VERSANTE LIGURE - SE NON ORA, QUANDO? 2 (LA BURLETTA) (Enzo Costa e Aglaja)
8 MARZO - Costanza e le compagne (Giovanna Profumo)
LAVORO E LIBERTA' - Uomini dal pensiero scisso (Paola Pierantoni)
MIGRANTI - Quanto (ci) costa il reato di clandestinità (Eleana Marullo)
MIGRANTI - Nato in Italia, genitori stranieri, 18 anni? Attenzione ... (Saleh Zaghloul)
REGIONE - Casa dolce casa (Bianca Vergati)
SOCIETA' - Quando l'opposizione telefonica è azzoppata (Stefano De Pietro)
PAROLE DEGLI OCCHI - Non toccate il cantiere di Riva (a cura di Giorgio Bergami)
martedì 22 febbraio 2011
OLI 290: VERSANTE LIGURE - SE NON ORA, QUANDO? 2 (LA BURLETTA)
Si sono sollevati
per un morale sprone
ciò che li ha risvegliati
è fiera indignazione
non son più rassegnati
a questa situazione
ma tosti e motivati
nell’etica passione:
tifosi blucerchiati
contestano Garrone.
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
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VERSANTE LIGURE
OLI 290: 8 MARZO - Costanza e le compagne
De Ferrari in rosa contro i femminicidi in Messico. Foto P.P. |
Sentita al telefono dice che studia di notte e nei week-end, quando non lavora. Sabato ha saltato il pranzo per non interrompere la concentrazione. Aspetta i risultati dei cinque scritti del concorso fatto per il Senato. L’accento morbido del sud adesso vira allo stanco. Ma non si arrende. Meta un lavoro vero a tempo indeterminato, con continuità di salario e contributi.
Di Matilde la madre mi dice che ha perso il posto nella cooperativa dove ha lavorato per cinque anni. La società ha chiuso baracca. Burattino, forse lei. Matilde, laureata in psicologia, ha una bimba all’asilo e un bimbo alla scuole elementari. Unico salario quello del marito, impiegato in un ente pubblico. Da leccarsi le dita.
Ilaria, laureata anche lei, un lavoro a tempo interminato adesso lo ha. Lavora in un ristorante sessanta ore a settimana per milleduecento euro al mese. E’ giovane. E’ rimasta un po’ indispettita da una domanda del suo capo che le ha chiesto, sornione, se si sentisse più vacca o più porca. Ultimamente orari di lavoro e stanchezza hanno avuto la meglio. Non ce l’ha fatta a partecipare alla manifestazione del 13.
Carmen, laurea e dottorato di ricerca, ha lavorato tutto il mese di dicembre in un negozio, promuove prodotti locali in molti eventi, quando la chiamano. Il 13 è tornata da un viaggio di lavoro, non ha potuto partecipare alla manifestazione.
Marie ha un contratto di lettrice in un’università toscana. Sono stati ridotti salari e ore a tutti i lettori della facoltà. Quando non insegna, traduce cataloghi e libri. Ha lavorato a Natale e Capodanno. La pagano con molto ritardo e candidamente afferma: “Il lavoro c’è. Sono i soldi che non ci sono più”. Il 13 traduceva.
Del calo di attenzione rispetto al tema lavoro parla il documento dell’associazione Lavoro e Libertà, primi firmatari Cofferati e Bertinotti, che si dicono indignati dalla “continua riduzione del lavoro, in tutte le sue forme, a una condizione che ne nega la possibilità di espressione e di realizzazione di sé”. Chiedono come sia “possibile che di fronte alla distruzione sistematica di un secolo di conquiste di civiltà sui temi del lavoro non vi sia una risposta all'altezza della sfida”.
La parabola delle donne attraversa il lavoro. Di fabbrica, ufficio, professionale o artigianale, oggi sempre più precario. Al quale si somma quello di cura in famiglia. Una sconfitta che si consuma in silenzio nelle nostre case, nei giardinetti con i figli, nell’accudire genitori anziani. Una sconfitta che disegna il profilo di una donna che non rivendica più nulla. Troppo affannata per essere in piazza. Aggiornata dall’sms dell’amica, della madre, della figlia. Che le raccontano la meraviglia di una piazza piena il 13 febbraio.
Il prossimo appuntamento è per l’otto marzo, 8ma occasione per parlare con forza di donne e lavoro. La libertà, per troppe, ha da venire.
Sito di Se non ora quando
(*) Oli 273
(Giovanna Profumo)
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OLI 290: LAVORO E LIBERTA' - Uomini dal pensiero scisso
Il 10 febbraio alle 17 il Teatro della Corte era affollatissimo per la presentazione, a Genova, della neonata associazione “Lavoro e Libertà” (*).
Il titolo dato all’evento, “Lavoro e/o vita”, era tale da sollevare forti aspettative in un animo femminile. Certo, sullo sfondo c’erano la vicenda della Fiom e la tragedia della Thyssen, perno del lavoro teatrale “La menzogna” di Pippo del Bono, programmato a completamento dell’evento: ma l’antitesi tra vita e lavoro non è rappresentata solo dalla radicalità della morte sul lavoro.
Nel coniugare i termini “lavoro” e “vita” il pensiero femminile corre infatti immediatamente al conflitto tra lavoro retribuito e lavoro di cura: un tempo si diceva tra produrre e riprodurre, dove riprodurre non si riferiva solo alla maternità, ma alla riproduzione sociale, alla cura del mondo. Erano temi centrali nelle lotte di qualche decina d’anni fa, e oggi sono il nucleo duro e irrisolto nelle vite di giovani donne che appena messa fuori la testa dal mondo degli studi si ritrovano investite da una disparità che non avevano supposto.
Invece questa questione, che fonda tutt’oggi organizzazione sociale, economia, organizzazione del lavoro, e rapporti nella famiglia non ha trovato alcuno spazio negli interventi.
C’era di che andarsene più che deluse: tutto quel che ha saputo offrire l’autorevole palco totalmente maschile (Cofferati, Bertinotti, Landini, Del Bono, Gad Lerner) è stato – a tratti – l’uso di un linguaggio politicamente corretto (lavoratori e lavoratrici … ecc.).
C’è da interrogarsi seriamente su questa scissione del pensiero, per cui un elemento di analisi della realtà centrale per qualsiasi donna che ci abbia pensato un po’ su, non riesce a farsi strada nelle parole di uomini che hanno praticato per tutta la vita il sindacato e la politica, e che non possono ignorare i molti pensieri prodotti su questo nodo di fondo da donne sindacaliste, politiche e pensatrici.
Di lì a tre giorni il richiamo delle donne avrebbe portato in piazza un milione di persone, trentamila o più a Genova. Cofferati, dicono le pochissime che nella gran folla hanno potuto accorgersene, sale (impropriamente) sul palco. Davvero, non è quello che serve.
(*) http://www.lavoroeliberta.it/
(Paola Pierantoni)
Il titolo dato all’evento, “Lavoro e/o vita”, era tale da sollevare forti aspettative in un animo femminile. Certo, sullo sfondo c’erano la vicenda della Fiom e la tragedia della Thyssen, perno del lavoro teatrale “La menzogna” di Pippo del Bono, programmato a completamento dell’evento: ma l’antitesi tra vita e lavoro non è rappresentata solo dalla radicalità della morte sul lavoro.
Nel coniugare i termini “lavoro” e “vita” il pensiero femminile corre infatti immediatamente al conflitto tra lavoro retribuito e lavoro di cura: un tempo si diceva tra produrre e riprodurre, dove riprodurre non si riferiva solo alla maternità, ma alla riproduzione sociale, alla cura del mondo. Erano temi centrali nelle lotte di qualche decina d’anni fa, e oggi sono il nucleo duro e irrisolto nelle vite di giovani donne che appena messa fuori la testa dal mondo degli studi si ritrovano investite da una disparità che non avevano supposto.
Invece questa questione, che fonda tutt’oggi organizzazione sociale, economia, organizzazione del lavoro, e rapporti nella famiglia non ha trovato alcuno spazio negli interventi.
C’era di che andarsene più che deluse: tutto quel che ha saputo offrire l’autorevole palco totalmente maschile (Cofferati, Bertinotti, Landini, Del Bono, Gad Lerner) è stato – a tratti – l’uso di un linguaggio politicamente corretto (lavoratori e lavoratrici … ecc.).
C’è da interrogarsi seriamente su questa scissione del pensiero, per cui un elemento di analisi della realtà centrale per qualsiasi donna che ci abbia pensato un po’ su, non riesce a farsi strada nelle parole di uomini che hanno praticato per tutta la vita il sindacato e la politica, e che non possono ignorare i molti pensieri prodotti su questo nodo di fondo da donne sindacaliste, politiche e pensatrici.
Di lì a tre giorni il richiamo delle donne avrebbe portato in piazza un milione di persone, trentamila o più a Genova. Cofferati, dicono le pochissime che nella gran folla hanno potuto accorgersene, sale (impropriamente) sul palco. Davvero, non è quello che serve.
(*) http://www.lavoroeliberta.it/
(Paola Pierantoni)
OLI 290: MIGRANTI - Quanto (ci) costa il reato di clandestinità
Gli sbarchi di giovani in fuga dal Nord Africa in fiamme si susseguono giorno dopo giorno, sulle isole italiane che punteggiano il tratto di mare tra Maghreb e Italia.
Una testata locale, News dall’Isola di Pantelleria, in data 15 febbraio racconta un caso tra i tanti che si verificano quotidianamente. Come noto il reato di clandestinità prevede che chi sia entrato illegalmente in Italia sia immediatamente processato presso il giudice di competenza per il territorio in cui è avvenuto lo sbarco. Il 25 gennaio su un barcone proveniente dalla Tunisia sono arrivati a Pantelleria 6 giovani, tra cui un minorenne. Quattro tra questi sono stati immediatamente trasportati al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) Corelli di Milano. Qualche giorno dopo sono stati accompagnati da cinque agenti su un volo li che li ha ricondotti a Pantelleria, per affrontare il processo per il reato di clandestinità. Nel pomeriggio sono stati ricondotti a Milano, accompagnati dalla scorta, dopo essere stati condannati al pagamento di cinquemila euro e delle spese processuali, come previsto dal decreto Maroni. Condanna severa e pesante dal punto di vista economico ma che, probabilmente, non sarà mai pagata.
E’ prevedibile che la trafila (trasferimento aereo verso un Cie, ritrasferimento all’isola di arrivo e ritorno al Cie – con l’accompagnamento di un numero congruo di forze dell’ordine) si debba ripetere per tutti coloro che sono arrivati in Italia nelle ultime settimane (200 a Pantelleria, 5mila a Lampedusa). Con una spesa enorme per lo Stato, in termini di denaro e di risorse umane e, soprattutto, senza alcun ritorno di utilità sociale. La legge, che fu di grande impatto demagogico al momento della sua introduzione, diede lustro al pugno di ferro del ministro dell’Interno. Ma, all’atto pratico della sua applicazione, si rivela – come previsto – costosissima, inadeguata e vagamente surreale. Come affrontare uno tsunami con un cucchiaino. D’argento.
