Seggio Vegia Arbà, piazza Leopardi, cuore di Albaro. La Senatrice candidata arriva con rito consueto, falcata da jogging, strizzata nel piumino aderente, una vigorosa stretta di mano ai presenti. E’ primo pomeriggio e sfortuna per lei è un momento di calma, ringrazia così i volontari, quasi tutte donne, chiede dell’affluenza che le confermano buona. E’ in compagnia dell’immancabile giovane consigliera Michela, che l’avrà di certo rassicurata sulla tenuta del territorio, è stato fatto un martellante lavoro di passaparola, mail, messaggini, telefonate. Le affianca un tizio rasato dall’aspetto corpulento, con giacca turchina da mago Zurlì, è il body guard, a cui qualcuno chiede se deve votare: un quadretto tipo cantante Madonna.
Il terzetto riparte sull’auto che sfreccia sgommando all’interno del marciapiede e sfiora le scalette dello storico ristorante, inconsueto seggio elettorale.
Fa la sua capatina pure l’ex segretario Mario Tullo, ora parlamentare, aria stazzonata e gioviale, qui votano Pericu, il presidente Burlando, l’assessore Rossetti, alcuni consiglieri comunali, così è una processione obbligata.
E poi è terra di scout, asili e case di riposo della curia.
Irrompe con suorine al seguito la presidente per caso del Municipio Medio Levante, ex Margherita, ex Pd, ora Udc, diventata tale dopo due presidenti di destra, uno sfiduciato per un affaire di appalti e l’altro assurto ad assessore alle manutenzioni per Vincenzi. Nel frattempo il seggio si è riempito, pazientemente gli elettori si accalcano in coda, ma le suore devono votare e subito: all’uopo si mobilita uno dello staff ufficio stampa della Regione, accorso, che grida al telefono, incurante della fastidiosa confusione creata.
Tutti grandi elettori Pd.
La Vegia Arbà risulterà essere fra i primi migliori risultati per la vittoria di Marco Doria, come tutto il Levante. In grande maggioranza le donne, di ogni età, ma anche sedicenni con genitori al seguito: voglia di un volto nuovo, che ha conquistato vecchi e giovani e sconfitto un partito, che ha pure lui due volti nuovi, il segretario provinciale Razetto e il segretario regionale Basso, i due “cattivi ragazzi” che si dimettono per colpe non loro. Pagano in prima persona e da soli la colpa dell’establishment di cui sopra, che ha avallato in segreto l’autocandidatura della Senatrice, l’autoricandidatura della Vincenzi, le primedonne, che i due giovani segretari non volevano e che hanno tentato in tutti i modi di evitare, invocando un ricambio.
Niente da fare, sono stati travolti da entrée come al seggio di piazza Leopardi.
Pressioni romane, vecchi saggi ormai da camino, una pletora di politici trombati o pensionandi, ex di ex, notabili, sponsor di un cambiamento che non cambiava niente. Persino l’ex sindaco di Bologna, che prima stava più qui che a Bologna ed ora è più a Genova che a Bruxelles strepita che bisogna riflettere, lui che ritiratosi per fare il papà si è candidato a segretario in Liguria, ha fortemente voluto la senatrice, appartenente alla sua corrente, l’area Franceschini. Neppure troppo velatamente si imputa la débacle all’inesperienza, troppo giovani questi segretari.
Non è così. Personalismi, ambizioni infinite, vecchie lobby interne di partito, inadeguatezza a cogliere lo stato d’animo della città, l’insofferenza alle stesse facce, ecco le cause della sconfitta del Pd.
Il guaio è che a casa, oltre alle zarine, non ci andranno purtroppo i personaggi inamovibili che ora vogliono lo scalpo dei due cattivi ragazzi. Che però cattivi non sono stati per niente, purtroppo.
(Bianca Vergati)
martedì 14 febbraio 2012
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento