Uno dei motivi scatenanti delle rivolte che sono divampate in Bahrain, secondo le notizie che circolano in rete, è stata la diffusione di una serie di immagini, tratte da Google Earth (http://www.businessinsider.com/bahrain-google-earth-2011-3#-1 ). Nel documento sono messe a confronto le aree di proprietà della famiglia reale e del suo entourage – minoranza sunnita – con quelle in cui abitano e possiedono terreni gli sciiti. Il problema sociale e politico più sentito è infatti la distribuzione iniqua delle terre, che costringe le fasce povere della popolazione ad accalcarsi nelle case e a vivere in aree ristrette, specialmente nel sud dell’isola. Residenze imperiali, palazzi, campi da golf, ippodromi e yacht sfilano ad accendere il malcontento della popolazione. Le immagini hanno iniziato a circolare nel 2006, in occasione delle elezioni parlamentari nello Stato del golfo Persico ma sono tornate attuali con il propagarsi delle rivolte nel mondo arabo. Friedman, editorialista del NY Times, ha raccontato questa vicenda in un articolo, poi tradotto su Repubblica (4 marzo 2011), sottolineando come, tra i vari strumenti della rete che hanno reso possibile il propagarsi delle rivolte, ci sia anche il grande occhio di Google Earth, che mette a nudo il mondo e lo offre a disposizione di chiunque. Un fattore che invece non è stato messo sufficientemente in luce è la forza dirompente e politica che la rappresentazione dello spazio possiede. Fa tornare alla mente che, senza alcun dubbio, “La geografia serve a fare la guerra”. Questo era il titolo del numero 0 della rivista Hérodote/Italia, che nel 1978 si proponeva di considerare criticamente il ruolo della geografia, nelle università, nella politica, nella guerra. Alla geografia insegnata nelle scuole, che si crede oggettiva e fatta di dati inconfutabili, se ne affiancano altre. La geografia spettacolo, ad esempio, quella delle cartoline, del turismo e delle vacanze, oppure la geografia del potere strategico, che viene controllata da chi il potere lo detiene e lo vuole conservare. Si continua a leggere, nel manifesto di intenti della rivista “In molti paesi la vendita delle carte geografiche a grande scala è stata proibita dal momento in cui le tensioni sociali hanno raggiunto un certo stadio”.
Questo è solo uno spunto per un gioco di analisi che si può proseguire. Esempi nostrani e quotidiani dell’utilizzo strategico della rappresentazione dello spazio non mancano davvero. Basta pensare a Bossi, che sfrutta le sue competenze geopolitiche affermando sui profughi del Maghreb “E’ meglio tenerli a sud, è più vicino ( http://www.newnotizie.it/2011/03/29/immigrati-bossi-meglio-tenerli-al-sud/ ), oppure al premier che – magicamente – sostituisce le immagini da frontiera di Lampedusa, carica di disperati in fuga e abbandonata all’emergenza, con cartoline da geografia-spettacolo: palme, villette, casinò. Siamo ancora sicuri che la geografia sia banale e noiosa?(Eleana Marullo)
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