(Eleana Marullo)
Una testata locale, News dall’Isola di Pantelleria, in data 15 febbraio racconta un caso tra i tanti che si verificano quotidianamente. Come noto il reato di clandestinità prevede che chi sia entrato illegalmente in Italia sia immediatamente processato presso il giudice di competenza per il territorio in cui è avvenuto lo sbarco. Il 25 gennaio su un barcone proveniente dalla Tunisia sono arrivati a Pantelleria 6 giovani, tra cui un minorenne. Quattro tra questi sono stati immediatamente trasportati al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) Corelli di Milano. Qualche giorno dopo sono stati accompagnati da cinque agenti su un volo li che li ha ricondotti a Pantelleria, per affrontare il processo per il reato di clandestinità. Nel pomeriggio sono stati ricondotti a Milano, accompagnati dalla scorta, dopo essere stati condannati al pagamento di cinquemila euro e delle spese processuali, come previsto dal decreto Maroni. Condanna severa e pesante dal punto di vista economico ma che, probabilmente, non sarà mai pagata.
E’ prevedibile che la trafila (trasferimento aereo verso un Cie, ritrasferimento all’isola di arrivo e ritorno al Cie – con l’accompagnamento di un numero congruo di forze dell’ordine) si debba ripetere per tutti coloro che sono arrivati in Italia nelle ultime settimane (200 a Pantelleria, 5mila a Lampedusa). Con una spesa enorme per lo Stato, in termini di denaro e di risorse umane e, soprattutto, senza alcun ritorno di utilità sociale. La legge, che fu di grande impatto demagogico al momento della sua introduzione, diede lustro al pugno di ferro del ministro dell’Interno. Ma, all’atto pratico della sua applicazione, si rivela – come previsto – costosissima, inadeguata e vagamente surreale. Come affrontare uno tsunami con un cucchiaino. D’argento.
(Eleana Marullo)
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Oli 290: MIGRANTI - Nato in Italia, genitori stranieri, 18 anni? Attenzione ...
Foto Paola Pierantoni |
La cosa scioccante è che fino al 1983 si seguiva il diritto di sangue maschile, ovvero solo i figli dei maschi italiani avevano il diritto alla cittadinanza per nascita. Soltanto con la riforma del 1983, i figli delle donne italiane nati da matrimoni con cittadini stranieri hanno avuto il diritto alla cittadinanza per nascita e non dovevano più fare le code davanti alle questure per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno. Nazionalismo, autoritarismo, razzismo e maschilismo convivono felicemente e si alimentano a vicenda. Ancora più scioccante è che fino al 1975 le donne italiane che si sposavano con cittadini stranieri perdevano la cittadinanza italiana. Ci è voluta una sentenza della Corte Costituzionale (87/75) per dichiarare illegittima la norma, risalente alla legge del 1912, che prevedeva la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna.
Dunque, oggi, i figli degli immigrati nati in Italia non hanno diritto alla cittadinanza per nascita come accade in tutti i paesi europei e in tutte le moderne democrazie del mondo. Soltanto al compimento della maggiore età, la legge in vigore prevede per loro un percorso facilitato per ottenere la cittadinanza a patto che presentino domanda entro un anno. Una finestra aperta per soli 12 mesi, compiuti i 19 anni senza aver fatto domanda, questo opportunità sfuma e si rientra nel calvario burocratico al quale sono costretti i richiedenti la cittadinanza, un odissea interminabile piena di ostacoli e varie stregonerie.
Per questo l'assessore al welfare della regione Toscana, e contemporaneamente anche il sindaco di Reggio Emilia, hanno avviato una campagna informativa: i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, che abitano in Toscana e Reggio Emilia, e che stanno per compiere 18 anni, riceveranno una lettera che ricorderà loro la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana attraverso un percorso semplice e veloce. Col pensiero che va a chi arriva in Italia da bambino per cui i dodici mesi non esistono ed attendendo tempi e leggi migliori per questo nostro disgraziato/meraviglioso paese, proponiamo questa ottima iniziativa all’assessore regionale all’immigrazione Enrico Vesco ed alla nostra sindaco Marta Vincenzi.
(Saleh Zaghloul)
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OLI 290: REGIONE - Casa dolce casa
Valletta di Rio Penego, uliveti che spariranno. Foto Stefano Stefanacci. |
Tanti insoddisfatti, pigolamenti a raffica da tutte le categorie del settore e "Ira dell'assessore per i mesi di lavoro buttati al vento", come titolava giorni fa il maggiore quotidiano cittadino.
Commenti positivi da sinistra. Resta da capire come “una coalizione della legalità” possa permettere ampliamenti sugli abusi, per minimali che siano, tipo "modello Puglia". E allora?
Di sicuro il cittadino rispettoso delle regole si attrezzerà per il futuro.
Forse i cittadini avrebbero gradito sentire dagli operatori una proposta di piccola edilizia diffusa, di interventi per ripristinare davvero un territorio disastrato: opere subito cantierabili e non soltanto box o nuove case.
Argomento serio, che il vincolo di quota social housing non appaga. Con le grottesche storie di Affittopoli nazionali e i lasciti per i poveri, che lasciano l'amaro in bocca e repulsione per caste varie, dai vip ai politici, ai raccomandati d'ogni tipo, quando c'è gente che non mangia pur di avere un tetto.
Forse rivoluzione sarebbe anticipare un cambio di mentalità e di metodo per dare ossigeno ad un settore in difficoltà, per sperare che la politica si occupi di lavoro, di futuro, dei luoghi che abitiamo o della casa che non c'è, specialmente per chi è solo e per giovani coppie.
Intanto in città la Linea Verde di Urban Lab ha il singhiozzo per far spazio a nuove palazzine di cooperative “bianche e rosse” al posto di un bosco, con la scusa di una nuova e costosa strada come in via Shelley. Imperversa pure il Piano-manutenzioni e per dimostrare efficienza e amore al Progetto Genova il rimedio trovato è un valzer di assessori, pescando in rive opposte, come se proclamando autonomia, tutto il resto non contasse, con rispetto dell'esperienza del prescelto e senza il rispetto di chi ha votato una parte e non l'altra. Tanti esperti nel fare il salto della quaglia, con il rodimento comune delle elezioni amministrative che incalzano.
E' partita anche la crociata degli albergatori, stufi d'essere vincolati, che reclamano il diritto a trasformare gli hotel in case: ma è appena finito Sanremo, non ci si lamentava di così poche strutture ricettive per questo povero turismo bistrattato e che potrebbe dare tanto? Tranquilli, si sta studiando una legge ad hoc, come per le aree produttive, l'unico tema, che forse davvero interessava ai cittadini, gli ampliamenti industriali., che vincolati in modo serio, avrebbero costituito magari uno sviluppo importante. Cassati. Probabilmente con il Piano Casa poco pertinenti, ma Regione e Comuni non sono sempre a proclamare d' essere all'eterna ricerca di spazi per le aziende?
Forse il lavoro non c'è più, inutile rincorrere gli spazi.
L'impressione purtroppo è che in Liguria bastino colf, badanti, e baristi e voi ragazze e ragazzi adeguatevi: questa pare l'idea di lavoro che passa il convento.
(Bianca Vergati)
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OLI 290: SOCIETA' - Quando l'opposizione telefonica è azzoppata
La Homepage del sito |
Gli operatori che intendono avvalersi della telefonia (fissa) per fare marketing, dal 1° di febbraio 2011 devono prima far filtrare le proprie liste al Registro delle opposizioni, con cadenza quindicinale. L'operazione ha un costo, che varia da pochi euro fino a centinaia di migliaia, a seconda del numero di contatti da controllare: il listino ne prevede fino a 25 milioni, mezza Italia.
Al registro, lato abbonato, possono iscriversi solamente gli aventi diritto, che poi sono le persone e le aziende che sono presenti in elenchi telefonici pubblici. Esclusi quindi i cellulari (sic) e chi fino ad ora ha cercato di difendersi dal martellamento mediatico richiedendo un numero riservato, che non ha diritto di registrazione: il legislatore ritiene che per questa tutela basti la legge sulla privacy, la quale in teoria dovrebbe impedire di chiamare gli utenti non in elenco. Si tratta quest'ultima di una limitazione non da poco, vista l'amara realtà della situazione reale. Inoltre il decreto non copre l'opposizione per chi avesse dato il consenso su un modulo o un contratto, con una ics apposta senza pensare. Completamente introvabile l'articolo sulle multe per chi violasse il sistema.
Porto l'esempio di un abbonato che ha ricevuto il numero di telefono che precedentemente era assegnato ad un'azienda. Per un errore sugli elenchi, il malcapitato riceve chiamate destinate all'azienda, e a nulla serve cercare di far desistere gli operatori. Avendo richiesto un numero riservato, non può accedere al Registro, quindi di fatto l'unica soluzione resta la vecchia classica segreteria telefonica casalinga, per filtrare le chiamate.
Non si capisce poi "che c'azzecchi" la riservatezza del numero con il disturbo marketing: infatti per potersi difendere da una parte si deve rinunciare dall'altra ad essere introvabile su un elenco, cosa sicuramente molto utile in questo mondo di matti. Poi la cadenza quindicinale permette in realtà di "fare i furbi" in mezzo ai due periodi, annullando di fatto l'effetto del decreto. Sarà che il Registro sia stato fatto per funzionare proprio così, ossia male?
Il call center del Registro, interpellato col form del sito, risponde la prima volta con una email istituzionale (con gli articoli di legge e la descrizione di una situazione bucolica dove non esistono gli errori e i furbi), e una seconda per telefono, dove una gentilissima operatrice mi suggerisce di "scrivere" alle aziende, di "pregare" il call center di cancellarmi, di "sperare" e, insomma, alla fine, si arrende e mi spiega che la normativa è spuntata, che il Registro non è stato fatto come era logico fosse, ma ha seguito logiche legate alle necessità degli operatori telefonici. "E i riservati? Perché escluderli?", affermo, "Guardi, hanno fatto tutto nei palazzi della politica e ci siamo ritrovati un decreto che serve a poco". La soluzione tecnologica, ultimo modello, come detto, è una segreteria telefonica, con il messaggio di farsi riconoscere per gli amici e un invito a cancellare il numero negli altri casi.
Una soluzione razionale sarebbe quella di usare la stessa tecnica delle chiamate internazionali con il numero verde. Si chiama un numero senza addebito, aggiungendo in coda il numero di telefono del paese straniero, in questo modo si usa la rete fissa per fare chiamate internazionali a basso costo e con compagnie telefoniche diverse da quelle che gestiscono la tesserina prepagata. Un sistema simile avrebbe funzionato molto bene anche per le Opposizioni. Il Registro, diventato una centrale telefonica di smistamento, avrebbe verificato dal numero di telefono la possibilità della chiamata, respingendola se necessario. Gli operatori avrebbero pagato "per chiamata", senza bisogno di anticipare somme per far depurare le loro liste, e soprattutto con effetto immediato per l'abbonato che si registra. Sogno un software che consenta all'abbonato di filtrare diversamente a seconda della merceologia, perché adesso, ovviamente, il sistema è on/off (o chiama chiunque o non chiama nessuno).
