David Grossman racconta di quando, il 21 dicembre di molti anni fa, mettendo a letto suo figlio Yonathan, di tre anni, gli disse che quella sarebbe stata la notte più lunga dell’anno. Solo un’informazione curiosa per l’autore, ma di impatto enorme per il bambino che il giorno dopo mostrò grande sollievo per la fine di quel lungo buio.
Al salone del Maggior Consiglio lunedì 13 dicembre 2010 David Grossman racconta di favole e paure alla grandissima platea. Spiegando quella dimensione incantata che si interpone tra giorno e notte e che permette a chi vuol essere genitore di cogliere la magia della narrazione di una favola al proprio bambino. E’ il momento in cui il bimbo non deve mettere in ordine, rispondere alle regole, fare questo o quello, ma andare in un posto altro e godere di fantasia e immaginazione. Occasione unica per genitori e figli. L’autore mette a fuoco le ombre che nel chiaroscuro della stanza scivolano sugli oggetti trasformandoli agli occhi dei bambini in mostri, e narra delle voci distanti e ovattate che provengono dalle alte stanze. Racconta delle paure dei bambini e reclama per loro la massima attenzione. Nel Talmud si racconta che quando il primo uomo vide il sole che tramontava divenne isterico, pensò che quella fosse la punizione all’oscurità voluta per lui da dio perché aveva mancato in qualcosa. Solo nei giorni successivi comprese che il tramonto faceva parte del ciclo della vita.
Il bambino è come quell’uomo primordiale. Quando gli viene detto “papà domani vola in America”, non capisce, cerca di immaginarne le ali, il bambino è come un emigrante nel nostro mondo. Per questo l’universo dei bambini va preservato dalla brutalità. Non si può raccontare ai bambini qualsiasi orrore.
Si ha la percezione che la notte più lunga, nell’incontro di Grossman con i genovesi, sia anche quella tra palestinesi e israeliani, votati alla guerra perché incapaci di immaginare la pace. E per questo condannati a sopravvivere e basta. Quando vengo in Europa – racconta l’autore – respiro a pieni polmoni. Quando sono in Israele respiro a metà. Sono sempre all’erta.
Dalla letteratura per l’infanzia a quella per adulti si passa in batter di ciglia e nell’incontro, come per magia, si è trasportati nella narrazione del suo ultimo romanzo, dove guerra e destino del figlio al fronte spingono una madre alla fuga dalla propria la casa. La donna infatti scappa dall’unico luogo nel quale le può essere recapitata l’eventuale notizia della morte del giovane. E in questo viaggio i ricordi narrati ad un amico ripercorrono gli istanti di vita del figlio, fin dalla prima poppata e dai primi passi, dando voce alla fatica di forgiare un essere umano. Dando corpo alla facilità assurda con la quale un essere umano possa soccombere per la guerra.
(Giovanna Profumo)
martedì 14 dicembre 2010
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