza in dibattiti dove Doria e Musso sono ormai dati come gli unici contendenti, il primo sicuramente "quasi" vincitore, il secondo distaccato ma "pericoloso".
Di questo non si preoccupano più di tanto, era previsto, e ci sorridono: a supporto, a sopperire alla mancanza di uscite sui giornali, ci sarà presto Beppe Grillo, che come sempre ha iniziato il suo tour italiano a supporto delle liste.
Il programma, in lavorazione da oltre un anno, tocca molti temi, è stato costruito in riunioni pubbliche, ora numerose, ora meno, con l'apporto di associazioni ed esperti ma anche con uscite fantasiose, ma interessanti, come la connessione dati condominiale, un sistema per abbattere i costi di internet e farlo arrivare davvero a tutti. Grande attenzione ecologica, un progetto sulla "spazzatura" davvero esaltante, con alla base il sistema Vedelago e il PAP (la raccolta porta a porta) che potrebbe risolvere il problema di avere un gassificatore e ridurre notevolmente la Tia, la tassa sui rifiuti, oltre che creare posti di lavoro. Non è fantascienza, a Capannori lo fanno da anni, e un milione e mezzo di risparmio ha permesso qualche decina di assunzioni.
Paolo Putti, il portavoce e candidato sindaco, è stato il portavoce del movimento no gronda, lavora in una cooperativa sociale e si occupa di progetti per ragazzi di strada, la sua vera passione dopo la fisica (pochi esami mancano per una laurea) e la fotografia. Alcuni altri candidati sono Stefano De Pietro, nostro redattore dal 2009, informatico, Mauro Muscarà, uno dei fondatori del movimento no-gronda di Genova, Diletta Botta, commerciante di Sestri Ponente, Cristina De Pietro, laureata in giurisprudenza. A seguire una serie di persone con le migliori intenzioni di "fare rete", come si usa dire all'interno del Movimento, ossia di sviluppare quella serie di contatti di base per poter far arrivare nelle aule di Tursi le idee dei cittadini. Una particolarità importante è che per potersi candidare occorre non essere iscritti ad alcun partito politico (una precedente militanza è ammessa), non aver subito condanne penali (occorre consegnare il certificato penale a Beppe Grillo), dichiarare di accettare i principi base del Movimento descritti nella cosiddetta "Carta di Firenze", essere residenti nel comune dove ci si candida. E frequentare assiduamente le riunioni plenarie del Movimento, il vero cuore del sistema, dove nascono le proposte condivise. Più che un sistema "a votazione", viene usato il criterio della "condivisione" delle iniziative, che richiede un cammino critico e costruttivo, e la più ampia base di accettazione delle proposte. Per i progetti più grandi, a livello cittadino, viene proposta la "democrazia partecipata" con metodi già in uso in altri paesi europei, sfruttando le tecnologie messe a disposizione da internet e dall'informatica. L'intero processo richiede, ovviamente, la partecipazione delle persone, la cittadinanza attiva, che è il vero scopo del Movimento, più che il semplice ingresso negli scagni di Tursi.
Raccontare il Movimento 5 Stelle in poche battute non è facile, meglio lasciare spazio ai nomi dei candidati e assicurare che, dice Paolo Putti, in più di un anno di lavoro il "grande vecchio" Beppe non si è mai visto un volta, non ha mai posto veti, non ha mai interferito nella vita politica e organizzativa. Davvero, solo un nome e una garanzia per il simbolo, per avere quella risonanza mancante nei media tradizionali ed evitare le "liste di disturbo", con segni o nomi simili e assonanti, restando protetti dal copyright del marchio.
Gli altri candidati: Assanti Gironda Mauro, Baratelli Enrico, Bernucci Flavio, Boccaccio Andrea, Bonafè Laura, Bortolai Maurizio, Burlando Emanuela, Camisasso Stefano, Campi Giorgio, Capelli Cristina, Cecere Daniele, Cervetto Maria Anna, Cinquegrana Leonardo Renato, Colaianni Delio, Collami Marco, Colombo Fabio, Di Bernardo Carlo, Faggiano Maria Antonietta , Fiannacca Gabriele, Gaglia Diego, Gastaldi Cosimo Carlo , Lapini Roldano Giuseppe, Marino Carlo, Mezzone Lucio Alessandro, Ottonello Enrica, Panzera Cristiano, Pastorino Iliana, Pastorino Luisa , Pazienti Enrico, Rebora Daniele, Rebora Patrizia, Scarcella Barbara, Sonnino Marina, Valcavi Severino Adolfo.
(Ivo Ruello)
Queste sono le ragioni di Paolo Putti e degli altri 32 della "splendida lista" del Movimento a Genova, tra cui annoverano professionalità di ogni genere, dipendenti, disoccupati, manager aziendali. Un pot-pourri nato dalla voglia di fare qualcosa di diverso. Vivono sul web, abbastanza ignorati dai mezzi di comunicazione, vuoi per inesperienza nel contatto con la stampa, ma soprattutto per una forma di censura preventiva, dettata dalle logiche commerciali che legano la pubblicità con i redazionali, già assaporata in interviste girate ma non mandate in onda e omissioni di presenza in dibattiti dove Doria e Musso sono ormai dati come gli unici contendenti, il primo sicuramente "quasi" vincitore, il secondo distaccato ma "pericoloso".
Di questo non si preoccupano più di tanto, era previsto, e ci sorridono: a supporto, a sopperire alla mancanza di uscite sui giornali, ci sarà presto Beppe Grillo, che come sempre ha iniziato il suo tour italiano a supporto delle liste.
Il programma, in lavorazione da oltre un anno, tocca molti temi, è stato costruito in riunioni pubbliche, ora numerose, ora meno, con l'apporto di associazioni ed esperti ma anche con uscite fantasiose, ma interessanti, come la connessione dati condominiale, un sistema per abbattere i costi di internet e farlo arrivare davvero a tutti. Grande attenzione ecologica, un progetto sulla "spazzatura" davvero esaltante, con alla base il sistema Vedelago e il PAP (la raccolta porta a porta) che potrebbe risolvere il problema di avere un gassificatore e ridurre notevolmente la Tia, la tassa sui rifiuti, oltre che creare posti di lavoro. Non è fantascienza, a Capannori lo fanno da anni, e un milione e mezzo di risparmio ha permesso qualche decina di assunzioni.
Paolo Putti, il portavoce e candidato sindaco, è stato il portavoce del movimento no gronda, lavora in una cooperativa sociale e si occupa di progetti per ragazzi di strada, la sua vera passione dopo la fisica (pochi esami mancano per una laurea) e la fotografia. Alcuni altri candidati sono Stefano De Pietro, nostro redattore dal 2009, informatico, Mauro Muscarà, uno dei fondatori del movimento no-gronda di Genova, Diletta Botta, commerciante di Sestri Ponente, Cristina De Pietro, laureata in giurisprudenza. A seguire una serie di persone con le migliori intenzioni di "fare rete", come si usa dire all'interno del Movimento, ossia di sviluppare quella serie di contatti di base per poter far arrivare nelle aule di Tursi le idee dei cittadini. Una particolarità importante è che per potersi candidare occorre non essere iscritti ad alcun partito politico (una precedente militanza è ammessa), non aver subito condanne penali (occorre consegnare il certificato penale a Beppe Grillo), dichiarare di accettare i principi base del Movimento descritti nella cosiddetta "Carta di Firenze", essere residenti nel comune dove ci si candida. E frequentare assiduamente le riunioni plenarie del Movimento, il vero cuore del sistema, dove nascono le proposte condivise. Più che un sistema "a votazione", viene usato il criterio della "condivisione" delle iniziative, che richiede un cammino critico e costruttivo, e la più ampia base di accettazione delle proposte. Per i progetti più grandi, a livello cittadino, viene proposta la "democrazia partecipata" con metodi già in uso in altri paesi europei, sfruttando le tecnologie messe a disposizione da internet e dall'informatica. L'intero processo richiede, ovviamente, la partecipazione delle persone, la cittadinanza attiva, che è il vero scopo del Movimento, più che il semplice ingresso negli scagni di Tursi.
Raccontare il Movimento 5 Stelle in poche battute non è facile, meglio lasciare spazio ai nomi dei candidati e assicurare che, dice Paolo Putti, in più di un anno di lavoro il "grande vecchio" Beppe non si è mai visto un volta, non ha mai posto veti, non ha mai interferito nella vita politica e organizzativa. Davvero, solo un nome e una garanzia per il simbolo, per avere quella risonanza mancante nei media tradizionali ed evitare le "liste di disturbo", con segni o nomi simili e assonanti, restando protetti dal copyright del marchio.
Gli altri candidati: Assanti Gironda Mauro, Baratelli Enrico, Bernucci Flavio, Boccaccio Andrea, Bonafè Laura, Bortolai Maurizio, Burlando Emanuela, Camisasso Stefano, Campi Giorgio, Capelli Cristina, Cecere Daniele, Cervetto Maria Anna, Cinquegrana Leonardo Renato, Colaianni Delio, Collami Marco, Colombo Fabio, Di Bernardo Carlo, Faggiano Maria Antonietta , Fiannacca Gabriele, Gaglia Diego, Gastaldi Cosimo Carlo , Lapini Roldano Giuseppe, Marino Carlo, Mezzone Lucio Alessandro, Ottonello Enrica, Panzera Cristiano, Pastorino Iliana, Pastorino Luisa , Pazienti Enrico, Rebora Daniele, Rebora Patrizia, Scarcella Barbara, Sonnino Marina, Valcavi Severino Adolfo.
(Ivo Ruello)
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Oli 337: ELEZIONI - Lettera a Marco Doria
Caro Marco Doria,
dunque non si presenteranno liste civiche per i Municipi: una scelta per mancanza di tempo ed organizzazione, questa la Sua risposta, più che comprensibile.
Ci si potrà presentare presso un altro partito come “indipendente”, va bene, non è proprio la stessa cosa però, anche se i “partiti non sono tutti uguali”. Grande delusione fra volontari, appassionati “guardiani” del territorio.
Nelle riunioni del Comitato del Levante-Medio Levante si è visto molto entusiasmo presso i cittadini: persone che hanno voglia di politica vera, desiderano essere ascoltati, parlare di grandi temi, ma pure della quotidianità che affrontano tutti i giorni, dalla buca del marciapiede al bus che non arriva, al parco deturpato, al parcheggio invasivo.
Tanti sono i piccoli problemi che toccano anziani, mamme, bambini nella vita di tutti giorni e che dovrebbe essere compito dei Municipi risolvere, come pure il fatto che un mattino ci si svegli e ci si trovi con le ruspe che innalzano muri o tirano giù alberi.
E che il tutto accada senza che si sappia se sia lecito.
Argomenti di competenza del Municipio, a volte pure bypassato, ma ciò non significa che il Municipio sia un passaggio inutile. In realtà c’è stato finora un fraintendimento nel cogliere il ruolo di tale istituzione, un iter malinteso nello spirito del decentramento, nel fine della Riforma, grande incompiuta poiché non si è realizzata la Città Metropolitana. Non si deve però gettare alle ortiche quanto di positivo potrebbe essere svolto dal Municipio, che invece è stato vissuto spesso come nemico dai cittadini e mal interpretato dai suoi rappresentanti.
Cerchiamo di cambiar passo a questa istituzione, non ignoriamola.
Molte proteste dei cittadini si sono levate perché interventi sul territorio sono piombati sulla loro testa. Il problema? La trasparenza.
A concorrere per l’approvazione di un parcheggio, è il parere del Municipio, sia pure non vincolante, tenuto in considerazione dalla stessa Amministrazione, confidando nel fatto che i rappresentanti del Parlamentino conoscano il territorio.
Il progetto è portato a conoscenza dell’opinione pubblica tramite i media quando va bene, di solito se ne discute in Sala Rossa talvolta in Commissione, spesso soltanto negli uffici e comunque tra intimi in Municipio. Manca sovente un’informazione precisa e capillare presso la cittadinanza.
