martedì 26 ottobre 2010
OLI 275: SOMMARIO
VERSANTE LIGURE - TELE NON VISIONI (Enzo Costa&Aglaja)
COSTITUZIONE ITALIANA - Aldo Moro: Costituzione e antifascismo (a cura di Aglaja)
POLITICA - il 4 novembre si manifesta per i diritti
IMMIGRAZIONE - Puglia, la Corte Costituzionale da ragione a Vendola (Saleh Zaghloul)
CITTA' - Box a gogò (Bianca Vergati)
POLITICA - La lunga estate delle donne romane (Maria Alisia Poggio)
SOCIETA' - Le leggerezze di un pm (Stefano De Pietro)
ALIMENTAZIONE - I vegetariani, gli acritici e gli onnivori selettivi (Paola Pierantoni)
PAROLE DEGLI OCCHI - Popolarità delle acciughe (Giorgio Bergami)
LETTERE - I tagli del governo mettono a rischio il Centro anti violenza (Marina Dondero)
LETTERE - Ingiustizie. Che fare? (Maria Paola Veardo)
LETTERE - Oscenità al Tg3 (Paola Pierantoni)
OLI 275: VERSANTE LIGURE - TELE NON VISIONI
Report, Santoro, Fazio,
Saviano: ormai la lista
di chi pagherà dazio
s’ingrossa a d’occhio vista.
E chi tace a ’sto strazio
o è cieco o è Masichista.
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
OLI 275: COSTITUZIONE ITALIANA - Aldo Moro: Costituzione e antifascismo
Da sinistra, tre giovanissimi "professorini", deputati all’Assemblea costituente: Giorgio La Pira, Aldo Moro, Giuseppe Dossetti (foto Publifoto). |
Maria Serena Piretti,
"Il progetto politico di Aldo Moro dalla Costituente alla Terza Fase"
(a cura di Aglaja)
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OLI 275: POLITICA - il 4 novembre si manifesta per i diritti
Giovedì 4 novembre, alle 17, sotto il monumento a Garibaldi in Piazza De Ferrari è prevista a Genova una manifestazione promossa dal Circolo di Studi sul Lavoro Sociale “Oltre il Giardino” e chiama operatori sociali, volontari, cittadini, amministratori locali, sindacati a mobilitarsi contro la politica di un governo il cui scopo è “abolire i servizi pubblici cambiando di fatto la Costituzione” e che “con la scusa della crisi economica vuole colpire a morte lo stato sociale”
Il titolo del volantino riassume amaramente l’attuale situazione nel nostro paese: “Mercato, profitto e beneficienza al posto della democrazia e dei diritti”.
Le primissime adesioni: Associazione Balgasar - Associazione San Marcellino - Associazione il Ce.Sto - Csoa Pinelli - Laboratorio Buridda - Csoa Zapata - Cooperativa La Comunità - Cooperativa Il laboratorio - Cooperativa il Biscione - Lega Coop - Don Andrea Gallo , Comunità S.Benedetto - Pietro Marcello, Regista.
A seguire, il testo del volantino.
Mercato, profitto e beneficenza al posto della democrazia e dei diritti
Con la scusa della crisi economica il governo vuole colpire a morte lo stato sociale. L'eliminazione del Fondo Sociale e del Fondo per i non autosufficienti costringe Regioni, Comuni e ASL a ridurre ancora di più gli aiuti alle famiglie per l'assistenza agli anziani, ai disabili, ai bambini e agli adolescenti, a chi è emarginato o povero.
A causa dei tagli alla spesa pubblica le persone e le famiglie in difficoltà già colpite dalla crisi dovranno cavarsela da sole, chi può pagando i servizi, chi non può ricorrendo alla beneficenza, come già avviene da alcuni anni. Bisognerà ricorrere ancora di più alle cure domestiche, soprattutto a carico delle donne, della famiglia o al lavoro, spesso nero e mal pagato, di badanti e babysitter.
Molti lavoratori dei servizi sociali, sopratutto privati ma anche pubblici, saranno costretti alla disoccupazione o al lavoro senza risorse, precario e dequalificato.
I volontari dovranno affrontare il compito impossibile e improprio di sostituire i servizi pubblici.
Di questo famiglie, operatori e amministratori locali si stanno accorgendo anche se c'è ancora troppa rassegnazione e troppo senso di impotenza.
Ma il vero scopo del governo non è quello di ridurre la spesa per i servizi alle persone.
Lo scopo principale è invece quello di abolire i servizi pubblici, cambiando nei fatti la nostra Costituzione: il sistema dei servizi pubblici, con l'aiuto della cooperazione e del volontariato, non serve soltanto a offrire prestazioni ma sopratutto a rendere concreti quei valori di libertà, uguaglianza e fraternità che giustificano e fondano la società italiana nata dalla Resistenza e dalla Guerra mondiale.
I servizi pubblici vanno difesi non tanto perché aiutano chi è in difficoltà a rientrare nella società o a combattere il bisogno, l'invalidità, la povertà ma proprio perché hanno il mandato specifico di aiutare la comunità a conoscere e sviluppare il dovere di solidarietà. Servono a costruire giorno per giorno una società che tuteli e garantisca l’uguaglianza delle opportunità per tutti.
Il governo vuole eliminare questi presidi costituzionali, per lasciar mano libera a chi vuole vendere le prestazioni sociali oppure offrirle non per diritto ma per carità o beneficenza. Non per caso i tagli riguardano tutti i presidi costituzionali pubblici, come la scuola la sanità la cultura. In ciascuno di questi settori , contribuiscono nei rispettivi ambiti a realizzare il compito della Repubblica (art.3 Costituzione)
“… rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Ognuno di noi deve reagire con forza essendo consapevole del nostro vero interesse e del vero scopo del governo. Bisogna agire insieme, insieme con le amministrazioni locali, i sindacati, le cooperative, le organizzazioni del volontariato, gli operatori, le famiglie e le loro associazioni, insieme con il mondo della scuola, della sanità, della ricerca, della cultura, del lavoro. Non solo per difendere i servizi, le famiglie, i lavoratori. Non solo per combattere l'egoismo, la furbizia, la disonestà.
Agire insieme per far emergere una società migliore, più fedele alla Costituzione, più democratica, libera, uguale, fraterna.
A tutti coloro che condividono questa preoccupazione, ma anche la voglia di ricostruire un discorso di senso sull’insieme dei servizi, diamo appuntamento Giovedì 4 NOVEMBRE ore 17 in piazza De Ferrari (sotto il monumento di Garibaldi ! )
Per aderire mandare una mail a oltreilgiardino.ge@yahoo.it - Per vedere via via chi ha aderito guardare gli eventi nell'account di facebook "oltre il giardino"
Il titolo del volantino riassume amaramente l’attuale situazione nel nostro paese: “Mercato, profitto e beneficienza al posto della democrazia e dei diritti”.
Le primissime adesioni: Associazione Balgasar - Associazione San Marcellino - Associazione il Ce.Sto - Csoa Pinelli - Laboratorio Buridda - Csoa Zapata - Cooperativa La Comunità - Cooperativa Il laboratorio - Cooperativa il Biscione - Lega Coop - Don Andrea Gallo , Comunità S.Benedetto - Pietro Marcello, Regista.
A seguire, il testo del volantino.
Mercato, profitto e beneficenza al posto della democrazia e dei diritti
Con la scusa della crisi economica il governo vuole colpire a morte lo stato sociale. L'eliminazione del Fondo Sociale e del Fondo per i non autosufficienti costringe Regioni, Comuni e ASL a ridurre ancora di più gli aiuti alle famiglie per l'assistenza agli anziani, ai disabili, ai bambini e agli adolescenti, a chi è emarginato o povero.
A causa dei tagli alla spesa pubblica le persone e le famiglie in difficoltà già colpite dalla crisi dovranno cavarsela da sole, chi può pagando i servizi, chi non può ricorrendo alla beneficenza, come già avviene da alcuni anni. Bisognerà ricorrere ancora di più alle cure domestiche, soprattutto a carico delle donne, della famiglia o al lavoro, spesso nero e mal pagato, di badanti e babysitter.
Molti lavoratori dei servizi sociali, sopratutto privati ma anche pubblici, saranno costretti alla disoccupazione o al lavoro senza risorse, precario e dequalificato.
I volontari dovranno affrontare il compito impossibile e improprio di sostituire i servizi pubblici.
Di questo famiglie, operatori e amministratori locali si stanno accorgendo anche se c'è ancora troppa rassegnazione e troppo senso di impotenza.
Ma il vero scopo del governo non è quello di ridurre la spesa per i servizi alle persone.
Lo scopo principale è invece quello di abolire i servizi pubblici, cambiando nei fatti la nostra Costituzione: il sistema dei servizi pubblici, con l'aiuto della cooperazione e del volontariato, non serve soltanto a offrire prestazioni ma sopratutto a rendere concreti quei valori di libertà, uguaglianza e fraternità che giustificano e fondano la società italiana nata dalla Resistenza e dalla Guerra mondiale.
I servizi pubblici vanno difesi non tanto perché aiutano chi è in difficoltà a rientrare nella società o a combattere il bisogno, l'invalidità, la povertà ma proprio perché hanno il mandato specifico di aiutare la comunità a conoscere e sviluppare il dovere di solidarietà. Servono a costruire giorno per giorno una società che tuteli e garantisca l’uguaglianza delle opportunità per tutti.
Il governo vuole eliminare questi presidi costituzionali, per lasciar mano libera a chi vuole vendere le prestazioni sociali oppure offrirle non per diritto ma per carità o beneficenza. Non per caso i tagli riguardano tutti i presidi costituzionali pubblici, come la scuola la sanità la cultura. In ciascuno di questi settori , contribuiscono nei rispettivi ambiti a realizzare il compito della Repubblica (art.3 Costituzione)
“… rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Ognuno di noi deve reagire con forza essendo consapevole del nostro vero interesse e del vero scopo del governo. Bisogna agire insieme, insieme con le amministrazioni locali, i sindacati, le cooperative, le organizzazioni del volontariato, gli operatori, le famiglie e le loro associazioni, insieme con il mondo della scuola, della sanità, della ricerca, della cultura, del lavoro. Non solo per difendere i servizi, le famiglie, i lavoratori. Non solo per combattere l'egoismo, la furbizia, la disonestà.
Agire insieme per far emergere una società migliore, più fedele alla Costituzione, più democratica, libera, uguale, fraterna.
A tutti coloro che condividono questa preoccupazione, ma anche la voglia di ricostruire un discorso di senso sull’insieme dei servizi, diamo appuntamento Giovedì 4 NOVEMBRE ore 17 in piazza De Ferrari (sotto il monumento di Garibaldi ! )
Per aderire mandare una mail a oltreilgiardino.ge@yahoo.it - Per vedere via via chi ha aderito guardare gli eventi nell'account di facebook "oltre il giardino"
OLI 275: IMMIGRAZIONE - Puglia, la Corte Costituzionale da ragione a Vendola
Il Presidente del Consiglio aveva chiesto l’intervento della Corte Costituzionale sollevando la questione di legittimità di alcune disposizioni della Legge Regionale Puglia sull’Immigrazione (L. 22/2010). La sentenza della Corte Costituzionale n.299 del 22 ottobre 2010 ha dato ragione all’operato della Regione governata da Vendola su almeno tre questioni importanti:
1) Il Testo Unico sull’immigrazione garantisce l’assistenza sanitaria gratuita agli immigrati irregolarmente soggiornanti per le cure urgenti o essenziali, anche a carattere continuativo, e prevede inoltre che a loro sia rilasciato un tesserino con il codice STP (Straniero Temporaneamente Presente). La legge pugliese prevede che gli assistiti con il codice STP abbiano diritto alla scelta del medico di base. Il governo ha protestato contro questa misura non prevista dalle disposizioni nazionali ma la Corte Costituzionale ha dichiarato legittima questa disposizione.
2) Il governo, modificando il Testo Unico sull’immigrazione, con la legge 132/2008, ha escluso i cittadini dell’Unione Europea (ad esempio i romeni) non iscritti all'anagrafe dall’assistenza sanitaria gratuita di cui fruiscono i cittadini non europei irregolarmente soggiornanti. La legge pugliese invece prevede per i cittadini appartenenti all’Unione Europea privi dei requisiti per l’iscrizione al sistema sanitario l’assistenza gratuita con il codice ENI (Europeo Non in Regola) con le stesse modalità per l’attribuzione e l’accesso alle prestazioni previsti per i cittadini irregolari non appartenenti all’Unione Europea assistiti con il codice STP. Berlusconi ha protestato ma la Corte Costituzionale ha dichiarato legittima anche questa disposizione.
3) La Legge Regione Puglia n. 22/2010, infine, usa la vecchia formulazione del Testo Unico, cancellata dalla modifica governativa, per stabilire che “le disposizioni della legge regionale si applicano qualora più favorevoli anche ai cittadini appartenenti all’Unione Europea”. Una norma di buon senso che non è piaciuta al governo Berlusconi, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale; e la Corte, anche in questo caso, ha dichiarato la legittimità della norma.
Tre provvedimenti di diritto, di buon senso, di civiltà e di provata costituzionalità che insieme all’iscrizione a tempo indeterminato al Sistema Sanitario Regionale degli immigrati regolari (vigente sempre in Puglia) attendono di essere adottati dalla Regione Liguria e dalle altre Regioni di centro sinistra.
