La cronaca quotidiana del caso di Elena, la bambina morta dimenticata in auto sotto il sole, riempie televisioni e giornali in due momenti specifici del dramma: la morte prima, compensata dalla vita donata ad altri bambini dopo. Con dovizia di nomi di ospedali e di chirurghi presi dai comunicati stampa, in questo articolo di Lettera 43 si comincia a porre la prima pietra di quella che si concluderà, in un articolo di Repubblica, come una violazione palese della privacy dei riceventi. Infatti sono messi in contatto donatore e riceventi attraverso il giornalista che svela l'identità dei due soggetti, contro gli obblighi della legge italiana, citando il nome e cognome del bambino ricevente, oltre a quello di Elena. Le interviste che si trovano in rete alla mamma di Elena, che perdona il marito, e ai genitori di Tommaso, che ringraziano per la donazione, concludono il normale percorso del caso "donazione" tipico della stampa italiana.
AIDO (Associazione Italiana Donatori Organi) nella persona di Rossella Pietrangeli della sede di Roma conferma che per legge le generalità di donatori e riceventi devono restare accuratamente segrete. Lo scoop giornalistico ha quindi violato bellamente una norma non solo intransigente, ma anche logica nella sua etica, senza che né l'Ordine dei giornalisti né alcun altro organo di controllo se ne accorgessero. Tantomeno l'Ordine dei medici, in quanto è evidente che le informazioni potrebbero essere fuoriuscite solo dagli ospedali dove sono state effettuate le operazioni chirurgiche. Al di là della legge, non è comunque buon giornalismo sfociare nel pettegolezzo, svelando identità che sono inutili ai fini della cronaca, per cui segnaliamo con vigore anche al Direttore di Repubblica, Ezio Mauro, l'operato del suo giornalista.
(Stefano De Pietro)
martedì 4 ottobre 2011
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