Perciò si dovrebbe operare anche all’interno di questa istituzione.
E chi deciderà nei Municipi dopo le prossime elezioni? Gli eletti dei partiti della coalizione e saranno tanti quelli che già c’erano, alcuni intravisti ai Comitati e con cui è giusto e opportuno collaborare, nessuno demonizza i partiti.
A questo punto i Comitati che funzione svolgeranno? Un iter parallelo di collaborazione e/o di controllo nei confronti di tale istituzione?
Luogo istituzionale di discussione dovrebbe essere democraticamente il Municipio, un Municipio che informi o coinvolga i cittadini: quanti abitanti sapevano che nell’area del rio Fereggiano con il suoi parcheggi e i suoi edifici abusivi si comprometteva la sicurezza di chi vi abitava?
Con il Suo discorso al convegno degli amministratori locali Pd, svoltosi la settimana scorsa, Lei sottolinea che “lo sviluppo è attenzione all’ambiente... ai beni comuni... che negli enti locali ci potrà essere l’alternativa a coinvolgere in modo trasparente nei processi decisionali i cittadini”.
E le siamo grati perché, a differenza di molti Amministratori o futuri Sindaci, Lei ha sempre usato la parola cittadini e non elettori.
I temi importanti sono ben altri oggi, per carità, tenendo sempre presente “la città vivibile e operosa” che Lei ha evocato con il dipinto della città comunale nell’Allegoria del buon governo di Ambrogio Lorenzetti.
(Bianca Vergati)
dunque non si presenteranno liste civiche per i Municipi: una scelta per mancanza di tempo ed organizzazione, questa la Sua risposta, più che comprensibile.
Ci si potrà presentare presso un altro partito come “indipendente”, va bene, non è proprio la stessa cosa però, anche se i “partiti non sono tutti uguali”. Grande delusione fra volontari, appassionati “guardiani” del territorio.
Nelle riunioni del Comitato del Levante-Medio Levante si è visto molto entusiasmo presso i cittadini: persone che hanno voglia di politica vera, desiderano essere ascoltati, parlare di grandi temi, ma pure della quotidianità che affrontano tutti i giorni, dalla buca del marciapiede al bus che non arriva, al parco deturpato, al parcheggio invasivo.
Tanti sono i piccoli problemi che toccano anziani, mamme, bambini nella vita di tutti giorni e che dovrebbe essere compito dei Municipi risolvere, come pure il fatto che un mattino ci si svegli e ci si trovi con le ruspe che innalzano muri o tirano giù alberi.
E che il tutto accada senza che si sappia se sia lecito.
Argomenti di competenza del Municipio, a volte pure bypassato, ma ciò non significa che il Municipio sia un passaggio inutile. In realtà c’è stato finora un fraintendimento nel cogliere il ruolo di tale istituzione, un iter malinteso nello spirito del decentramento, nel fine della Riforma, grande incompiuta poiché non si è realizzata la Città Metropolitana. Non si deve però gettare alle ortiche quanto di positivo potrebbe essere svolto dal Municipio, che invece è stato vissuto spesso come nemico dai cittadini e mal interpretato dai suoi rappresentanti.
Cerchiamo di cambiar passo a questa istituzione, non ignoriamola.
Molte proteste dei cittadini si sono levate perché interventi sul territorio sono piombati sulla loro testa. Il problema? La trasparenza.
A concorrere per l’approvazione di un parcheggio, è il parere del Municipio, sia pure non vincolante, tenuto in considerazione dalla stessa Amministrazione, confidando nel fatto che i rappresentanti del Parlamentino conoscano il territorio.
Il progetto è portato a conoscenza dell’opinione pubblica tramite i media quando va bene, di solito se ne discute in Sala Rossa talvolta in Commissione, spesso soltanto negli uffici e comunque tra intimi in Municipio. Manca sovente un’informazione precisa e capillare presso la cittadinanza.
Perciò si dovrebbe operare anche all’interno di questa istituzione.
E chi deciderà nei Municipi dopo le prossime elezioni? Gli eletti dei partiti della coalizione e saranno tanti quelli che già c’erano, alcuni intravisti ai Comitati e con cui è giusto e opportuno collaborare, nessuno demonizza i partiti.
A questo punto i Comitati che funzione svolgeranno? Un iter parallelo di collaborazione e/o di controllo nei confronti di tale istituzione?
Luogo istituzionale di discussione dovrebbe essere democraticamente il Municipio, un Municipio che informi o coinvolga i cittadini: quanti abitanti sapevano che nell’area del rio Fereggiano con il suoi parcheggi e i suoi edifici abusivi si comprometteva la sicurezza di chi vi abitava?
Con il Suo discorso al convegno degli amministratori locali Pd, svoltosi la settimana scorsa, Lei sottolinea che “lo sviluppo è attenzione all’ambiente... ai beni comuni... che negli enti locali ci potrà essere l’alternativa a coinvolgere in modo trasparente nei processi decisionali i cittadini”.
E le siamo grati perché, a differenza di molti Amministratori o futuri Sindaci, Lei ha sempre usato la parola cittadini e non elettori.
I temi importanti sono ben altri oggi, per carità, tenendo sempre presente “la città vivibile e operosa” che Lei ha evocato con il dipinto della città comunale nell’Allegoria del buon governo di Ambrogio Lorenzetti.
(Bianca Vergati)
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OLI 337
OLI 337: ELEZIONI – Il Giornale: giochi di parole
Il Giornale, martedì 27 marzo, titola “Il professore vuol sfidare la legge e candida un immigrato irregolare”. L’articolo di Giulia Guerri, dedicato alla conferenza stampa di presentazione della lista Marco Doria, cita nell’incipit esattamente le parole usate da Doria per presentare il quarantesimo candidato, virtuale, della sua lista, “un cittadino genovese che vive e lavora nella nostra città, paga le tasse, ma ad oggi non ha diritto a partecipare alla vita politica della comunità, perché non ha la cittadinanza italiana”.
Ora, la lingua italiana non è un’opinione, se un cittadino paga le tasse, non può essere un immigrato irregolare. Si capisce che per un quotidiano abituato ad usare il cosiddetto “metodo Boffo”, travisare le parole è un gioco da ragazzi; all'indecenza però ci dovrebbe essere un limite.
Sorge tuttavia un dubbio: che l’articolo sia scritto in buona fede? Che il pubblico de Il Giornale sia sovraffollato di persone “regolari” che non pagano le tasse, ergo chi paga le tasse è irregolare? Non è praticamente questo che teorizzava anni fa Silvio Berlusconi, dichiarando di sentirsi “moralmente autorizzato ad evadere” tasse troppo elevate? Il dubbio permane: agli onesti la poco ardua sentenza.
(Ivo Ruello)
Ora, la lingua italiana non è un’opinione, se un cittadino paga le tasse, non può essere un immigrato irregolare. Si capisce che per un quotidiano abituato ad usare il cosiddetto “metodo Boffo”, travisare le parole è un gioco da ragazzi; all'indecenza però ci dovrebbe essere un limite.
Sorge tuttavia un dubbio: che l’articolo sia scritto in buona fede? Che il pubblico de Il Giornale sia sovraffollato di persone “regolari” che non pagano le tasse, ergo chi paga le tasse è irregolare? Non è praticamente questo che teorizzava anni fa Silvio Berlusconi, dichiarando di sentirsi “moralmente autorizzato ad evadere” tasse troppo elevate? Il dubbio permane: agli onesti la poco ardua sentenza.
(Ivo Ruello)
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OLI 337
OLI 337: TRASPARENZA - La Regione inciampa sull'aggiornamento
Dopo la tappa al Comune di Genova, continuiamo il viaggio nella trasparenza degli enti pubblici con la Regione Liguria. L’ente riporta sul sito i curriculum e le retribuzioni dei dirigenti della giunta e del consiglio regionale, i tassi di assenza e di presenza, la situazione reddituale dei consiglieri, gli incarichi esterni, le valutazioni e i criteri per giudicare la “performance” (http://www.regione.liguria.it/argomenti/ente/operazione-trasparenza/performance.html). I dirigenti della giunta regionale in elenco sono 80, la retribuzione media lorda è di circa 88.200 euro all’anno, con un premio di risultato (sempre annuo) di circa 10.400 euro, erogato, come nel caso del Comune, in base al raggiungimento di obiettivi. Né la pagina web né la tabella che è possibile scaricare fanno cenno all’anno di riferimento, anche se da una nota presente in calce si deduce che le retribuzioni siano aggiornate al 2011 (http://www.regione.liguria.it/argomenti/ente/operazione-trasparenza/curricula-e-retribuzioni-dei-dirigenti-della-giunta-regionale-.html). Tra gli ottanta dirigenti di giunta, undici (ossia quasi il 14%) non hanno inserito il proprio curriculum.
La voce “valutazioni riguardanti dirigenti e personale di strutture e uffici di Giunta” appare come una scatola vuota: non riporta le valutazioni di personale e dirigenti, per nominativo oppure ufficio, come forse ci si aspetterebbe, ma soltanto un grafico, aggiornato al 2009, in cui si specifica la percentuale di raggiungimento degli obiettivi su un campione di 73 dirigenti (http://www.regione.liguria.it/argomenti/ente/operazione-trasparenza/valutazioni.html). La voce “incarichi professionali” è redatta per dipartimenti. In molti casi l’aggiornamento è fermo al 2007, a volte si spinge alla fine del 2009, c’è una sola occorrenza del 2010. Sempre riguardo l’aggiornamento, la Regione inciampa anche sui tassi di assenza: mentre quelli del personale della giunta arrivano regolarmente al 2011, quelli del consiglio regionale sono fermi al 2009.
(Eleana Marullo)
(Eleana Marullo)
OLI 337: ILVA - L' Accordo di Programma e La Strada
L’Accordo di Programma li ha lasciati a piedi.
E non c’è da stupirsi. Perché l’Accordo di Programma è una bestia vecchia di sette anni, bisognosa di attenzioni. E nell’Accordo è citata una strada.
Dal 1 marzo il servizio navetta da Villa Durazzo Bombrini di Cornigliano all’accesso est dell’Ilva di Genova è stato sospeso dal gruppo Riva, che spiega come non dovesse essere tenuto a fornirlo.
In termini di tempo del lavoratore significa un quarto d’ora a piedi – in una strada pericolosa, soggetta a cantiere – più il tempo per raggiungere il proprio reparto dopo aver varcato i tornelli.
E a subire, tra i molti, sono soprattutto le donne-ragazze a mezzo pubblico impatto zero. Quelle che fanno la spesa “nell’ora”, che acciuffano il treno delle 17.50, che hanno da arrivare a casa.
L’accordo di programma ha impacchettate anche loro. E lasciate a piedi.
Perché l’azienda, in base all’Accordo, chiede che AMT metta a disposizione il servizio navetta per i dipendenti Ilva, e che – completata la strada di collegamento tra la viabilità pubblica e il nuovo accesso est dello stabilimento – AMT e Comune di Genova prevedano una linea di trasporto urbano a servizio della portineria Est dello stabilimento.
E la politica cosa dice in merito all’assenza di mezzi per raggiungere uno dei siti produttivi più importanti della città?
Cosa si dice di Cornigliano e delle sue aree? Perché in campagna elettorale nessuno ha avuto nulla di significativo da dire sull’Accordo di Programma?
In un clima di surrealtà si suggerisce la visione del trailer di un classico del cinema italiano: La Strada. Appunto.
(Giovanna Profumo)
E non c’è da stupirsi. Perché l’Accordo di Programma è una bestia vecchia di sette anni, bisognosa di attenzioni. E nell’Accordo è citata una strada.
Dal 1 marzo il servizio navetta da Villa Durazzo Bombrini di Cornigliano all’accesso est dell’Ilva di Genova è stato sospeso dal gruppo Riva, che spiega come non dovesse essere tenuto a fornirlo.
In termini di tempo del lavoratore significa un quarto d’ora a piedi – in una strada pericolosa, soggetta a cantiere – più il tempo per raggiungere il proprio reparto dopo aver varcato i tornelli.