(Saleh Zaghloul)
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OLI 275: CITTA' - Box a gogò
Madame le Parking, così Jean Nouvel, quello del padiglione blu della Fiera, definì l'architetto Teresa Sapey, per il suo garage alla Puerta d'America di Madrid, hotel su 15 livelli, ciascuno dei quali disegnato da architetti di brillio internazionale. Il lavoro più bello e innovativo per un modello urbano sostenibile, parcheggi interrati per far sparire le auto dalle strade ed usare i mezzi pubblici. (Corriere della Sera, 17 ottobre 2010).
Forse vorrà aspirare a quel titolo la sindaco di Genova, viste le ultime uscite del suo Urban Lab. A Il Secolo XIX (22 ottobre 2010) il numero uno dell'Urbanistica comunale, l'architetto Tomiolo, ha infatti annunciato essere pronto il Comune a modificare le regole per i box pertinenziali, ovvero quelli costruiti su suolo comunale e venduti a prezzo agevolato con bonus vari come per la prima casa - di pertinenza soltanto non più a trecento metri da casa ma nell'ambito di tutto un Municipio. Quindi a distanze anche dieci volte superiori, cioè ci si compra un box a prezzo agevolato a Staglieno, pur abitando a Marassi. Sottocasa insomma, comodo e utile per sgombrare la strada dai veicoli, che era poi la vocazione a cui avrebbe dovuta ambire tutto questo fiorire di costruzione di box. I potenziali clienti acquisterebbero in diritto di superficie per novant'anni i garage ricavati sulle aree pubbliche: una " forma d'investimento" per i cittadini, bontà loro. E il Comune in prospettiva potrebbe renderli commerciabili senza vincoli, incassando i relativi oneri, viste le vacche magre. Che importa se di fatto la macchina poi la lasci sul portone e ingombri la strada ugualmente.
Proposta sollecitata da alcune imprese edili in crisi di vendita in certe zone cittadine. Non parliamo di eccesso di offerta - ci si affretta a chiarire, tanto più che i costruttori premono per il via libera a nuovi progetti, in posti di gran pregio però, dove si vende dai centomila euro in su e pazienza se poi resta dell'invenduto.
Lasciare spazio ai passanti, ai passeggini, alle bici, a chi semplicemente vuol fare quattro passi a piedi, avere diritto al proprio spazio, vivendo in una città "gentile" e rispettosa. Anche a questo servono i parcheggi, che invece paiono diventati le slot machine delle entrate comunali, in questi anni costruiti a migliaia.
Perché se da un lato sembra che di box ne avanzino, dall'altro pare non si finisca mai di progettarne: 3500 sono in totale i park pertinenziali conteggiati da Il Secolo, mentre altri 1500 potrebbero avere l'avvio con le nuove interpretazioni.
Il giornale ne cita due anche di Nervi (via Oberdan e via Casotti) per un totale di 150, mentre con il parcheggio delle Streghe, quello dietro la chiesa, via Donato Somma, via Capolungo, più di 700 box sono in costruzione nella zona. Altri 2mila sono previsti in città con il project financing.
In giro però molti cartelli con su scritto vendesi box, lì come in tutta Genova.
Ma - per una città più verde - non si doveva scoraggiare l'auto, incentivare il trasporto pubblico? Si permette invece di tirar giù alberi, giardini-parco, case antiche, come villa Margherita a Nervi, per far posto ai parcheggi. Dunque come mai si costruisce, con il rischio di non vendere? Quante auto, barche, case vorrebbero che ci si comprasse? In cambio di verde, territorio e costa spariti per sempre.
Il fatto è che di quattrini ce ne sono comunque, in mezzo a tanta crisi, magari qualcosa di troppo: lo "scudo" ne ha liberati parecchi. Intanto gli edili minacciano a livello nazionale una pesante protesta, si lavora poco, in realtà non si edifica il necessario.
Eppure l'allarme lanciato dalla magistratura, persino dalla Confindustria dovrebbe far riflettere: sarebbe giusto indagare fino in fondo su chi sta investendo e con quali soldi si costruisce in Italia e in Liguria, una regione che ha perso migliaia di abitanti. Di certo non se lo stanno chiedendo gli enti locali, troppo occupati a monetizzare per il nostro bene.
Forse vorrà aspirare a quel titolo la sindaco di Genova, viste le ultime uscite del suo Urban Lab. A Il Secolo XIX (22 ottobre 2010) il numero uno dell'Urbanistica comunale, l'architetto Tomiolo, ha infatti annunciato essere pronto il Comune a modificare le regole per i box pertinenziali, ovvero quelli costruiti su suolo comunale e venduti a prezzo agevolato con bonus vari come per la prima casa - di pertinenza soltanto non più a trecento metri da casa ma nell'ambito di tutto un Municipio. Quindi a distanze anche dieci volte superiori, cioè ci si compra un box a prezzo agevolato a Staglieno, pur abitando a Marassi. Sottocasa insomma, comodo e utile per sgombrare la strada dai veicoli, che era poi la vocazione a cui avrebbe dovuta ambire tutto questo fiorire di costruzione di box. I potenziali clienti acquisterebbero in diritto di superficie per novant'anni i garage ricavati sulle aree pubbliche: una " forma d'investimento" per i cittadini, bontà loro. E il Comune in prospettiva potrebbe renderli commerciabili senza vincoli, incassando i relativi oneri, viste le vacche magre. Che importa se di fatto la macchina poi la lasci sul portone e ingombri la strada ugualmente.
Proposta sollecitata da alcune imprese edili in crisi di vendita in certe zone cittadine. Non parliamo di eccesso di offerta - ci si affretta a chiarire, tanto più che i costruttori premono per il via libera a nuovi progetti, in posti di gran pregio però, dove si vende dai centomila euro in su e pazienza se poi resta dell'invenduto.
Lasciare spazio ai passanti, ai passeggini, alle bici, a chi semplicemente vuol fare quattro passi a piedi, avere diritto al proprio spazio, vivendo in una città "gentile" e rispettosa. Anche a questo servono i parcheggi, che invece paiono diventati le slot machine delle entrate comunali, in questi anni costruiti a migliaia.
Perché se da un lato sembra che di box ne avanzino, dall'altro pare non si finisca mai di progettarne: 3500 sono in totale i park pertinenziali conteggiati da Il Secolo, mentre altri 1500 potrebbero avere l'avvio con le nuove interpretazioni.
Il giornale ne cita due anche di Nervi (via Oberdan e via Casotti) per un totale di 150, mentre con il parcheggio delle Streghe, quello dietro la chiesa, via Donato Somma, via Capolungo, più di 700 box sono in costruzione nella zona. Altri 2mila sono previsti in città con il project financing.
In giro però molti cartelli con su scritto vendesi box, lì come in tutta Genova.
Ma - per una città più verde - non si doveva scoraggiare l'auto, incentivare il trasporto pubblico? Si permette invece di tirar giù alberi, giardini-parco, case antiche, come villa Margherita a Nervi, per far posto ai parcheggi. Dunque come mai si costruisce, con il rischio di non vendere? Quante auto, barche, case vorrebbero che ci si comprasse? In cambio di verde, territorio e costa spariti per sempre.
Il fatto è che di quattrini ce ne sono comunque, in mezzo a tanta crisi, magari qualcosa di troppo: lo "scudo" ne ha liberati parecchi. Intanto gli edili minacciano a livello nazionale una pesante protesta, si lavora poco, in realtà non si edifica il necessario.
Eppure l'allarme lanciato dalla magistratura, persino dalla Confindustria dovrebbe far riflettere: sarebbe giusto indagare fino in fondo su chi sta investendo e con quali soldi si costruisce in Italia e in Liguria, una regione che ha perso migliaia di abitanti. Di certo non se lo stanno chiedendo gli enti locali, troppo occupati a monetizzare per il nostro bene.
Via Capolungo, scavi. |
Via Capolungo, prima degli scavi. |
(Bianca Vergati)
OLI 275: POLITICA - La lunga estate delle donne romane
L'estate delle donne romane è stata lunga e particolarmente afosa. Sembra non dar tregua neanche ai segnali del primo freddo. Come al solito tutto è iniziato sommessamente, il 26 maggio 2010, con la proposta di Legge regionale del Lazio n. 21 del consigliere Olimpia Tarzia. Tra i suoi titoli rammentiamo: Docente di Bioetica, Vice Presidente nazionale della Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana, tra i fondatori del Movimento per la Vita, Presidente del Comitato Nazionale per la Famiglia, Presidente del Comitato "Donne e Vita" etc etc.
La proposta riconosce la famiglia come centro per la promozione della vita e delle relazioni etico-educative, nucleo fondante di nuove realtà consultoriali parallele a quelle territoriali pubbliche-locali e no profit, con le quali la famiglia deve interagire nello spirito della contaminazione della società civile. Anzi, la famiglia è la società civile!
Scorrendo gli articoli s'intuisce che con famiglia s'intende la coppia canonicamente consacrata dal rito nuziale, non si sa se religioso o meno. Un vago riferimento all'oratorio (art.8) come luogo di aggregazione con il quale il nuovo consultorio familiare dialoga per la maturazione psico affettiva e sessuale dei membri della famiglia, lascia ad intendere qualcosa. La mission della famiglia evangelizzante è la promozione della vita, (art. 13) deve accompagnare e anticipare la possibilità di avvalersi della legge 194/78, tentando di preservare la maternità, facendo ragionare la donna sulle motivazioni della sua scelta personale di abortire, proponendo sostegni economici in una strenua difesa del concepimento. Si citano appositi fondi da dispensare a madri che rientrino in determinate categorie di reddito, prospettando sovvenzioni sino al quinto anno di età del bambino. Consultori familiari e madri dovrebbero essere sostenuti dalla Regione Lazio, quando questa soffre di un buco enorme di bilancio nella sanità e non riesce nemmeno a coprire le necessità del territorio regionale con il numero esiguo di consultori pubblici. Alla sottrazione di fondi pubblici per un'iniziativa privata è proposta l'ormai usuale alternativa (art.17-18): la possibilità di aggregarsi in consorzi (ben vengano se non forzati), cercare sponsor etc. Non una novità per una convergenza storico nazionale in cui i servizi sociali e culturali sono messi a dura prova, se non completamente in dubbio.
Il provvedimento di legge prevede anche l'istituzione di un comitato bioetico, composto da alcune figure professionali come l'esperto in bioetica, il giurista, il farmacologo etc. Dunque nuovi ruoli professionali, quali le qualifiche per identificarli? Il Comitato bioetico presiede le attività dei consultori pubblici e verifica che i loro servizi siano conformi alle norme bioetiche.
La minaccia ai consultori pubblici, alla legge 194, alla legge 15/76 in vigore, è stata recepita da diverse realtà, dai sindacati agli stessi consultori, dai comitati femminili a singole adesioni di professioniste, che si riuniscono ormai da luglio alla Casa Internazionale delle Donne. Tutte insieme hanno dato luogo ad iniziative simboliche, continuano a raccogliere firme, hanno incontrato il 4 ottobre scorso Emma Bonino ed altri esponenti di partiti politici che hanno dato sostegno al no nei confronti della proposta di legge.
Il capitolo non è ancora chiuso, anzi, collocato in uno scenario nazionale in cui le pressioni verso le autonomie regionali, combinate con le forti restrizioni dei loro budget sanitari, può dar vita alle più varie declinazioni. Una legge regionale che scavalca una nazionale, approvata con un referendum popolare, dovrebbe mettere in allerta chiunque. Ancora una volta le donne sono chiamate a difendere diritti ritenuti acquisiti, non solo per interesse diretto, ma per una condivisione reale e nel tentativo di radicare quelli che dovrebbero esser diritti naturali.
http://www.olimpiatarzia.it/
http://www.petizionionline.it/petizione/salviamo-i-consultori-della-regione-lazio-dalla- proposta-di-riforma-tarzia/1977
http://roma.repubblica.it/cronaca/2010/09/22/news/consultori-7324163/
http://www.radioradicale.it/scheda/312368
(Maria Alisia Poggio)
La proposta riconosce la famiglia come centro per la promozione della vita e delle relazioni etico-educative, nucleo fondante di nuove realtà consultoriali parallele a quelle territoriali pubbliche-locali e no profit, con le quali la famiglia deve interagire nello spirito della contaminazione della società civile. Anzi, la famiglia è la società civile!
Scorrendo gli articoli s'intuisce che con famiglia s'intende la coppia canonicamente consacrata dal rito nuziale, non si sa se religioso o meno. Un vago riferimento all'oratorio (art.8) come luogo di aggregazione con il quale il nuovo consultorio familiare dialoga per la maturazione psico affettiva e sessuale dei membri della famiglia, lascia ad intendere qualcosa. La mission della famiglia evangelizzante è la promozione della vita, (art. 13) deve accompagnare e anticipare la possibilità di avvalersi della legge 194/78, tentando di preservare la maternità, facendo ragionare la donna sulle motivazioni della sua scelta personale di abortire, proponendo sostegni economici in una strenua difesa del concepimento. Si citano appositi fondi da dispensare a madri che rientrino in determinate categorie di reddito, prospettando sovvenzioni sino al quinto anno di età del bambino. Consultori familiari e madri dovrebbero essere sostenuti dalla Regione Lazio, quando questa soffre di un buco enorme di bilancio nella sanità e non riesce nemmeno a coprire le necessità del territorio regionale con il numero esiguo di consultori pubblici. Alla sottrazione di fondi pubblici per un'iniziativa privata è proposta l'ormai usuale alternativa (art.17-18): la possibilità di aggregarsi in consorzi (ben vengano se non forzati), cercare sponsor etc. Non una novità per una convergenza storico nazionale in cui i servizi sociali e culturali sono messi a dura prova, se non completamente in dubbio.