"Ma noi, qui in Italia, facciamo cosà", direbbe un moderno Pericle romano.
"Ma noi, qui in Italia, facciamo cosà", direbbe un moderno Pericle romano.
Per concludere in bellezza, l'email fornita da Telecom sul sito del Registro per comunicare con loro al riguardo è riservata ai loro clienti registrati: dare per avere ...
(Stefano De Pietro)
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martedì 15 febbraio 2011
OLI 289 - SOMMARIO
VERSANTE LIGURE - SE NON ORA, QUANDO? (Enzo Costa e Aglaja)
DAL MONDO - Le ragioni della rabbia di Manama (Eleana Marullo)
DAL MONDO - I flussi migratori ai tempi della caduta dei tiranni (Saleh Zaghloul)
STEFANO CUCCHI - Se la destinazione fosse stata Bollate (Maria Alisia Poggio)
ARTE - Disegnare l’acqua per i bambini (Giovanna Profumo)
CITTA' - Bucato story (Paola Pierantoni)
POLITICA - Schopenhauer, Gelmini e le radical chic (Luigi Lunari. Foto di Marvi Rachero, Ivo Ruello, Vinicio Vassallo)
PAROLE DEGLI OCCHI – Genova faziosa e radical chic (a cura di Giorgio Bergami e Giorgio Badi)
LETTERE - L'operazione Ist vista dall'interno (Simonetta Astigiano)
LETTERE - Donne in piazza (Bianca Vergati)
DAL MONDO - Le ragioni della rabbia di Manama (Eleana Marullo)
DAL MONDO - I flussi migratori ai tempi della caduta dei tiranni (Saleh Zaghloul)
STEFANO CUCCHI - Se la destinazione fosse stata Bollate (Maria Alisia Poggio)
ARTE - Disegnare l’acqua per i bambini (Giovanna Profumo)
CITTA' - Bucato story (Paola Pierantoni)
POLITICA - Schopenhauer, Gelmini e le radical chic (Luigi Lunari. Foto di Marvi Rachero, Ivo Ruello, Vinicio Vassallo)
PAROLE DEGLI OCCHI – Genova faziosa e radical chic (a cura di Giorgio Bergami e Giorgio Badi)
LETTERE - L'operazione Ist vista dall'interno (Simonetta Astigiano)
LETTERE - Donne in piazza (Bianca Vergati)
OLI 289: VERSANTE LIGURE - SE NON ORA, QUANDO?
Vieppiù si vilipende
con virulenza rara
la dignità sua offende
nell’autoflop fa gara:
da sé chi lo difende?
Noi, in piazza, per Ferrara!
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
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OLI 289: DAL MONDO - Le ragioni della rabbia di Manama
Foto di Eleana Marullo |
Le strade a decine di corsie si snodano, con il loro carico di suv mastodontici in coda; non un pedone né un attraversamento in vista – ad andare a piedi, soltanto i turisti europei e le manovalanze straniere. D’altronde, lo spazio piano rende facile la circolazione, il prezzo della benzina è irrisorio e camminare a piedi nei mesi caldi è una tortura insopportabile.
Foto di Eleana Marullo |
In un altro mondo, che non si intreccia per nulla con l’universo invisibile e sfruttato della manovalanza straniera, vive la popolazione bahreinita, quella che ha dato vita alle proteste contro la monarchia che il 14 febbraio hanno infiammato la capitale ed i villaggi, causando due vittime. Se la condizione economica dei locali non è drammatica come nel Maghreb, i motivi dello scontento sono altri: la famiglia reale, sunnita, governa un paese a maggioranza sciita che lamenta, da lungo tempo, di essere vittima di discriminazioni. Inoltre, se il parlamento è eletto, l’esecutivo del governo è nominato dalla famiglia reale: il primo ministro è in carica da una trentina d’anni ed è il bersaglio privilegiato del malcontento popolare.
Il governo pochi giorni prima dell’annunciata manifestazione aveva promesso un’elargizione di mille BD (circa duemila euro) per ogni famiglia bahrainita, cercando di conquistare consenso e di porre un argine alle proteste. Evidentemente la mossa non è stata sufficiente e gli scontri che – al momento in cui si scrive – sono ancora in atto, stanno innervosendo la vicina Arabia Saudita, principale esportatore di petrolio nel mondo. Il paese è unito al Bahrain da un ponte di una ventina di chilometri, il King Fahd Causeway, tanto che parecchi lavoratori (tra cui una cospicua comunità di italiani) fanno i pendolari attraversando il confine. Per questa vicinanza l’Arabia Saudita teme ed ha deciso l’invio di truppe militari nel paese vicino. La calma apparente dei floridi paesi del Golfo Persico è forse più fragile di quanto previsto.
(Eleana Marullo)
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Oli 289
OLI 289: DAL MONDO - I flussi migratori ai tempi della caduta dei tiranni
“Lampedusa al collasso”, “Sbarchi, scontro Ue-Italia. Maroni: arriveranno in 80 mila” sono i titoli di prima pagina de La Stampa e Repubblica di oggi. Gli sbarchi di oggi sono chiaramente legati alla caduta del regime di Ben Ali ed alla nuova situazione in Tunisia. Ma provando a ragionare con uno sguardo al domani posso dire con certezza che la caduta dei regimi dittatoriali in Tunisia ed in Egitto porterà presto a diminuire i flussi migratori verso l’Italia e l’Europa dei cittadini di questi due paesi.
I giovani che si sono ribellati e hanno fatto cadere Mubarak e Ben Ali parlano di una situazione di brutale repressione, annullamento della libertà e forte umiliazione della dignità delle persone. Parlano di un sistema economico dove è dilagante la corruzione e dove le risorse del paese sono rubate dalle famiglie dei dittatori e dagli esponenti dei due regimi. Un sistema che rendeva sempre più povera la grande maggioranza dei cittadini. Due fattori che spingevano fortemente i giovani tunisini ed egiziani ad emigrare e fuggire dalla repressione e dalla povertà. D’altra parte, dopo la caduta di Mubarak, ho seguito su Al Jazeera i festeggiamenti che le comunità egiziane immigrate hanno svolto in tutto il mondo ed ho sentito molte persone piene di speranza che pensano ed invitano al ritorno nel loro paese d’origine ora che c’è la libertà e la necessità di ricostruire il paese.
Per una politica seria dei flussi migratori è meglio, per l’Italia e l’Europa, appoggiare i processi di cambiamento in questi paesi aiutando l’instaurazione della democrazia e la diffusione delle libertà, condizioni necessarie per lo sviluppo economico. Appoggiare le dittature, oltre ad essere eticamente inaccettabile per chi si proclama paese democratico e civile, porta ad aumentare i flussi migratori verso l’Europa.
I democratici negli Stati Uniti ed il loro presidente Obama hanno cambiato radicalmente la politica del loro paese: contro la guerra (di Bush in Iraq), un nuovo atteggiamento rispettoso dell’Islam e dei musulmani e la fine dell’appoggio ai dittatori. Questa nuova politica è stata fortemente confermata dalle posizioni dell’amministrazione Usa durante le crisi tunisina ed egiziana e dal grande discorso di Obama, dopo la caduta di Mubarak, nel quale ha elogiato la grande rivoluzione non violenta degli egiziani da lui indicata come esempio per i popoli che lottano per la libertà e la democrazia. L’Europa, da sempre molto sensibile a quanto proviene dagli Stati Uniti, purtroppo questa volta sembra recepire molto lentamente le novità democratiche e pacifiche di Obama. L’Italia, costretta ad occuparsi sempre più delle cose che riguardano una sola persona, fatica a capire quanto succede a Lampedusa e litiga con il nuovo governo tunisino e persino con l’Unione Europea, figuriamoci che fatica a capire quanto sta accadendo nel mondo.
(Saleh Zaghloul)
I giovani che si sono ribellati e hanno fatto cadere Mubarak e Ben Ali parlano di una situazione di brutale repressione, annullamento della libertà e forte umiliazione della dignità delle persone. Parlano di un sistema economico dove è dilagante la corruzione e dove le risorse del paese sono rubate dalle famiglie dei dittatori e dagli esponenti dei due regimi. Un sistema che rendeva sempre più povera la grande maggioranza dei cittadini. Due fattori che spingevano fortemente i giovani tunisini ed egiziani ad emigrare e fuggire dalla repressione e dalla povertà. D’altra parte, dopo la caduta di Mubarak, ho seguito su Al Jazeera i festeggiamenti che le comunità egiziane immigrate hanno svolto in tutto il mondo ed ho sentito molte persone piene di speranza che pensano ed invitano al ritorno nel loro paese d’origine ora che c’è la libertà e la necessità di ricostruire il paese.
Per una politica seria dei flussi migratori è meglio, per l’Italia e l’Europa, appoggiare i processi di cambiamento in questi paesi aiutando l’instaurazione della democrazia e la diffusione delle libertà, condizioni necessarie per lo sviluppo economico. Appoggiare le dittature, oltre ad essere eticamente inaccettabile per chi si proclama paese democratico e civile, porta ad aumentare i flussi migratori verso l’Europa.
I democratici negli Stati Uniti ed il loro presidente Obama hanno cambiato radicalmente la politica del loro paese: contro la guerra (di Bush in Iraq), un nuovo atteggiamento rispettoso dell’Islam e dei musulmani e la fine dell’appoggio ai dittatori. Questa nuova politica è stata fortemente confermata dalle posizioni dell’amministrazione Usa durante le crisi tunisina ed egiziana e dal grande discorso di Obama, dopo la caduta di Mubarak, nel quale ha elogiato la grande rivoluzione non violenta degli egiziani da lui indicata come esempio per i popoli che lottano per la libertà e la democrazia. L’Europa, da sempre molto sensibile a quanto proviene dagli Stati Uniti, purtroppo questa volta sembra recepire molto lentamente le novità democratiche e pacifiche di Obama. L’Italia, costretta ad occuparsi sempre più delle cose che riguardano una sola persona, fatica a capire quanto succede a Lampedusa e litiga con il nuovo governo tunisino e persino con l’Unione Europea, figuriamoci che fatica a capire quanto sta accadendo nel mondo.
(Saleh Zaghloul)
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Saleh Zaghloul
OLI 289 - STEFANO CUCCHI - Se la destinazione fosse stata Bollate
Foto di Alisia Poggio |
Non sussistevano motivazioni per trattenerlo a Regina Coeli, non era senza fissa dimora, peraltro debole motivazione, la sua casa era stata perquisita poco prima dell'arresto, i genitori e la sorella erano comunque altri punti di riferimento disponibili, ma non interpellati. Non era albanese, come era stato registrato all'arresto. E anche se lo fosse stato? Altra debole motivazione. Anche se in carcere ormai si è ospitati perché senza casa, immigrati senza documenti, tossicodipendenti e così via, con scarsità di rappresentanti legali.