E a subire, tra i molti, sono soprattutto le donne-ragazze a mezzo pubblico impatto zero. Quelle che fanno la spesa “nell’ora”, che acciuffano il treno delle 17.50, che hanno da arrivare a casa.
L’accordo di programma ha impacchettate anche loro. E lasciate a piedi.
Perché l’azienda, in base all’Accordo, chiede che AMT metta a disposizione il servizio navetta per i dipendenti Ilva, e che – completata la strada di collegamento tra la viabilità pubblica e il nuovo accesso est dello stabilimento – AMT e Comune di Genova prevedano una linea di trasporto urbano a servizio della portineria Est dello stabilimento.
E la politica cosa dice in merito all’assenza di mezzi per raggiungere uno dei siti produttivi più importanti della città?
Cosa si dice di Cornigliano e delle sue aree? Perché in campagna elettorale nessuno ha avuto nulla di significativo da dire sull’Accordo di Programma?
In un clima di surrealtà si suggerisce la visione del trailer di un classico del cinema italiano: La Strada. Appunto.
(Giovanna Profumo)
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OLI 337
OLI 337: SOCIETA' - 8 marzo, maschilismo italiano
Il 9 marzo le donne della CGIL di Genova hanno organizzato un'interessante iniziativa in occasione della giornata della donna dove è stata proiettata la piece "libere" di Cristina Comencini ed è stato distribuito del materiale informativo tra il quale un opuscolo contenente le tappe storiche delle conquiste dei diritti da parte delle donne italiane, dal 1900 ad oggi. Nel 1902 si introduce, ad esempio, la prima forma del "congedo di maternità", nel 1946 il diritto al voto e nel 2009 la legge anti stalking (atti persecutori).
Nel documento non c’erano due tappe fondamentali nel cammino per i diritti delle donne italiane: la prima é del 1975, quando le donne italiane conquistano il diritto di mantenere la propria cittadinanza italiana sposando un cittadino straniero, grazie alla sentenza n.87/75 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità di una precedente norma che prevedeva la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna. La seconda è del 1983 quando le donne italiane conquistano il diritto di trasmettere la cittadinanza italiana ai propri figli di padre straniero, grazie alla sentenza n.30/83 della Corte costituzionale che ha dichiarato costituzionalmente illegittima una norma del 1912 che stabiliva la condizione di cittadino solo per i nati da padre italiano.
Fino al 1975 la donna italiana perdeva la propria cittadinanza italiana quando sposava un cittadino straniero e fino a 29 anni fa (1983) i figli di una donna italiana coniugata con un cittadino straniero erano come gli immigrati e dovevano chiedere il rilascio del permesso di soggiorno. Sono due esempi lampanti sul maschilismo della società italiana e su quanto occorre lottare ancora per raggiungere condizioni di pari opportunità. Ciononostante, molti italiani ed, ahimè, italiane preferiscono occuparsi del maschilismo di altri popoli e religioni e non si accorgono delle disuguaglianze, delle disparità e delle violenze che subiscono le donne italiane. Ed in molti casi questo interesse verso il maschilismo di altri popoli è finalizzato a giustificare ed a diffondere stereotipi, xenofobia e discriminazioni nei confronti degli uomini e delle donne che appartengono a quei popoli che vivono in Italia.
(Saleh Zaghloul)
Nel documento non c’erano due tappe fondamentali nel cammino per i diritti delle donne italiane: la prima é del 1975, quando le donne italiane conquistano il diritto di mantenere la propria cittadinanza italiana sposando un cittadino straniero, grazie alla sentenza n.87/75 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità di una precedente norma che prevedeva la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna. La seconda è del 1983 quando le donne italiane conquistano il diritto di trasmettere la cittadinanza italiana ai propri figli di padre straniero, grazie alla sentenza n.30/83 della Corte costituzionale che ha dichiarato costituzionalmente illegittima una norma del 1912 che stabiliva la condizione di cittadino solo per i nati da padre italiano.
Fino al 1975 la donna italiana perdeva la propria cittadinanza italiana quando sposava un cittadino straniero e fino a 29 anni fa (1983) i figli di una donna italiana coniugata con un cittadino straniero erano come gli immigrati e dovevano chiedere il rilascio del permesso di soggiorno. Sono due esempi lampanti sul maschilismo della società italiana e su quanto occorre lottare ancora per raggiungere condizioni di pari opportunità. Ciononostante, molti italiani ed, ahimè, italiane preferiscono occuparsi del maschilismo di altri popoli e religioni e non si accorgono delle disuguaglianze, delle disparità e delle violenze che subiscono le donne italiane. Ed in molti casi questo interesse verso il maschilismo di altri popoli è finalizzato a giustificare ed a diffondere stereotipi, xenofobia e discriminazioni nei confronti degli uomini e delle donne che appartengono a quei popoli che vivono in Italia.
(Saleh Zaghloul)
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OLI 337: CITTA’ – Ma è proprio il caso?
Da qualche anno in tutta Genova si nota la progressiva sostituzione di molte delle targhe marmoree con cui la città stessa comunica i nomi delle sue strade e piazze a coloro che la percorrono.
Con l’evidente buona intenzione di curare il decoro urbano, i competenti uffici comunali stanno portando avanti un’opera sistematica, con nuove smaglianti targhe al posto delle vecchie, in certi casi tanto malandate da essere quasi indecifrabili, ma il più delle volte appena patinate dal trascorrere del tempo, invecchiate sì, ma ancora ben leggibili.
Un’innovazione palese è l’introduzione di caratteri tipografici con maiuscola iniziale e il resto minuscolo per distinguere i nomi, lasciando le lettere capitali solo per i cognomi e altre scritte. Poco male se s’infrange una millenaria tradizione epigrafica: oggi con le moderne frese computerizzate che hanno sostituito gli scalpellini si può far di tutto. Assai più discutibile è l’annullare una varietà di manufatti realizzati in tempi diversi, con differenti caratteri, stili e impaginazioni; talvolta con scritte e sigle accessorie che richiamavano precedenti sistemi di suddivisione e gestione della città. Brevi testi sui quali si erano posati gli occhi di migliaia e migliaia di persone prima dei nostri, contribuendo a farci sentire più o meno inconsciamente parte di una comunità nel suo fluire nel tempo e non appiattita in un presente lindo ma senza storia. Oltre che il significato, qui è importante anche l'oggetto significante.
Alcuni ammodernamenti rasentano il grottesco. Ad esempio, in Albaro in una targa si legge ora “VIA / Renzo RIGHETTI / MEDAGLIA D’ORO / AFRICA ORIENTALE 1936 – XIV”, con quel curioso e inspiegabile “XIV” finale. Per comprenderne il significato basta andare all’altra estremità e a metà della strada, dove sono ancora rimaste le vecchie scritte col nome “RENZO” in lettere capitali e due lettere puntate che appena si intravvedono, abrase ma non cancellate del tutto, le quali spiegano il numero romano che le precede: “E.F.”, ovvero “quattordicesimo anno dell’Era Fascista”. L’aver copiato solo ciò che è più evidente, forse senza neppure capirne il senso, ha cancellato la memoria di un periodo di certo esecrabile, ma che appartiene comunque alla nostra storia e di cui la targa rimossa era testimonianza concreta risalente a una settantina d’anni fa.
Assai più increscioso è quanto accaduto tra via Garibaldi e piazza Portello, dove corre “VIA / ROCCO LURAGO / ARCHITETTO, INSIGNE ARTISTA DEL 1500 / AUTORE DEL PALAZZO TURSI”, come si leggeva nella vecchia insegna e si continua a leggere nella nuova da poco rifatta con identico testo (a parte il “Rocco”). Si è di fronte a un grave svarione, risalente all'opera di Raffaele Soprani e Carlo Giuseppe Ratti, Vite de’ pittori, scultori e architetti genovesi del 1768, ripreso dal trattatista neoclassico Francesco Milizia nel suo Memorie degli architetti antichi e moderni, del 1781, e poi acriticamente da tutti i successivi autori di guide e libri d’arte, finché nel 1968 Ennio Poleggi, col fondamentale Strada Nuova, una lottizzazione del Cinquecento a Genova, non ristabilì la verità storica: da un lato inoppugnabili fonti d’archivio assegnano la paternità del palazzo di Nicolò Grimaldi, poi Doria Tursi, agli architetti Domenico e Giovanni Ponzello; dall’altro la figura di Rocco Lurago viene drasticamente ridimensionata a collaboratore minore, un semplice piccapietra, per giunta in subordine al fratello Giovanni e addirittura un po’ pasticcione, se nel 1582 si becca una multa dall’Ufficio dei Padri del Comune per aver scassato il fondo stradale trascinando un carico di pietre giù da Carbonara.
Mantenere la vecchia targa, nella quale il nome era decentrato per la presenza a sinistra di un elemento aggiunto – forse uno stemma o simbolo metallico – di cui restavano i fori di fissaggio a ricordarlo, aveva un senso anche come testimonianza di storia della storiografia e dei suoi fraintendimenti, che si sarebbero potuti opportunamente aggiornare apponendo una seconda targa esplicativa, mentre appare assai disdicevole che il nuovo marmo riproponga e legittimi l’errore perpetuandolo.
È proprio il caso di continuare con queste sostituzioni, per lo meno con questo ritmo, con tali modalità ed esiti? Non sarebbe forse il caso di limitarsi alle situazioni davvero illeggibili, lasciando sopravvivere tutte le altre, magari sottoponendole a una semplice pulitura? Quanto ci è costato finora questo malinteso maquillage omologante e stravolgente di cui non si avvertiva il bisogno? Le targhe rimosse sono state conservate da qualche parte o distrutte?
(Ferdinando Bonora)
Con l’evidente buona intenzione di curare il decoro urbano, i competenti uffici comunali stanno portando avanti un’opera sistematica, con nuove smaglianti targhe al posto delle vecchie, in certi casi tanto malandate da essere quasi indecifrabili, ma il più delle volte appena patinate dal trascorrere del tempo, invecchiate sì, ma ancora ben leggibili.
Un’innovazione palese è l’introduzione di caratteri tipografici con maiuscola iniziale e il resto minuscolo per distinguere i nomi, lasciando le lettere capitali solo per i cognomi e altre scritte. Poco male se s’infrange una millenaria tradizione epigrafica: oggi con le moderne frese computerizzate che hanno sostituito gli scalpellini si può far di tutto. Assai più discutibile è l’annullare una varietà di manufatti realizzati in tempi diversi, con differenti caratteri, stili e impaginazioni; talvolta con scritte e sigle accessorie che richiamavano precedenti sistemi di suddivisione e gestione della città. Brevi testi sui quali si erano posati gli occhi di migliaia e migliaia di persone prima dei nostri, contribuendo a farci sentire più o meno inconsciamente parte di una comunità nel suo fluire nel tempo e non appiattita in un presente lindo ma senza storia. Oltre che il significato, qui è importante anche l'oggetto significante.
Alcuni ammodernamenti rasentano il grottesco. Ad esempio, in Albaro in una targa si legge ora “VIA / Renzo RIGHETTI / MEDAGLIA D’ORO / AFRICA ORIENTALE 1936 – XIV”, con quel curioso e inspiegabile “XIV” finale. Per comprenderne il significato basta andare all’altra estremità e a metà della strada, dove sono ancora rimaste le vecchie scritte col nome “RENZO” in lettere capitali e due lettere puntate che appena si intravvedono, abrase ma non cancellate del tutto, le quali spiegano il numero romano che le precede: “E.F.”, ovvero “quattordicesimo anno dell’Era Fascista”. L’aver copiato solo ciò che è più evidente, forse senza neppure capirne il senso, ha cancellato la memoria di un periodo di certo esecrabile, ma che appartiene comunque alla nostra storia e di cui la targa rimossa era testimonianza concreta risalente a una settantina d’anni fa.