Il provvedimento di legge prevede anche l'istituzione di un comitato bioetico, composto da alcune figure professionali come l'esperto in bioetica, il giurista, il farmacologo etc. Dunque nuovi ruoli professionali, quali le qualifiche per identificarli? Il Comitato bioetico presiede le attività dei consultori pubblici e verifica che i loro servizi siano conformi alle norme bioetiche.
La minaccia ai consultori pubblici, alla legge 194, alla legge 15/76 in vigore, è stata recepita da diverse realtà, dai sindacati agli stessi consultori, dai comitati femminili a singole adesioni di professioniste, che si riuniscono ormai da luglio alla Casa Internazionale delle Donne. Tutte insieme hanno dato luogo ad iniziative simboliche, continuano a raccogliere firme, hanno incontrato il 4 ottobre scorso Emma Bonino ed altri esponenti di partiti politici che hanno dato sostegno al no nei confronti della proposta di legge.
Il capitolo non è ancora chiuso, anzi, collocato in uno scenario nazionale in cui le pressioni verso le autonomie regionali, combinate con le forti restrizioni dei loro budget sanitari, può dar vita alle più varie declinazioni. Una legge regionale che scavalca una nazionale, approvata con un referendum popolare, dovrebbe mettere in allerta chiunque. Ancora una volta le donne sono chiamate a difendere diritti ritenuti acquisiti, non solo per interesse diretto, ma per una condivisione reale e nel tentativo di radicare quelli che dovrebbero esser diritti naturali.
http://www.olimpiatarzia.it/
http://www.petizionionline.it/petizione/salviamo-i-consultori-della-regione-lazio-dalla- proposta-di-riforma-tarzia/1977
http://roma.repubblica.it/cronaca/2010/09/22/news/consultori-7324163/
http://www.radioradicale.it/scheda/312368
(Maria Alisia Poggio)
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OLI 275: SOCIETA' - Le leggerezze di un pm
Facendo i debiti scongiuri, se qualcuno vi rubasse la chiave di casa e vi entrasse facendoci un semplice giro uscendone senza danneggiare nulla, questo sarebbe considerato una violazione di domicilio. Aggiungendo a questo la rottura di un televisore, qualsiasi sentenza comporterebbe in aggiunta un reato di danneggiamento, con relativo danno per il ripristino del bene danneggiato. Se il bene danneggiato fosse un bel "puzzle" appeso al muro, al valore del gioco dovremmo aggiungere un "costo" delle ore di impegno necessarie per montarlo, valutabili in chissà quale modo.
Quindi non si riesce a capire come mai una persona che ha subito il danneggiamento di un proprio "puzzle" personale su Facebook (la sua casa di Pet Society), costruito con centinaia di ore davanti al PC e spendendo soldi nei negozi virtuali della rete, debba subire il doppio scorno della richiesta di archiviazione da parte di un pubblico ministero. Perché è questo che sarebbe successo ad una persona di Palermo, la cui vicissitudine è stata riportata da diversi quotidiani (*).
Lascia sconcertati che un pm non sia stato in grado di riconoscere un reato così evidente, previsto in termini espliciti dalla legge, che comincia con il furto della password per finire con una casa vuota, anche se virtuale, e nemmeno di capire che, oggi, i beni possono essere anche dematerializzati, possono consistere in un archivio di musica, di film regolarmente acquistati su un supporto diverso dai classici CD. E possono consistere anche nell'idea di possedere qualcosa per la quale si è pagato denaro sonante (più o meno, vista la dematerializzazione anche di quest'ultimo): è il caso di Pet Society.
Per fortuna che il giudice per le indagini preliminari ha invece accolto l'opposizione agguerrita degli avvocati della danneggiata, disponendo l'indagine della polizia postale per individuare il colpevole. E se riusciranno a trovarlo, lo scherzo costerà caro al nostro Lupin virtuale, vista la somma di reati ascrittigli, dal furto d'identità fino al danneggiamento: tutti reati penali.
Un'osservazione più tecnica a piè d'articolo: il termine hacker usato dall'Ansa (l'agenzia stampa dalla quale la notizia deriva) è usato in questo caso in modo errato, in quanto per i pirati informatici che creano danneggiamenti è in uso un termine diverso, cracker. Hacker è colui che non abusa della propria capacità ma, anzi, spesso la mette a disposizione proprio per il miglioramento dei sistemi di difesa informatica.
* http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2010/10/22/AMvxIxAE-facebook_svaligiata_inchiesta.shtml
* http://www3.lastampa.it/costume/sezioni/articolo/lstp/369891/
(Stefano De Pietro)
Quindi non si riesce a capire come mai una persona che ha subito il danneggiamento di un proprio "puzzle" personale su Facebook (la sua casa di Pet Society), costruito con centinaia di ore davanti al PC e spendendo soldi nei negozi virtuali della rete, debba subire il doppio scorno della richiesta di archiviazione da parte di un pubblico ministero. Perché è questo che sarebbe successo ad una persona di Palermo, la cui vicissitudine è stata riportata da diversi quotidiani (*).
Lascia sconcertati che un pm non sia stato in grado di riconoscere un reato così evidente, previsto in termini espliciti dalla legge, che comincia con il furto della password per finire con una casa vuota, anche se virtuale, e nemmeno di capire che, oggi, i beni possono essere anche dematerializzati, possono consistere in un archivio di musica, di film regolarmente acquistati su un supporto diverso dai classici CD. E possono consistere anche nell'idea di possedere qualcosa per la quale si è pagato denaro sonante (più o meno, vista la dematerializzazione anche di quest'ultimo): è il caso di Pet Society.
Per fortuna che il giudice per le indagini preliminari ha invece accolto l'opposizione agguerrita degli avvocati della danneggiata, disponendo l'indagine della polizia postale per individuare il colpevole. E se riusciranno a trovarlo, lo scherzo costerà caro al nostro Lupin virtuale, vista la somma di reati ascrittigli, dal furto d'identità fino al danneggiamento: tutti reati penali.
Un'osservazione più tecnica a piè d'articolo: il termine hacker usato dall'Ansa (l'agenzia stampa dalla quale la notizia deriva) è usato in questo caso in modo errato, in quanto per i pirati informatici che creano danneggiamenti è in uso un termine diverso, cracker. Hacker è colui che non abusa della propria capacità ma, anzi, spesso la mette a disposizione proprio per il miglioramento dei sistemi di difesa informatica.
* http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2010/10/22/AMvxIxAE-facebook_svaligiata_inchiesta.shtml
* http://www3.lastampa.it/costume/sezioni/articolo/lstp/369891/
(Stefano De Pietro)
OLI 275: ALIMENTAZIONE - I vegetariani, gli acritici e gli onnivori selettivi
Un'amica, a commento degli articoli finora usciti su Oli (*) a proposito del mangiar carne, degli allevamenti intensivi e del libro “Se nulla importa” di Safran Foer, mi chiede: “Bene, e ora? Che si fa?”
La via più facile è non fare proprio niente e continuare a “mangiare come tutti gli altri”. A stare ai dati (**) parrebbe a prima vista che la direzione sia proprio questa: in USA siamo ad un consumo di 125 kg. annui di carne pro-capite, in Europa la Danimarca va anche oltre con i suoi pazzeschi 145 chili, e anche in Italia, con tutta la nostra dieta mediterranea, siamo passati dai 57 kg annui pro-capite del 1972 agli attuali 90 / 92 chili, una media di due etti e mezzo di carne tutti i santi giorni. E quasi tutta questa carne viene da allevamenti intensivi.
Ma, dice Foer, “questa che fino a poco tempo fa, e quasi ovunque, era un’ottima idea, ora non lo è più”, perché aggiunge gocce su gocce ad un vaso prossimo a traboccare. Oltre all’aspetto etico delle condizioni di vita degli animali, l’agroindustria influenza infatti pesantemente inquinamento, salute, consumo di acqua, condizioni di lavoro, declino delle comunità rurali e povertà globale.
Per quello che lo riguarda lo scrittore Safran Foer, dopo i tre anni passati a raccogliere informazioni per il suo libro, ha deciso che “non vuole avere niente a che fare con l’allevamento intensivo”, e che astenersi dalla carne è per lui l’unico modo realistico di farlo.
Però le strade possibili sono più di una, e a volte si intersecano.
Dice Foer “I rancher possono essere vegetariani, i vegani possono costruire mattatoi, e io posso essere un vegetariano che appoggia il meglio della zootecnia”.
Così agli acritici e ai vegetariani si affiancano i carnivori moderati che, senza azzerarlo, riducono il proprio consumo di carne, e gli “onnivori selettivi” che evitano di acquistare prodotti (carne, uova, latte, formaggi) provenienti da allevamenti intensivi. Cosa che può essere parecchio complicata.
Naturale essere assaliti dai dubbi: ma davvero scelte di questo tipo possono avere una influenza concreta sulle pratiche agricole globali? Lo scrittore americano osserva che “non possiamo evitare, nutrendoci, di irradiare un’influenza anche nostro malgrado”, e che quindi questa influenza esiste, ed è sorpendente.
Negli USA (****) il numero di vegetariani nel 2008 era il 3,2% della popolazione, mentre un altro 10% denunciava una dieta orientata in senso vegetariano. Le previsioni sono in crescita.
Più difficile – immagino – valutare l’entità della platea dei carnivori moderati e degli onnivori selettivi, ma di certo l’industria alimentare inizia a tenerne conto.
Sarebbe interessante capire cosa sta avvenendo da noi: condizione degli animali negli allevamenti, impatto ecologico, conseguenze sanitarie, orientamento dei comportamenti alimentari, influenza di questi sul mercato. Chissà che qualche giornalista – prima o poi – lo faccia.
* La forza dei paradossi http://www.olinews.info/2010/10/oli-274-alimentazione-la-forza-dei.html
Quanta sofferenza sei disposto ad accettare? http://www.olinews.info/2010/10/oli-272-alimentazione-quanta-sofferenza.html
OLI 271, "Se nulla importa" http://www.olinews.info/2010/09/oli-271-informazione-se-nulla-importa.html
** vedi il sito http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=30646 e i molti altri rintracciabili cercando su Google con parole come: consumo / carne / pro capite / dati
*** http://trashfood.com/2009/12/carnivori-moderati.html
**** http://www.articlealley.com/article_1351542_23.html
Altri link:
http://www.eat-ing.net/getpage.aspx?id=73&dx=2&m=2&pf=f&sez=carne#1
http://www.ecowiki.it/allevamenti-sostenibili-il-parere-dei-produttori-e-la-figuraccia-di-fazio.html
(Paola Pierantoni)
La via più facile è non fare proprio niente e continuare a “mangiare come tutti gli altri”. A stare ai dati (**) parrebbe a prima vista che la direzione sia proprio questa: in USA siamo ad un consumo di 125 kg. annui di carne pro-capite, in Europa la Danimarca va anche oltre con i suoi pazzeschi 145 chili, e anche in Italia, con tutta la nostra dieta mediterranea, siamo passati dai 57 kg annui pro-capite del 1972 agli attuali 90 / 92 chili, una media di due etti e mezzo di carne tutti i santi giorni. E quasi tutta questa carne viene da allevamenti intensivi.
Ma, dice Foer, “questa che fino a poco tempo fa, e quasi ovunque, era un’ottima idea, ora non lo è più”, perché aggiunge gocce su gocce ad un vaso prossimo a traboccare. Oltre all’aspetto etico delle condizioni di vita degli animali, l’agroindustria influenza infatti pesantemente inquinamento, salute, consumo di acqua, condizioni di lavoro, declino delle comunità rurali e povertà globale.
Per quello che lo riguarda lo scrittore Safran Foer, dopo i tre anni passati a raccogliere informazioni per il suo libro, ha deciso che “non vuole avere niente a che fare con l’allevamento intensivo”, e che astenersi dalla carne è per lui l’unico modo realistico di farlo.
Però le strade possibili sono più di una, e a volte si intersecano.
Dice Foer “I rancher possono essere vegetariani, i vegani possono costruire mattatoi, e io posso essere un vegetariano che appoggia il meglio della zootecnia”.
Così agli acritici e ai vegetariani si affiancano i carnivori moderati che, senza azzerarlo, riducono il proprio consumo di carne, e gli “onnivori selettivi” che evitano di acquistare prodotti (carne, uova, latte, formaggi) provenienti da allevamenti intensivi. Cosa che può essere parecchio complicata.
Naturale essere assaliti dai dubbi: ma davvero scelte di questo tipo possono avere una influenza concreta sulle pratiche agricole globali? Lo scrittore americano osserva che “non possiamo evitare, nutrendoci, di irradiare un’influenza anche nostro malgrado”, e che quindi questa influenza esiste, ed è sorpendente.
Negli USA (****) il numero di vegetariani nel 2008 era il 3,2% della popolazione, mentre un altro 10% denunciava una dieta orientata in senso vegetariano. Le previsioni sono in crescita.
