Dopo aver brillantemente conseguito la laurea a Palermo, di pregio nel campo, 5 anni fa, dopo aver svolto svariati lavori e lavoretti, spazianti dall’elettronica alla baristica intensiva, dopo aver coltivato sogni di autonomizzazione e maturazione nella terra di nascita e d’origine delle sue origini, compresi affetti, attaccamenti, passioni, in particolare per la musica, dopo mesi di noia e sconsolazione, dopo aver contato tutte le pietre che collegano la casa alla piazza e la piazza alla casa e che sono il tracciato che fanno dire ai paesani di un disoccupato che “quello lì, come tanti, non avendo da fare va a casa e mangia”, ha preso la decisione, violenta come uno strappo, dolorosa e necessaria, ma anche aperta alla conoscenza e alla curiosità, di salire al nord, di prendere il metaforico treno del sole, che non esiste più se non in una canzone e in una montagna di ricordi che si vuole rimuovere dalla storia e dalla coscienza collettiva, sostituito dai viaggi spezzati delle andate e ritorno, dei voli low-cost, dei traghetti super veloci, dei week end rubati, delle albe in treno, della santificazione delle feste, delle passeggiate con gli amici. Come se si volesse annullare la condizione di emigrato; come se la nuova condizione di immigrato non dovesse essere più una rottura, una beanza oscura, e quindi si potesse annullare, con i nuovi potenti mezzi della tecnologia, lo spazio angosciante e infinito che separa e unisce l’immigrato e l’emigrato. Sia per i giovani siciliani sia per i giovani africani.
Lo spazio di pensieri e di sentimenti che si è voluto annullare nel pubblico sentire e nel pubblico manipolare affinché la paura del diverso desse qualche appiglio alle nostre fragili identità e la libertà potesse realizzarsi anche nell’essere liberamente razzisti.
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Da alcuni anni circa duecentomila persone, in grande maggioranza giovani, partono dal sud Italia per andare a cercare lavoro e fortuna nel Nord Italia o in Europa. Quasi tutti migliorano la loro condizione.
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Qualcuno ne soffre al punto di perdersi. Una parte ritorna e ricostruisce una presenza più esperta nella sua terra. Questo è un bene, ma la sua terra è sempre la stessa. Un luogo di bellezza indicibile, rubata alla gioventù, ancorata a un mostro che governa spreco, inefficienza, stagnazione. Ma forse cambierà.
Nel frattempo Report ci informa che dal 2000 ogni anno fra i 30 i 45 mila giovani, post.doc, ricercatori, studiosi e scienziati, prendono la via dell’estero.
Che di solito al’estero non esistono contratti precari e annichilenti. Che la remunerazione, salari, borse, benefit sociali, è degna di questo nome. E si vedono i giovani intervistati, che sembrano avere in loro la forza della rappresentanza, parlare con soddisfazione e pienezza di queste esperienze.
Nonostante la nostalgia, che depurata, in questo caso è sentimento positivo.
I cervelli in fuga, nel demente gergo mediatico, che quando li si nomina non si può fare a meno di pensare agli alluci che rimangono qua.
Ma se tante giovani persone sono così valorizzate all’estero, vuol dire che il nostro sistema scolastico non è poi così male. E poi senza questa ricchezza di energia e di creatività, che dovrebbero associarsi al lavoro, che ne è dell’Italia, che ne sarà?
L’Italia non è un paese per…
(Angelo Guarnieri)
Nonostante la nostalgia, che depurata, in questo caso è sentimento positivo.
I cervelli in fuga, nel demente gergo mediatico, che quando li si nomina non si può fare a meno di pensare agli alluci che rimangono qua.
Ma se tante giovani persone sono così valorizzate all’estero, vuol dire che il nostro sistema scolastico non è poi così male. E poi senza questa ricchezza di energia e di creatività, che dovrebbero associarsi al lavoro, che ne è dell’Italia, che ne sarà?
L’Italia non è un paese per…
(Angelo Guarnieri)
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