Invece venerdì 4 febbraio 2011 a Genova, abbiamo assistito ad ad un'altra storia, ciò che avvenne, dalle parole della sorella Ilaria Cucchi, testimone infinita, quanto il dolore che prova nel non aver compreso i richiami d'aiuto del fratello, nel sentire, non veritiero, di averlo abbandonato al suo destino.
Foto di Alisia Poggio |
(Maria Alisia Poggio)
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OLI 289: ARTE - Disegnare l’acqua per i bambini
Hai visto? Ha disegnato sull’acqua!
E’ la voce di una bambina – quattro anni – che condensa lo spettacolo di Gek Tessaro a Palazzo Ducale sabato 5 febbraio.
No, non è certo una folla oceanica quella che assiste alla magia. Ma un pubblico sofisticato di adulti e bambini – il piccolo accanto a me ha appena 6 mesi – che in silenzio si fanno portare in un mondo incantato.
Lui di certo è uno che la magia la pratica, e gli basta poco: un telo bianco, l’acqua, i colori, un proiettore e il buio, nel quale tuffarsi insieme ai suoi spettatori.
E tutto parte dalla storia che Tessaro racconta accompagnato dal gruppo musicale Extrapola che ritma con suoni africani gli istanti della narrazione. Gek mescola i colori, li stende nell’acqua e dà loro forma. E uccelli e alberi si trasformano in villaggi, cacciatori in nuvole e vento che scivolano sotto lo sguardo e mutano intensità e sfumature. E’ un mondo di grazia, suono, e colori mostrati sul grande telo.
Gek Tessaro proietta le sue immagini mentre le dipinge e le racconta, come un cartone animato fatto all’istante, ma senza tv o case di produzione. Quindi la maga cattiva della sua storia “L’albero della strega” prende corpo in un istante sotto il pennello, gli occhi spietati, per poi sparire rabbiosa soffocata dalla pennellata successiva che la riduce in nuvola e pioggia.
In una vaschetta d’acqua galleggiano e mutano colori e cose. E lo stupore dei bambini seduti in terra è identico a quello degli adulti.
Peccato per chi non c’era.
L’invito a chi ha figli, alunni, nipoti o solo fantasia è di tener d’occhio questo artista.
http://www.gektessaro.it/
(Giovanna Profumo)
E’ la voce di una bambina – quattro anni – che condensa lo spettacolo di Gek Tessaro a Palazzo Ducale sabato 5 febbraio.
No, non è certo una folla oceanica quella che assiste alla magia. Ma un pubblico sofisticato di adulti e bambini – il piccolo accanto a me ha appena 6 mesi – che in silenzio si fanno portare in un mondo incantato.
Lui di certo è uno che la magia la pratica, e gli basta poco: un telo bianco, l’acqua, i colori, un proiettore e il buio, nel quale tuffarsi insieme ai suoi spettatori.
E tutto parte dalla storia che Tessaro racconta accompagnato dal gruppo musicale Extrapola che ritma con suoni africani gli istanti della narrazione. Gek mescola i colori, li stende nell’acqua e dà loro forma. E uccelli e alberi si trasformano in villaggi, cacciatori in nuvole e vento che scivolano sotto lo sguardo e mutano intensità e sfumature. E’ un mondo di grazia, suono, e colori mostrati sul grande telo.
Gek Tessaro proietta le sue immagini mentre le dipinge e le racconta, come un cartone animato fatto all’istante, ma senza tv o case di produzione. Quindi la maga cattiva della sua storia “L’albero della strega” prende corpo in un istante sotto il pennello, gli occhi spietati, per poi sparire rabbiosa soffocata dalla pennellata successiva che la riduce in nuvola e pioggia.
In una vaschetta d’acqua galleggiano e mutano colori e cose. E lo stupore dei bambini seduti in terra è identico a quello degli adulti.
Peccato per chi non c’era.
L’invito a chi ha figli, alunni, nipoti o solo fantasia è di tener d’occhio questo artista.
http://www.gektessaro.it/
(Giovanna Profumo)
OLI 289: POLITICA - Schopenhauer, Gelmini e le radical chic
Il prestigioso premio Arthur Schopenhauer, per chi esemplifica con
maggiore efficacia l'idea di un mondo edificabile a propria
"volontà e rappresentazione"
è stato assegnato al ministro On. Mariastella Gelmini per la definizione di
"solo poche radical chic"
con cui ha piegato alla propria visione della realtà i 230 cortei organizzati
dalle donne italiane nel giorno del 13 febbraio u.s.
maggiore efficacia l'idea di un mondo edificabile a propria
"volontà e rappresentazione"
è stato assegnato al ministro On. Mariastella Gelmini per la definizione di
"solo poche radical chic"
con cui ha piegato alla propria visione della realtà i 230 cortei organizzati
dalle donne italiane nel giorno del 13 febbraio u.s.
(Luigi Lunari - Movimento per la Rivoluzione nell'Ambito del Potere Vigente)
Radical chic genovesi che si nascondono astutamente sotto gli ombrelli - Foto di Vinicio Vassallo |
OLI 289: CITTA' - Bucato story
Il pezzo “La rivoluzione del bucato” di Monica Profumo, pubblicato lo scorso 8 febbraio su Oli, ha ricevuto il seguente commento: “Magari se avesse almeno tentato di chiamarmi la signora Monica Profumo avrebbe scoperto che questa notizia è una gran bufala ma già... basta scrivere... Francesco Scidone”.
Lo stile del messaggio ci fa dubitare della autenticità della firma.
Autentico o apocrifo che sia il commento merita comunque l’osservazione che nemmeno la stampa cittadina – da cui anche noi prendiamo le notizie - aveva evidentemente scoperto che si trattava di una “gran bufala”. Ripercorriamo le notizie:
“Il comune, come il cavaliere, vieta i panni stesi … In tutta la città sarà vietato stendere la biancheria da finestre e balconi … Prima, esisteva un lungo elenco di vicoli dove stendere è lecito. Nel nuovo regolamento, stendere la biancheria è (in via generale) vietato ovunque se i panni sono visibili” (Il Secolo XIX, 3 febbraio)
“Delirante, dovrà cambiare. Così Marcello Danovaro, capogruppo del Pd, interviene sulla norma del regolamento dei vigili che vieta di stendere i panni” (Il Secolo XIX, 4 febbraio)
“Danovaro (Pd): vietare di stendere i panni all’aperto? Idea fuori dal mondo. … Pensare di recuperare il decoro urbano con un provvedimento come questo significa avere una idea davvero distorta di cosa è il decoro”; “Considerando che Danovaro è il capogruppo del partito più grosso della maggioranza di Palazzo Tursi è prevedibile che il regolamento che sarà approvato dal consiglio comunale sarà alla fine molto diverso da quello approvato dalla giunta” (Il Corriere Mercantile, 4 febbraio)
“Nel nuovo regolamento, come raccontato nei giorni scorsi dal Secolo XIX, figura anche la norma in base alla quale sarà vietato stendere la biancheria o panni di ogni genere fuori dalle finestre se gli oggetti saranno visibili dal suolo pubblico, fatta eccezione per le località elencate. Ma quella norma, annuncia Scidone, sarà quasi certamente rovesciata: Il nuovo regolamento permetterà di stendere ovunque la biancheria … fatta eccezione per un elelnco di vie del centro, le piazze principali, le strade con chiese o palazzi di prestigio”. (Il Secolo XIX , 11 febbraio)
Dunque, le notizie di stampa raccontano la seguente storia: la giunta vara un testo del regolamento di pulizia urbana che contiene una estensiva probizione di stendere i panni; a seguito di ciò vengono sollevate obiezioni, tra cui quella rilevante del capogruppo del Pd in Comune; qui si inserisce l'articolo di Oli 288; alcuni giorni dopo l’assessore Scidone dichiara alla stampa che questa norma sarà “rovesciata”.
(Paola Pierantoni)
Lo stile del messaggio ci fa dubitare della autenticità della firma.
Autentico o apocrifo che sia il commento merita comunque l’osservazione che nemmeno la stampa cittadina – da cui anche noi prendiamo le notizie - aveva evidentemente scoperto che si trattava di una “gran bufala”. Ripercorriamo le notizie:
“Il comune, come il cavaliere, vieta i panni stesi … In tutta la città sarà vietato stendere la biancheria da finestre e balconi … Prima, esisteva un lungo elenco di vicoli dove stendere è lecito. Nel nuovo regolamento, stendere la biancheria è (in via generale) vietato ovunque se i panni sono visibili” (Il Secolo XIX, 3 febbraio)
“Delirante, dovrà cambiare. Così Marcello Danovaro, capogruppo del Pd, interviene sulla norma del regolamento dei vigili che vieta di stendere i panni” (Il Secolo XIX, 4 febbraio)
“Danovaro (Pd): vietare di stendere i panni all’aperto? Idea fuori dal mondo. … Pensare di recuperare il decoro urbano con un provvedimento come questo significa avere una idea davvero distorta di cosa è il decoro”; “Considerando che Danovaro è il capogruppo del partito più grosso della maggioranza di Palazzo Tursi è prevedibile che il regolamento che sarà approvato dal consiglio comunale sarà alla fine molto diverso da quello approvato dalla giunta” (Il Corriere Mercantile, 4 febbraio)
“Nel nuovo regolamento, come raccontato nei giorni scorsi dal Secolo XIX, figura anche la norma in base alla quale sarà vietato stendere la biancheria o panni di ogni genere fuori dalle finestre se gli oggetti saranno visibili dal suolo pubblico, fatta eccezione per le località elencate. Ma quella norma, annuncia Scidone, sarà quasi certamente rovesciata: Il nuovo regolamento permetterà di stendere ovunque la biancheria … fatta eccezione per un elelnco di vie del centro, le piazze principali, le strade con chiese o palazzi di prestigio”. (Il Secolo XIX , 11 febbraio)
Dunque, le notizie di stampa raccontano la seguente storia: la giunta vara un testo del regolamento di pulizia urbana che contiene una estensiva probizione di stendere i panni; a seguito di ciò vengono sollevate obiezioni, tra cui quella rilevante del capogruppo del Pd in Comune; qui si inserisce l'articolo di Oli 288; alcuni giorni dopo l’assessore Scidone dichiara alla stampa che questa norma sarà “rovesciata”.
(Paola Pierantoni)
OLI 289: PAROLE DEGLI OCCHI – Genova faziosa e radical chic
GBa |
GBa |
GBe |
L’ira di Berlusconi per la manifestazione delle donne (e uomini) di domenica 13 febbraio si aggiunge al grottesco commento di Mariastella Gelmini che ha farneticato di “solo poche radical chic che manifestano per fini politici e per strumentalizzare le donne”.