Più difficile – immagino – valutare l’entità della platea dei carnivori moderati e degli onnivori selettivi, ma di certo l’industria alimentare inizia a tenerne conto.
Sarebbe interessante capire cosa sta avvenendo da noi: condizione degli animali negli allevamenti, impatto ecologico, conseguenze sanitarie, orientamento dei comportamenti alimentari, influenza di questi sul mercato. Chissà che qualche giornalista – prima o poi – lo faccia.
* La forza dei paradossi http://www.olinews.info/2010/10/oli-274-alimentazione-la-forza-dei.html
Quanta sofferenza sei disposto ad accettare? http://www.olinews.info/2010/10/oli-272-alimentazione-quanta-sofferenza.html
OLI 271, "Se nulla importa" http://www.olinews.info/2010/09/oli-271-informazione-se-nulla-importa.html
** vedi il sito http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=30646 e i molti altri rintracciabili cercando su Google con parole come: consumo / carne / pro capite / dati
*** http://trashfood.com/2009/12/carnivori-moderati.html
**** http://www.articlealley.com/article_1351542_23.html
Altri link:
http://www.eat-ing.net/getpage.aspx?id=73&dx=2&m=2&pf=f&sez=carne#1
http://www.ecowiki.it/allevamenti-sostenibili-il-parere-dei-produttori-e-la-figuraccia-di-fazio.html
(Paola Pierantoni)
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OLI 275: LETTERE - I tagli del governo mettono a rischio il Centro anti violenza
La violenza “di genere” colpisce ogni anno migliaia di donne e figli minori, avvelenando in profondità il tessuto sociale del nostro Paese.
Nel 2005, su impulso della Provincia di Genova, è nata la Rete provinciale antiviolenza, che connetteva competenze, servizi e volontà politica di chi, da fronti diversi, lavorava su questo tema.
Negli anni la Rete è cresciuta, e ad oggi ne fanno parte 24 associazioni, 24 Comuni, 6 Pronto Soccorso, due ASL con una buona collaborazione con le Forze dell'Ordine.
La L.R. 12/2007 “Interventi di prevenzione della violenza di genere e misure a sostegno delle donne e dei minori vittime di violenza”, nata su proposta della Rete, prevede, tra l’altro, il finanziamento per la costituzione di almeno un Centro antiviolenza in ogni Provincia, il sostegno a progetti individualizzati per le donne, case rifugio e alloggiative, campagne di sensibilizzazione.
Il Centro Antiviolenza di via Mascherona a Genova è stato inaugurato ufficialmente il 25 novembre del 2008 da Provincia, Comune e Regione assieme alle associazioni della Rete.
Oggi, a due anni dalla sua apertura, sono stati registrati 416 contatti, e 243 donne hanno iniziato il percorso di fuoriuscita dalla violenza, con la presenza di oltre 100 minori vittime di violenza assistita o subita.
Nel 2010 le prese in carico sono aumentate del 30 % rispetto al 2009, e i contatti sono aumentati del 40 %. Analogo riscontro hanno i Centri d'ascolto nati nel frattempo in cinque Comuni del territorio provinciale, e possiamo prevedere che la crescita continuerà anche nei prossimi anni.
Importanti collaborazioni sono state stabilite con ASL 3, Direzione consultoriale, Dipartimento di Salute mentale, Servizio di reperibilità dei servizi sociali, Rete madre-bambino e con le case rifugio e accoglienza del Comune di Genova.
Ma ora ciò che abbiamo costruito in questi anni rischia di essere messo in discussione. Le politiche economiche, la riforma federalista e i tagli diretti o indiretti previsti dal governo Fini - Bossi - Berlusconi sullo stato sociale ricadranno su Regioni, Enti Locali e quindi sulla popolazione, e la società arretrerà dai diritti conquistati faticosamente nel secolo scorso a favore di un aumento esponenziale delle disparità sociali, della perdita progressiva di diritti, dell'impoverimento progressivo delle fasce più deboli e della classe media.
Si passerà dai diritti alla carità, cancellando anni di lotte e conquiste sociali.
Nel 2011 anche i finanziamenti per il Centro antiviolenza, e per i Centri d'ascolto e i servizi ad essi collegati, rischiano di essere messi seriamente in discussione: un pericoloso arretramento in un paese in cui ogni giorno la violenza contro le donne e i loro figli continua a rimanere sostanzialmente fuori dall’agenda politica.
Ma non intendiamo rassegnarci, a maggior ragione dopo i risultati fin qui ottenuti, a veder messa in discussione l'esistenza del Centro e del lavoro di rete, e a ridurre nuovamente a silenzio le donne picchiate, vessate, umiliate tra le pareti di casa dal proprio partner.
Non intendiamo rassegnarci ad un Governo che massacra lo stato sociale e approfitta della crisi per cancellare diritti.
Denunciamo i tagli e l'inesistenza di finanziamenti da parte del Governo, ma chiediamo anche a Regione ed Enti Locali uno sforzo concreto affinchè confermino l'impegno contro la violenza di genere di cui si sono fatti carico in questi anni.
Facciamo appello alla società civile affinchè ci sostenga in questa lotta di democrazia e civiltà, anche costruendo assieme iniziative di raccolta fondi affinché le donne maltrattate non restino sole.
(Marina Dondero – Vice Presidente – Assessora a Costa ed Entroterra e Pari Opportunità della Provincia di Genova)
Nel 2005, su impulso della Provincia di Genova, è nata la Rete provinciale antiviolenza, che connetteva competenze, servizi e volontà politica di chi, da fronti diversi, lavorava su questo tema.
Negli anni la Rete è cresciuta, e ad oggi ne fanno parte 24 associazioni, 24 Comuni, 6 Pronto Soccorso, due ASL con una buona collaborazione con le Forze dell'Ordine.
La L.R. 12/2007 “Interventi di prevenzione della violenza di genere e misure a sostegno delle donne e dei minori vittime di violenza”, nata su proposta della Rete, prevede, tra l’altro, il finanziamento per la costituzione di almeno un Centro antiviolenza in ogni Provincia, il sostegno a progetti individualizzati per le donne, case rifugio e alloggiative, campagne di sensibilizzazione.
Il Centro Antiviolenza di via Mascherona a Genova è stato inaugurato ufficialmente il 25 novembre del 2008 da Provincia, Comune e Regione assieme alle associazioni della Rete.
Oggi, a due anni dalla sua apertura, sono stati registrati 416 contatti, e 243 donne hanno iniziato il percorso di fuoriuscita dalla violenza, con la presenza di oltre 100 minori vittime di violenza assistita o subita.
Nel 2010 le prese in carico sono aumentate del 30 % rispetto al 2009, e i contatti sono aumentati del 40 %. Analogo riscontro hanno i Centri d'ascolto nati nel frattempo in cinque Comuni del territorio provinciale, e possiamo prevedere che la crescita continuerà anche nei prossimi anni.
Importanti collaborazioni sono state stabilite con ASL 3, Direzione consultoriale, Dipartimento di Salute mentale, Servizio di reperibilità dei servizi sociali, Rete madre-bambino e con le case rifugio e accoglienza del Comune di Genova.
Ma ora ciò che abbiamo costruito in questi anni rischia di essere messo in discussione. Le politiche economiche, la riforma federalista e i tagli diretti o indiretti previsti dal governo Fini - Bossi - Berlusconi sullo stato sociale ricadranno su Regioni, Enti Locali e quindi sulla popolazione, e la società arretrerà dai diritti conquistati faticosamente nel secolo scorso a favore di un aumento esponenziale delle disparità sociali, della perdita progressiva di diritti, dell'impoverimento progressivo delle fasce più deboli e della classe media.
Si passerà dai diritti alla carità, cancellando anni di lotte e conquiste sociali.
Nel 2011 anche i finanziamenti per il Centro antiviolenza, e per i Centri d'ascolto e i servizi ad essi collegati, rischiano di essere messi seriamente in discussione: un pericoloso arretramento in un paese in cui ogni giorno la violenza contro le donne e i loro figli continua a rimanere sostanzialmente fuori dall’agenda politica.
Ma non intendiamo rassegnarci, a maggior ragione dopo i risultati fin qui ottenuti, a veder messa in discussione l'esistenza del Centro e del lavoro di rete, e a ridurre nuovamente a silenzio le donne picchiate, vessate, umiliate tra le pareti di casa dal proprio partner.
Non intendiamo rassegnarci ad un Governo che massacra lo stato sociale e approfitta della crisi per cancellare diritti.
Denunciamo i tagli e l'inesistenza di finanziamenti da parte del Governo, ma chiediamo anche a Regione ed Enti Locali uno sforzo concreto affinchè confermino l'impegno contro la violenza di genere di cui si sono fatti carico in questi anni.
Facciamo appello alla società civile affinchè ci sostenga in questa lotta di democrazia e civiltà, anche costruendo assieme iniziative di raccolta fondi affinché le donne maltrattate non restino sole.
(Marina Dondero – Vice Presidente – Assessora a Costa ed Entroterra e Pari Opportunità della Provincia di Genova)
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OLI 275: LETTERE - Ingiustizie. Che fare?
E’ iniziata una stagione di caccia alla ricerca di chi si presume percepisca indebitamente 267,00 Euro mensili per una inabilità fisica o psichica non vera.
I controlli si sono moltiplicati. Si augurano tutti un buon bottino tale da poter andare ad alimentare le magre casse dello stato.
L’esiguità della somma erogata non fa scandalo e non è di interesse collettivo. Ma per chi conosce direttamente le storie di povertà e malattia risulta evidente la profonda ingiustizia.
I veri poveri non sanno cosa vuol dire arrivare a fine mese senza soldi. Per loro il primo giorno è già l’ultimo.
La legge finanziaria approvata dal governo e in vigore dal 1 Gennaio 2011 non ha modificato i miseri introiti dovuti per le pensioni minime, ha invece stabilito parametri severi per poter usufruire della pensione di anzianità lavorativa. Una moltitudine di lavoratori si è visto allontanare nel tempo il tanto ambito desiderio di riposo e ciò ha generato sconforto.
Mi è venuto incontro uno scritto sindacale che riportava la sintesi di un intervento fatto in parlamento il 21 settembre 2010 da un deputato dell’opposizione. Questi chiedeva l’approvazione di un ordine del giorno in cui veniva chiesta l’abolizione del vitalizio spettante ai parlamentari dopo cinque anni di legislatura. Stupisce l’accordo con cui la maggioranza dei deputati ha rifiutato la proposta presentata.
Riporto i risultati della votazione e alcuni stralci dell’intervento:
Presenti 525
Votanti 520
Astenuti 5
Maggioranza 261
Hanno votato sì 22
Hanno votato no 498
“Penso che nessun cittadino e nessun lavoratore al di fuori di qui possa accettare l’idea che gli si chieda, per poter percepire un vitalizio o una pensione, di versare contributi per quarant’anni, quando qui dentro sono sufficienti cinque anni per percepire un vitalizio. È una distanza tra il Paese reale e questa istituzione che deve essere ridotta ed evitata. Non sarà mai accettabile per nessuno che vi siano persone che hanno fatto il parlamentare per un giorno - ce ne sono tre - e percepiscono più di 3.000 euro al mese di vitalizio. Non si potrà mai accettare che ci siano altre persone rimaste qui per sessantotto giorni, dimessisi per incompatibilità, che percepiscono un assegno vitalizio di più di 3.000 euro al mese. C’è la vedova di un parlamentare che non ha mai messo piede materialmente in Parlamento, eppure percepisce un assegno di reversibilità.
Credo che questo sia un tema al quale bisogna porre rimedio e la nostra proposta… è che si provveda alla soppressione degli assegni vitalizi, sia per i deputati in carica che per quelli cessati, chiedendo invece di versare i contributi…
Proprio la Corte Costituzionale, con la sentenza richiamata dai colleghi questori, ha permesso invece di dire che non si tratta di una pensione, che non esistono dunque diritti acquisiti e che, con una semplice delibera dell’Ufficio di Presidenza, si potrebbe procedere nel senso da noi prospettato, che consentirebbe di fare risparmiare al bilancio… milioni di euro l’anno.”
Che fare ? Qualcuno in passato si era già posto questa domanda ma a quanto pare il tempo della storia non è riuscito a dare ancora una risposta.
(Maria Paola Veardo)
I controlli si sono moltiplicati. Si augurano tutti un buon bottino tale da poter andare ad alimentare le magre casse dello stato.
L’esiguità della somma erogata non fa scandalo e non è di interesse collettivo. Ma per chi conosce direttamente le storie di povertà e malattia risulta evidente la profonda ingiustizia.
I veri poveri non sanno cosa vuol dire arrivare a fine mese senza soldi. Per loro il primo giorno è già l’ultimo.
La legge finanziaria approvata dal governo e in vigore dal 1 Gennaio 2011 non ha modificato i miseri introiti dovuti per le pensioni minime, ha invece stabilito parametri severi per poter usufruire della pensione di anzianità lavorativa. Una moltitudine di lavoratori si è visto allontanare nel tempo il tanto ambito desiderio di riposo e ciò ha generato sconforto.
