Sono passati appena tre mesi dal suicidio del giovane Bouazizi, che ha innescato il domino che ha sconvolto il Nordafrica e fatto cadere un dittatore dopo l’altro. Eppure le sorti della Tunisia sono quasi completamente scomparse dalle pagine di cronaca.
Un’eccezione che offre la possibilità di approfondire quello che è accaduto – e sta ancora accadendo – molto vicino a noi è l’istant book 70 Km dall’Italia. Tunisia 2011 – La rivolta dei gelsomini (Mehdi Tekaya e Global Voices online, ed. Quintadicopertina, http://www.quintadicopertina.com/?option=com_content&view=article&catid=54:70-chilometridallitalia&id=114:70-chilometri-dallitalia).
La pubblicazione offre due punti di partenza per l’analisi dell’accaduto: in primo luogo espone le premesse storiche che hanno portato alla rivolta un paese considerato all’avanguardia per istruzione, diritti delle donne, sistema sanitario e con ottimi rapporti con l’unione europea. In seconda battuta, si interroga sul ruolo giocato dall’accesso ai social network (Twitter, Facebook, Youtube e blog) nella diffusione e nell’esito della rivolta.
La prima considerazione è immediata: le persone che hanno spinto e sostenuto la rivolta sono proprio quelle cresciute sotto la dittatura di Ben Alì, spesso con un’istruzione avanzata e penalizzate dalla situazione economica del paese, dove il tasso di disoccupazione dei laureati arriva al 30% contro una media nazionale del 14%.
L’analisi storica di Mehdi Tekaya, storico contemporaneo e 'media-hacktivist' di origine tunisina, prende inizio dalla figura di H. Bourguiba. Presidente della Repubblica e leader del Paese per oltre trent’anni, unisce una ventata innovatrice (specialmente nell’emancipazione femminile e nell’affermare la laicità dello stato) ad uno smodato culto della personalità, che finisce per degenerare in dittatura. Dal 1963 la Repubblica tunisina diviene un regime a partito unico e Bourguiba viene nominato presidente a vita. La situazione sembra cambiare con l’ascesa di Ben Alì, che il 7 novembre 1987 destituisce l’ormai anziano presidente e se ne proclama successore, intraprendendo una serie di azioni per una riforma apparentemente democratica dello stato. Ma, continua Tekaya, il curriculum del nuovo leader doveva indurre dal principio qualche preoccupazione: formatosi prima alla scuola militare di Saint Cyr, in Francia e poi alla Senior Intelligence School di Fort Holabird, nel Maryland, viene chiamato più volte ad intervenire in patria, per tenere sotto controllo i movimenti islamici e, nel 1984, per guidare la soppressione della rivolta del pane.
Dopo tre anni di “primavera democratica”, avviene la svolta autoritaria.
Negli ultimi dieci anni le uniche voci che si sono opposte al regime sono state quelle diffuse sul web, che ha veicolato le istanze dei cyber-attivisti e dei critici del regime, nonostante la legislazione repressiva e le gravi conseguenze (arresti, pressioni e difficoltà amministrative, difficoltà a trovare lavoro) a cui essi si esponevano.
La seconda parte del libro parte appunto dalla ricchezza e dal peso che hanno avuto i social media nel contesto tunisino per tracciare un percorso attraverso gli articoli curati dalla redazione italiana di Global Voices Online(*) e da Voci Globali. E’ dato largo spazio alla voce diretta dei netizen, di cui si riporta il testo originale e la traduzione, ma anche i video e le fotografie che hanno fatto il giro della rete.
Il progetto editoriale di 70 Km dall’Italia. Tunisia 2011 – La rivolta dei gelsomini è a cura di Maria Cecilia Averame, con la collaborazione di Bernardo Parrella (GVO).
(*) Global Voices è “una rete internazionale di blogger che informano, traducono e sostengono i citizen media e i blog di ogni parte del mondo”( http://it.globalvoicesonline.org/).
(Eleana Marullo)
martedì 15 marzo 2011
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