Passato un po' di tempo dalla catastrofe del terremoto giapponese, si possono tirare le prime somme, usando il linguaggio molto diretto di chi è preoccupato per la nuova svolta nuclearista del governo italiano. E' mia convinzione che dietro l'apparente gentilezza del modo di pensare comune a chi lavora con una formazione tecnica universitaria e legato a concetti economici e affidabilistici, si nasconde in realtà la determinazione di imporre il nucleare in modo paternalistico, come risultato di un processo di analisi alterato per farlo suonare come logico ed apparentemente inattaccabile. Invece, fuori dalle considerazioni economiche ci sono, tanto per iniziare, quelle sanitarie, che hanno già ampiamente dimostrato che il nucleare, in realtà, è letale per fondamento stesso, al di là delle ipotesi incidentali, ad esempio come quando (non) si parla dei rifiuti, che rifiuti restano anche se prodotti da centrali di ennesima generazione. Per quanto riguarda la sicurezza, avere avuto tre incidenti "top" nel giro di poco più di trent'anni lascia presumere che i valori di frequenza attesa siano stati a dir poco sottostimati. Certo, a posteriori, sia Three Miles Island, che Chernobyl e adesso Fukushima, così come le centinaia di piccoli eventi "minori" silenziosi (per questo a mio avviso ancora più inaccettabili), innestano il ciclo virtuoso di analisi che consente di capire i difetti degli impianti per renderli "un po' più sicuri".
Però, quando poi si scopre che un'ondata d'acqua, per quanto gigantesca ma comunque prevista in quella zona, mette in ginocchio 4 reattori, allora il parere anche dei tecnici dovrebbe cambiare. Cosa sarà stato questa volta? I muri hanno dimostrato di reggere perché l'ondata era prevista, quindi cosa scopriremo? Che si sono staccati i serbatoi del gasolio dei generatori, galleggiando sull'acqua? O che le prese d'aria non sono state previste ad un'altezza tale da garantirne il funzionamento con i motori sommersi? Non mi stupirebbe che particolari tanto semplici possano aver causato un effetto domino di tale dimensione, i generatori erano molti e che tutti siano saltati lascia presupporre ad un problema di progettazione comune legato all'inondazione o ad un punto critico non previsto nell'analisi di rischio. Diversamente da così sarebbe ancora più preoccupante, perché la stupidità di un particolare purtroppo esiste al di là dei calcoli generali più esatti, mentre un evento dovuto ad un problema "di fondo" sarebbe davvero inaccettabile e criminale. E nel caso di Fukushima, il progetto ha affidato la vita della centrale ad un sistema non a sicurezza intrinseca, direi quindi che si è trattato di un problema "di fondo": il flusso d'acqua legato ai generatori (sicurezza attiva) è un errore lampante, una scelta operativa sicuramente dettata dai famosi "costi inaccettabili" di una centrale più sicura. Ricordo che un giorno proposi ad un'assicurazione di legare il premio della RCT al livello di attenzione che l'azienda poneva nella gestione degli impianti, in quel caso dei semplicissimi stoccaggi di gas, e della loro conformità ai gradi più elevati della tecnica migliore. Ricevetti un diniego, perché, mi spiegarono, le assicurazioni lavorano proprio sull'imprevedibile, basandosi su un'analisi statistica dei dati a posteriori, sull'esperienza. E i dati storici sul nucleare, al di là dei numerini "dieciallamenoqualcosa", delle promesse dei progettisti, delle parole dei politici, dicono che è l'ora di smetterla.
Votai a sfavore del nucleare nel 1987, allora non tanto perché non credevo nella capacità della tecnica in sé stessa, quanto per una basilare sfiducia di una gestione così complessa in un paese come il nostro (non credo di dover citare i motivi, sono evidenti, ed oggi siamo peggiorati). Adesso, invece, si scopre che questa tecnologia è "troppo complessa" anche per un popolo come quello giapponese, esempio di efficienza e dove l'amministratore delegato della Tepco va in giro per i campi profughi a scusarsi personalmente per il *casino* che hanno combinato (scusate il termine, ma è davvero appropriato).
Comunque, arrivati a questo punto non credo che ci sia più spazio per una discussione su questo argomento, chi ancora è convinto che si possa fare e gestire la fissione, vive in un passato di illusione ingegneristica sconfessata dai fatti. Per noi, antinuclearisti della prima ora, resta solo di avvisare che difenderemo duramente il nostro diritto alla vita. Il vecchio motto del "Nucleare, no grazie" da oggi diventa un esplicito "Nucleare, no e basta!". Pazienza se saremo tacciati di non essere democratici come le nubi radioattive, quando sorvolano il mondo inquinando ricchi e poveri in egual misura.
E non si venga a dire che "tanto le centrali straniere sono a pochi chilometri fuori del confine": chi vuole cambiare il mondo, cominci a cambiare sé stesso.
(Stefano De Pietro)
martedì 5 aprile 2011
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