Mi è venuto incontro uno scritto sindacale che riportava la sintesi di un intervento fatto in parlamento il 21 settembre 2010 da un deputato dell’opposizione. Questi chiedeva l’approvazione di un ordine del giorno in cui veniva chiesta l’abolizione del vitalizio spettante ai parlamentari dopo cinque anni di legislatura. Stupisce l’accordo con cui la maggioranza dei deputati ha rifiutato la proposta presentata.
Riporto i risultati della votazione e alcuni stralci dell’intervento:
Presenti 525
Votanti 520
Astenuti 5
Maggioranza 261
Hanno votato sì 22
Hanno votato no 498
“Penso che nessun cittadino e nessun lavoratore al di fuori di qui possa accettare l’idea che gli si chieda, per poter percepire un vitalizio o una pensione, di versare contributi per quarant’anni, quando qui dentro sono sufficienti cinque anni per percepire un vitalizio. È una distanza tra il Paese reale e questa istituzione che deve essere ridotta ed evitata. Non sarà mai accettabile per nessuno che vi siano persone che hanno fatto il parlamentare per un giorno - ce ne sono tre - e percepiscono più di 3.000 euro al mese di vitalizio. Non si potrà mai accettare che ci siano altre persone rimaste qui per sessantotto giorni, dimessisi per incompatibilità, che percepiscono un assegno vitalizio di più di 3.000 euro al mese. C’è la vedova di un parlamentare che non ha mai messo piede materialmente in Parlamento, eppure percepisce un assegno di reversibilità.
Credo che questo sia un tema al quale bisogna porre rimedio e la nostra proposta… è che si provveda alla soppressione degli assegni vitalizi, sia per i deputati in carica che per quelli cessati, chiedendo invece di versare i contributi…
Proprio la Corte Costituzionale, con la sentenza richiamata dai colleghi questori, ha permesso invece di dire che non si tratta di una pensione, che non esistono dunque diritti acquisiti e che, con una semplice delibera dell’Ufficio di Presidenza, si potrebbe procedere nel senso da noi prospettato, che consentirebbe di fare risparmiare al bilancio… milioni di euro l’anno.”
Che fare ? Qualcuno in passato si era già posto questa domanda ma a quanto pare il tempo della storia non è riuscito a dare ancora una risposta.
(Maria Paola Veardo)
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OLI 275: LETTERE - Oscenità al Tg3
Ieri 24 ottobre poco dopo le 19, mentre cucinavo, stavo ascoltando il Tg3, ed ecco che mi raggiunge la voce di questo Misseri che descrive i dettagli dell’omicidio in cui è coinvolto.
La redazione del Tg3 aveva deciso di fare ascoltare a tutti noi la deposizione di questo disgraziato sul fatto terribile che tutti sappiamo.
Subito dopo lo stesso Tg3 rendeva criticamente conto del “turismo dell’orrore” che si sta svolgendo dalle parti di Avetrana.
Questa – io trovo – è una cosa oscena, che taglia alla radice il diritto di prendersela con gli altri, i Fede, e i Vespa con i loro modellini.
Se la differenza è solo nella quantità (quegli altri ci sguazzano di più, e più a lungo), è una differenza piccola piccola. La sostanza si equivale.
(Paola Pierantoni)
La redazione del Tg3 aveva deciso di fare ascoltare a tutti noi la deposizione di questo disgraziato sul fatto terribile che tutti sappiamo.
Subito dopo lo stesso Tg3 rendeva criticamente conto del “turismo dell’orrore” che si sta svolgendo dalle parti di Avetrana.
Questa – io trovo – è una cosa oscena, che taglia alla radice il diritto di prendersela con gli altri, i Fede, e i Vespa con i loro modellini.
Se la differenza è solo nella quantità (quegli altri ci sguazzano di più, e più a lungo), è una differenza piccola piccola. La sostanza si equivale.
(Paola Pierantoni)
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martedì 19 ottobre 2010
OLI 274: SOMMARIO
.
VERSANTE LIGURE - COSA HO IN SERBO (Enzo Costa&Aglaja)
CULTURA - Grazie, Tiziano (Ferdinando Bonora)
ILVA - Perché quegli sguardi avviliti? (Giovanna Profumo)
SOCIETA' - Comunicazione umana ad alta densità (Paola Pierantoni)
ALIMENTAZIONE - La forza dei paradossi (Paola Pierantoni)
IMMIGRAZIONE - Decreto flussi: meglio che niente? (Saleh Zaghloul)
COSTITUZIONE ITALIANA - Raimondo Ricci e il compito della testimonianza (a cura di Aglaja)
PAROLE DEGLI OCCHI - Un genio assai silente (Stefano De Pietro)
LETTERE - Riaprire la partita (Ferdinando Bonora)
VERSANTE LIGURE - COSA HO IN SERBO (Enzo Costa&Aglaja)
CULTURA - Grazie, Tiziano (Ferdinando Bonora)
ILVA - Perché quegli sguardi avviliti? (Giovanna Profumo)
SOCIETA' - Comunicazione umana ad alta densità (Paola Pierantoni)
ALIMENTAZIONE - La forza dei paradossi (Paola Pierantoni)
IMMIGRAZIONE - Decreto flussi: meglio che niente? (Saleh Zaghloul)
COSTITUZIONE ITALIANA - Raimondo Ricci e il compito della testimonianza (a cura di Aglaja)
PAROLE DEGLI OCCHI - Un genio assai silente (Stefano De Pietro)
LETTERE - Riaprire la partita (Ferdinando Bonora)
.
.
OLI 274: VERSANTE LIGURE - COSA HO IN SERBO
Da ultrà, la faccio enorme
sguainando il medio dito
mi atteggio in modo abnorme
insulto a menadito
l’etnia sventolo in forme
fra il folle e l’inaudito:
ministro alle Riforme
io son (ma che hai capito?).
Versi di ENZO COSTA
OLI 274: CULTURA - Grazie, Tiziano
Se n’è uscito di scena all’improvviso, Tiziano Mannoni.
C’eravamo incontrati qualche giorno fa, alla presentazione del programma di Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, nell’affollato salone del Maggior Consiglio. Seduti vicini, mi mostrava fotocopie degli antichi statuti di Pontremoli sui quali stava lavorando per una sua ennesima pubblicazione. Per guadagnar tempo, scorreva i fogli e intanto seguiva i relatori sul palco, con l’intelligente, vivace e poliedrica curiosità di sempre. Ci conoscevamo da quasi quarant’anni, da quando, liceale non ancora diciottenne, avevo cominciato a frequentare nel 1971 gli incontri teorico-pratici di archeologia che egli, allora quarantatreenne, teneva presso la sezione genovese dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri per un gruppo di appassionati, d’intesa con la Soprintendenza (detta allora “alle Antichità”, oggi “per i Beni Archeologici”).
Ogni venerdì sera ci si ritrovava in sede, a Palazzo Reale nel vecchio atrio dov’è ora la caffetteria del museo, a seguire le sue lezioni di tecnica di scavo e storia della ceramica. Il sabato e la domenica si saliva a scavare sulla Collina di Castello tra le macerie di San Silvestro, in una Genova ancora martoriata dalla guerra, inimmaginabile per chi vi vede adesso quella Facoltà di Architettura dove molti anni dopo lo stesso Mannoni sarebbe stato uno dei docenti più apprezzati e carismatici, a distribuire ai suoi studenti il proprio sapere con l’umiltà, la semplicità e la chiarezza che contraddistinguono chi è veramente grande.
Le rovine del convento domenicano racchiudevano mura del precedente castello vescovile medievale, a sua volta eretto sulle vestigia dell’oppidum preromano, la cittadella fortificata ligure-etrusca da cui si sarebbe sviluppata l’intera città. Sotto la sua guida si praticavano scavi rigorosamente stratigrafici, andando a ritroso nel tempo dai giorni nostri fino al quinto/sesto secolo avanti Cristo, sviluppando le innovative metodiche d’indagine messe a punto da Nino Lamboglia, il direttore dell’Istituto di Studi Liguri tragicamente scomparso in porto nel 1977, che di tanto in tanto effettuava sopralluoghi e forniva consigli.
Mannoni e il suo gruppo hanno condotto significative ricerche anche in numerosi altri siti, sia a Genova sia nel resto della Liguria e pure fuori regione. In particolare nella Lunigiana, da dove proveniva e dove ha disposto che tornino i suoi resti.
La sua formazione al di fuori dei consueti binari (non aveva alle spalle studi classici, ma proveniva dall’ambito delle scienze, che da pioniere aveva cominciato ad applicare ai vari aspetti dei beni culturali) lo faceva guardare con sospetto e sufficienza da un certo mondo accademico legato a un’idea di archeologia come storia dell’arte antica e dei fatti eccezionali, che mal sopportava un nuovo approccio attento invece alla globalità dei fenomeni, in un’archeologia intesa come disciplina storica che indaga tutti gli aspetti del passato basandosi soprattutto sulle tracce materiali stratificatesi nel tempo in un dato territorio; non solo nel sottosuolo ma anche al disopra di esso, negli edifici, nelle infrastrutture e nelle forme del paesaggio tuttora in uso.
Dal vecchio Gruppo Ricerche nacque l’Iscum, Istituto per la Storia della Cultura Materiale oggi ospitato presso il Museo di Sant’Agostino, con archivi e biblioteca specializzata.
La chiesa gremitissima al funerale e i numerosi commenti “linkati” qui sotto dicono quanto fosse stimato non solo per i suoi meriti scientifici in Italia e all’estero, ma anche per l’umanità con cui sapeva rapportarsi agli altri.
Siamo in tanti a dovergli tanto: grazie, Tiziano, per tutto quello che ci hai lasciato.
http://www.viveregenova.comune.genova.it/content/addio-tiziano-mannoni-archeologo-dellarchitettura
http://generazionediarcheologi.myblog.it/archive/2010/10/17/addio-tiziano-mannoni-l-archeologia-italiana-piange-un-pioni.html
http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2010/10/18/AMSqeu9D-addio_delle_creuze.shtml
(Ferdinando Bonora)
C’eravamo incontrati qualche giorno fa, alla presentazione del programma di Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, nell’affollato salone del Maggior Consiglio. Seduti vicini, mi mostrava fotocopie degli antichi statuti di Pontremoli sui quali stava lavorando per una sua ennesima pubblicazione. Per guadagnar tempo, scorreva i fogli e intanto seguiva i relatori sul palco, con l’intelligente, vivace e poliedrica curiosità di sempre. Ci conoscevamo da quasi quarant’anni, da quando, liceale non ancora diciottenne, avevo cominciato a frequentare nel 1971 gli incontri teorico-pratici di archeologia che egli, allora quarantatreenne, teneva presso la sezione genovese dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri per un gruppo di appassionati, d’intesa con la Soprintendenza (detta allora “alle Antichità”, oggi “per i Beni Archeologici”).
Ogni venerdì sera ci si ritrovava in sede, a Palazzo Reale nel vecchio atrio dov’è ora la caffetteria del museo, a seguire le sue lezioni di tecnica di scavo e storia della ceramica. Il sabato e la domenica si saliva a scavare sulla Collina di Castello tra le macerie di San Silvestro, in una Genova ancora martoriata dalla guerra, inimmaginabile per chi vi vede adesso quella Facoltà di Architettura dove molti anni dopo lo stesso Mannoni sarebbe stato uno dei docenti più apprezzati e carismatici, a distribuire ai suoi studenti il proprio sapere con l’umiltà, la semplicità e la chiarezza che contraddistinguono chi è veramente grande.
San Silvestro negli anni Ottanta (foto F. Bonora) |
Mannoni e il suo gruppo hanno condotto significative ricerche anche in numerosi altri siti, sia a Genova sia nel resto della Liguria e pure fuori regione. In particolare nella Lunigiana, da dove proveniva e dove ha disposto che tornino i suoi resti.
La sua formazione al di fuori dei consueti binari (non aveva alle spalle studi classici, ma proveniva dall’ambito delle scienze, che da pioniere aveva cominciato ad applicare ai vari aspetti dei beni culturali) lo faceva guardare con sospetto e sufficienza da un certo mondo accademico legato a un’idea di archeologia come storia dell’arte antica e dei fatti eccezionali, che mal sopportava un nuovo approccio attento invece alla globalità dei fenomeni, in un’archeologia intesa come disciplina storica che indaga tutti gli aspetti del passato basandosi soprattutto sulle tracce materiali stratificatesi nel tempo in un dato territorio; non solo nel sottosuolo ma anche al disopra di esso, negli edifici, nelle infrastrutture e nelle forme del paesaggio tuttora in uso.
Dal vecchio Gruppo Ricerche nacque l’Iscum, Istituto per la Storia della Cultura Materiale oggi ospitato presso il Museo di Sant’Agostino, con archivi e biblioteca specializzata.
La chiesa gremitissima al funerale e i numerosi commenti “linkati” qui sotto dicono quanto fosse stimato non solo per i suoi meriti scientifici in Italia e all’estero, ma anche per l’umanità con cui sapeva rapportarsi agli altri.
Siamo in tanti a dovergli tanto: grazie, Tiziano, per tutto quello che ci hai lasciato.
http://www.viveregenova.comune.genova.it/content/addio-tiziano-mannoni-archeologo-dellarchitettura
http://generazionediarcheologi.myblog.it/archive/2010/10/17/addio-tiziano-mannoni-l-archeologia-italiana-piange-un-pioni.html
http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2010/10/18/AMSqeu9D-addio_delle_creuze.shtml
(Ferdinando Bonora)
OLI 274: ILVA - Perché quegli sguardi avviliti?
