Nicolae, 37 anni, falegname; Marian, 31 anni, muratore; Rita, 60 anni, insegnante. E poi Paola con il padre Aldo, Dante con sua moglie Adriana e Sandro, papà di un bimbo di otto anni, volontario della Protezione civile, visto per l’ultima volta mentre cercava di aprire i tombini, un momento prima della piena, dopo aver messo in salvo alcuni turisti. Non sarà più in prima linea per un incendio, per una frana, per la mareggiata.
Ora il presidente Napolitano lo ha insignito della medaglia d’oro
Non dimentichiamoli. E non dimentichiamo quel fango che arriva sino al primo piano delle case, che si è portato via un mondo incantato, le stazioncine piene di turisti che sciamavano per i vicoli, entravano a frotte nel panificio per la focaccia, curiosando tra i souvenir.
Quell’esplosione di colori delle facciate delle case che sembrava si tuffassero in mare: volevano forse ritrovarlo nella grezza piastrellina di ceramica, che finivano per portare a casa.
Non era un turismo di lusso quello delle Cinque Terre, anche se alcuni ristoranti e locande di pregio vi lavoravano bene, era una coesistenza pacifica tra pesce del golfo e pane burro e acciughe, tra danarosi sandali - calzini e zainati giramondo, tutti con un solo grande amore: le Cinque Terre. Vecchi e giovani.
Li vedevi inerpicarsi per sentieri, affacciarsi tra le vigne, provare il brivido di quelle onde là in fondo, che schiumano placide e poi quasi di corsa percorrere la strada principale del paese per arrivare alla spiaggetta, spogliarsi in fretta e tuffarsi o almeno bagnarsi i piedi anche se era inverno. Bastava un po’ di sole, il paesaggio faceva la sua parte.
Ora sembra scomparso tutto ciò ma noi non vogliamo crederlo, i ragazzi che sono lì a spalare non lo credono e diciamo loro grazie, pagheremo volentieri tasse in più, non faremo come lo stravagante scrittore del giornale cittadino, che rifiuta il suo contributo perché il troppo turismo avrebbe distrutto quei luoghi.
Forse l’artista, ha brama di riservatezza o è soltanto spocchia di esclusività.
Qui c’era un turismo rispettoso e le Cinque Terre uno dei siti più curati in Italia, certo non immune a vogliosi appetiti di cementificazione, finora repressi. Vi lavoravano tanti ragazzi all’accoglienza, alle stazioni, nei bar e ristoranti. Come in tutti i paesi della Liguria scorrono rii e torrenti talvolta imbrigliati sotto le strade del paese e probabilmente a Monterosso si è costruito un parcheggio di troppo, accusa pure Legambiente (Repubblica, 31 ottobre). Da ricordare quello di Fontanavecchia alle spalle della stazione di Vernazza, (Secolo XIX, 28 ottobre) o il villaggio Europa fra Corniglia e Vernazza, vecchi bungalow da ristrutturare e fermati a metà dalla magistratura, o ancora la collina di Pianca, scavata per fare posto a una scuola che non ha mai visto la luce, tra Riomaggiore e Vernazza, liberando così spazi appetibili nel paese.
Ma il punto è un altro: lavorare la terra non conviene più, lo stato dimentica il suo territorio, aiuta pochissimo chi lo preserverebbe. Incentivi e credito solo per grandi aziende e i microagricoltori si arrendono. Tanti muretti a secco si reggono a stento, il bosco avanza, le vigne incolte rendono la natura fragile. Chi vendemmia, lo fa spesso per passione e ostinazione, porta l’uva alla cantina sociale, che almeno te la paga.
Poche in giro le bottiglie di vero sciacchetrà, intanto sono sotto il fango i luoghi dove lo gustavi, speriamo davvero di ritrovarli di nuovo, insieme ai viaggiatori globetrotter.
(Bianca Vergati)
martedì 1 novembre 2011
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