Villa Cattaneo, un gioiello di residenza extraurbana genovese in una delle aree più commercializzate e industrializzate della città, zona Ikea e Ansaldo per intendersi. Qui ha sede Fondazione Ansaldo, che sabato 15 gennaio ha ospitato il banchiere Alessandro Profumo a conclusione del master “Progetto Mediterraneo: gli allievi intervistano A. P. su imprenditorialità e internazionalizzazione”. Le domande dei ragazzi sono precise, tecniche, si parla di venture capitale, imprese, globalizzazione e le risposte, spesso in inglese, altrettanto puntuali.
Il banchiere non lascia spazio a illusioni: le banche non finanziano futuro incerto e ai giovani che vogliono fare impresa in realtà non rispondono. Aprire un'azienda, in Italia o all'estero, chiedere finanziamenti non sono compiti di una banca che, sottolinea il manager, "deve occuparsi del capitale di credito e non di rischio. Le banche fanno un mestiere noioso, prestare soldi e chiederli indietro". Con la certezza del ritorno, sembra sottintendere, ma non lo dice, lo si mormora in platea. Così la ricerca deve essere finanziata dalle imprese; al più qualche spin off delle Università, una scelta che a suo tempo Profumo fece personalmente con riserva anche per Centri di ricerca “puri”.
Aleggia la questione Fiat, su cui i tanti giornalisti cercano di condurlo, ma Profumo preferisce glissare con una battuta: "Il primo dovere delle imprese è stare in piedi e - continua, bistrattando la giornalista del Corriere della Sera che gli aveva posto la domanda - non si parli di responsabilità sociale, d'impegno a restare nel proprio Paese o verso i dipendenti, soltanto di sostenibilità che è poi fare bene il proprio mestiere".
Per i giovani studenti del Maghreb, che anelano magari ad avere un'opinione su quanto sta succedendo nei loro Paesi, un laconico giudizio: si tratta di una richiesta di maggior democrazia e libertà di parola.
“Realpolitik degli imbecilli” titolava Liberation sabato 15 gennaio, riferendosi ai precedenti pubblici apprezzamenti di Sarkozy nei confronti di Ben Alì, senza dare mai sostegno agli oppositori del regime del generale, aiutato a salire al potere anche dagli Italiani. Con un occhio agli affari, come tutta l'Europa, che da anni ha accolto migliaia di lavoratori magrebini per rispedirli poi nei loro Paesi, investendo troppo poco nei Paesi del Sud del Mediterraneo, senza accrescere la collaborazione e lo sviluppo per migliorare l'economia dell'intera area.
Anche là però le nuove generazioni hanno studiato, navigano su Internet e guardano le televisioni straniere: non è soltanto una rivolta del carovita ma una rivolta generazionale, che ha visto da subito in prima linea tra i dimostranti studenti e insieme professori, i primi uccisi dalle forze dell'ordine. Anzi, il primo giovane morto è stato un ragazzo laureato e disoccupato, cui la polizia aveva sgombrato il banco di frutta, il suo lavoro per sopravvivere. Poi è tutto degenerato.
Così Ali, Amina, Eba e tutti gli studenti arrivati da Egitto, Marocco, Tunisia e sbarcati ad Arpe, scuola per giovani capitani d'impresa, guidata dall'ex manager dell'Iri Giovanni Gambardella, possono mettersi il cuore in pace, poiché il grande banchiere sostiene che nella vita si deve fare ciò che piace, conta la passione: se si è coinvolti emozionalmente si farà meglio e si avrà il massimo. Belle parole. Ma c'è fame di pane, di lavoro e di libertà.
Ai giovani però, dall'Europa all'Africa, l'unico ambito sembra essere rimasta la piazza. Certo esistono le piazze virtuali, i canali di espressione del Web 2.0, il pulsare dei social network ma è un discorso interno, non basta ad urlare il disagio. Il fatto è che si è creduto di poter prolungare ad libitum le classi dirigenti, siano esse state elette democraticamente o no.
In piazze diverse vanno “gli ultimi”, i giovani, coloro che potrebbero rinnovare dall'interno i loro Paesi e ne sono invece estromessi. Da Atene a Tunisi i giovani disperatamente rabbiosi sanno che si gioca il proprio destino e quello dei loro Paesi di fronte al lento spegnimento di una classe di autocrati o tiranni, mummificati in quei Palazzi sempre più depredati e devastati dall'immobilità. Ma quando va bene ricevono soltanto belle parole, altrimenti botte e pallottole.
(Bianca Vergati)
martedì 18 gennaio 2011
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