Assai più increscioso è quanto accaduto tra via Garibaldi e piazza Portello, dove corre “VIA / ROCCO LURAGO / ARCHITETTO, INSIGNE ARTISTA DEL 1500 / AUTORE DEL PALAZZO TURSI”, come si leggeva nella vecchia insegna e si continua a leggere nella nuova da poco rifatta con identico testo (a parte il “Rocco”). Si è di fronte a un grave svarione, risalente all'opera di Raffaele Soprani e Carlo Giuseppe Ratti, Vite de’ pittori, scultori e architetti genovesi del 1768, ripreso dal trattatista neoclassico Francesco Milizia nel suo Memorie degli architetti antichi e moderni, del 1781, e poi acriticamente da tutti i successivi autori di guide e libri d’arte, finché nel 1968 Ennio Poleggi, col fondamentale Strada Nuova, una lottizzazione del Cinquecento a Genova, non ristabilì la verità storica: da un lato inoppugnabili fonti d’archivio assegnano la paternità del palazzo di Nicolò Grimaldi, poi Doria Tursi, agli architetti Domenico e Giovanni Ponzello; dall’altro la figura di Rocco Lurago viene drasticamente ridimensionata a collaboratore minore, un semplice piccapietra, per giunta in subordine al fratello Giovanni e addirittura un po’ pasticcione, se nel 1582 si becca una multa dall’Ufficio dei Padri del Comune per aver scassato il fondo stradale trascinando un carico di pietre giù da Carbonara.
Mantenere la vecchia targa, nella quale il nome era decentrato per la presenza a sinistra di un elemento aggiunto – forse uno stemma o simbolo metallico – di cui restavano i fori di fissaggio a ricordarlo, aveva un senso anche come testimonianza di storia della storiografia e dei suoi fraintendimenti, che si sarebbero potuti opportunamente aggiornare apponendo una seconda targa esplicativa, mentre appare assai disdicevole che il nuovo marmo riproponga e legittimi l’errore perpetuandolo.
È proprio il caso di continuare con queste sostituzioni, per lo meno con questo ritmo, con tali modalità ed esiti? Non sarebbe forse il caso di limitarsi alle situazioni davvero illeggibili, lasciando sopravvivere tutte le altre, magari sottoponendole a una semplice pulitura? Quanto ci è costato finora questo malinteso maquillage omologante e stravolgente di cui non si avvertiva il bisogno? Le targhe rimosse sono state conservate da qualche parte o distrutte?
(Ferdinando Bonora)
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martedì 20 marzo 2012
OLI 336: SOMMARIO
VERSANTE LIGURE - COLARE A PICCO (E PALA) (Enzo Costa e Aglaja)
MAFIE – Libera Genova! (Ivo Ruello)
CITTA’ - Levante, park a piacere (Bianca Vergati)
COMUNE – Gettoni: una semplice domanda (Paola Pierantoni)
GIROTONDI - 16 marzo Genovainpiazza, un amico ricorda (Giovanna Profumo)
GENOVA – Appello all’Amiu (Paola Pierantoni)
PAROLE DEGLI OCCHI - Bioediliza (a cura di Giorgio Bergami)
MAFIE – Libera Genova! (Ivo Ruello)
CITTA’ - Levante, park a piacere (Bianca Vergati)
COMUNE – Gettoni: una semplice domanda (Paola Pierantoni)
GIROTONDI - 16 marzo Genovainpiazza, un amico ricorda (Giovanna Profumo)
GENOVA – Appello all’Amiu (Paola Pierantoni)
PAROLE DEGLI OCCHI - Bioediliza (a cura di Giorgio Bergami)
OLI 336: VERSANTE LIGURE - COLARE A PICCO (E PALA)
Cemento, male eterno
di questa regione
(suo il lemma a-moderno
“rapallizzazione”)
da cui non c’è ritorno
soltanto dannazione
colate tutto il giorno
giù, precipitazione
si imbocca dell’Inferno
un (Calta)girone.
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
.
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OLI 336: MAFIE – Libera Genova!
"Popolo della legalità sceso in strada per gridare contro la mafia" sono le parole usate dal sito de la Repubblica per la manifestazione dell'associazione Libera che sabato 17 marzo ha invaso le vie di Genova, parole insufficienti a descrivere il corteo vivace, colorato, allegro e giovane, giovanissimo: su quei visi ci sono la rabbia, il desiderio di non dimenticare i morti, sentimenti espressi con serietà, con pacatezza, con la certezza che l'impegno di ciascuno può sconfiggere le mafie. Sarà questo uno dei leitmotiv usati da don Luigi Ciotti, l'impegno individuale contro le mafie, ma soprattutto contro quella "zona grigia" della società e della politica che guarda con indifferenza, tollera o, addirittura, collabora con la criminalità organizzata, diffidate, avverte don Ciotti, dalle Facce d'Angelo, pulite fuori, marce dentro: l'attuale tentativo di "depotenziare" il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, renderebbe difficile colpire proprio questa "zona grigia", presente anche nella Chiesa. È un discorso appassionato, accende i cuori e le menti delle migliaia di persone al Porto Antico di Genova, cuori e menti che hanno seguito in attonito silenzio la lunga lista delle vittime, nomi di donne e uomini, nomi di magistrati, uomini di scorta, giornalisti, sindacalisti, sindaci, nomi di ragazzi e bambini, nomi noti e meno noti, in una lista che sembra non finire più, dove cambiano solo le voci, dal sindaco Marta Vincenzi fino al procuratore Caselli, solo qualche applauso, quasi timido, scandisce il silenzio, tutti ascoltano: vicino al mare, seduto su una bitta, un ragazzino sbocconcella il suo panino, mentre una pilotina della Guardia Costiera si aggira lenta nelle acque calme dell'Expò, quasi a proteggere il rito silenzioso del popolo di Libera.
(Ivo Ruello)
(Ivo Ruello)
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OLI 336: CITTA’ - Levante, park a piacere
A conclusione di legislatura arriva in Commissione Urbanistica una pratica del 2000 su viale Quartara, dodici anni per decidere sugli oneri di urbanizzazione, cioè che cosa il committente di un intervento edilizio deve fare per la comunità, per il Comune, per poter costruire.
L’area in questione fa parte di una vecchia villa con parco, dove il pollaio della vecchia villa è servito a suo tempo per fare volume alla costruzione di una nuova palazzina, mentre sul lato sinistro della strada dove c’erano delle serre, e vincolato per questo motivo, di edificio se n’è fatto un altro. Tutto superato.
Per avere il permesso di edificare venne stabilito di realizzare parcheggi ad uso pubblico con le opere necessarie all’accesso, che sarebbe dovuto avvenire “attraverso il varco esistente mantenendo lo stesso cancello posizionato sempre aperto”.
Nel 2008 si dichiara un importo di 28 mila euro per i lavori del parcheggio, mentre i proprietari firmano per “ vincolo permanente di destinazione d’uso a parcheggio pubblico”.
Passano anni e proprietari, che se ne assumono i vincoli di cui sopra.
Sorpresa però. La Polizia Municipale della sezione di Quarto nel 2009 esprime parere contrario per la disciplina della circolazione nell’area a parcheggio pubblico: “ condizioni non ritenute superabili anche con l’eventuale installazione di specchi parabolici”.
Niente parcheggi pubblici dunque e si passa alla richiesta per monetizzare: mq 276 moltiplicato per 267 euro, valore stabilito dalla delibera comunale 20/2009, un totale di circa 70 mila euro.
Tanto vale il suolo per il Comune in uno dei quartieri più belli della città, ma la delibera comanda!
E si sa che Genova ha gli oneri di urbanizzazione fra i più bassi d’Italia. E aggiornarli un pò?
Nel frattempo nell’area della vecchia villa si sta costruendo un’autorimessa per box interrati, il cui ingresso forse passerà proprio su quegli ex parcheggi pubblici, che nel frattempo potranno però sempre essere parcheggi ma “pertinenziali” della palazzina.
Infatti il Comune propone nel nuovo accordo che le aree “non più destinate ad uso pubblico, saranno destinate a parcheggio del complesso residenziale".
Ecco quindi la proposta presentata in Commissione, che ha suscitato perplessità per il cambio di uso del parcheggio e per la somma corrisposta, al di là dei tempi biblici per istituzioni e committenti.
“In questo momento il Comune ha gravi problemi di Bilancio e i soldi servono” dichiara la Sindaco. E’ vero, ma perché non altre opere pubbliche sul territorio, ci sono marciapiedi da rifare, giardini da riordinare, c’è soltanto da scegliere, dubbi a parte sul parere di allora della polizia Municipale e contrario ora.
“La pratica non è stata aperta dai miei uffici ed io cerco di rimediare, non ho interessi personali” dichiara allora la Sindaco, che annuncia altresì che ritirerà la pratica: è stata soltanto il portavoce, le crediamo, ma si è aspettato tanto, perché non verificare meglio?
Intanto, ignoti ogni tanto infilano sul segnale P. parcheggio pubblico, un bel sacchettone nero della spazzatura e neppure il portatore di handicap osa parcheggiare.
(Bianca Vergati - Foto dell'autrice)
L’area in questione fa parte di una vecchia villa con parco, dove il pollaio della vecchia villa è servito a suo tempo per fare volume alla costruzione di una nuova palazzina, mentre sul lato sinistro della strada dove c’erano delle serre, e vincolato per questo motivo, di edificio se n’è fatto un altro. Tutto superato.
Per avere il permesso di edificare venne stabilito di realizzare parcheggi ad uso pubblico con le opere necessarie all’accesso, che sarebbe dovuto avvenire “attraverso il varco esistente mantenendo lo stesso cancello posizionato sempre aperto”.
Nel 2008 si dichiara un importo di 28 mila euro per i lavori del parcheggio, mentre i proprietari firmano per “ vincolo permanente di destinazione d’uso a parcheggio pubblico”.
Passano anni e proprietari, che se ne assumono i vincoli di cui sopra.
Sorpresa però. La Polizia Municipale della sezione di Quarto nel 2009 esprime parere contrario per la disciplina della circolazione nell’area a parcheggio pubblico: “ condizioni non ritenute superabili anche con l’eventuale installazione di specchi parabolici”.
Niente parcheggi pubblici dunque e si passa alla richiesta per monetizzare: mq 276 moltiplicato per 267 euro, valore stabilito dalla delibera comunale 20/2009, un totale di circa 70 mila euro.
Tanto vale il suolo per il Comune in uno dei quartieri più belli della città, ma la delibera comanda!
E si sa che Genova ha gli oneri di urbanizzazione fra i più bassi d’Italia. E aggiornarli un pò?
Nel frattempo nell’area della vecchia villa si sta costruendo un’autorimessa per box interrati, il cui ingresso forse passerà proprio su quegli ex parcheggi pubblici, che nel frattempo potranno però sempre essere parcheggi ma “pertinenziali” della palazzina.
Infatti il Comune propone nel nuovo accordo che le aree “non più destinate ad uso pubblico, saranno destinate a parcheggio del complesso residenziale".
Ecco quindi la proposta presentata in Commissione, che ha suscitato perplessità per il cambio di uso del parcheggio e per la somma corrisposta, al di là dei tempi biblici per istituzioni e committenti.
“In questo momento il Comune ha gravi problemi di Bilancio e i soldi servono” dichiara la Sindaco. E’ vero, ma perché non altre opere pubbliche sul territorio, ci sono marciapiedi da rifare, giardini da riordinare, c’è soltanto da scegliere, dubbi a parte sul parere di allora della polizia Municipale e contrario ora.
“La pratica non è stata aperta dai miei uffici ed io cerco di rimediare, non ho interessi personali” dichiara allora la Sindaco, che annuncia altresì che ritirerà la pratica: è stata soltanto il portavoce, le crediamo, ma si è aspettato tanto, perché non verificare meglio?
Intanto, ignoti ogni tanto infilano sul segnale P. parcheggio pubblico, un bel sacchettone nero della spazzatura e neppure il portatore di handicap osa parcheggiare.
