Pesciade si legge con l’accento sulla i, epica come Iliade, Odissea ed Eneide, e come queste ultime descrive l’epopea di un eroe. Giacomino, stralunato predicatore, intellettuale e pacifista, cerca di muovere le masse e svegliarle dal sonno in cui le ha precipitate la religione del consumo, attirandosi gli odi di tutte le categorie sociali, padroni, servi, finti operai, cacciatori e così via. Mentre fugge dalle bastonate, vittima della consueta incomprensione tra popolo e intellettuali, trova rifugio tra le braccia di Bice, procace pescivendola “sanamente popular qualunquista”. Fa da sfondo una città soprannominata la Superba, in cui a Natale la sindaco fa impiantare abeti in lamiera temperata al posto di quelli veri, che non ricrescono più, “meglio di quelli delle ramblas di Barcellona”. Nella città, tetra e fuligginosa, la gente fa la coda per vedere quello che le è stato tolto: l’ultimo albero superstite, incapsulato dentro un’enorme palla di vetro, creazione del grande architetto di fama internazionale.
Il popolo sfila, con i suoi finti operai in finte manifestazioni (comparse per ricordare un’epoca che non torna più), con i precari lamentosi e azzimati in abito firmato, e non è pronto al messaggio del profeta Giacomino, che dal pulpito predica “ritornate agli stenti, ad una sana miseria”.
Quando Giacomino sarà sul punto di sacrificarsi e darsi in pasto al mondo per alleviare la fame e la povertà, un intervento divino lo salverà lo riporterà nei ranghi della società, grazie ad una drastica rieducazione.
La storia è un fumetto che gli autori definiscono “incazzoso, sporco e cattivo come quelli che si facevano negli anno 60/70”, che ha l’obiettivo di non salvare nessuno, tra destra e sinistra, ambientalisti, chiesa e civiltà del consumo, per far riflettere e sorridere con amarezza.
Pesciade, per un mondo peggiore, è opera di Gianfranco Andorno e Gino Carosini, edita nel 2011 da
Liberodiscrivere.
(Eleana Marullo)
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