Per controbattere, stavolta bastano davvero soltanto le parole degli occhi: non occorre aggiungere altro alla potenza di immagini che parlano da sole.
Foto di Giorgio Badi (GBa) e Giorgio Bergami (GBe)
OLI 289: LETTERE - L'operazione Ist vista dall'interno
Sono una ricercatrice, e delegata aziendale Cgil, dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova. Insieme ai lavoratori dell’IST sto portando avanti una battaglia contro l’accorpamento con l’Azienda Ospedaliera San Martino. L’IST è un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) oncologico in cui lavorano 650 dipendenti in ruolo, di cui 107 impegnati al 100% in ricerca, e 150 precari a vario titolo (circa 70 sono ricercatori precari). Gli IRCCS sono centri di eccellenza il cui compito è quello di coniugare assistenza e ricerca per portare innovazione al Sistema Sanitario. Fondamentale, è la loro indipendenza ed autonomia. Dal 4 agosto (giorno della delibera del Consiglio regionale n. 19 sul riordino della rete ospedaliera) ad oggi (a pochi giorni dal voto in Consiglio sul ddl n. 75 che applica la delibera nella parte che riguarda l’IST) i lavoratori dell’IST hanno più volte espresso la loro contrarietà al provvedimento e chiesto confronti con l’Assessore. L’hanno fatto, sempre motivando le loro critiche e facendo proposte alternative, attraverso comunicati, articoli di giornale ed interviste, perché mai l’Assessorato o la presidenza della Regione hanno aperto al dialogo. La domanda, più volte espressa e sempre rimasta senza risposta è: dov’è il piano di fattibilità economico/finanziario e organizzativo? La stessa domanda l’hanno posta i lavoratori dell’Ospedale di Santa Corona e di Villa Scassi, e la stanno ponendo ora i lavoratori dell’Ospedale di Voltri e quelli di Recco.
Il fatto è che sull’IST è stata presa un decisione in maniera assolutamente pregiudiziale e su questa decisione l’Assessore è andato avanti come un treno senza ascoltare chi ci lavora e conosce bene l’Istituto. Stiamo parlando di una realtà, piccola, che aveva iniziato un percorso di ripresa, almeno nella sua componente assistenziale, dopo 10 anni di commissariamento che l’avevano portata vicino alla chiusura, al primo posto tra le strutture sanitarie liguri per appropriatezza delle prestazioni sanitarie (dati della Agenzia Regionale Sanitaria, ARS), nel 2008 al 14esimo posto per produttività scientifica tra i 42 IRCCS italiani, 25 dei quali privati. Ora, la fusione con un’Azienda Ospedaliera che ha, necessariamente, poca vocazione per la ricerca, rischia di dissolvere questa realtà nelle mille difficoltà di una riorganizzazione non pianificata, che sarà gestita dall’ARS insieme al Rettore dell’Università di Genova. Tutto questo non è giustificato in termini economici, dal momento che in delibera si parla di un risparmio in tre anni di 1.230.000 € ma poi si decide di chiudere l’high care appena quattro anni dopo l’inaugurazione. E nemmeno in termini di razionalizzazione perché l’IST poteva essere potenziato, come hanno fatto Regioni più accorte della nostra, aggregandovi le strutture oncologiche del San Martino e ponendolo al centro della rete oncologica ligure come proposto diversi anni fa.
Come ricercatrice mi chiedo che fine farà la mia attività, già resa difficile da un governo che non investe in ricerca, all’interno di un Ospedale grande, con una struttura vecchia che ha già i suoi problemi organizzativi come si percepisce da vari episodi comparsi sui giornali. Probabilmente la ricerca sarà messa in un angolo, dove si trova ormai da almeno 10 anni, dimenticata in attesa di risolvere i mille problemi di un’assistenza che dovrà fare i conti con tagli di finanziamenti, mancanza di personale e gestione dei dipartimenti di emergenza. Gli IRCCS dovevano essere punti di eccellenza che producevano innovazione da trasferire al sistema sanitario, ma che innovazione si potrà fare se, come dichiarato dall’Assessore Montaldo, il personale dell’IST servirà a coprire le carenze di personale del San Martino?
Come ultima riflessione rilevo che questo ddl passerà, seppure con qualche critica da parte di alcuni esponenti della maggioranza, grazie ad un accordo della nostra giunta di centro-sinistra con un governo di centro-destra che ha ampiamente dimostrato in questi anni propensione verso le privatizzazioni, scarso interesse per la ricerca pubblica e disinteresse verso i servizi ai cittadini. Del resto il Ministro Fazio ha mostrato chiaramente da che parte sta il suo interesse: nelle tre visite fatte a Genova in questi ultimi mesi mai una volta è venuto all’IST, è sempre e solo andato all’Ospedale Galliera.
(Simonetta Astigiano)
Il fatto è che sull’IST è stata presa un decisione in maniera assolutamente pregiudiziale e su questa decisione l’Assessore è andato avanti come un treno senza ascoltare chi ci lavora e conosce bene l’Istituto. Stiamo parlando di una realtà, piccola, che aveva iniziato un percorso di ripresa, almeno nella sua componente assistenziale, dopo 10 anni di commissariamento che l’avevano portata vicino alla chiusura, al primo posto tra le strutture sanitarie liguri per appropriatezza delle prestazioni sanitarie (dati della Agenzia Regionale Sanitaria, ARS), nel 2008 al 14esimo posto per produttività scientifica tra i 42 IRCCS italiani, 25 dei quali privati. Ora, la fusione con un’Azienda Ospedaliera che ha, necessariamente, poca vocazione per la ricerca, rischia di dissolvere questa realtà nelle mille difficoltà di una riorganizzazione non pianificata, che sarà gestita dall’ARS insieme al Rettore dell’Università di Genova. Tutto questo non è giustificato in termini economici, dal momento che in delibera si parla di un risparmio in tre anni di 1.230.000 € ma poi si decide di chiudere l’high care appena quattro anni dopo l’inaugurazione. E nemmeno in termini di razionalizzazione perché l’IST poteva essere potenziato, come hanno fatto Regioni più accorte della nostra, aggregandovi le strutture oncologiche del San Martino e ponendolo al centro della rete oncologica ligure come proposto diversi anni fa.
Come ricercatrice mi chiedo che fine farà la mia attività, già resa difficile da un governo che non investe in ricerca, all’interno di un Ospedale grande, con una struttura vecchia che ha già i suoi problemi organizzativi come si percepisce da vari episodi comparsi sui giornali. Probabilmente la ricerca sarà messa in un angolo, dove si trova ormai da almeno 10 anni, dimenticata in attesa di risolvere i mille problemi di un’assistenza che dovrà fare i conti con tagli di finanziamenti, mancanza di personale e gestione dei dipartimenti di emergenza. Gli IRCCS dovevano essere punti di eccellenza che producevano innovazione da trasferire al sistema sanitario, ma che innovazione si potrà fare se, come dichiarato dall’Assessore Montaldo, il personale dell’IST servirà a coprire le carenze di personale del San Martino?
Come ultima riflessione rilevo che questo ddl passerà, seppure con qualche critica da parte di alcuni esponenti della maggioranza, grazie ad un accordo della nostra giunta di centro-sinistra con un governo di centro-destra che ha ampiamente dimostrato in questi anni propensione verso le privatizzazioni, scarso interesse per la ricerca pubblica e disinteresse verso i servizi ai cittadini. Del resto il Ministro Fazio ha mostrato chiaramente da che parte sta il suo interesse: nelle tre visite fatte a Genova in questi ultimi mesi mai una volta è venuto all’IST, è sempre e solo andato all’Ospedale Galliera.
(Simonetta Astigiano)
OLI 289: LETTERE - Donne in piazza
13 febbraio, Piazza De Ferrari, Genova, un boato accoglie la dichiarazione dal palco – Siamo in trentamila - Allegria ed entusiasmo elettrizzanti pervadono la folla di donne, neanche tante le giovani, qualche ragazzo e alcuni capelli grigi, ma pure mamme con carrozzine, striscioni e foglietti sventolanti una D: Dimissioni o Donna? Interpretazione a scelta.
A condurre la kermesse è l'animatrice del suq, che si esibisce in pezzi letterari e invita a parlare persone "non note", precisando che si deve dare spazio a chi normalmente non l'ha.
Nel “recinto” accanto al palco intanto arrivano assessori, deputati... Personaggi pubblici insomma, soltanto tre donne con incarichi politici fermamente ne restano fuori.
Si recita l'elenco delle donne per cui “se non ora quando”, da Rita Levi di Montalcini, a Sibilla Aleramo, Grazia Deledda, Nilde Iotti, Eleonora Duse, Serena Dandini... Sguardi un po' interdetti. Serena Dandini? E le ricercatrici della Sapienza sul tetto, le operaie della Omsa, le badanti clandestine, le laureate medico che fanno le segretarie dal notaio e le donne, cui lo Stato ha delegato il welfare familiare, le lavoratrici tutte e le ragazze che non trovano lavoro?
Sale sul palco, dopo aver scalpitato nel recinto, l'ideatrice ( insieme ad un uomo) di una manifestazione che si svolge tutti gli anni con grande successo. Donna in gamba, di solida carriera, da segretaria personale a direttrice di eventi, che arringa la folla con parole "di pancia", chiedendo all'Innominato di dimettersi, che non si possono trattate così le donne, che lei non va più all'estero perchè si vergogna. Una che prima di approcciarsi al microfono sibilava di essere incavolata, di non poter tollerare che facciano strada giovani bellone senza cervello. Dubbio: per cosa era indiavolata, per B, per le giovani o le bellone che passano avanti?
Si sa le elezioni in città sono vicine e il Sindaco è donna, fuori dal coro per di più e si susseguono interventi sinceri, ma anche tanti discorsi politici di sponda.
Il pensiero corre ad altre piazze bipartisan, pure se la politica doveva rimanere ai margini.
Su questo palco la questione femminile sembra interpretata con una tensione di risulta e non di scatto in avanti, una guerra di trincea, come se il tema riguardasse una parte di donne e non tutte, soprattutto il futuro delle nuove generazioni. Quelle che oggi e domani soffriranno per gli stereotipi vigenti, in un Paese diviso tra ipocrisia di un certo pseudo cattolicesimo ed etica comune a tutti i cittadini: una mercificazione dei corpi sì, ma pure deficit e sfruttamento del lavoro femminile senza servizi sociali di supporto, una delle principali cause per cui società e Paese restano al palo.
Approda anche l'ex sindaco ed ex sindacalista, il mancato segretario di partito, candidatosi alle Europee al posto della governatrice del Piemonte, la quale a sua volta si è riproposta alle Regionali. Perciò il sindaco di Torino non si è presentato e il Piemonte è svaporato alla Lega, colpa di donna cocciuta (e non sostenuta, oltre ai voti grillini). E la filastrocca continua, chapeau, l'uomo è di un certo valore, migliore di tanti. Ma non aveva abbandonato tutto per fare il papà?