(Bianca Vergati - Foto dell'autrice)
OLI 336: COMUNE – Gettoni: una semplice domanda
La semplice domanda è questa: era necessaria, a fine legislatura, la pazienza di Raffaele Niri per “rivelare” su la Repubblica (vedi articoli dal 13 al 17 marzo) lo scandalo delle fulminee presenze di un bel numero di consiglieri alle commissioni consiliari, giusto il tempo per aver diritto ai 100 euro lordi previsti per questa attività? La giunta, la sindaco, non lo sapevano? Impossibile.
La cosa non poteva non essere nota, ed è stata tollerata.
Il caso apre due questioni, una sul piano dell’etica, l’altro su quello dell’organizzazione del lavoro e della funzionalità delle commissioni consiliari.
Proviamo ad illustrare la questione etica con qualche esempio comparativo. In molti posti di lavoro un minuto di ritardo alla timbratura costa al lavoratore fino a mezz’ora di ferie. Chiunque abbia lavorato in fabbrica da operaio sa che ci si deve presentare alla timbratura d’ingresso già cambiati di abito; all’uscita, al contrario, ci si cambierà solo dopo la timbratura. Per venire ad esempi più moderni, nei call centers i lavoratori devono essere alla loro postazione dieci minuti, un quarto d’ora prima dell’inizio dell’orario effettivo: "Dobbiamo logarci, aprire tutto il programma, controllare le pubblicazioni che giornalmente ci vengono fornite e … dimenticavo: per prima cosa dobbiamo metterci alla ricerca di un posto di lavoro, perchè non ci sono postazioni fisse … alle 8 in punto dobbiamo essere attive e collegate” (*). Sul lavoro si contano i minuti, e a volte i secondi. Sarebbe etico, anzi, normale, farlo anche in Comune, per rispetto dell’Istituzione in cui si è stati eletti, per rispetto degli elettori, per rispetto dei lavoratori.
Però c’è anche una fondamentale questione di funzionalità: quale è la finalità, il risultato atteso, il contributo dovuto da ogni singolo, in gruppi di lavoro formati da venticinque, trenta persone che partono al gran completo, ma in capo ad un’oretta sono ridotti alla metà o a un terzo delle presenze? Nessuna organizzazione può permettersi una tale irrazionalità.
Sembra evidente che in queste commissioni alcuni lavorino, gli altri invece vi figurino solo per una formale rappresentanza politica e per totalizzare un guadagno. Sollevare il problema ed aprire uno scontro, evidentemente, non è stato giudicato finora politicamente produttivo o interessante.
Su la Repubblica del 15 marzo, viene citata la dichiarazione di “uno degli assessori più influenti della Giunta Vincenzi” che – giustamente – considera demagogiche le affermazioni per cui cinque milioni di euro spesi per i lavori delle commissioni consiliari siano da considerare buttati al vento: “Le commissioni fanno parte dei costi della democrazia. L’importante è farne meno e farle tutte utili”. Ineccepibile, ma perché non è stato fatto? Perché per parlarne pubblicamente e scoprire che un problema analogo c’è anche nei municipi, è stata necessaria una campagna di stampa?
Dedichiamo ai "furbetti" che fanno presenza per un minuto per intascare i 100 euro, il video che segue, frammento della rappresentazone in forma teatrale di "La spiaggia", in cui viene messo in scena, con ironia, un altro minuto importante: quello che paghi tu se tardi a timbrare all'Ilva, con la trattenuta di mezz'ora di ferie.
(Paola Pierantoni)
(*) Da “Idee per un cambiamento – Una ricerca sulle condizioni di lavoro nei call center” – 2007 – Ed. Inail Liguria
La cosa non poteva non essere nota, ed è stata tollerata.
Il caso apre due questioni, una sul piano dell’etica, l’altro su quello dell’organizzazione del lavoro e della funzionalità delle commissioni consiliari.
Proviamo ad illustrare la questione etica con qualche esempio comparativo. In molti posti di lavoro un minuto di ritardo alla timbratura costa al lavoratore fino a mezz’ora di ferie. Chiunque abbia lavorato in fabbrica da operaio sa che ci si deve presentare alla timbratura d’ingresso già cambiati di abito; all’uscita, al contrario, ci si cambierà solo dopo la timbratura. Per venire ad esempi più moderni, nei call centers i lavoratori devono essere alla loro postazione dieci minuti, un quarto d’ora prima dell’inizio dell’orario effettivo: "Dobbiamo logarci, aprire tutto il programma, controllare le pubblicazioni che giornalmente ci vengono fornite e … dimenticavo: per prima cosa dobbiamo metterci alla ricerca di un posto di lavoro, perchè non ci sono postazioni fisse … alle 8 in punto dobbiamo essere attive e collegate” (*). Sul lavoro si contano i minuti, e a volte i secondi. Sarebbe etico, anzi, normale, farlo anche in Comune, per rispetto dell’Istituzione in cui si è stati eletti, per rispetto degli elettori, per rispetto dei lavoratori.
Però c’è anche una fondamentale questione di funzionalità: quale è la finalità, il risultato atteso, il contributo dovuto da ogni singolo, in gruppi di lavoro formati da venticinque, trenta persone che partono al gran completo, ma in capo ad un’oretta sono ridotti alla metà o a un terzo delle presenze? Nessuna organizzazione può permettersi una tale irrazionalità.
Sembra evidente che in queste commissioni alcuni lavorino, gli altri invece vi figurino solo per una formale rappresentanza politica e per totalizzare un guadagno. Sollevare il problema ed aprire uno scontro, evidentemente, non è stato giudicato finora politicamente produttivo o interessante.
Su la Repubblica del 15 marzo, viene citata la dichiarazione di “uno degli assessori più influenti della Giunta Vincenzi” che – giustamente – considera demagogiche le affermazioni per cui cinque milioni di euro spesi per i lavori delle commissioni consiliari siano da considerare buttati al vento: “Le commissioni fanno parte dei costi della democrazia. L’importante è farne meno e farle tutte utili”. Ineccepibile, ma perché non è stato fatto? Perché per parlarne pubblicamente e scoprire che un problema analogo c’è anche nei municipi, è stata necessaria una campagna di stampa?
Dedichiamo ai "furbetti" che fanno presenza per un minuto per intascare i 100 euro, il video che segue, frammento della rappresentazone in forma teatrale di "La spiaggia", in cui viene messo in scena, con ironia, un altro minuto importante: quello che paghi tu se tardi a timbrare all'Ilva, con la trattenuta di mezz'ora di ferie.
(Paola Pierantoni)
(*) Da “Idee per un cambiamento – Una ricerca sulle condizioni di lavoro nei call center” – 2007 – Ed. Inail Liguria
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OLI 336: GIROTONDI - 16 marzo Genovainpiazza, un amico ricorda
Cristiano Barattino ha postato su facebook alcune pagine di quotidiano che ricordano la manifestazione del comitato 16 marzoGenovainpiazza. Dieci anni fa.
Cristiano è un caro amico perché posta i ricordi politici come fossero cartoline ed aiuta chi c’era a non perdere la memoria. Una memoria intima e personale ma al tempo stesso collettiva, nazionale e genovese.
“Esattamente 10 anni fa” scrive “il primo Girotondo in Liguria… Oggi quella manifestazione promossa dal comitato “16 marzo Genovainpiazza” a molti, forse, dirà poco, ma a pochi, di sicuro, dirà molto…”
E’ un caro amico perché insieme ai ritagli di giornale restituisce il ricordo di studenti e professori che chiedevano - con le sole bandiere della verità e del rispetto della democrazia - il cambiamento nel paese.
E’ un caro amico perché, così, restituisce il ricordo di Claudio Costantini che del '16 marzo Genovainpiazza' è stato una delle anime pensanti e calorose.
La newsletter Oli è figlia di quel movimento e di quel comitato.
(Giovanna Profumo)
Cristiano è un caro amico perché posta i ricordi politici come fossero cartoline ed aiuta chi c’era a non perdere la memoria. Una memoria intima e personale ma al tempo stesso collettiva, nazionale e genovese.
“Esattamente 10 anni fa” scrive “il primo Girotondo in Liguria… Oggi quella manifestazione promossa dal comitato “16 marzo Genovainpiazza” a molti, forse, dirà poco, ma a pochi, di sicuro, dirà molto…”
E’ un caro amico perché insieme ai ritagli di giornale restituisce il ricordo di studenti e professori che chiedevano - con le sole bandiere della verità e del rispetto della democrazia - il cambiamento nel paese.
E’ un caro amico perché, così, restituisce il ricordo di Claudio Costantini che del '16 marzo Genovainpiazza' è stato una delle anime pensanti e calorose.
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OLI 336: GENOVA – Appello all’Amiu
Dunque, la rumenta galleggiante, alias installazione di modern art nella fontana di Via del Campo oggi, dal lontano 3 febbraio, è ancora lì (vedi OLI 333).
L’esperimento sta diventando pulp.
O chiamiamo Peter Greenaway per girarci un film, o la puliamo. Che ne dite?
(Paola Pierantoni)
L’esperimento sta diventando pulp.
O chiamiamo Peter Greenaway per girarci un film, o la puliamo. Che ne dite?
(Paola Pierantoni)
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martedì 13 marzo 2012
OLI 335: SOMMARIO
VERSANTE LIGURE: (S)CONSOLAZIONI (Enzo Costa e Aglaja)
COMUNE – Focus sulla trasparenza (Eleana Marullo)
COMUNE - Puc e fiuto per gli affari (Bianca Vergati)
LAVORO - Fiom e loro alla patria (Giovanna Profumo)
LAVORO - I greci con la FIOM (Ivo Ruello)
ELEZIONI - Il tarlo del dubbio (Paola Pierantoni)
IMMIGRAZIONE - L'integrazione ai tempi delle TV satellitari (Saleh Zaghloul)
CITTA’ – La Biblioteca e i giornalisti creativi (Ivo Ruello)
PAROLE DEGLI OCCHI - Stanze romane (a cura di Giorgio Bergami)
LETTERE – Dipingere per diletto (Paola Colombo Zappaterra)
COMUNE – Focus sulla trasparenza (Eleana Marullo)
COMUNE - Puc e fiuto per gli affari (Bianca Vergati)
LAVORO - Fiom e loro alla patria (Giovanna Profumo)
LAVORO - I greci con la FIOM (Ivo Ruello)
ELEZIONI - Il tarlo del dubbio (Paola Pierantoni)
IMMIGRAZIONE - L'integrazione ai tempi delle TV satellitari (Saleh Zaghloul)
CITTA’ – La Biblioteca e i giornalisti creativi (Ivo Ruello)
PAROLE DEGLI OCCHI - Stanze romane (a cura di Giorgio Bergami)
LETTERE – Dipingere per diletto (Paola Colombo Zappaterra)
OLI 335: VERSANTE LIGURE: (S)CONSOLAZIONI
Mi avverto vecchio, smorto
rimpiango gli anni verdi
nel vuoto io mi incarto
fra spleen, pianti, ricordi.
Ma poi, come risorto,
ho entusiasmi assurdi
illogico trasporto
per ciò cui i più son sordi:
mi dà (pensa!) conforto
lo schifo di Riccardi.
