Piccoli principi, marchesi, conti, popolano le pagine dei giornali con tanto di congiure, vendette, alleanze. Mai la politica genovese ha offerto un’immagine più fiabesca con la città che sembra Nottigham espugnata dai ribelli della foresta di Sherwood. C’è anche il prete.
In questa battaglia tra bene e male, la cronaca fedele dei messaggi apparsi su Twitter a firma di Marta Vincenzi, restituisce l’immagine di una donna divorata dalla rabbia la cui acuta capacità di analisi pare polverizzata in uno sciame di voti. Dispiace venire a conoscenza di un lato del carattere che la induce a scrivere “dovevo dargli una mazzata subito, invece di aspettare che si rassegnassero” e che consegna la Sindaco ad un immaginario difficile a morire in cui la donna può essere preda di isteria e quindi deve stare alla larga da ruoli politici.
Ancor più male fa leggere che Marta Vincenzi si paragona ad Ipazia, equiparando la sua battaglia e il suo sacrificio a quello della nota matematica greca. E stupisce leggere sul Secolo XIX che la Sindaco ha “indossato i panni della femminista dura e pura” proprio lei che aveva dichiarato: “Non cerco a priori la solidarietà femminile nelle battaglie che faccio, perché non sopporto la retorica delle cordate vestite di femminismo. Tranne poi addolorarmi e stupirmi quando le ritrovo schierate nella conservazione”.
Nell’attesa che la pacatezza prenda il posto della collera ecco un’aria mozartiana per la Sindaco.
La musica che sa rendere belli tutti i sentimenti della natura umana le sia di conforto.
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