Mercoledì 13 ottobre. Fabbrica di Cornigliano, 8.30 del mattino.
Le macchine scivolano alla spicciolata nel grande parcheggio davanti alla portineria.
Si sono lasciate alle spalle un lungo percorso costeggiato da container colorati.
No. Non ci sono giornalisti della stampa locale a raccontare il fatto. Anche se la prima tranche di rientri in fabbrica - 55 dipendenti - dopo cinque anni di cassa integrazione, è di certo un evento cittadino. Occasione unica per chi vorrebbe occuparsi di cronaca del lavoro.
Le facce, soprattutto donne, sorridono beffarde all’ineluttabile. Impiegate over quaranta che si salutano e si abbracciano per poi cercare nella borsa il badge, scovato nei cassetti e dimenticato per un lustro, puntualmente scambiato con l’addetto della proprietà con un pass più nuovo e meno ingiallito. Ma con la stessa foto vecchia di anni.
La fabbrica alla loro destra sembra inerte, come chiusa dentro il suo imballo azzurrino. Alla loro sinistra il cantiere è in movimento. Un pullman – sedili imbottiti e impolverati – le accompagnerà insieme ai colleghi alla scuola siderurgica per il loro primo giorno di lavoro. Che è poi formazione.
Nella catena di montaggio che li ha visti oggetto dell’accordo di programma donne e uomini si sono sentiti spostati come merce da una fase all’altra di un ciclo che li ha visti in azienda, poi in Comune e Provincia, ed oggi ancora in azienda. E il 13 ottobre non esitano a dichiararsi “merce di scambio”.
Dopo di loro, a scaglioni, entreranno gli operai. Per tutti è prevista una settimana in fabbrica e tre a casa. Con salario tutelato.
Con una proposta così di che si lamentano?
E perché quegli sguardi avviliti?
Gli hanno spiegato che lavoreranno meno che negli enti pubblici. Li hanno esortati a comprendere che questa è la madre di tutti gli accordi che verranno dopo. Hanno detto loro che l’offerta è talmente innovativa da essere stata d’ispirazione per il teatro dell’opera cittadino. E loro stessi hanno detto sì al contratto di solidarietà consapevoli che in cambio ci sarebbe stato il vuoto.
Capire perché sentano di non avere in mano nulla, e perché avvertano l’assenza totale di un progetto occupazionale serio è compito di sindacato e politica. Nessuno dei due ha affrontato la questione con serietà. Nessuno dei due ha registrato i picchi di un malessere molto diffuso che insieme al salario chiedeva l’impegno su un’occupazione vera.
(Giovanna Profumo)
Le macchine scivolano alla spicciolata nel grande parcheggio davanti alla portineria.
Si sono lasciate alle spalle un lungo percorso costeggiato da container colorati.
No. Non ci sono giornalisti della stampa locale a raccontare il fatto. Anche se la prima tranche di rientri in fabbrica - 55 dipendenti - dopo cinque anni di cassa integrazione, è di certo un evento cittadino. Occasione unica per chi vorrebbe occuparsi di cronaca del lavoro.
Le facce, soprattutto donne, sorridono beffarde all’ineluttabile. Impiegate over quaranta che si salutano e si abbracciano per poi cercare nella borsa il badge, scovato nei cassetti e dimenticato per un lustro, puntualmente scambiato con l’addetto della proprietà con un pass più nuovo e meno ingiallito. Ma con la stessa foto vecchia di anni.
La fabbrica alla loro destra sembra inerte, come chiusa dentro il suo imballo azzurrino. Alla loro sinistra il cantiere è in movimento. Un pullman – sedili imbottiti e impolverati – le accompagnerà insieme ai colleghi alla scuola siderurgica per il loro primo giorno di lavoro. Che è poi formazione.
Nella catena di montaggio che li ha visti oggetto dell’accordo di programma donne e uomini si sono sentiti spostati come merce da una fase all’altra di un ciclo che li ha visti in azienda, poi in Comune e Provincia, ed oggi ancora in azienda. E il 13 ottobre non esitano a dichiararsi “merce di scambio”.
Dopo di loro, a scaglioni, entreranno gli operai. Per tutti è prevista una settimana in fabbrica e tre a casa. Con salario tutelato.
Con una proposta così di che si lamentano?
E perché quegli sguardi avviliti?
Gli hanno spiegato che lavoreranno meno che negli enti pubblici. Li hanno esortati a comprendere che questa è la madre di tutti gli accordi che verranno dopo. Hanno detto loro che l’offerta è talmente innovativa da essere stata d’ispirazione per il teatro dell’opera cittadino. E loro stessi hanno detto sì al contratto di solidarietà consapevoli che in cambio ci sarebbe stato il vuoto.
Capire perché sentano di non avere in mano nulla, e perché avvertano l’assenza totale di un progetto occupazionale serio è compito di sindacato e politica. Nessuno dei due ha affrontato la questione con serietà. Nessuno dei due ha registrato i picchi di un malessere molto diffuso che insieme al salario chiedeva l’impegno su un’occupazione vera.
In immagine, la lettera che l’assessore Margini ha inviato in questi giorni ai cassintegrati ILVA rientrati in stabilimento in ottobre.
(Giovanna Profumo)
OLI 274: SOCIETA' - Comunicazione umana ad alta densità
Interessanti, gli autobus.
A volte la densità raggiunge il massimo possibile in termini fisici. A quanto si può arrivare? A molto. Autobus numero 18, ore 11, direzione levante: le persone (contate) compresse nello spazio compreso tra le porte di uscita e la parete opposta sono sedici, per una superficie di poco più di 2 metri quadri. Calcolando una media di sessanta Kg. a persona, si arriva ad una densità di 426 Kg. di carne per metro quadro, dodici volte più di quella di un allevamento intensivio di polli broiler. Per gli umani questo è possibile perché si sviluppano più verticalmente dei polli. Pensate che affari si potrebbero fare …
Bene, in queste condizioni si genera una situazione di immobilizzo anche emotivo, non c’è nemmeno la possibilità di litigare con i compagni di viaggio, e ognuno adotta la propria personale pratica zen.
Ma quando la densità, pur restando elevatissima, consente potenzialmente qualche movimento, ecco che si innesca la conflittualità: nessuno perdona al prossimo di non utilizzare i suoi reali o supposti spazi di libertà. Di nuovo sul 18, ore 12, questa volta direzione ponente. Sull’autobus già molto pieno sale un gruppo di sei / sette ragazzi sui quindici anni, e porta la densità al livello critico. In più i ragazzi sono ragazzi, molto più interessati a stare vicini tra di loro per scherzare, che a procedere razionalmente verso le uscite, per non creare un blocco umano al centro dell’autobus.
Inziano gli scambi. Una anziana signora invoca:
“Su ragazzi muovetevi … “
Nulla succede, e poco dopo:
“Devo passare, andate avanti, muovetevi!”
“Ma non rompere …”
“Ma dove le impari queste cose?”
“A casa e a scuola”
“Bella casa e scuola che hai … mi spavento per il mio futuro”
“Il tuo futuro? Quale futuro?”,
“Il mio futuro: io sono vecchia, e siete voi il mio futuro. E allora dico: guarda che bel futuro che mi aspetta”
“E io dico: guarda che bel presente che abbiamo”.
Si crea nell’autobus un momento di sospensione. L’aggressività svapora. Qualcuno commenta “Beh, accidenti, ha ragione …”
(Paola Pierantoni)
A volte la densità raggiunge il massimo possibile in termini fisici. A quanto si può arrivare? A molto. Autobus numero 18, ore 11, direzione levante: le persone (contate) compresse nello spazio compreso tra le porte di uscita e la parete opposta sono sedici, per una superficie di poco più di 2 metri quadri. Calcolando una media di sessanta Kg. a persona, si arriva ad una densità di 426 Kg. di carne per metro quadro, dodici volte più di quella di un allevamento intensivio di polli broiler. Per gli umani questo è possibile perché si sviluppano più verticalmente dei polli. Pensate che affari si potrebbero fare …
Bene, in queste condizioni si genera una situazione di immobilizzo anche emotivo, non c’è nemmeno la possibilità di litigare con i compagni di viaggio, e ognuno adotta la propria personale pratica zen.
Ma quando la densità, pur restando elevatissima, consente potenzialmente qualche movimento, ecco che si innesca la conflittualità: nessuno perdona al prossimo di non utilizzare i suoi reali o supposti spazi di libertà. Di nuovo sul 18, ore 12, questa volta direzione ponente. Sull’autobus già molto pieno sale un gruppo di sei / sette ragazzi sui quindici anni, e porta la densità al livello critico. In più i ragazzi sono ragazzi, molto più interessati a stare vicini tra di loro per scherzare, che a procedere razionalmente verso le uscite, per non creare un blocco umano al centro dell’autobus.
Inziano gli scambi. Una anziana signora invoca:
“Su ragazzi muovetevi … “
Nulla succede, e poco dopo:
“Devo passare, andate avanti, muovetevi!”
“Ma non rompere …”
“Ma dove le impari queste cose?”
“A casa e a scuola”
“Bella casa e scuola che hai … mi spavento per il mio futuro”
“Il tuo futuro? Quale futuro?”,
“Il mio futuro: io sono vecchia, e siete voi il mio futuro. E allora dico: guarda che bel futuro che mi aspetta”
“E io dico: guarda che bel presente che abbiamo”.
Si crea nell’autobus un momento di sospensione. L’aggressività svapora. Qualcuno commenta “Beh, accidenti, ha ragione …”
(Paola Pierantoni)
OLI 274: ALIMENTAZIONE - La forza dei paradossi
Un capitolo di “Se niente importa”, il libro di Safran Foer sugli allevamenti intensivi, si intitola: “In difesa della cinofagia”. L’autore osserva che negli Stati Uniti “mangiare il migliore amico dell’uomo è un tabù come lo è mangiare il proprio migliore amico umano”. Però aggiunge che “i maiali sono altrettanto intelligenti e sensibili in tutto e per tutto, secondo ogni ragionevole definizione dei termini. Non possono saltare nel bagagliaio della Volvo, ma sono capaci di riportare oggetti, correre e giocare, fare i dispetti e ricambiare affetto”.
Foer si dedica a smontare le razionalizzazioni che supportano il nostro tabù del mangiare cani o gatti.
Se si vuole porre lo sbarramento sul non mangiare gli animali da compagnia, la controdeduzione è che, laddove vengono mangiati, i cani non sono animali da compagnia. Se lo si vuole porre sul non mangiare animali con capacità mentali ragguardevoli , Foer controbatte che molti altri animali lo sono: il già citato maiale, ma anche le mucche, gli asini o i polli (conoscerli intimamente per convincersi: da ragazzina mi avevano regalato una bianca gallina livornese che mi correva incontro e mi saltava sulle spalle quando tornavo da scuola), nonché diversi animali marini (molti pescatori subacquei vi diranno della loro particolare difficoltà ad uccidere un polpo).
Del resto, sottolinea malignamente Foer, ce li mangiamo già, i cani e i gatti perché diventano “cibo per il nostro cibo”: un processo industriale chiamato rendering permette di riciclare le proteine animali inadatte alla alimentazione umana facendone mangimi per il bestiame, e così finiscono cani e gatti soppressi nei centri di ricerca.
L’impegno di Foer a sbarrarci tutte le possibili le vie di uscita ha lo scopo di condurci alla osservazione conclusiva del capitolo: “Se hai difficoltà a vedere qualcosa, discosta un po’ lo sguardo … Mangiare gli animali ha un che di invisibile. Pensare ai cani, rispetto agli animali che mangiamo, è un modo per guardare di sbieco e rendere visibile l’invisibile”
(Paola Pierantoni)
Foer si dedica a smontare le razionalizzazioni che supportano il nostro tabù del mangiare cani o gatti.
Se si vuole porre lo sbarramento sul non mangiare gli animali da compagnia, la controdeduzione è che, laddove vengono mangiati, i cani non sono animali da compagnia. Se lo si vuole porre sul non mangiare animali con capacità mentali ragguardevoli , Foer controbatte che molti altri animali lo sono: il già citato maiale, ma anche le mucche, gli asini o i polli (conoscerli intimamente per convincersi: da ragazzina mi avevano regalato una bianca gallina livornese che mi correva incontro e mi saltava sulle spalle quando tornavo da scuola), nonché diversi animali marini (molti pescatori subacquei vi diranno della loro particolare difficoltà ad uccidere un polpo).
Del resto, sottolinea malignamente Foer, ce li mangiamo già, i cani e i gatti perché diventano “cibo per il nostro cibo”: un processo industriale chiamato rendering permette di riciclare le proteine animali inadatte alla alimentazione umana facendone mangimi per il bestiame, e così finiscono cani e gatti soppressi nei centri di ricerca.
L’impegno di Foer a sbarrarci tutte le possibili le vie di uscita ha lo scopo di condurci alla osservazione conclusiva del capitolo: “Se hai difficoltà a vedere qualcosa, discosta un po’ lo sguardo … Mangiare gli animali ha un che di invisibile. Pensare ai cani, rispetto agli animali che mangiamo, è un modo per guardare di sbieco e rendere visibile l’invisibile”
(Paola Pierantoni)
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OLI 274: IMMIGRAZIONE - Decreto flussi: meglio che niente?
