Dario è un giovane uomo, titolo di studio Perito Agrario, scelta professionale allevatore sui monti nei dintorni di Mele. La casa è isolata nel bosco. Le persone a lui più vicine sono una giovane coppia che ha impiantato una attività di pensione, addestramento e rieducazione di cani. Una vasta estensione di bosco prima abbandonata al rischio di incendi ora è nuovamente sorvegliata e abitata da attività umane.
Chi sia da tempo abituato a percorrere i sentieri del nostro entroterra avrà malinconica esperienza della sua trasformazione in landa desolata. Così l’impressione che si ha vedendo questi ragazzi è quella di trovarsi di fronte a dei pionieri.
L’attività di Dario è al suo inizio, e per ora tra i castagni ci sono solo dieci maiali, ma aumenteranno e tra non molto arriveranno le scrofe e il verro che, oltre a fecondarle, col suo odore terrà lontani i cinghiali. Un’altra zona del bosco ospiterà le capre, si produrrà il formaggio, e poi alberi da frutto, e i piccoli frutti di bosco … Il terreno non appartiene a Dario, lui ci lavora. E’ l’amministratore delegato di una minuscola azienda, dove lavoreranno, oltre a lui, altri due giovani. L’impianto della attività è stato reso possibile da un finanziamento del Programma di Sviluppo Rurale 2007 – 2013, ma da ora in poi l’equilibrio economico l’azienda se lo deve costruire da sola. La scelta produttiva dei proprietari del terreno è coraggiosa: allevamento secondo criteri rispettosi del benessere animale. Ma il rapporto di “resa” tra un maiale libero di passeggiare tra i castagni e quello immobilizzato in un allevamento intensivo è senza confronto. A questo si aggiunge il grandissimo problema della distribuzione, soprattutto per la carne fresca: come farla arrivare agli acquirenti? A disposizione, per ora, ci sono solo piccole nicchie distributive come quella dei “GAS” (Gruppi Acquisto Solidale), che possono contare solo sulla loro auto-organizzazione.
Mano a mano che Dario parla cresce un interrogativo: ma quale è, e quale potrebbe essere, la politica agricola regionale? E’ molto opinabile che – come ci dicono - entità, finalizzazione e durata dei finanziamenti siano indifferenziate rispetto alle tipologie aziendali. Ci vorrebbe una scelta politica per favorire la qualità sia dei prodotti che della vita animale, e per sostenere un sistema distributivo adeguato alle caratteristiche di queste produzioni. A maggior ragione per il fatto che la Liguria non è area per grandi allevamenti intensivi, e che andrebbero incentivate attività che contrastino il degrado del nostro entroterra.
Invece queste imprese combattono da sole, e Dario mi cita esempi di “ritorni indietro”, cemento e recinti messi rapidamente a sostituire lo spazio libero che non fa ingrassare a sufficienza. Mi dice che se volesse guadagnarci sceglierebbe l’intensivo a stecca, perché “alla gente non importa nulla di comprare sotto costo i vestiti fatti sfruttando i bambini, cosa vuoi che gliene freghi di come campa un maiale? Guarda solo al prezzo e alla comodità”. Ma poi pensa alle scrofe che verranno, mi fa vedere come siano puliti i maiali se li si lascia vivere come dio comanda, mi spiega che sono molto intelligenti, che hanno imparato a schiacciare il bottone della fontanella in modo che il getto dell’acqua vada di lato a formare un piccolo stagno. I maiali ci circondano, curiosi.
A quando una politica che sappia mettere insieme etica, sviluppo, capacità di prevedere e innovare il futuro?
(Paola Pierantoni)
martedì 16 novembre 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Assurdo.. Capire che un maiale è un essere intelligente, giocoso e curioso, dovrebbe essere lo spunto per riflettere su come sia sbagliato far si che sia un prodotto industriale e che diventi la vostra cena.. Pensare a "gabbie pulite" e non "gabbie vuote" è un palliativo lava coscienza che argina il problema, ovvero quello dello schiavismo.
RispondiEliminaGrottesco. Non vedo cosa ci sia di etico nell'allevare la vita e poi ucciderla per profitto.
RispondiElimina