Disegno di Guido Rosato |
Da una parte circa ogni cinque anni dal 1987, si faceva una regolarizzazione degli immigrati rilasciando ogni volta centinaia di migliaia di permessi a chi era presente irregolarmente, dall’altra parte al primo rinnovo si adottavano interpretazioni talmente restrittive da rendere molto difficile il loro rinnovo.
Quando avveniva, moltissimi non rientravano nei paesi d’origine e finivano per rientrare in clandestinità, rimanendo a lavorare in nero aspettando la successiva sanatoria.
Con l’approvazione della legge Bossi-Fini (L.189/2002) il numero dei permessi di soggiorno non rinnovati è aumentato da decine di migliaia a centinaia di migliaia: secondo il Dossier Caritas 2011, nel solo 2010 i permessi di soggiorno non rinnovati sono stati 684.413.
La Bossi-Fini ha condizionato il rinnovo del permesso di soggiorno al possesso di un contratto di lavoro quando, precedentemente, con la legge Martelli (39/90) e la legge Turco Napolitano (40/98), era possibile rinnovare il permesso anche attraverso la dimostrazione di un reddito sufficiente, e coloro che non riuscivano a dimostrare il reddito e non avevano un contratto potevano comunque iscriversi al collocamento per un periodo non inferiore a 12 mesi.
Inoltre la Bossi-Fini ha ridotto sensibilmente la durata dei permessi, moltiplicando le fasi di rinnovo e di conseguenza le occasioni di perdita del titolo di soggiorno.
La legge Martelli e la legge Turco-Napolitano prevedevano per il primo rilascio una durata biennale dei permessi per lavoro e famiglia, ed al rinnovo una durata non inferiore al doppio della precedente (4 anni).
La Bossi-Fini ha invece legato la durata del permesso alla durata del contratto di lavoro, limitandone la durata massima ad un anno quando il contratto è a tempo determinato e a due anni quando è a tempo indeterminato. Oltre a ciò è stato eliminata la previsione del raddoppio della durata al momento del rinnovo, per cui il nuovo permesso non può avere una durata superiore alla precedente.
L’anno seguente è entrata in vigore la legge 30/2003 sul mercato del lavoro, con contratti di lavoro delle durate più brevi possibili: i precari e le altre categorie più deboli sono divenuti i più esposti a perdere il permesso di soggiorno, essendo soggetti a rinnovi con tempi ravvicinati (ricordiamo che tra l'altro ogni rinnovo costa circa settantatre euro).
E' quindi necessario ed opportuno ritornare, almeno, alle norme della legge Turco-Napolitano.
(Saleh Zaghloul)
La Turco Napolitano apriva uno spiraglio di luce per la tutela dei diritti dei lavoratori immigrati, ma è stata mal interpretata e peggiorata con gli anni. La mia speranza è che il governo Monti riconosca la presenza dei lavoratori immigrati come una risorsa e che prenda provvedimenti per tutelarli quando a causa della crisi occupazopnale rischiano di perdere il dirito di permanza regolare in Italia.
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