Stando al Sole 24Ore dell’11 ottobre, il decreto che istituisce le quote di ingresso dei lavoratori immigrati potrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale a Novembre. L’ultimo decreto risale al 2007 e riguardava gli ingressi del 2008.
Il decreto flussi si è dimostrato uno strumento insufficiente per rendere possibili gli ingressi regolari di lavoratori immigrati necessari per l’economia e per il sistema del welfare italiano: occorrono altri strumenti come lo sponsor, il visto ed il permesso di soggiorno per ricerca lavoro e la regolarizzazione permanente, senza dover uscire e rientrare in Italia, di chi già presente e lavora in nero in quanto senza permesso di soggiorno. Il decreto flussi, inoltre, è stato usato male stabilendo quote d’ingresso molto basse non corrispondenti al vero fabbisogno del paese o addirittura bloccandole del tutto come ad esempio per il 2009 ed il 2010.
I pochissimi ingressi regolari hanno incentivato gli ingressi clandestini ed i trafficanti, e le norme rigide ed autolesioniste sul rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno (il legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno ovvero il contratto di soggiorno), hanno finito per ricacciare nella clandestinità persone che avevano faticosamente ottenuto il permesso di soggiorno. Perciò il decreto flussi è stato utilizzato dai datori di lavoro per regolarizzare i loro lavoratori impiegati in nero. Tutti sanno dell’assurdo viaggio di andata (nel paese d’origine) e ritorno (in Italia) al quale è costretta la maggiore parte dei lavoratori, anche i pochi fortunati le cui pratiche sono andate a buon fine. L’assurdo è che il legislatore lo sa benissimo, e che, sapendolo, invece di sistemare il tutto in Italia risparmiando ai lavoratori ed ai loro datori di lavoro il costo di un inutile viaggio, impone la più rigida delle interpretazioni della legge, che ammette alla regolarizzazione solo lavoratori non presenti in Italia, costringendo i lavoratori ad uscire clandestinamente dal Paese.
L’esigenza di serietà e razionalità di governo che la crisi ormai richiede fortemente porterà prima o poi ad una revisione della legge sull’immigrazione in senso più favorevole agli interessi generali del paese. Non è possibile, ad esempio, realizzare una seria lotta all’evasione fiscale e contributiva continuando a dire “no” ai datori di lavoro onesti che chiedono che venga rilasciato il permesso di soggiorno ai loro lavoratori irregolari oggi costretti a lavorare in nero, e di poter dunque versare nelle casse dello Stato i contributi previdenziali (ed indirettamente le tasse e le imposte) per loro.
Fino a quando ciò non avverrà è impossibile concordare con chi – come il governatore del Veneto Luca Zaia - propone di limitare le quote del decreto flussi, perché l’unica conseguenza sarebbe impedire a molti immigrati che già lavorano in quella regione, di regolarizzarsi, costringendoli a continuare a lavorare in nero.
Provoca quindi un certo sconcerto vedere che ad essere d’accordo con Zaia ci sia Paolino Barbiero, segretario provinciale della Cgil trevigiana: un dirigente sindacale, un rappresentante dei lavoratori.
(Saleh Zaghloul)
Il decreto flussi si è dimostrato uno strumento insufficiente per rendere possibili gli ingressi regolari di lavoratori immigrati necessari per l’economia e per il sistema del welfare italiano: occorrono altri strumenti come lo sponsor, il visto ed il permesso di soggiorno per ricerca lavoro e la regolarizzazione permanente, senza dover uscire e rientrare in Italia, di chi già presente e lavora in nero in quanto senza permesso di soggiorno. Il decreto flussi, inoltre, è stato usato male stabilendo quote d’ingresso molto basse non corrispondenti al vero fabbisogno del paese o addirittura bloccandole del tutto come ad esempio per il 2009 ed il 2010.
I pochissimi ingressi regolari hanno incentivato gli ingressi clandestini ed i trafficanti, e le norme rigide ed autolesioniste sul rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno (il legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno ovvero il contratto di soggiorno), hanno finito per ricacciare nella clandestinità persone che avevano faticosamente ottenuto il permesso di soggiorno. Perciò il decreto flussi è stato utilizzato dai datori di lavoro per regolarizzare i loro lavoratori impiegati in nero. Tutti sanno dell’assurdo viaggio di andata (nel paese d’origine) e ritorno (in Italia) al quale è costretta la maggiore parte dei lavoratori, anche i pochi fortunati le cui pratiche sono andate a buon fine. L’assurdo è che il legislatore lo sa benissimo, e che, sapendolo, invece di sistemare il tutto in Italia risparmiando ai lavoratori ed ai loro datori di lavoro il costo di un inutile viaggio, impone la più rigida delle interpretazioni della legge, che ammette alla regolarizzazione solo lavoratori non presenti in Italia, costringendo i lavoratori ad uscire clandestinamente dal Paese.
L’esigenza di serietà e razionalità di governo che la crisi ormai richiede fortemente porterà prima o poi ad una revisione della legge sull’immigrazione in senso più favorevole agli interessi generali del paese. Non è possibile, ad esempio, realizzare una seria lotta all’evasione fiscale e contributiva continuando a dire “no” ai datori di lavoro onesti che chiedono che venga rilasciato il permesso di soggiorno ai loro lavoratori irregolari oggi costretti a lavorare in nero, e di poter dunque versare nelle casse dello Stato i contributi previdenziali (ed indirettamente le tasse e le imposte) per loro.
Fino a quando ciò non avverrà è impossibile concordare con chi – come il governatore del Veneto Luca Zaia - propone di limitare le quote del decreto flussi, perché l’unica conseguenza sarebbe impedire a molti immigrati che già lavorano in quella regione, di regolarizzarsi, costringendoli a continuare a lavorare in nero.
Provoca quindi un certo sconcerto vedere che ad essere d’accordo con Zaia ci sia Paolino Barbiero, segretario provinciale della Cgil trevigiana: un dirigente sindacale, un rappresentante dei lavoratori.
(Saleh Zaghloul)
OLI 274: COSTITUZIONE ITALIANA - Raimondo Ricci e il compito della testimonianza
Nell'ambito delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario dell'entrata in vigore della Costituzione italiana, il 17 gennaio 2008 l'Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea aveva organizzato una tavola rotonda dal titolo “La Costituzione, stella polare della democrazia”.
Di seguito riportiamo alcuni passi dell'intervento di Raimondo Ricci.
(...) La mia età molto avanzata mi consente di parlare della Costituzione con un senso di commozione e nello stesso tempo di riflessione, poiché essa ha rappresentato, di quel periodo drammatico e straordinario attraverso il quale l’Italia è riuscita a cambiare la propria identità, il lascito più importante. È chiaro come mi riferisca al periodo della lotta antifascista e della Resistenza, a quel periodo cioè nel quale la parte migliore del nostro popolo è riuscita a dare il segno della propria volontà di rompere con un regime totalitario e di fondare una realtà democratica. Fondare, giacché non si può parlare di rifondazione, essendo stata la democrazia antecedente all’entrata in vigore della nostra Costituzione parziale e zoppa. Basti pensare come allora non fosse previsto il voto alle donne e al peso della casa reale. Ebbene, io credo che questo epocale cambiamento della realtà italiana e della sua identità, attuatosi grazie alla lotta resistenziale culminata nel 25 aprile 1945, sia stato non solo il frutto della vittoria alleata nella seconda guerra mondiale ma anche il merito del nostro popolo, dei tanti giovani, dei militari, degli uomini e delle donne che in condizioni estremamente drammatiche hanno compiuto la giusta scelta, a prezzo di enormi sacrifici e con il sacrificio, spesso, della loro stessa vita. Ma c’è qualcosa che non è stato portato qui dagli angloamericani o dai sovietici, qualcosa che ha mutato in profondità l’identità del nostro Paese: è stato infatti l’antifascismo, movimento politico ed ideale non importato dall’estero, a guidare, in nome dei valori di libertà, democrazia, giustizia, la lotta delle forze più nobili del nostro popolo contro il regime mussoliniano. E io voglio ricordare il senso unitario dell’antifascismo, quell’incontro tra anime, culture, ideologie diverse che, lungi dal costituire un impedimento, ha favorito la nascita di una Costituzione tra le più avanzate dell’Occidente, frutto del senso di responsabilità di uomini che sapevano di dover assolvere un compito fondamentale nella storia d’Italia.
Io credo che l’incontro fra uomini come Umberto Terracini e Alcide De Gasperi abbia consentito alla Costituzione di nascere e che, nonostante i vari compromessi raggiunti nella stesura del testo, il suo aspetto saliente debba ravvisarsi nella condivisione di alcuni valori e principi fondamentali che venivano ad opporsi in maniera radicale e antitetica alle parole d’ordine dei totalitarismi nazista e fascista. È proprio da questa tensione, da questo vissuto collettivo, da queste speranze, che è nata la Costituzione della Repubblica, che ha tradotto nei suoi articoli, soprattutto nei primi dodici, riguardanti i principi fondamentali, e negli altri concernenti i diritti e doveri dei cittadini, l’essenza di un rinnovamento e di una prospettiva per il futuro.
(a cura di Aglaja)
Di seguito riportiamo alcuni passi dell'intervento di Raimondo Ricci.
(...) La mia età molto avanzata mi consente di parlare della Costituzione con un senso di commozione e nello stesso tempo di riflessione, poiché essa ha rappresentato, di quel periodo drammatico e straordinario attraverso il quale l’Italia è riuscita a cambiare la propria identità, il lascito più importante. È chiaro come mi riferisca al periodo della lotta antifascista e della Resistenza, a quel periodo cioè nel quale la parte migliore del nostro popolo è riuscita a dare il segno della propria volontà di rompere con un regime totalitario e di fondare una realtà democratica. Fondare, giacché non si può parlare di rifondazione, essendo stata la democrazia antecedente all’entrata in vigore della nostra Costituzione parziale e zoppa. Basti pensare come allora non fosse previsto il voto alle donne e al peso della casa reale. Ebbene, io credo che questo epocale cambiamento della realtà italiana e della sua identità, attuatosi grazie alla lotta resistenziale culminata nel 25 aprile 1945, sia stato non solo il frutto della vittoria alleata nella seconda guerra mondiale ma anche il merito del nostro popolo, dei tanti giovani, dei militari, degli uomini e delle donne che in condizioni estremamente drammatiche hanno compiuto la giusta scelta, a prezzo di enormi sacrifici e con il sacrificio, spesso, della loro stessa vita. Ma c’è qualcosa che non è stato portato qui dagli angloamericani o dai sovietici, qualcosa che ha mutato in profondità l’identità del nostro Paese: è stato infatti l’antifascismo, movimento politico ed ideale non importato dall’estero, a guidare, in nome dei valori di libertà, democrazia, giustizia, la lotta delle forze più nobili del nostro popolo contro il regime mussoliniano. E io voglio ricordare il senso unitario dell’antifascismo, quell’incontro tra anime, culture, ideologie diverse che, lungi dal costituire un impedimento, ha favorito la nascita di una Costituzione tra le più avanzate dell’Occidente, frutto del senso di responsabilità di uomini che sapevano di dover assolvere un compito fondamentale nella storia d’Italia.
Io credo che l’incontro fra uomini come Umberto Terracini e Alcide De Gasperi abbia consentito alla Costituzione di nascere e che, nonostante i vari compromessi raggiunti nella stesura del testo, il suo aspetto saliente debba ravvisarsi nella condivisione di alcuni valori e principi fondamentali che venivano ad opporsi in maniera radicale e antitetica alle parole d’ordine dei totalitarismi nazista e fascista. È proprio da questa tensione, da questo vissuto collettivo, da queste speranze, che è nata la Costituzione della Repubblica, che ha tradotto nei suoi articoli, soprattutto nei primi dodici, riguardanti i principi fondamentali, e negli altri concernenti i diritti e doveri dei cittadini, l’essenza di un rinnovamento e di una prospettiva per il futuro.
Vorrei, a questo proposito, ricordare l’articolo 3, che parla dell’eguaglianza come meta da raggiungere attraverso l’intervento pubblico, l’articolo 11, sul ripudio della guerra come strumento per la risoluzione dei contrasti internazionali, l’articolo 36, sulla dignità del lavoro. Io credo di non dovere aggiungere altro, ma questo legame fra lotta del popolo italiano e Costituzione della Repubblica doveva essere particolarmente sottolineato da chi, come me, ha vissuto personalmente questa esperienza prima come militare, poi come resistente e infine come deportato in un campo di concentramento nazista e continua a viverla adempiendo il compito, per il poco tempo che gli resterà ancora da vivere, della testimonianza soprattutto nei confronti dei giovani, nella speranza che sappiano far tesoro della nostra storia e difendere i valori della Costituzione repubblicana a sessant’anni dalla sua entrata in vigore (...).
Raimondo Ricci
Pubblicato in “Storia e memoria”, 2008- Vol.17 - Fasc.1 – pp. 21 - 37
(a cura di Aglaja)
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COSTITUZIONE ITALIANA,
OLI 274,
Raimondo Ricci
OLI 274: PAROLE DEGLI OCCHI - Un genio assai silente
Foto (C) Stefano de Pietro
La poltrona alla fermata è di un genio assai silente,
che, sì, timbra il cartellino, ma non vuol fermar la mente.
