Aula Magna San Salvatore - Punto G 2011 Genere e globalizzazione |
C’è una caratteristica della informazione cittadina per cui spesso, anzi, quasi sempre, gli eventi di pensiero e approfondimento (dibattiti, convegni) vengono annunciati, ma non raccontati una volta che sono avvenuti.
Come se riguardassero esclusivamente le persone in sala, e non mettesse conto di trasmetterne almeno qualche suggestione a chi – per mille motivi – non ha occasione di frequentare certe sedi, di essere presente a certi appuntamenti.
Quando la cosa ha un certo rilievo, prima che tutto avvenga, o il giorno stesso a margine, viene intervistato chi ha organizzato l’evento, e se capita la presenza di una persona “famosa” può magari scapparci un’altra intervista, ma più in là non si va.
Il tutto, quando va bene, viene annunciato e raccontato da chi è parte in causa.
Manca comunque, e sistematicamente, l’occhio critico di un giornalista che si sieda in quella sala, e cerchi di percepire e di trasmettere quel che vi avviene. Che sta succedendo lì? Chi c’è in sala? Che ruolo gioca in città chi ha organizzato l’evento? Che rapporto si crea tra pubblico e organizzatori? Cosa raccontano della città le persone che si sono riunite in quella occasione? Cosa c’è da cogliere di veramente importante nelle parole che vengono scambiate, in quelle che vengono taciute, nella atmosfera del luogo?
Certamente è impossibile – anche con le migliori intenzioni – pensare di adottare questo metodo per tutto quel che avviene in città.
Ma il fatto è che non succede mai, e questo mai determina la natura e la qualità di quel che riesce ad emergere alla superficie della informazione.
Chi organizza, nei giorni successivi, raccoglie rassegne stampa, e nel caso che all’evento sia stato comunque dedicato “spazio” può anche compiacersene. Ma ben che vada si tratta di uno spazio asettico, neutro, che non alimenta domande e che addormenta i conflitti.
Recente occasione per queste riflessioni sono state le notizie di stampa sul meeting internazionale del 25 e 26 giugno “Punto G – Genere e globalizzazione”, che nulla hanno trasmesso su alcuni, determinanti, punti di contraddizione che hanno impegnato, e anche diviso, le donne in sala. Ne cito alcuni:
Violenze al G8: ne è stata colpevole solo l’azione repressiva della polizia, o è necessaria una assunzione di responsabilità anche da parte del movimento no global?
Precarietà: come può il sindacato “avere la percezione profonda di questa condizione” senza garantire una rappresentanza dei precari nei luoghi di lavoro? E’ possibile muoversi in questa direzione?
Relativismo culturale, multiculturalismo, e rispetto della “libertà di scelta”: sono atteggiamenti culturali progressisti, o sono in contrasto con i diritti fondamentali delle donne che ora si trovano a dover combattere su un doppio fronte?
(Paola Pierantoni)
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