Una nave con 4000 persone a bordo, organizzata con le migliori attrezzature di sicurezza disponibili, con giubbotti di salvataggio abbondanti per tutti, s'incaglia a pochi metri dalla costa con il mare calmo e il comandante riesce ad avere morti a bordo: è il tragico epilogo di una gestione fallimentare dell'emergenza.
La stampa è ipnotizzata dall'evento, quel gigante piegato fa notizia, fa vendere, il leviatano inaffondabile è affondato, il comandante si presta al generale stupore di scoprire che è un uomo impappinato invece che lo "chef aprés dieu" che ci avevano venduto.
E il "meglio" che si riesce a trovare in rete è una canzone che lo prende in giro, sulle note di Onda su onda. Ci si sente avviliti pensando ai 4000 profughi nordafricani descritti nell'articolo di radio Babboleo, alle centinaia di migliaia che affrontano un viaggio nel quale l'arrivo dalla parte opposta non è una possibilità garantita, anzi la probabilità di morire annegato o di disidratazione in mezzo a tutta quell'acqua salata è valutata e affrontata insieme al fatto di stare in centinaia in un battello da decine senza saper nuotare. Allora, caro Elio delle Storie tese, sarebbe forse più utile una canzone che racconti di questi fatti e non della fragilità colpevole di un uomo che lavorava al di fuori del buon senso secondo dei criteri ritenuti però accettabili da tutti quelli che sapevano della pratica dell'inchino. Anzi, un vero inchino alle vittime dei naufragi ci sentiamo di dedicarlo noi di Oli per tutte le latitudini e longitudini della terra, per quelli delle guerre e della cecità umana così ben ignorati dalla stampa (ancora finanziata dallo stato) italiana.
(Stefano De Pietro)
martedì 24 gennaio 2012
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