Non soltanto la pioggia comincia a dare fastidio e la gente si affolla al bus.
(Bianca Vergati)
A condurre la kermesse è l'animatrice del suq, che si esibisce in pezzi letterari e invita a parlare persone "non note", precisando che si deve dare spazio a chi normalmente non l'ha.
Nel “recinto” accanto al palco intanto arrivano assessori, deputati... Personaggi pubblici insomma, soltanto tre donne con incarichi politici fermamente ne restano fuori.
Si recita l'elenco delle donne per cui “se non ora quando”, da Rita Levi di Montalcini, a Sibilla Aleramo, Grazia Deledda, Nilde Iotti, Eleonora Duse, Serena Dandini... Sguardi un po' interdetti. Serena Dandini? E le ricercatrici della Sapienza sul tetto, le operaie della Omsa, le badanti clandestine, le laureate medico che fanno le segretarie dal notaio e le donne, cui lo Stato ha delegato il welfare familiare, le lavoratrici tutte e le ragazze che non trovano lavoro?
Sale sul palco, dopo aver scalpitato nel recinto, l'ideatrice ( insieme ad un uomo) di una manifestazione che si svolge tutti gli anni con grande successo. Donna in gamba, di solida carriera, da segretaria personale a direttrice di eventi, che arringa la folla con parole "di pancia", chiedendo all'Innominato di dimettersi, che non si possono trattate così le donne, che lei non va più all'estero perchè si vergogna. Una che prima di approcciarsi al microfono sibilava di essere incavolata, di non poter tollerare che facciano strada giovani bellone senza cervello. Dubbio: per cosa era indiavolata, per B, per le giovani o le bellone che passano avanti?
Si sa le elezioni in città sono vicine e il Sindaco è donna, fuori dal coro per di più e si susseguono interventi sinceri, ma anche tanti discorsi politici di sponda.
Il pensiero corre ad altre piazze bipartisan, pure se la politica doveva rimanere ai margini.
Su questo palco la questione femminile sembra interpretata con una tensione di risulta e non di scatto in avanti, una guerra di trincea, come se il tema riguardasse una parte di donne e non tutte, soprattutto il futuro delle nuove generazioni. Quelle che oggi e domani soffriranno per gli stereotipi vigenti, in un Paese diviso tra ipocrisia di un certo pseudo cattolicesimo ed etica comune a tutti i cittadini: una mercificazione dei corpi sì, ma pure deficit e sfruttamento del lavoro femminile senza servizi sociali di supporto, una delle principali cause per cui società e Paese restano al palo.
Approda anche l'ex sindaco ed ex sindacalista, il mancato segretario di partito, candidatosi alle Europee al posto della governatrice del Piemonte, la quale a sua volta si è riproposta alle Regionali. Perciò il sindaco di Torino non si è presentato e il Piemonte è svaporato alla Lega, colpa di donna cocciuta (e non sostenuta, oltre ai voti grillini). E la filastrocca continua, chapeau, l'uomo è di un certo valore, migliore di tanti. Ma non aveva abbandonato tutto per fare il papà?
Non soltanto la pioggia comincia a dare fastidio e la gente si affolla al bus.
(Bianca Vergati)
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martedì 8 febbraio 2011
OLI 288 - SOMMARIO
VERSANTE LIGURE - SCOSSE DI ANNIENTAMENTO (di Enzo Costa e Aglaja)
POLITICA - Se non ora quando (Paola Pierantoni)
POLITICA - Benvenuti ad Hardcore (Giovanna Profumo)
EGITTO - Unità tra sessi e religioni nell’Egitto in lotta (Saleh Zaghloul)
LAVORO - I giornalisti si ribellano al lavoro sottopagato (Stefano De Pietro)
SPAGNA - I cattivi urbanisti (Bianca Vergati)
CITTA' - La rivoluzione del bucato (Monica Profumo)
CITTA' – Genova alla finestra (Ferdinando Bonora)
PAROLE DEGLI OCCHI - Speculazione edilizia a Genova (a cura di Giorgio Bergami)
POLITICA - Se non ora quando (Paola Pierantoni)
POLITICA - Benvenuti ad Hardcore (Giovanna Profumo)
EGITTO - Unità tra sessi e religioni nell’Egitto in lotta (Saleh Zaghloul)
LAVORO - I giornalisti si ribellano al lavoro sottopagato (Stefano De Pietro)
SPAGNA - I cattivi urbanisti (Bianca Vergati)
CITTA' - La rivoluzione del bucato (Monica Profumo)
CITTA' – Genova alla finestra (Ferdinando Bonora)
PAROLE DEGLI OCCHI - Speculazione edilizia a Genova (a cura di Giorgio Bergami)
OLI 288: VERSANTE LIGURE - SCOSSE DI ANNIENTAMENTO
Di un crollo hai l’impressione
con tutto al suolo raso:
valori, informazione,
diritti, eros, leso
ed in frantumazione
è un ethos condiviso.
E la ricostruzione
(ironico buon peso
che il mio mestier m’impone)
la cura Bertolaso.
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
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VERSANTE LIGURE
OLI 288: POLITICA - Se non ora quando
Logo della manifestazione del 13 febbraio |
L’essere immerse ed immersi - come siamo da mesi - nella esibizione pubblica del rapporto malato tra questo uomo potente e le donne ha fatto scattare fastidio, esecrazione, indignazione, desiderio di opporsi pubblicamente.
Ma circolano a piene mani anche invidia, connivenza, accettazione, indifferenza, compiacimento, desiderio di imitazione. Sia da parte degli uomini che delle donne, che sono gran parte della sua base di consenso.
Berlusconi è il secondo problema, il primo siamo noi. La manifestazione del 13 febbraio coglierà il suo obiettivo se riuscirà – per il dopo – a mettere in moto energie, interazioni, pensieri per riflettere a chi siamo noi, cittadine e cittadini di questo disgraziato paese, cosa desideriamo per la nostra vita, come concepiamo il nostro personale rapporto con il lavoro, la famiglia, il denaro, il potere, la sessualità, la politica.
Intanto qualche “istruzione per l’uso” per la manifestazione del 13: il concentramento è alle 15 a Piazza Caricamento, poi un breve corteo arriverà a De Ferrari dove ci sarà uno speak corner per dare voce – dicono le organizzatrici – “a tutte/i coloro che vorranno testimoniare un modello femminile (e maschile) diverso”.
Sul sito nazionale http://senonoraquando13febbraio2011.wordpress.com/ potete trovare l’appello che ha convocato l’iniziativa, e una serie di indicazioni che ne definiscono carattere e modalità.
Tra queste alcune meritano di essere sottolineate: “La manifestazione non è fatta per giudicare altre donne, contro altre donne, o per dividere le donne in buone e cattive. I cartelli o striscioni ne terranno conto… Siamo donne fiere e orgogliose. Chiediamo dignità e rispetto per noi e per tutte. Siamo gelose della nostra autonomia e non ci lasceremo “usare”. Per questo non ci devono essere simboli politici o sindacali nei nostri cortei: vogliamo che sia anche rispettata la nostra “trasversalità”… La manifestazione è promossa dalle donne, ma – come diciamo nel nostro appello – la partecipazione di uomini amici è richiesta e benvenuta”.
(Paola Pierantoni)
OLI 288: POLITICA - Benvenuti ad Hardcore
La luce è assolutamente quella delle sagre di paese. Clima benevolo, un sole che schianta sui giardini dietro al palco e ammorbidisce l’intonaco giallo delle case. Mancano solo le collane di nocciole, ma un venditore di magliette propone gli slogan da portare a casa.
Ci sono famiglie, passeggini, bambini, biciclette e maschere.
Bavaglini sporchi di pappe invitano alle dimissioni con adesivi colorati.
E se il paese è culla di creatività e fantasia qui, nel feudo del capo, la fantasia si scatena.
Risorge anche Rosa, mamma di Silvio. E’ una befana in cerca del figlio: “Lo avete visto? Quello sporcaccione… Silvio sono tua madre!”.
E ci sono nonni e nipoti che si palesano con cartelli. SONO IL NONNO DI TUTAKAMEN oppure MI CHIAMO IGOR, PRINCIPE DI KIEV, NIPOTE DI PUTIN! ZIO SILVIO AIUTAMI! SPASIBA.
I tamburi dei Bandao, gruppo senese, danno ritmo alla protesta colorata di viola. E una donna utilizza il palo della sua bandiera per improvvisare una lap dance.
Gli interventi dal palco, a tratti rabbiosi, si addolciscono quando si parla di futuro e speranza e possibilità di cambiare le cose.
Nessuno dei presenti vuole fare a botte.
Preferiscono buttare in aria mutande e reggiseni.
E se l’Egitto viene richiamato da cartelli in inglese, i più sanno che l’Italia non è ancora l’Egitto.
I RISULATI DEL MIO LAVORO LI VEDRETE, DOPO LA MIA MORTE, PERCHE’…SI RIBELLERANNO LE COSCIENZE DEGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA’ ricorda uno striscione firmato Paolo Borsellino. Alcuni assemblano le facce dei politici in un unico manifesto che le contiene tutte, invitando i presenti a mandarli a casa.
Altri son filosofi: LA VERGOGNA E’ L’ULTIMO OSTACOLO ALLA LIBERTA’ e poeti: FATTE NON FUMMO PER ESSERE TRATTATE COME RUBY.
Tutti, nessuno escluso, sono consapevoli del puttanaio, diventato metafora di un paese a pezzi, e sono ad Arcore per chiedere le dimissioni del premier e cambiare rotta. Ma nessuno vuole fare a botte. Perché è il ghigno che regna in questa piazza, lo sberleffo, il pernacchio napoletano.
SILVIO MINETITTITI! - NO AL GOVERNO PROSTITUZIONALE! - SE TI FACESSERO UNA STATUA AD ARCORE, SAREMMO I TUOI PICCIONI.
Nessuno vuol fare a botte.
E la villa del premier - in fondo ad un viale blindato ben prima che se ne possano scorgere i cancelli - è distante non solo fisicamente dai manifestanti, avvolta da una nebbiolina soleggiata, dimora del potere. La polizia a fare da ponte levatoio.
Una bambina ciondola le gambe. Non tocca il marciapiede dal gradino sul quale è seduta. Una donna la imbocca.
Volontari del Pd raccolgono firme, felici che a Milano ci sia Pisapia.
Sul pullman che la riporta a casa una figlia parla dal cellulare con la madre distante
- E’ andato tutto bene? Sai, ero preoccupata ci sono stati degli scontri…Qui i tg parlano di scontri!
- Scontri? Nessuno scontro. E’ stata una manifestazione bellissima! Ma forse, non parlavano della stessa manifestazione.
( Giovanna Profumo)
Ci sono famiglie, passeggini, bambini, biciclette e maschere.
