Il decreto flussi si è dimostrato uno strumento insufficiente per rendere possibili gli ingressi regolari di lavoratori immigrati necessari per l’economia e per il sistema del welfare italiano: occorrono altri strumenti come lo sponsor, il visto ed il permesso di soggiorno per ricerca lavoro e la regolarizzazione permanente, senza dover uscire e rientrare in Italia, di chi già presente e lavora in nero in quanto senza permesso di soggiorno. Il decreto flussi, inoltre, è stato usato male stabilendo quote d’ingresso molto basse non corrispondenti al vero fabbisogno del paese o addirittura bloccandole del tutto come ad esempio per il 2009 ed il 2010.
I pochissimi ingressi regolari hanno incentivato gli ingressi clandestini ed i trafficanti, e le norme rigide ed autolesioniste sul rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno (il legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno ovvero il contratto di soggiorno), hanno finito per ricacciare nella clandestinità persone che avevano faticosamente ottenuto il permesso di soggiorno. Perciò il decreto flussi è stato utilizzato dai datori di lavoro per regolarizzare i loro lavoratori impiegati in nero. Tutti sanno dell’assurdo viaggio di andata (nel paese d’origine) e ritorno (in Italia) al quale è costretta la maggiore parte dei lavoratori, anche i pochi fortunati le cui pratiche sono andate a buon fine. L’assurdo è che il legislatore lo sa benissimo, e che, sapendolo, invece di sistemare il tutto in Italia risparmiando ai lavoratori ed ai loro datori di lavoro il costo di un inutile viaggio, impone la più rigida delle interpretazioni della legge, che ammette alla regolarizzazione solo lavoratori non presenti in Italia, costringendo i lavoratori ad uscire clandestinamente dal Paese.
L’esigenza di serietà e razionalità di governo che la crisi ormai richiede fortemente porterà prima o poi ad una revisione della legge sull’immigrazione in senso più favorevole agli interessi generali del paese. Non è possibile, ad esempio, realizzare una seria lotta all’evasione fiscale e contributiva continuando a dire “no” ai datori di lavoro onesti che chiedono che venga rilasciato il permesso di soggiorno ai loro lavoratori irregolari oggi costretti a lavorare in nero, e di poter dunque versare nelle casse dello Stato i contributi previdenziali (ed indirettamente le tasse e le imposte) per loro.
Fino a quando ciò non avverrà è impossibile concordare con chi – come il governatore del Veneto Luca Zaia - propone di limitare le quote del decreto flussi, perché l’unica conseguenza sarebbe impedire a molti immigrati che già lavorano in quella regione, di regolarizzarsi, costringendoli a continuare a lavorare in nero.
Provoca quindi un certo sconcerto vedere che ad essere d’accordo con Zaia ci sia Paolino Barbiero, segretario provinciale della Cgil trevigiana: un dirigente sindacale, un rappresentante dei lavoratori.
(Saleh Zaghloul)
Nessun commento:
Posta un commento