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VERSANTE LIGURE
OLI 335: COMUNE – Focus sulla trasparenza
La legge n. 69 del 18 giugno 2009 ("Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile") stabilisce che tutte le pubbliche amministrazioni debbano rendere accessibili al pubblico, attraverso i propri siti internet, le informazioni relative ai dirigenti (curriculum vitae, retribuzione, recapiti istituzionali) e i tassi di assenza del personale. Come è stata recepita questa norma dalle pubbliche amministrazioni a Genova ed in Liguria? Con questo contributo, primo di una serie, si verificheranno la trasparenza e l’accessibilità delle informazioni, a cominciare dal sito del Comune di Genova (http://www1.comune.genova.it/trasparenza_finale/welcome.asp). Oltre ai dati relativi a dirigenti, amministratori e posizioni organizzative, il Comune di Genova pubblica anche alcune informazioni relative agli incarichi esterni, alle auto blu, alle società partecipate. Per conoscere curriculum, retribuzioni e premi dei dirigenti, si può effettuare una ricerca per area, per nominativo oppure avere una visione d’insieme suddivisa per anno (http://www1.comune.genova.it/trasparenza_finale/dirigenti.asp). Per l’anno 2010, ad esempio, i dirigenti nell’elenco generale sono circa 115, quelli accessibili per nominativo dall’elenco 99. Tra questi, 9 non hanno pubblicato il proprio curriculum (la dicitura riportata è “curriculum in fase di inserimento”), 11 ne hanno pubblicato uno quasi inesistente (ossia con l’indicazione del ruolo attualmente occupato e poco altro) oppure non aggiornato alla posizione attuale, gli altri invece hanno inserito un curriculum dettagliato ed aggiornato. Facendo una ricerca sulle retribuzioni dei dirigenti, sempre per il 2010 (i dati del 2011 non sono ancora presenti sul sito in questa sezione), si ricava una retribuzione media lorda di circa 100mila euro all’anno, nei quali è compreso un premio di risultato la cui media si aggira intorno ai 14mila euro. Un documento consultabile sul sito spiega che il premio di risultato ai dirigenti viene assegnato in base al raggiungimento di obiettivi e ai comportamenti organizzativi. Gli obiettivi possono essere al massimo 4: tre proposti dallo stesso dirigente ed uno generale (“assegnato a tutti trasversalmente”, cit.). Possono essere comunque modificati nel corso dell’anno. Nell’assegnazione del premio hanno un peso, continua il documento, anche fattori quali l’impatto esterno (ossia con i cittadini e gli utenti esterni) e quello “interno”, la “disponibilità al cambiamento”, la “comunicazione e relazione e orientamento all’utenza”. Come si evince dai dati del 2010, alcuni ruoli possono ricevere retribuzioni liberamente adeguate alla responsabilità affrontata: esiste infatti un articolo del CCNL dei segretari comunali (art. 44), per cui al segretario comunale che sia investito anche del ruolo di direttore generale “viene corrisposta in aggiunta alla retribuzione di posizione in godimento una specifica indennità, la cui misura è determinata dall'ente nell'ambito delle risorse disponibili e nel rispetto della propria capacità di spesa”. Questo è stato il caso di Genova, e nel 2010 il segretario comunale nonché direttore generale ha percepito una retribuzione lorda di 213mila euro, somma che pare lontana dalle attuali capacità di spesa del Comune di Genova. (si veda anche http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/12/30/danzi-addio-al-veleno-il-sindacato-attacca.html). Si chiude la carrellata sulla trasparenza del Comune di Genova con la tabella delle assenze, aggiornata all’anno in corso. Il tasso di assenza è riportato mese per mese in tabelle riassuntive che elencano tutto l’organigramma del comune (http://www1.comune.genova.it/trasparenza_finale/assenze.asp ); la percentuale di assenza va dallo 0 per cento in uffici particolarmente virtuosi e mesi particolarmente fortunati, fino a superare in alcuni casi la soglia del 30 per cento.
(Eleana Marullo)
OLI 335: COMUNE - Puc e fiuto per gli affari
Ultimi giorni di mandato per l’Amministrazione comunale, poi scatterà il limbo pre-elettorale e non si potrà più approvare nulla e così come sotto ferragosto parte la corsa a proporre di tutto e di più.
La Commissione urbanistica si riunisce praticamente tutti i giorni con sedute al mattino e al pomeriggio per portare poi il tutto in approvazione al Consiglio Comunale.
Sono sfilati grandi progetti come l’ex area Enel di Sampierdarena, con nuovi grattacieli e in cambio un asilo per 100 bambini e l’ex Piombifera con altre residenze: “ Basta con un Ponente solo di fabbriche”, proclama Vincenzi.
Passano piccoli progetti, dall’edificio incongruo produttivo da trasformare in residenze, in via Piombelli a Sampierdarena come in via Quartara o in via Bosio a Levante e poi parcheggi a gogò. “Tutta roba vecchia”, si dice , invano si chiedono chiarimenti, specifiche, anche in linea con il nuovo Puc e accordi vantaggiosi per Comune e territorio.
Esemplare la proposta di costruzione di autopark in zona S.Vincenzo, per cui l’autorizzazione della Soprintendenza, essendo zona di reperti medievali, nonché il piano delle aree esondabili e il riferimento al Puc si presentano dopo insistenza della Commissione; e, a sorpresa, il progetto si scopre inserito nelle Norme Speciali (Puc AR-UR5), ovvero dove esistono già progetti che vanno avanti al di là della nuova normativa, che entrerebbe in vigore.
Perciò la costruzione a gradoni di sette piani, cinque seminterrati e due interrati, prevederà circa cento box e posti auto e moto su iniziativa dei commercianti, il Civ, ma non per parcheggi a rotazione per i clienti; eppure la zona è commerciale, non per vendere ai residenti come pertinenziale, cioè vicino a casa: basta abitare nel raggio di alcuni chilometri.
A che servono dunque? Per riqualificare un’area degradata, giusto, (e lasciata degradare), ma non per rimettere in ordine le stradine annesse come salita della Misericordia o della Tosse: troppo costoso, manca l’equilibrio economico, sostengono i tecnici. In cambio il Comune dopo aver ceduto il diritto di superficie riceverà fra un dare e avere forse duecentomila euro di oneri di urbanizzazione, panchine, verde pubblico attrezzato, qualche locale per farne non si sa cosa e l’uso gratuito a fini scolastici per due mattine alla settimana della palestra che si costruirà.
Un affarone per il Comune questi project financing!
Lo stesso fiuto per i parcheggi di area della Marina sotto via Madre di Dio, già costruiti anche con finanziamenti pubblici e i cui proprietari indignatissimi, hanno chiesto audizione. Motivo? La stessa società di cui sopra, Cemedile, chiede un'integrazione al prezzo pattuito, ovvero tremila euro in più dei 23 mila pagati per sopraggiunti costi aggiuntivi. I proprietari vogliono che sia il Comune ad intervenire perché altrimenti si annulla la Convenzione, ovvero il contratto fatto a suo tempo con l’Amministrazione. Le regole sono regole e vanno rispettate, sostengono, ma il Comune invoca la Corte dei Conti che potrebbe rivolere indietro il finanziamento pubblico.
Complimenti agli uffici tecnici e a quelli legali per le Convenzioni che fanno.
Ardimentosi però i cittadini: un box in quella zona costa più del doppio.
(Bianca Vergati)
La Commissione urbanistica si riunisce praticamente tutti i giorni con sedute al mattino e al pomeriggio per portare poi il tutto in approvazione al Consiglio Comunale.
Sono sfilati grandi progetti come l’ex area Enel di Sampierdarena, con nuovi grattacieli e in cambio un asilo per 100 bambini e l’ex Piombifera con altre residenze: “ Basta con un Ponente solo di fabbriche”, proclama Vincenzi.
Passano piccoli progetti, dall’edificio incongruo produttivo da trasformare in residenze, in via Piombelli a Sampierdarena come in via Quartara o in via Bosio a Levante e poi parcheggi a gogò. “Tutta roba vecchia”, si dice , invano si chiedono chiarimenti, specifiche, anche in linea con il nuovo Puc e accordi vantaggiosi per Comune e territorio.
Esemplare la proposta di costruzione di autopark in zona S.Vincenzo, per cui l’autorizzazione della Soprintendenza, essendo zona di reperti medievali, nonché il piano delle aree esondabili e il riferimento al Puc si presentano dopo insistenza della Commissione; e, a sorpresa, il progetto si scopre inserito nelle Norme Speciali (Puc AR-UR5), ovvero dove esistono già progetti che vanno avanti al di là della nuova normativa, che entrerebbe in vigore.
Perciò la costruzione a gradoni di sette piani, cinque seminterrati e due interrati, prevederà circa cento box e posti auto e moto su iniziativa dei commercianti, il Civ, ma non per parcheggi a rotazione per i clienti; eppure la zona è commerciale, non per vendere ai residenti come pertinenziale, cioè vicino a casa: basta abitare nel raggio di alcuni chilometri.
A che servono dunque? Per riqualificare un’area degradata, giusto, (e lasciata degradare), ma non per rimettere in ordine le stradine annesse come salita della Misericordia o della Tosse: troppo costoso, manca l’equilibrio economico, sostengono i tecnici. In cambio il Comune dopo aver ceduto il diritto di superficie riceverà fra un dare e avere forse duecentomila euro di oneri di urbanizzazione, panchine, verde pubblico attrezzato, qualche locale per farne non si sa cosa e l’uso gratuito a fini scolastici per due mattine alla settimana della palestra che si costruirà.
Un affarone per il Comune questi project financing!
Lo stesso fiuto per i parcheggi di area della Marina sotto via Madre di Dio, già costruiti anche con finanziamenti pubblici e i cui proprietari indignatissimi, hanno chiesto audizione. Motivo? La stessa società di cui sopra, Cemedile, chiede un'integrazione al prezzo pattuito, ovvero tremila euro in più dei 23 mila pagati per sopraggiunti costi aggiuntivi. I proprietari vogliono che sia il Comune ad intervenire perché altrimenti si annulla la Convenzione, ovvero il contratto fatto a suo tempo con l’Amministrazione. Le regole sono regole e vanno rispettate, sostengono, ma il Comune invoca la Corte dei Conti che potrebbe rivolere indietro il finanziamento pubblico.
Complimenti agli uffici tecnici e a quelli legali per le Convenzioni che fanno.
Ardimentosi però i cittadini: un box in quella zona costa più del doppio.
(Bianca Vergati)
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OLI 335: LAVORO - Fiom e loro alla patria
Settimana enigmistica, trova le differenze.
Sono passati dieci anni dalla prima manifestazione in difesa dell’articolo 18 e a Roma venerdì 9 marzo c’è lo stesso sole di allora, ma più parole d’ordine. In corteo striscioni colorati, operai e giovani precari, prodotti a basso costo del mercato del lavoro italiano stile nuovo millennio.
Come nel 2002 l’articolo 18 è, per chi manifesta, un diritto inalienabile e da estendere a chi tutele non ne ha.
Simili le parole. Diversa la sostanza.
In sciopero, oggi, unicamente la Fiom, lasciata sola da chi in quella lotta - appena dieci anni fa - aveva fortemente creduto e l’aveva vinta. E’ un fatto che il nuovo governo riesce a proporre riforme che a Berlusconi era concesso di sussurrare appena.
Al corteo si unisce Vendola, ma è l’unico politico da prima serata. Ci sta il tempo per una breve narrazione ai cronisti e, senza nemmeno raggiungere Piazza San Giovanni, sparisce in una strada laterale.
La Fiom riempie il viali con i suoi iscritti, li colora di rosso. Insieme a loro immigrati, lavoratori dello spettacolo, parenti delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio, studenti e pensionati.
Solitaria sventola una bandiera del Pd. Chi la tiene ha la fierezza del pensatore libero in partito incerto.
Settimana enigmistica, trova le differenze: i dieci anni trascorsi che nel disegno non si possono vedere, l’assenza di Cofferati, l’arrivo in Fiat di Marchionne - narrato dalla rabbia dei delegati Fiom - reintegrati proprio grazie all’articolo 18. La riforma delle pensioni, la continua crescita del precariato, un’incapacità costante di presidiare il lavoro da parte dei partiti e di una larga fetta del sindacato, quarantasei tipi di contratti precari diversi. Le dimissioni in bianco fatte firmare alle donne. La necessità di difendere la costituzione nei luoghi di lavoro. L’articolo 8, voluto da Berlusconi, in cui si consente alle aziende di derogare alla legge.
Trova le similitudini: il concetto, lo stesso di dieci anni fa, che cedendo diritti si crei occupazione. Che la minor tutela per tutti equivalga a minor danno per un maggior numero di lavoratori. Che grazie al sacrificio, quello dei soliti, si faccia il bene della nazione, una nazione che ha scelto di essere competitiva grazie alla bassa retribuzione, in cui non si investe in ricerca.