Bavaglini sporchi di pappe invitano alle dimissioni con adesivi colorati.
E se il paese è culla di creatività e fantasia qui, nel feudo del capo, la fantasia si scatena.
Risorge anche Rosa, mamma di Silvio. E’ una befana in cerca del figlio: “Lo avete visto? Quello sporcaccione… Silvio sono tua madre!”.
E ci sono nonni e nipoti che si palesano con cartelli. SONO IL NONNO DI TUTAKAMEN oppure MI CHIAMO IGOR, PRINCIPE DI KIEV, NIPOTE DI PUTIN! ZIO SILVIO AIUTAMI! SPASIBA.
I tamburi dei Bandao, gruppo senese, danno ritmo alla protesta colorata di viola. E una donna utilizza il palo della sua bandiera per improvvisare una lap dance.
Gli interventi dal palco, a tratti rabbiosi, si addolciscono quando si parla di futuro e speranza e possibilità di cambiare le cose.
Nessuno dei presenti vuole fare a botte.
Preferiscono buttare in aria mutande e reggiseni.
E se l’Egitto viene richiamato da cartelli in inglese, i più sanno che l’Italia non è ancora l’Egitto.
I RISULATI DEL MIO LAVORO LI VEDRETE, DOPO LA MIA MORTE, PERCHE’…SI RIBELLERANNO LE COSCIENZE DEGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA’ ricorda uno striscione firmato Paolo Borsellino. Alcuni assemblano le facce dei politici in un unico manifesto che le contiene tutte, invitando i presenti a mandarli a casa.
Altri son filosofi: LA VERGOGNA E’ L’ULTIMO OSTACOLO ALLA LIBERTA’ e poeti: FATTE NON FUMMO PER ESSERE TRATTATE COME RUBY.
Tutti, nessuno escluso, sono consapevoli del puttanaio, diventato metafora di un paese a pezzi, e sono ad Arcore per chiedere le dimissioni del premier e cambiare rotta. Ma nessuno vuole fare a botte. Perché è il ghigno che regna in questa piazza, lo sberleffo, il pernacchio napoletano.
SILVIO MINETITTITI! - NO AL GOVERNO PROSTITUZIONALE! - SE TI FACESSERO UNA STATUA AD ARCORE, SAREMMO I TUOI PICCIONI.
Nessuno vuol fare a botte.
E la villa del premier - in fondo ad un viale blindato ben prima che se ne possano scorgere i cancelli - è distante non solo fisicamente dai manifestanti, avvolta da una nebbiolina soleggiata, dimora del potere. La polizia a fare da ponte levatoio.
Una bambina ciondola le gambe. Non tocca il marciapiede dal gradino sul quale è seduta. Una donna la imbocca.
Volontari del Pd raccolgono firme, felici che a Milano ci sia Pisapia.
Sul pullman che la riporta a casa una figlia parla dal cellulare con la madre distante
- E’ andato tutto bene? Sai, ero preoccupata ci sono stati degli scontri…Qui i tg parlano di scontri!
- Scontri? Nessuno scontro. E’ stata una manifestazione bellissima! Ma forse, non parlavano della stessa manifestazione.
( Giovanna Profumo)
OLI 288: EGITTO - Unità tra sessi e religioni nell’Egitto in lotta
Venerdì 4 febbraio 2011: altra manifestazione milionaria in piazza della Liberazione (maidan al Tahrir). La preghiera del venerdì, che ha un significato particolare nella tradizione musulmana, sta per iniziare in piazza. Tutti vogliono partecipare alla preghiera, anche quelli che fanno servizio d’ordine ai sei ingressi della piazza per proteggere i manifestanti dagli attacchi dei resti delle forze di sicurezza del regime in borghese (sono in abiti civili, per apparire come cittadini sostenitori del regime e sfuggire all’intervento dell’esercito in difesa dei manifestanti) e dai famosi balttagìa (mercenari pagati dalla Mukhabarat - i servizi segreti - del regime, delinquenti comuni e criminali che solitamente impongono il loro controllo del territorio esercitando violenza nei confronti dei cittadini e terrorizzandoli. Ora sono mercenari al soldo del regime. Letteralmente sono i portatori di baltta; cioè ascia o grossa arma bianca). Nei giorni precedenti i balttagìa hanno invaso la piazza su cavalli e cammelli ed hanno attaccato i manifestanti. La notte precedente avevano attaccato i manifestanti con il lancio di bottiglie molotov e pietre.
Per permettere anche ai membri del servizio d’ordine di partecipare alla preghiera, circa diecimila dei cristiani egiziani presenti in piazza hanno formato una diga umana ai sei ingressi della piazza, proteggendo i loro compagni musulmani durante la preghiera.
Domenica 6 febbraio 2011: i cristiani egiziani hanno celebrato la messa domenicale in piazza al Tahrir circondati e protetti dai manifestanti musulmani.
Due scene che evidenziano la forte unità tra egiziani musulmani e cristiani nella lotta contro il regime di Mubarak ed evidenziano il ruolo negativo di questo regime sulla convivenza tra religioni diverse e le sue responsabilità negli ultimi avvenimenti, precedenti alla rivolta, che hanno causato molte vittime cristiane. Una delle caratteristiche dei regimi dittatoriali è quella di creare divisioni tra i cittadini di diverse etnie o religioni proprio per conservare un potere totalitario aggressivo e despota.
Le donne sono presenti ed hanno un ruolo molto attivo nella rivolta contro il regime, donne giovani e vecchie, con il velo e senza velo, con il vestito tradizionale e con i pantaloni o la gonna, donne laiche e religiose, musulmane e cristiane. I giovani uomini cercano soltanto di evitare che le donne facciano parte del servizio d’ordine agli ingressi della piazza e che affrontino la violenza dei balttagìa. Per il resto partecipano a tutte le attività, sono certamente le più attive negli ospedali di campo a curare i feriti, le più brave a portare cibo e quanto serve in piazza, sono le più brave a rappresentare la piazza quando sono intervistate dai media, sono le più organizzate, sono quelle che più hanno una visione chiara sulla prospettiva politica del paese, su come vorrebbero che si evolvesse la rivoluzione, sono le più determinate: non si tratta con il regime prima della caduta di Mubarak, sanno che è l’occasione della loro vita e della vita delle loro figlie e delle donne in tutta la regione per ottenere parità, libertà e democrazia.
(Saleh Zaghloul)
Per permettere anche ai membri del servizio d’ordine di partecipare alla preghiera, circa diecimila dei cristiani egiziani presenti in piazza hanno formato una diga umana ai sei ingressi della piazza, proteggendo i loro compagni musulmani durante la preghiera.
Domenica 6 febbraio 2011: i cristiani egiziani hanno celebrato la messa domenicale in piazza al Tahrir circondati e protetti dai manifestanti musulmani.
Due scene che evidenziano la forte unità tra egiziani musulmani e cristiani nella lotta contro il regime di Mubarak ed evidenziano il ruolo negativo di questo regime sulla convivenza tra religioni diverse e le sue responsabilità negli ultimi avvenimenti, precedenti alla rivolta, che hanno causato molte vittime cristiane. Una delle caratteristiche dei regimi dittatoriali è quella di creare divisioni tra i cittadini di diverse etnie o religioni proprio per conservare un potere totalitario aggressivo e despota.
Le donne sono presenti ed hanno un ruolo molto attivo nella rivolta contro il regime, donne giovani e vecchie, con il velo e senza velo, con il vestito tradizionale e con i pantaloni o la gonna, donne laiche e religiose, musulmane e cristiane. I giovani uomini cercano soltanto di evitare che le donne facciano parte del servizio d’ordine agli ingressi della piazza e che affrontino la violenza dei balttagìa. Per il resto partecipano a tutte le attività, sono certamente le più attive negli ospedali di campo a curare i feriti, le più brave a portare cibo e quanto serve in piazza, sono le più brave a rappresentare la piazza quando sono intervistate dai media, sono le più organizzate, sono quelle che più hanno una visione chiara sulla prospettiva politica del paese, su come vorrebbero che si evolvesse la rivoluzione, sono le più determinate: non si tratta con il regime prima della caduta di Mubarak, sanno che è l’occasione della loro vita e della vita delle loro figlie e delle donne in tutta la regione per ottenere parità, libertà e democrazia.
(Saleh Zaghloul)
OLI 288: LAVORO - I giornalisti si ribellano al lavoro sottopagato
Il lavoro precario e sottopagato non risparmia i giornalisti. L'iniziativa di terrelibere.org, curata da Raffaella Cosentino, ha uno slogan che richiama le battaglie degli africani di Castel Volturno: "non lavoro per meno di 50 euro". E' una "promessa" che viene fatta, soprattutto a sé stessi, di rifiutare lavori per meno di quella cifra, simbolica e minimale, pur sempre superiore ai pochi euro che spesso si vedono offrire da quotidiani e riviste. Dalla home page del sito: "Chi aderisce alla campagna promossa dall'ebook "Quattro per cinque" non accetta più di scrivere senza garanzie. "Io mi sono sempre rifiutato - scrive Gabriele Del Grande nella prefazione - motivo per cui non ho mai scritto con una serie di quotidiani che Raffaella Cosentino cita nella prima parte del suo libro e che poi sono i quotidiani che fanno le loro battaglie ipocrite contro il precariato. Ma come ben spiega anche lei, il fenomeno è ben più vasto, e anche i principali quotidiani italiani non ne sono esenti".
Il sito propone l'acquisto di un libro in formato pdf a 4 euro, dal titolo "Quattro per cinque", a memoria dei cinque proiettili ricevuti dall'auto della giornalista Angela Corica, pagata quattro centesimi a riga per l'articolo non piaciuto alle cosche locali.
Inutile dire che l'iniziativa non ha trovato spazio sui quotidiani tradizionali che di tale sfruttamento vivono, pur essendo finanziati dallo stato e ricchi di pubblicità a pagamento. Avrà quindi ragione Beppe Grillo nella sua ormai decennale battaglia contro l'Ordine dei giornalisti e contro il finanziamento pubblico all'editoria? Il numero di firme raccolte nei suoi referendum direbbe di si.
http://www.terrelibere.org/terrediconfine/i-giornalisti-sfruttati-si-ribellano-seguendo-lesempio-degli-africani-di-castel-volturno
http://40per50.blogspot.com/
(Stefano De Pietro)
Inutile dire che l'iniziativa non ha trovato spazio sui quotidiani tradizionali che di tale sfruttamento vivono, pur essendo finanziati dallo stato e ricchi di pubblicità a pagamento. Avrà quindi ragione Beppe Grillo nella sua ormai decennale battaglia contro l'Ordine dei giornalisti e contro il finanziamento pubblico all'editoria? Il numero di firme raccolte nei suoi referendum direbbe di si.
http://www.terrelibere.org/terrediconfine/i-giornalisti-sfruttati-si-ribellano-seguendo-lesempio-degli-africani-di-castel-volturno
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OLI 288: SPAGNA - I cattivi urbanisti
Foto di Bianca Vergati |
Sembra incomprensibile il confronto.
