Di seguito, si torna all’aspetto sociale, ed il primo messaggio è espresso con chiarezza (anche se con pessima illuminazione): il pannello “Chi ci ruba il lavoro?” tranquillizza l’animo dei visitatori italiani: gli stranieri non rubano il lavoro, perché “I lavoratori immigrati ben raramente competono con quelli italiani. A loro sono rimasti i lavori disagiati, quelli flessibili e usuranti e per di più (dati INPS) il 20% in meno rispetto agli italiani. Il lavoro femminile, in più, ha rappresentato un vero puntello per il welfare state all’italiana: la badante con l’anziano disabile a casa, e la donna italiana a lavorare in ufficio” ( http://www.galatamuseodelmare.it/cms/sezione%20emigrazione-189.html in "Descrizione del percorso"). Un gioco multimediale pone davanti alcuni oggetti, simboli del lavoro straniero in Italia: una cazzuola da muratore, una borsa Yves Saint Laurent, una scopa, un asciugacapelli: chi vuole può divertirsi ad ascoltarne la storia. Il percorso prosegue portandoci in una classe “colorata e composta”. Tra i problemi legati alla scuola ci sarebbero, secondo il pannello, le difficoltà di lingua e comprensione degli studenti di origine straniera, arrivati qui o nati in Italia. In conclusione, la “nicchia della riflessione”, dove i curatori, in video, invitano il pubblico a riflettere su alcuni punti.
Una “nicchia della riflessione”, a questo punto, sarebbe utile anche per i curatori:
un’istituzione culturale permanente dovrebbe stare lontana da luoghi comuni, vista la forza simbolica che qualsiasi oggetto assume se esposto in un museo: la rassicurazione sul fatto che gli stranieri non rubano il lavoro perché adibiti a mansioni usuranti e disagiate è adatta al contesto museale? E’ un fondamento sociologico? Che messaggio può trasmettere alle seconde e terze generazioni in visita al museo? Per quanto ancora i cittadini stranieri saranno visti come “la badante” e “il muratore”?
E’ proprio vero che le seconde e terze generazioni hanno problemi di comprensione linguistica? Su che dati si basa questa affermazione? Sarebbe interessante chiederlo a qualcuno di loro.
Manca totalmente qualche riferimento alla storia dell’immigrazione a Genova, eppure tante sono le persone che se ne sono occupate e se ne occupano, che avrebbero potuto fornire dati sulla realtà sociale della città. Perché?
(Eleana Marullo)
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