Un certo clima diffuso e pressante di oro alla patria.
O meglio di loro alla patria.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)
Sono passati dieci anni dalla prima manifestazione in difesa dell’articolo 18 e a Roma venerdì 9 marzo c’è lo stesso sole di allora, ma più parole d’ordine. In corteo striscioni colorati, operai e giovani precari, prodotti a basso costo del mercato del lavoro italiano stile nuovo millennio.
Come nel 2002 l’articolo 18 è, per chi manifesta, un diritto inalienabile e da estendere a chi tutele non ne ha.
Simili le parole. Diversa la sostanza.
In sciopero, oggi, unicamente la Fiom, lasciata sola da chi in quella lotta - appena dieci anni fa - aveva fortemente creduto e l’aveva vinta. E’ un fatto che il nuovo governo riesce a proporre riforme che a Berlusconi era concesso di sussurrare appena.
Al corteo si unisce Vendola, ma è l’unico politico da prima serata. Ci sta il tempo per una breve narrazione ai cronisti e, senza nemmeno raggiungere Piazza San Giovanni, sparisce in una strada laterale.
La Fiom riempie il viali con i suoi iscritti, li colora di rosso. Insieme a loro immigrati, lavoratori dello spettacolo, parenti delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio, studenti e pensionati.
Solitaria sventola una bandiera del Pd. Chi la tiene ha la fierezza del pensatore libero in partito incerto.
Settimana enigmistica, trova le differenze: i dieci anni trascorsi che nel disegno non si possono vedere, l’assenza di Cofferati, l’arrivo in Fiat di Marchionne - narrato dalla rabbia dei delegati Fiom - reintegrati proprio grazie all’articolo 18. La riforma delle pensioni, la continua crescita del precariato, un’incapacità costante di presidiare il lavoro da parte dei partiti e di una larga fetta del sindacato, quarantasei tipi di contratti precari diversi. Le dimissioni in bianco fatte firmare alle donne. La necessità di difendere la costituzione nei luoghi di lavoro. L’articolo 8, voluto da Berlusconi, in cui si consente alle aziende di derogare alla legge.
Trova le similitudini: il concetto, lo stesso di dieci anni fa, che cedendo diritti si crei occupazione. Che la minor tutela per tutti equivalga a minor danno per un maggior numero di lavoratori. Che grazie al sacrificio, quello dei soliti, si faccia il bene della nazione, una nazione che ha scelto di essere competitiva grazie alla bassa retribuzione, in cui non si investe in ricerca.
Un certo clima diffuso e pressante di oro alla patria.
O meglio di loro alla patria.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)
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OLI 335: LAVORO - I greci con la FIOM
Venerdi 9 marzo, a Roma, tra le molte voci udite alla manifestazione nazionale della FIOM, Ghiannis Stefanopoulos, presidente del Poem, il sindacato dei metalmeccanici greci, ha gridato alla piazza le ragioni del popolo greco, della sua rabbia, e della sua speranza.
L'intervento è riportato interamente su Youtube.
(Ivo Ruello - video dell'autore)
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OLI 335: ELEZIONI - Il tarlo del dubbio
L’appuntamento organizzato per l’8 marzo dalle donne di Snoq (Se Non Ora Quando) ha avuto pieno successo di partecipazione, e a Palazzo Ducale si è dovuta sostituire in gran fretta la piccola “Sala Camino” con i più vasti spazi del “Munizioniere”.
Le organizzatrici intendevano garantire l’interazione più ampia possibile tra pubblico e candidati, ma qui c’è stato invece un serio inciampo. Con un sorteggio casuale le e gli aspiranti sindaco sono stati suddivisi in quattro gruppi di discussione, centrati su quattro diversi argomenti: rappresentanza delle donne nei luoghi decisionali; il lavoro e i lavori; la città a nostra misura; pubblicità, stereotipi e violenza. Da parte sua il pubblico si è distribuito qua e là sulla base delle proprie ‘affinità elettive’, ma anziché un maggiore approfondimento, si è avuta una frammentazione del tutto casuale del confronto.
Il tentativo di ricucire il tutto in seduta plenaria tramite ‘riassunti’ delle discussioni in gruppo è stato confuso e dispersivo, e sono iniziati gli abbandoni della sala.
Quando il microfono è tornato nelle mani del pubblico nuovamente riunito, il dibattito ha ripreso vita, ma la gestione troppo rigida dell’interazione col pubblico ha limitato il confronto.
A peggiorare la situazione per chi non avesse conquistato le prime file, un’acustica punitiva aggravata dal brusio di persone distratte.
Il tema che ha avuto più spazio anche nel dibattito plenario è stato quello della rappresentanza delle donne nei luoghi decisionali: fino a che punto candidate e candidati intendono impegnarsi su questo punto? Come pensano di riuscirci?
Stando al Corriere Mercantile del 9 marzo questo è stato un tema di divisione: “Le quote rosa dividono i candidati”. Stando al Secolo XIX invece “Nessuno si è sbilanciato”. La Repubblica, più appropriatamente, osserva che c’è stato un consenso diffuso sull’obiettivo di una pari rappresentanza politica delle donne, e di una loro maggiore presenza nelle aziende partecipate. Solo Giuliana Sanguineti (Partito Comunista dei Lavoratori), e Si Mohamed Kaabour (lista civica ‘Fratelli e fratellastri’ promossa da cittadini italiani di origine straniera), vi hanno anteposto, rispettivamente, l’accesso paritario al lavoro e la diffusione di una cultura del rispetto tra le nuove generazioni.
Certo, avendo dato forfait sia Vinai che Rixi mancava la destra più a destra.
Inoltre tra i presenti le diversità di accento erano sensibili: Musso si è limitato a parlare di utilità pro – tempore di “quote” di donne, mentre Doria ha colto il punto politico di una presenza che “Può introdurre un punto di vista diverso rispetto a quelli dominanti”, e Putti (Movimento 5 stelle) ha affermato che “C’è bisogno delle donne per realizzare la nostra visione di città”.
Meglio soprassedere sui deliri filosofici di Siri e sulla patetica scenetta familiare di Giuseppe Viscardi.
Tuttavia questa diffusa adesione degli uomini ad un obiettivo potenzialmente destabilizzante mi lascia nel dubbio: non è che, al fondo, consapevole o no, ci sia la convinzione di poter comunque continuare ad interpretare la realtà secondo i propri modelli?
Le donne discutono da un’infinità di tempo su quanto il loro ingresso nei luoghi del potere possa riuscire a modificarne i meccanismi, o su quanto invece siano loro a modificare se stesse, adottando metodi e riti maschili.
Per far pendere la bilancia verso un vero cambiamento i numeri sono importanti solo se sono tanto grandi da essere a loro volta destabilizzanti: almeno il 50%, certo, ma anche il 50% non basta.
(Paola Pierantoni - foto di Giovanna Profumo)
Le organizzatrici intendevano garantire l’interazione più ampia possibile tra pubblico e candidati, ma qui c’è stato invece un serio inciampo. Con un sorteggio casuale le e gli aspiranti sindaco sono stati suddivisi in quattro gruppi di discussione, centrati su quattro diversi argomenti: rappresentanza delle donne nei luoghi decisionali; il lavoro e i lavori; la città a nostra misura; pubblicità, stereotipi e violenza. Da parte sua il pubblico si è distribuito qua e là sulla base delle proprie ‘affinità elettive’, ma anziché un maggiore approfondimento, si è avuta una frammentazione del tutto casuale del confronto.
Il tentativo di ricucire il tutto in seduta plenaria tramite ‘riassunti’ delle discussioni in gruppo è stato confuso e dispersivo, e sono iniziati gli abbandoni della sala.
Quando il microfono è tornato nelle mani del pubblico nuovamente riunito, il dibattito ha ripreso vita, ma la gestione troppo rigida dell’interazione col pubblico ha limitato il confronto.
A peggiorare la situazione per chi non avesse conquistato le prime file, un’acustica punitiva aggravata dal brusio di persone distratte.
Il tema che ha avuto più spazio anche nel dibattito plenario è stato quello della rappresentanza delle donne nei luoghi decisionali: fino a che punto candidate e candidati intendono impegnarsi su questo punto? Come pensano di riuscirci?
Stando al Corriere Mercantile del 9 marzo questo è stato un tema di divisione: “Le quote rosa dividono i candidati”. Stando al Secolo XIX invece “Nessuno si è sbilanciato”. La Repubblica, più appropriatamente, osserva che c’è stato un consenso diffuso sull’obiettivo di una pari rappresentanza politica delle donne, e di una loro maggiore presenza nelle aziende partecipate. Solo Giuliana Sanguineti (Partito Comunista dei Lavoratori), e Si Mohamed Kaabour (lista civica ‘Fratelli e fratellastri’ promossa da cittadini italiani di origine straniera), vi hanno anteposto, rispettivamente, l’accesso paritario al lavoro e la diffusione di una cultura del rispetto tra le nuove generazioni.
Certo, avendo dato forfait sia Vinai che Rixi mancava la destra più a destra.
Inoltre tra i presenti le diversità di accento erano sensibili: Musso si è limitato a parlare di utilità pro – tempore di “quote” di donne, mentre Doria ha colto il punto politico di una presenza che “Può introdurre un punto di vista diverso rispetto a quelli dominanti”, e Putti (Movimento 5 stelle) ha affermato che “C’è bisogno delle donne per realizzare la nostra visione di città”.
Meglio soprassedere sui deliri filosofici di Siri e sulla patetica scenetta familiare di Giuseppe Viscardi.
Tuttavia questa diffusa adesione degli uomini ad un obiettivo potenzialmente destabilizzante mi lascia nel dubbio: non è che, al fondo, consapevole o no, ci sia la convinzione di poter comunque continuare ad interpretare la realtà secondo i propri modelli?
Le donne discutono da un’infinità di tempo su quanto il loro ingresso nei luoghi del potere possa riuscire a modificarne i meccanismi, o su quanto invece siano loro a modificare se stesse, adottando metodi e riti maschili.
Per far pendere la bilancia verso un vero cambiamento i numeri sono importanti solo se sono tanto grandi da essere a loro volta destabilizzanti: almeno il 50%, certo, ma anche il 50% non basta.
(Paola Pierantoni - foto di Giovanna Profumo)
OLI 335: IMMIGRAZIONE - L'integrazione ai tempi delle TV satellitari
Nell’articolo di Rania Ibrahim sul Corriere della Sera del 12 marzo “Grazie alla parabola…”, la confusione regna indisturbata. Da una parte la parabola è screditata in quanto non è da quartieri “fashion” ed è “tipicamente da banlieue parigina” e da circonvallazione di Milano, dall’altra si indigna quando i vicini di casa protestano per l’installazione della sua di parabola: “rovinava la facciata del condominio…capirai.”
La parabola della scrittrice è “buona” ed ha contribuito ad insegnarle la lingua araba, a conoscere il suo paese d’origine e tante altre belle cose mentre quella delle altre donne immigrate che dice siano (non poteva mancare) “la maggior parte musulmane”, e che definisce come “mogli-sforna bimbi” di uomini immigrati è “cattiva”: con la parabola, si barricano “nelle loro case, chiuse in un mondo che non hanno mai lasciato realmente, tutto il giorno a guardare esclusivamente programmi arabi, sentire musica araba, telegiornali arabi, la Rai?, non sanno neppure cosa sia”.
Naturalmente non è così: la scrittrice non è l’unica tra le figlie ed i figli degli immigrati ad usufruire dei vantaggi della parabola nel mantenere la lingua e la cultura d’origine e non è certamente colpa della parabola se le comunità immigrate vivono separate dalla società ospitante che fa poco per integrarle. E’ spiacevole che quando una persona immigrata ha la possibilità di scrivere su una testata importante, non faccia altro che ripetere gli stessi stereotipi sugli immigrati che da vent’anni si va scrivendo sullo stesso quotidiano. Massima cura della scrittrice è di rassicurare di essere diversa da altri immigrati che non sanno parlare l’italiano, sfornare bimbi ecc.
Articolo a parte, qualche sociologo dovrebbe fare una seria indagine sull’influenza della diffusione delle TV satellitari nell’integrazione degli immigrati in Italia. Ad esempio, se il modello dell’assimilazione degli immigrati era di difficile attuazione esso è, ora, impossibile: moltissimi immigrati ben integrati a livello lavorativo e linguistico seguono più i telegiornali del paese d’origine che quelli italiani. In molti casi si guardano quotidianamente due telegiornali del paese d’origine e nessuno italiano. Cosa significa questo per l’integrazione e per la politica? E’ nell’interesse dell’Italia che milioni di persone che vivono nel nostro paese seguano i nostri telegiornali? Sembrerebbe evidente, ma allora TV e telegiornali dovrebbero cambiare: ad esempio, assumere l’antirazzismo come etica fondamentale. Quando denunciano l’integralismo e il fanatismo religioso, dovrebbero farlo con equilibrio ed obiettività coinvolgendo tutti gli integralismi compresi quello cristiano e quello ebraico. Quando parlano di Palestina e medio oriente dovrebbero essere obbiettivi e rappresentare tutti i punti di vista e non appiattirsi, come accade oggi, su un unico punto di vista. Insomma TV e telegiornali italiani dovrebbero diventare multietnici e interculturali. Mi rendo conto che potrebbe sembrare qualcosa di utopico, visto il degrado delle nostre TV, ma è necessario.
(Saleh Zaghloul)
La parabola della scrittrice è “buona” ed ha contribuito ad insegnarle la lingua araba, a conoscere il suo paese d’origine e tante altre belle cose mentre quella delle altre donne immigrate che dice siano (non poteva mancare) “la maggior parte musulmane”, e che definisce come “mogli-sforna bimbi” di uomini immigrati è “cattiva”: con la parabola, si barricano “nelle loro case, chiuse in un mondo che non hanno mai lasciato realmente, tutto il giorno a guardare esclusivamente programmi arabi, sentire musica araba, telegiornali arabi, la Rai?, non sanno neppure cosa sia”.
Naturalmente non è così: la scrittrice non è l’unica tra le figlie ed i figli degli immigrati ad usufruire dei vantaggi della parabola nel mantenere la lingua e la cultura d’origine e non è certamente colpa della parabola se le comunità immigrate vivono separate dalla società ospitante che fa poco per integrarle. E’ spiacevole che quando una persona immigrata ha la possibilità di scrivere su una testata importante, non faccia altro che ripetere gli stessi stereotipi sugli immigrati che da vent’anni si va scrivendo sullo stesso quotidiano. Massima cura della scrittrice è di rassicurare di essere diversa da altri immigrati che non sanno parlare l’italiano, sfornare bimbi ecc.
Articolo a parte, qualche sociologo dovrebbe fare una seria indagine sull’influenza della diffusione delle TV satellitari nell’integrazione degli immigrati in Italia. Ad esempio, se il modello dell’assimilazione degli immigrati era di difficile attuazione esso è, ora, impossibile: moltissimi immigrati ben integrati a livello lavorativo e linguistico seguono più i telegiornali del paese d’origine che quelli italiani. In molti casi si guardano quotidianamente due telegiornali del paese d’origine e nessuno italiano. Cosa significa questo per l’integrazione e per la politica? E’ nell’interesse dell’Italia che milioni di persone che vivono nel nostro paese seguano i nostri telegiornali? Sembrerebbe evidente, ma allora TV e telegiornali dovrebbero cambiare: ad esempio, assumere l’antirazzismo come etica fondamentale. Quando denunciano l’integralismo e il fanatismo religioso, dovrebbero farlo con equilibrio ed obiettività coinvolgendo tutti gli integralismi compresi quello cristiano e quello ebraico. Quando parlano di Palestina e medio oriente dovrebbero essere obbiettivi e rappresentare tutti i punti di vista e non appiattirsi, come accade oggi, su un unico punto di vista. Insomma TV e telegiornali italiani dovrebbero diventare multietnici e interculturali. Mi rendo conto che potrebbe sembrare qualcosa di utopico, visto il degrado delle nostre TV, ma è necessario.
(Saleh Zaghloul)
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OLI 335: CITTA’ – La Biblioteca e i giornalisti creativi
“Cornigliano, i bulli terrorizzano la biblioteca” titolano le pagine genovesi di Repubblica del 1 marzo (*), l’incipit dell’articolo è netto (“una biblioteca sotto scorta perché è ostaggio di una banda di bulli”), in un virgolettato vengono anche riportate le parole che sarebbero state pronunciate da Maria Teresa Bartolomei, responsabile del Polo culturale di Genova Cornigliano (“Adesso abbiamo paura”): lo stesso giorno, i fatti sono descritti da Il Secolo XIX sotto il titolo “Branco annoiato devasta biblioteca”.
Qualche giorno dopo ne parliamo con Maria Teresa Bartolomei, molto scontenta per come i giornalisti hanno travisato, almeno in parte, i fatti avvenuta alla biblioteca Guerrazzi di Cornigliano: il gruppo di ragazzi, circa una quindicina, di età compresa fra i quindici e i diciassette anni, è noto da tempo ai frequentatori della biblioteca e ai suoi dirigenti: si radunano in giardino, fanno i “bulli”, procurano qualche piccolo danno, danno fastidio a chi studia, ma in genere i responsabili della biblioteca sono sempre riusciti a gestire la situazione. Lo scorso 28 febbraio le cose si erano svolte in modo analogo, fino a quando i ragazzi, alle sei di sera venivano allontanati dalle aule di lettura, ma al momento di allontanarsi le parole di rimprovero di due studenti non vengono accettate, e scoppia la rissa, uno scazzottamento abbastanza vivace.
Viene chiamata la polizia, e nel frattempo i ragazzi si dileguano.
Episodio molto spiacevole, ma è molto spiacevole anche l’atteggiamento dei mezzi di informazione, che come accade molto frequentemente forzano i toni, e mettono tra virgolette parole che non sono state pronunciate.
La biblioteca non è stata devastata, questi ragazzi vengono descritti da chi conosce bene la situazione come molto fastidiosi, ma non “dediti a distruggere tutto quello che trovano”.
Bene una maggiore sorveglianza del luogo, ma anche una maggiore sorveglianza del linguaggio.
(Ivo Ruello)
Qualche giorno dopo ne parliamo con Maria Teresa Bartolomei, molto scontenta per come i giornalisti hanno travisato, almeno in parte, i fatti avvenuta alla biblioteca Guerrazzi di Cornigliano: il gruppo di ragazzi, circa una quindicina, di età compresa fra i quindici e i diciassette anni, è noto da tempo ai frequentatori della biblioteca e ai suoi dirigenti: si radunano in giardino, fanno i “bulli”, procurano qualche piccolo danno, danno fastidio a chi studia, ma in genere i responsabili della biblioteca sono sempre riusciti a gestire la situazione. Lo scorso 28 febbraio le cose si erano svolte in modo analogo, fino a quando i ragazzi, alle sei di sera venivano allontanati dalle aule di lettura, ma al momento di allontanarsi le parole di rimprovero di due studenti non vengono accettate, e scoppia la rissa, uno scazzottamento abbastanza vivace.
Viene chiamata la polizia, e nel frattempo i ragazzi si dileguano.
Episodio molto spiacevole, ma è molto spiacevole anche l’atteggiamento dei mezzi di informazione, che come accade molto frequentemente forzano i toni, e mettono tra virgolette parole che non sono state pronunciate.
La biblioteca non è stata devastata, questi ragazzi vengono descritti da chi conosce bene la situazione come molto fastidiosi, ma non “dediti a distruggere tutto quello che trovano”.
Bene una maggiore sorveglianza del luogo, ma anche una maggiore sorveglianza del linguaggio.
(Ivo Ruello)
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OLI 335: LETTERE – Dipingere per diletto
Da diversi anni l’Associazione Culturale Azzurra e Radio Azzurra 88 Rete Liguria organizzano concorsi di pittura aperti a tutti, senza limiti di età, alternativamente patrocinati dai municipi 1° Centro Est, 2° Centro Ovest e 3° Bassa Val Bisagno, ospitati nei rispettivi centri civici di salita Prione, Buranello e Villa Imperiale.
Si tratta di occasioni che offrono a chi dipinge per diletto la possibilità di presentare al pubblico le proprie opere, uscendo dall’ambito strettamente privato e confrontandosi con quanto realizzato da altri, con diversi linguaggi figurativi e a vari livelli di capacità tecnica ed espressiva.
Siamo ora giunti alla diciannovesima edizione del Concorso Azzurra Liguria – Trofeo Agostino Zappaterra, che si inaugurerà sabato 17 marzo alle ore 16,30 a Sampierdarena presso il Centro Civico Buranello (via Buranello, 1 – via Daste, 8) e rimarrà aperta tutti i giorni, tranne i festivi, dalle ore 16,00 alle 18,00. A conclusione, la premiazione di coloro che la giuria riterrà più meritevoli avverrà venerdì 23 alle 16,30.
Chi fosse interessato a partecipare può ancora iscriversi entro il 14 marzo, consegnando le opere (a tema libero, dimensione massima senza cornice: cm 50 x 70) nei pomeriggi dei giorni 15 e 16.
Per informazioni, tel. 0108690734 e 3925689955.
Cordiali saluti
(Paola Colombo Zappaterra)
Si tratta di occasioni che offrono a chi dipinge per diletto la possibilità di presentare al pubblico le proprie opere, uscendo dall’ambito strettamente privato e confrontandosi con quanto realizzato da altri, con diversi linguaggi figurativi e a vari livelli di capacità tecnica ed espressiva.
Siamo ora giunti alla diciannovesima edizione del Concorso Azzurra Liguria – Trofeo Agostino Zappaterra, che si inaugurerà sabato 17 marzo alle ore 16,30 a Sampierdarena presso il Centro Civico Buranello (via Buranello, 1 – via Daste, 8) e rimarrà aperta tutti i giorni, tranne i festivi, dalle ore 16,00 alle 18,00. A conclusione, la premiazione di coloro che la giuria riterrà più meritevoli avverrà venerdì 23 alle 16,30.
Chi fosse interessato a partecipare può ancora iscriversi entro il 14 marzo, consegnando le opere (a tema libero, dimensione massima senza cornice: cm 50 x 70) nei pomeriggi dei giorni 15 e 16.
Per informazioni, tel. 0108690734 e 3925689955.
Cordiali saluti
(Paola Colombo Zappaterra)
martedì 6 marzo 2012
OLI 334 - SOMMARIO
VERSANTE LIGURE - IL NAUFRAGAR M’È DOLCE (Enzo Costa e Aglaja)
CITTA' - Refoli elettorali ai Parchi di Nervi (Bianca Vergati)
CITTA' - Un pony express per i Municipi del Levante (Bianca Vergati)
FARMACI - Il doppio prezzo della sanità veterinaria (Paola Pierantoni)
BUROCRAZIA - I migranti esclusi dalle semplificazioni (Saleh Zaghloul)
PAROLE DEGLI OCCHI - Pausa Pranzo (a cura di Giorgio Bergami)
CITTA' - Refoli elettorali ai Parchi di Nervi (Bianca Vergati)
CITTA' - Un pony express per i Municipi del Levante (Bianca Vergati)
FARMACI - Il doppio prezzo della sanità veterinaria (Paola Pierantoni)
BUROCRAZIA - I migranti esclusi dalle semplificazioni (Saleh Zaghloul)
PAROLE DEGLI OCCHI - Pausa Pranzo (a cura di Giorgio Bergami)
OLI 334: VERSANTE LIGURE - IL NAUFRAGAR M’È DOLCE
Concorde non lo sono
(con chi ha le mani in pasta)
allegro tantomeno
(la situazion rattrista)
ma sono fantozziano
uguale (essendo Costa).
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
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