martedì 8 marzo 2011

OLI 292: 8 MARZO - Elsag 1977 – 2007: la quasi invarianza della discriminazione

Mi ritrovo tra le mani un opuscolo della FLM (Federazione Lavoratori Metalmeccanici) del 28 febbraio 1977. Il titolo dice “Dati organizzativi”; all’interno, fabbrica per fabbrica, il numero degli addetti, e degli iscritti al sindacato unitario.
Nella sola zona di Sestri Ponente le persone che lavoravano nel settore metalmeccanico erano 10814. Il totale generale per Genova, da ponente a levante, era di 52351 persone, iscritte al sindacato per più del 78%, operaie per il 68%, 2088 delegati sindacali.
Un altro mondo, un mondo scomparso: per chi ha oggi meno di trenta anni i nomi delle aziende che si susseguono sul ciclostilato ingiallito sono sigle senza senso, per chi ha più anni evocano un tratto di vita non solo lontano per lo scorrere del tempo, ma separato per una frattura netta, una cesura, che lo fa apparire un mondo a parte, in cui non siamo proprio noi ad aver vissuto, ma qualcuno che ci assomigliava, un nostro antenato.
Sulle due lontane sponde di questo abisso di tempo e di trasformazioni trovo – quasi invariata - la sigla di una azienda: Elsag in allora, Elsag–Datamat oggi.
E caso vuole che riesca ad avere sotto mano due indagini, una del 1977 ed una del 2008, due documenti che tracciano almeno un filo di continuità che attraversa questi trenta anni: il desiderio delle donne di capire come stanno le cose e di cambiarle, e la discriminazione che le colpisce.
Nel 1977 fu il “Coordinamento donne” della fabbrica a fare una ricerca, utilizzando un “questionario professionale e sociale”: venivano analizzate le discriminazioni nelle assunzioni, nell’inquadramento professionale, e l’incidenza degli aspetti personali e privati: accesso alla istruzione, lavoro domestico, complicità e paure.
Nel 2008 le delegate sindacali hanno utilizzato una legge che è stata forse il frutto più tardivo delle lotte delle donne degli anni ‘70: la 125 del 1991, legge sulle “Pari Opportunità”, che impone alle aziende di stendere rapporti biennali sulla situazione occupazionale, professionale e retributiva delle donne (*).
Dalle due indagini risulta evidente che la barriera che sottrae lavoro alle donne è sempre in piedi: trenta anni fa erano il 16% degli occupati, ora il 25%, un incremento irrisorio se si tiene conto delle radicali trasformazioni culturali e sociali che hanno attraversato questo periodo. E non si tratta di un retaggio del passato: ancora nel 2007 le donne sono state solo il 21% degli assunti.
All’interno di questi numeri ridicolmente minoritari, la distribuzione professionale è un po’ meno squilibrata, ma resta il fatto che il 95% dei dirigenti, l’80% dei quadri, il 75% dei due livelli impiegatizi più elevati è maschile e che, a parità di livello, le donne guadagnano il 20 % in meno dei colleghi.
Le delegate hanno svolto anche un sondaggio on line (**) sulla conciliazione dei tempi di vita e lavoro: esigenze, problemi, proposte. Il taglio non è più quello femminista del 1976, ma le cose emergono con chiarezza; tra queste la scarsa o insufficiente attenzione della azienda sul punto. Una grave arretratezza per un “centro di eccellenza” (***) votato all’innovazione.
* http://lofficina.altervista.org/elsagdoc/temi/20080909_analisi_po.pdf
** http://lofficina.altervista.org/index.php?option=com_content&task=view&id=254
*** http://www.elsagdatamat.com

(Paola Pierantoni)

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