“Las caias suman 38.000 millones en immuebles por crèditos fallidos”, titola in prima pagina El Pais il 1° febbraio. Ovvero le casse di risparmio hanno una montagna di debiti inesigibili nei confronti del settore immobiliare, tali da far sì che il Governo Zapatero abbia deciso di soccorrere ulteriormente e di “nazionalizzarle” per almeno cinque anni. Non bastasse la grave crisi economica si deve aiutare con altri fondi chi ha di fatto pesantemente speculato negli immobili.
Foto di Bianca Vergati |
Un tour della memoria di spiagge incantate, di quel mare spumeggiante, colmo di “ochette” di onde, un mare che non si è abituati a vedere: spiagge libere, dorate di sabbia fine, che toccano il cuore e d'inverno paiono altri mondi.
Una ferita da Gibilterra a Barcellona.
Promontori superbi e piccoli golfi offuscati allo sguardo, nascosti da file e file di palazzoni a dieci, dodici piani, uno dietro l'altro, tanto fitti da chiedersi ma il mare dov'è: alveari dalle finestre sbarrate, quasi occhi di di prigioni. Vento che soffia, polvere ovunque, bar chiusi, insegne spente.
Non si è fuori stagione.
Semplicemente sono case invendute in un paesaggio desolato, edifici inanimati che forse non hanno mai avuto una vita. Lo testimoniano le tante gru abbandonate, gli scheletri di palazzi incompiuti che verso sera si stagliano nudi, macabre silhouette. Dov'è la gente che doveva abitarvi?
Ora è chiaro ciò a cui si riferiva la lettrice di El Mundo.
E' vero, il turismo ha creato lavoro, fatto vivere luoghi che forse sarebbero stati abbandonati, ma si è devastato per sempre un territorio che la gioia di vivere della sua gente non riuscirà a compensare.
(Bianca Vergati)
OLI 288: CITTA' - La rivoluzione del bucato
Foto di Monica Profumo |
Ma perché?
In nome di una estetica da condominio chic? Cespugli quadrati, non si accettano cani e bambini?
Il bucato steso fuori è una tradizione italiana, è allegro, è estetico, è ecologico: si asciuga ad energia eolica, e solare: che modernità!
Ma soprattutto, ce lo stendiamo in pace da secoli, senza far male a nessuno.
Mi chiedo: ma quando in Italia è esibito tanto schifo a tutte le ore, roba che non si sa come spiegarla ai bambini, quando il cittadino perbene vive ogni giorno l'impunità di chi gli fa torto, perché dobbiamo accettare un controllo sempre più fitto del nostro innocente quotidiano?
Allora vorrei vedere la rivoluzione del bucato, una faccenda senza pietre e pistole con fili stesi tra un'auto e l'altra, calzini spaiati sparsi come coriandoli, felpe e lenzuola che danzano al vento per dire: "noi il marciume e la muffa nelle nostre case non li accettiamo! I panni che stendiamo, noi, sono puliti".
( Monica Profumo)
OLI 288: CITTA' – Genova alla finestra
Venerdì 11 febbraio alle ore 16:30, nell’Auditorium di Palazzo Rosso a Genova, si terrà un incontro seminariale nell’ambito della mostra TESTIMONI INATTENDIBILI Il Paesaggio Contemporaneo nelle Fotografie degli Architetti, a cura del Comune e dell’Ordine degli Architetti della provincia di Genova.
Sarà proiettato tra l'altro il documentario Genova alla Finestra, realizzato da Giorgio Bergami nel 1977. Ricevette il Premio Qualità, ma fu respinto dal Comune, che intendeva utilizzarlo per promuovere nel mondo l’immagine della città a patto che l’autore tagliasse la parte finale dove la cementificazione delle periferie manifestava tutto il suo colpevole squallore, in controcanto con il fascino del centro antico e misterioso. Bergami, con raro rigore, si rifiutò di mutilare la propria opera in cui la superba città emerge non in immagini soltanto accattivanti, ma nell’autenticità della sua complessità e delle sue contraddizioni anche sgradevoli ma vere. Il film rimase nel cassetto, Genova perse un’occasione per presentarsi con onesta sincerità.
(Ferdinando Bonora)
Sarà proiettato tra l'altro il documentario Genova alla Finestra, realizzato da Giorgio Bergami nel 1977. Ricevette il Premio Qualità, ma fu respinto dal Comune, che intendeva utilizzarlo per promuovere nel mondo l’immagine della città a patto che l’autore tagliasse la parte finale dove la cementificazione delle periferie manifestava tutto il suo colpevole squallore, in controcanto con il fascino del centro antico e misterioso. Bergami, con raro rigore, si rifiutò di mutilare la propria opera in cui la superba città emerge non in immagini soltanto accattivanti, ma nell’autenticità della sua complessità e delle sue contraddizioni anche sgradevoli ma vere. Il film rimase nel cassetto, Genova perse un’occasione per presentarsi con onesta sincerità.
(Ferdinando Bonora)
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OLI 288: PAROLE DEGLI OCCHI - Speculazione edilizia a Genova
Foto dal catalogo
Parole degli occhi. Giorgio Bergami, 50 anni di fotografia, Milano, ed. Mazzotta, 2007
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PAROLE DEGLI OCCHI
martedì 1 febbraio 2011
OLI 287: SOMMARIO
VERSANTE LIGURE - SETTIMO: NON RUBYRE (Enzo Costa&Aglaja)
POLITICA - Gradi di separazione tra la realtà dei lavoratori e dei politici (Giovanna Profumo)
EGITTO - Un appello ai popoli e ai governi del mondo libero (Egyptian National Coalition)
STORIA - Dopo l'ultimo testimone, ne verranno altri (Alisia Poggio)
GIORNATA DELLA MEMORIA - I bambini di Terezin (Angelo Guarnieri)
DONNE - Altri ritratti (Giovanna Profumo)
POLITICA – Mignottocrazia alla romana (Ferdinando Bonora)
EGITTO - Democrazia e libertà nel mondo arabo (Eleana Marullo)
SOCIETA': Una denuncia da 2,5 milioni di Euro (Stefano De Pietro)
PAROLE DEGLI OCCHI – Oppio dei popoli (a cura di Giorgio Bergami e Paola Pierantoni)
LETTERE - Manifestazione Nazionale per chiedere le dimissioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (Angela Brancati)
POLITICA - Gradi di separazione tra la realtà dei lavoratori e dei politici (Giovanna Profumo)
EGITTO - Un appello ai popoli e ai governi del mondo libero (Egyptian National Coalition)
STORIA - Dopo l'ultimo testimone, ne verranno altri (Alisia Poggio)
GIORNATA DELLA MEMORIA - I bambini di Terezin (Angelo Guarnieri)
DONNE - Altri ritratti (Giovanna Profumo)
POLITICA – Mignottocrazia alla romana (Ferdinando Bonora)
EGITTO - Democrazia e libertà nel mondo arabo (Eleana Marullo)
SOCIETA': Una denuncia da 2,5 milioni di Euro (Stefano De Pietro)
PAROLE DEGLI OCCHI – Oppio dei popoli (a cura di Giorgio Bergami e Paola Pierantoni)
LETTERE - Manifestazione Nazionale per chiedere le dimissioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (Angela Brancati)
OLI 287: VERSANTE LIGURE - SETTIMO: NON RUBYRE
Il Clero sarà brusco?
La Chiesa or si oppone?
Riparlerà Bagnasco?
Rituonerà Bertone?
Più non mi riconosco:
per la Liberazione
da Papi & sottobosco
confido in un sermone.
Confessional finisco
(però, che depressione!).
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
OLI 287: Politica - Gradi di separazione tra la realta' dei lavoratori e dei politici
Fotografia di Sergio Banchieri |
E’ tanto sottile quanto pericoloso perché fa leva sulla pacatezza che dovrebbe vincere su “una nuova stagione di duro conflitto sociale”.
Giovanni Lunardon – vicesegretario Pd Liguria - su Repubblica ed. Genova di lunedì 31 gennaio, dopo aver scritto che “il Pd è vicino, sempre, a tutti i lavoratori che manifestano per i propri diritti e per il lavoro” spiega al lettore che non è condivisibile la scelta di Marchionne sulla rappresentanza, che è un grave errore mettere in discussione il contratto nazionale, che “il vero punto debole” del progetto Fiat “è la scarsa chiarezza sul piano industriale”. Ma aggiunge che, contrapposta al conflitto e alla rottura del fronte sindacale, c’è una strada “più difficile, più faticosa e ambiziosa ma probabilmente più utile per difendere i diritti dei lavoratori e contribuire alla ripresa dell’economia del paese”. E’ la strada nella quale vanno ricucite le divisioni sindacali, create le condizioni politiche e sociali per un accordo tra le parti, fatta una legge sulla rappresentanza in grado di dar voce sugli accordi ai lavoratori con il referendum. Infine va aperta “una nuova fase che ci conduca nel cuore del modello tedesco con la partecipazione dei lavoratori alle scelte strategiche delle (grandi) aziende, sperimentando forme inedite e innovative di democrazia sociale”.
Progetto ambizioso quello del Pd, ma che non considera gli elementi del contesto sul quale il conflitto sta crescendo.
Primo fra tutti la scelta ostinata di Fim e Uilm di non tenere conto della volontà dei lavoratori. Secondo, la totale assenza di condizioni politiche e sociali per una legge sulla rappresentanza; infine l’aspirazione al modello sindacale tedesco, in mancanza in Italia di (grandi) aziende che desiderino condividere utili e scelte strategiche con i lavoratori.
Lunardon pare dire che il Pd sta vicino ai lavoratori, ma alle sue condizioni. Vicino, sì, ma a una certa distanza.
Venerdì 28 gennaio 2011 in via XX Settembre a Genova i partecipanti alla manifestazione della Fiom hanno coperto l’intero tragitto da Piazza de Ferrari a Via Fiume. Molte altre categorie hanno partecipato.
Nulla di ambizioso, sia chiaro. Solo la volontà di presidiare quello che sta per essere tolto. Perché all’ambizione si può aspirare quando i livelli di benessere sono elevati, quando a miglioramento si può aggiungere miglioramento. L’ambizione è un sentimento nobile e progressista, anche riformista ma in presenza di condizioni favorevoli. Oggi il mercato del lavoro non produce nessun sogno, tantomeno quello indicato da Lunardon, vicesegretario del Pd Ligure. E la volontà di modificare l’articolo 41 della Costituzione è un segnale lampante di quali “forme inedite e innovative di democrazia” si vogliono sperimentare in Italia. Forme di cui i giovani sono ben consapevoli.
Accanto a quei lavoratori, insieme agli studenti, anche Sergio Cofferati parlamentare europeo del Pd eletto in Liguria.
Chissà, sarà lo stesso Pd?
No. Non poniamo domande ambiziose.
(Giovanna Profumo)
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