Quali siano queste spine viene detto dalle parole che fanno da sfondo, in trasparenza, al testo dell’opuscolo “contratto di quartiere 2 – Il ghetto di Genova”, e sono: marginalità, disagio sociale, illegalità, buio, povertà, conflitti culturali, droga, prostituzione. Solo che insieme alle spine c’è la rosa, e cioè una vitalità che percorre continuamente le strade. Non ci sono saracinesche chiuse, le attività commerciali tenute nei dintorni da italiani e immigrati se la cavano bene, c’è sempre gente per strada almeno fino alle 11, negozi aperti fino a tarda sera, domenica inclusa; il venerdì si popola di mussulmani festiti a festa per andare al centro di preghiera senza alcuna tensione col resto degli abitanti; un circolo Arci in una traversa di Via del Campo raduna alla sera decine di ragazzi per attività di musica, danza, teatro, canto, gioco; impiegati che lavorano nei pressi popolano i bar per il caffè di metà mattina o per lo spuntino del mezzogiorno. Una “realtà variegata” dice l’opuscolo. E’ vero: qui vivono a contatto molto stretto persone molto diverse. E siccome, alla prova dei fatti, anche se ci sono problemi non avvengono catastrofi, e uscire di casa è cosa allegra perché ti immerge in suoni e colori, questo contatto è profondamente terapeutico. Paradossalmente credo che sia difficilissimo diventare leghisti in un posto come questo.
Certamente si tratta del filo di un rasoio. Senza interventi urbanistici, culturali e sociali, che leghino tutta la comunità ad un progetto, si fa presto a precipitare nel lato oscuro.
Qui c’è stata davvero lungimiranza da parte degli amministratori pubblici, Regione e Comune, quando nel 2006, hanno avviato il progetto “Restauronet”, e realizzato un “contratto di quartiere” che riesce a dare risposta alle differenti esigenze di un quartere molto complicato.
Il 24 febbraio è stata inaugurata una delle strutture previste, la “Casa di quartiere”, collocata in Vico della Croce Bianca, un tempo additato come luogo “impercorribile”. Ospiterà attività culturali, educative, di festa, ma anche riunioni di condominio, assemblee di quartiere, inizative interetniche. Il nome della casa è GhettUP, richiamo al ghetto, e ad alzarsi per i propri diritti
L’inaugurazione è stata una festa, una vera festa.
I volti di chi c’era raccontano questo quartiere: andate alla galleria di immagini.
(Paola Pierantoni)
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