Da mesi la Grecia ha assunto per noi una doppia faccia: ci spaventa, facendoci intravvedere il possibile “baratro” prossimo venturo, quello in cui potremmo cadere anche noi; ma nello stesso tempo ci rassicura, perché in fondo siamo convinti che a quel punto non ci arriveremo: i greci hanno più colpe di tutti, la loro inefficienza e corruzione sono ancora più profonde ed endemiche che da noi, l’evasione fiscale pure. E poi alle spalle non hanno una storia industriale, non producono nulla, quindi è naturale che davanti non abbiano un futuro. Una nazione a perdere.
Di fatto i mezzi d’informazione riportano sulla Grecia notizie sempre più allarmanti: aumento del 30% dei suicidi in una nazione che vantava il più basso tasso europeo; sparizione di farmaci essenziali dagli ospedali, addirittura mancherebbe l’insulina; bambini che svengono a scuola per la fame, e altri abbandonati da genitori che non possono più mantenerli; aumento delle rapine; sindacalisti arrestati durante le proteste.
All’immagine del greco-cicala, che si merita la tegola che gli è caduta in testa, se ne affianca un’altra: quella della vittima ridotta allo stremo dalle politiche della finanza internazionale, e che combatte nelle strade, sotto la repressione della polizia.
Le informazioni che ci arrivano corrispondono alla realtà? Giro la domanda ad alcuni amici greci. Alcuni vivono in una piccola isola, altri ad Atene. Nei prossimi Oli una testimonianza dall'isola e le voci da Atene. Come vedrete la situazione sull'isola è un po' migliore, come lo era quella dei nostri “sfollati”, durante la guerra.
(Paola Pierantoni - foto dell'autrice)
martedì 17 gennaio 2012
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