Alcune posizioni contrarie al decreto flussi espresse da parte di persone e associazioni amiche degli immigrati hanno suscitato perplessità. Nascono - ci auguriamo - dall’equivoco che si tratti di nuovi ingressi di lavoratori immigrati. In una crisi senza precedenti e in presenza di molti lavoratori italiani e immigrati disoccupati sembra illogico farne entrare altri.
In verità non sono nuovi ingressi ma persone che sono già in Italia, costrette a lavorare in nero in quanto prive di permesso di soggiorno, per le quali il decreto flussi rappresenta praticamente l'unica speranza per uscire dalla “clandestinità”. Tutti sanno dell’assurda procedura secondo la quale i pochi fortunati che riusciranno ad ottenere il nulla osta faranno finta di non essere in Italia ma torneranno nei loro paesi d’origine, si presenteranno alle ambasciate italiane per chiedere i visti d’ingresso e rientreranno di nuovo in Italia per ottenere il permesso di soggiorno. Molti giornalisti ormai lo scrivono, ma sembra siano pochi quelli che leggono. Chi è d'accordo con i leghisti che non vogliono i decreti flussi è contrario alla regolarizzazione degli immigrati e li costringe a continuare a vivere nella clandestinità e a lavorare in nero.
Le associazioni di volontariato, i sindacati, i democratici (persone e partiti) dovrebbero denunciare fortemente questa assurda procedura e chiedere al governo di rilasciare il permesso di soggiorno a coloro che ottengono il nulla osta e che sono già presenti in Italia, senza l’obbligo di un inutile e costoso viaggio di andata (al paese d’origine) e ritorno (in Italia). Un viaggio drammaticamente avventuroso perché alla frontiera esiste il rischio di essere espulsi proprio nel momento in cui si abbandona il territorio italiano, dopo anni di vita in “clandestinità”, di sacrifici, di speranza e di attesa dell’occasione di regolarizzarsi.
Un altro ostacolo da superare è quello delle ambasciate: i lavoratori sperano che non siano informate della loro presenza in Italia durante il periodo di presentazione delle domande. Oltre al costo del viaggio c’è anche quello di un nuovo passaporto pulito da timbri di ingresso in Italia o nell’Europa di Schengen.
Al limite si può sperare che succeda come dieci anni fa, quando Cgil Cisl Uil avevano chiesto ed ottenuto una circolare del ministero delle esteri (telegramma n. 4771 del 9 marzo 2000) nella quale si affermava quanto segue: “Pertanto, fin da ora, la presenza dello straniero sul territorio italiano – e più in generale sul territorio Schengen – durante l’iter autorizzativo, non costituirà più elemento ostativo al rilascio delle autorizzazioni o nulla osta previsti per il lavoro subordinato, né al rilascio dei relativi visti d’ingresso”.
Era possibile, legale e di buon senso dieci anni fa. Oggi, con l’entrata in vigore della direttiva europea sui rimpatri che favorisce il rimpatrio volontario, lo sarebbe ancora di più. Così che il viaggio, comunque costoso e inutile, sia almeno sicuro e tranquillo. Certo che sarebbe più intelligente eliminare del tutto questo viaggio ipocrita ed ingiusto.
(Saleh Zaghloul)
martedì 18 gennaio 2011
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