Chi in Comune se la spassa a cercar la soluzione
dell'azienda che assomiglia molto più ad un carrozzone,
molto avrebbe da imparare dal vecchietto intraprendente
che la sedia pone in atto per seder comodamente.
OLI 274: LETTERE - Riaprire la partita
Si respirava entusiasmo e una viva voglia di mettersi (o rimettersi) in gioco, sabato scorso 16 Ottobre, al primo Congresso provinciale di Sel, Sinistra Ecologia Libertà, il movimento che fa capo a Nichi Vendola e nel quale si riconoscono i tanti già in Rifondazione Comunista che nel VII Congresso del 2008 non aderirono alla mozione vincente (per poco: 142 sì e 134 no) dell’attuale segretario Ferrero, più molte altre persone della sinistra attualmente extraparlamentare, numerosi provenienti dal variegato arcipelago ambientalista e coloro che non hanno mai creduto (o non credono più) nel Partito Democratico e nella sua politica.
C’era aria di novità, tra i cento e più partecipanti – iscritti o simpatizzanti – che nel corso della giornata hanno affollato la bella sala messa a disposizione (gratis) dal Circolo ricreativo dell’Autorità portuale a San Benigno.
Peccato che la stampa abbia dato poco o nessun risalto all’evento: salvo errore, solo un paio di trafiletti sul Secolo XIX e un articolo sul Mercantile.
Mentre a Roma si svolgeva la manifestazione Fiom Cgil, chi era rimasto a Genova si riuniva in commissioni a preparare documenti e votazioni, o seguiva le decine di interventi che si sono succeduti nell’arco di alcune ore.
Vecchi compagni e neofiti, sindacalisti, rappresentanti di associazioni, partiti e movimenti contigui hanno esposto le proprie storie, desideri e punti di vista, ragionando sui tanti temi che andranno approfonditi nel prossimo futuro, nella pratica e nella iniziativa politica.
Il tutto in vista dell’imminente primo Congresso nazionale, in programma a Firenze dal 22 al 24 Ottobre, nel corso del quale l’attuale movimento si prefigge di fondare non un ennesimo nuovo partito, ma a un partito nuovo che sappia proporsi come forza di governo, non arroccato nel proprio settarismo ma disposto anche a confrontarsi e a lavorare insieme col PD e altre realtà, per riguadagnare il consenso della maggior parte degli italiani non rincorrendo la destra sui suoi temi, ma perseguendo modelli alternativi di esistenza e di società, che privilegino l’uomo e l’ambiente rispetto all’economia e alla finanza, in una ritrovata moralità.
Una delle parole più ricorrenti era “solidarietà”, non vuota espressione retorica ma sincera manifestazione di un bisogno vitale e dell’intenzione di soddisfarlo. La sua etimologia deriva dal latino “solidus”: intero, compatto, consistente. Un legame che unisce, che vincola in solido, in un compatto e massiccio corpo intero fatto di mutui scambi e sostegni, teso a una meta condivisa.
“Solidale” per assonanza (basta togliere una sillaba) richiama “sodale”, ovvero compagno. E sentirsi ed essere davvero compagni, non solo di nome – come talvolta certe stantie liturgie della sinistra ripropongono stancamente – ma soprattutto di fatto – compagni di vita e di percorso – è alla base di quel rinnovato modello di vita obiettivo di Sinistra Ecologia Libertà, dove continuare a chiamarsi compagni non è per nulla sconveniente – come accade altrove – ma è anzi segno di orgogliosa appartenenza a un comune progetto per il futuro.
http://www.sinistraeliberta.eu/
(Ferdinando Bonora)
C’era aria di novità, tra i cento e più partecipanti – iscritti o simpatizzanti – che nel corso della giornata hanno affollato la bella sala messa a disposizione (gratis) dal Circolo ricreativo dell’Autorità portuale a San Benigno.
Peccato che la stampa abbia dato poco o nessun risalto all’evento: salvo errore, solo un paio di trafiletti sul Secolo XIX e un articolo sul Mercantile.
Mentre a Roma si svolgeva la manifestazione Fiom Cgil, chi era rimasto a Genova si riuniva in commissioni a preparare documenti e votazioni, o seguiva le decine di interventi che si sono succeduti nell’arco di alcune ore.
Vecchi compagni e neofiti, sindacalisti, rappresentanti di associazioni, partiti e movimenti contigui hanno esposto le proprie storie, desideri e punti di vista, ragionando sui tanti temi che andranno approfonditi nel prossimo futuro, nella pratica e nella iniziativa politica.
Il tutto in vista dell’imminente primo Congresso nazionale, in programma a Firenze dal 22 al 24 Ottobre, nel corso del quale l’attuale movimento si prefigge di fondare non un ennesimo nuovo partito, ma a un partito nuovo che sappia proporsi come forza di governo, non arroccato nel proprio settarismo ma disposto anche a confrontarsi e a lavorare insieme col PD e altre realtà, per riguadagnare il consenso della maggior parte degli italiani non rincorrendo la destra sui suoi temi, ma perseguendo modelli alternativi di esistenza e di società, che privilegino l’uomo e l’ambiente rispetto all’economia e alla finanza, in una ritrovata moralità.
Una delle parole più ricorrenti era “solidarietà”, non vuota espressione retorica ma sincera manifestazione di un bisogno vitale e dell’intenzione di soddisfarlo. La sua etimologia deriva dal latino “solidus”: intero, compatto, consistente. Un legame che unisce, che vincola in solido, in un compatto e massiccio corpo intero fatto di mutui scambi e sostegni, teso a una meta condivisa.
“Solidale” per assonanza (basta togliere una sillaba) richiama “sodale”, ovvero compagno. E sentirsi ed essere davvero compagni, non solo di nome – come talvolta certe stantie liturgie della sinistra ripropongono stancamente – ma soprattutto di fatto – compagni di vita e di percorso – è alla base di quel rinnovato modello di vita obiettivo di Sinistra Ecologia Libertà, dove continuare a chiamarsi compagni non è per nulla sconveniente – come accade altrove – ma è anzi segno di orgogliosa appartenenza a un comune progetto per il futuro.
http://www.sinistraeliberta.eu/
(Ferdinando Bonora)
martedì 12 ottobre 2010
OLI 273: SOMMARIO
In questo numero:
VERSANTE LIGURE - Non voglio sapere l'ultima (Enzo Costa & Aglaja)
LAVORO - Costanza ha un progetto (Giovanna Profumo)
GIUSTIZIA - Aldrovandi: le tremende parole della verità (Stefano De Pietro)
SICUREZZA SUL LAVORO - Dietro il velo della ipocrisia (Paola Pierantoni)
SICUREZZA SUL LAVORO - Ritirate quello spot
LAVORO - Salviamo le Cinque Terre anche da Trenitalia (Bianca Vergati)
REGIONE - Uomini e uccelli (Angelo Guarnieri)
COSTITUZIONE - Le Madri Costituenti: Nilde Iotti e la relazione sulla famiglia (a cura di Aglaja)
PAROLE DEGLI OCCHI - I muri dicono che… (Giorgio Bergami)
VERSANTE LIGURE - Non voglio sapere l'ultima (Enzo Costa & Aglaja)
LAVORO - Costanza ha un progetto (Giovanna Profumo)
GIUSTIZIA - Aldrovandi: le tremende parole della verità (Stefano De Pietro)
SICUREZZA SUL LAVORO - Dietro il velo della ipocrisia (Paola Pierantoni)
SICUREZZA SUL LAVORO - Ritirate quello spot
LAVORO - Salviamo le Cinque Terre anche da Trenitalia (Bianca Vergati)
REGIONE - Uomini e uccelli (Angelo Guarnieri)
COSTITUZIONE - Le Madri Costituenti: Nilde Iotti e la relazione sulla famiglia (a cura di Aglaja)
PAROLE DEGLI OCCHI - I muri dicono che… (Giorgio Bergami)
OLI 273: VERSANTE LIGURE - NON VOGLIO SAPERE L’ULTIMA
Confronto oggi e ieri
l’era che fu con questa:
sul tag “barzellettieri”
ho spleen revisionista:
mi dico “Ah, Bramieri
sì ch’era uno Statista!”.
Versi di ENZO COSTA
l’era che fu con questa:
sul tag “barzellettieri”
ho spleen revisionista:
mi dico “Ah, Bramieri
sì ch’era uno Statista!”.
Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
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VERSANTE LIGURE
OLI 273: LAVORO - Costanza ha un progetto
Costanza ha un progetto. E’ stata costretta a pianificarlo. Il suo contratto in una nota università del centro Italia scadrà nel 2012. E sa che le promesse di stabilizzazione, visti i buchi di bilancio, non saranno mantenute.
Quindi, cosa ha deciso?
Costanza ha scelto di investire denaro, tempo libero e ferie per sostenere concorsi.
E’ dal 2008 che, sistematicamente, progetta la sua vita su questo obbiettivo.
Costanza è una ragazza del Sud. L’accento morbido alleggerisce il racconto della sua vita, dove lavoro, studio, programmi, prove scritte e orali fanno da fondamenta delle sue giornate. E’ “davvero stressata” ammette, ma vuole farcela. Deve provare. Anche per quel solo posto da funzionario in quel comune in Toscana, che “sai, forse, sarà già assegnato, ma almeno ho la speranza di entrare in graduatoria…”.
Nell’ordine Costanza ha monitorato i concorsi del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, segretario comunale, funzionario per la Crocerossa, funzionario all’Agenzia delle Entrate, Consigliere parlamentare al Senato della Repubblica, funzionario al comune di Genova. Dovrà studiare per funzionario alla Banca d’Italia, e per un posto di funzionario comunale in una piccola città.
Oggi è felice. Ha saputo di aver passato la selezione per il Senato – 1500 iscritti, 267 ammessi – è corsa a comprare i libri mancanti per le prove scritte che si terranno dal 29 novembre al 3 dicembre a Roma. Affannata elenca le materie: “costituzionale, amministrativo, unione europea, storia contemporanea…” ed esclama: “sette posti!”. Meta che le pare ancora impossibile da raggiungere, ma certo, adesso, più vicina.
Costanza non ha figli, né compagno. Quindi, per lei, il motto è: un lavoro vero, purché sia. Non le importa se Nord o Sud. Mappa lo stivale e pianta la sua bandiera immaginaria in qualunque luogo sia sede di concorso. La vita affettiva verrà dopo. La vita affettiva, oggi, non si può nemmeno immaginare. Consulta i siti dei bandi quotidianamente. Studia da sempre e, non avendo mai mollato i libri, le è stato più semplice proiettarsi nei codici della pubblica amministrazione. Anche, se a tratti, ripensando ai test, riconosce che è impossibile sapere tutto, essere in grado di tener botta alle domande. Spiega che alcune materie vanno studiate assiduamente per un tempo che varia dai sei mesi all’anno. E le energie, nel suo racconto, fisicamente sembrano spostarsi là. Quasi fosse un’arte marziale o la preparazione di un virtuoso musicista. Sul timore che quei posti siano comunque destinati ad altri e non a lei glissa elegantemente e lo sguardo scivola sulla durata delle graduatorie. I tre anni sono già un arco di tempo accettabile per concedere alla speranza uno spazio dignitoso.
Costanza è una magnifica quarantenne.
Fazio dovrebbe invitare una persona come lei in trasmissione e concederle i quindici minuti che destina a Bersani e ad altri illustri ospiti per raccontare la sua storia. La commemorazione dei centocinquant’anni di unità d’Italia passa anche attraverso le bandierine che Costanza pianta nel paese a caccia di un lavoro vero.
http://www.mininterno.net/concorsi.asp
http://www.simoneconcorsi.it/concorsinatto/lkz2.htm
(Giovanna Profumo)
Quindi, cosa ha deciso?
Costanza ha scelto di investire denaro, tempo libero e ferie per sostenere concorsi.
E’ dal 2008 che, sistematicamente, progetta la sua vita su questo obbiettivo.
Costanza è una ragazza del Sud. L’accento morbido alleggerisce il racconto della sua vita, dove lavoro, studio, programmi, prove scritte e orali fanno da fondamenta delle sue giornate. E’ “davvero stressata” ammette, ma vuole farcela. Deve provare. Anche per quel solo posto da funzionario in quel comune in Toscana, che “sai, forse, sarà già assegnato, ma almeno ho la speranza di entrare in graduatoria…”.
Nell’ordine Costanza ha monitorato i concorsi del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, segretario comunale, funzionario per la Crocerossa, funzionario all’Agenzia delle Entrate, Consigliere parlamentare al Senato della Repubblica, funzionario al comune di Genova. Dovrà studiare per funzionario alla Banca d’Italia, e per un posto di funzionario comunale in una piccola città.
Oggi è felice. Ha saputo di aver passato la selezione per il Senato – 1500 iscritti, 267 ammessi – è corsa a comprare i libri mancanti per le prove scritte che si terranno dal 29 novembre al 3 dicembre a Roma. Affannata elenca le materie: “costituzionale, amministrativo, unione europea, storia contemporanea…” ed esclama: “sette posti!”. Meta che le pare ancora impossibile da raggiungere, ma certo, adesso, più vicina.
Costanza non ha figli, né compagno. Quindi, per lei, il motto è: un lavoro vero, purché sia. Non le importa se Nord o Sud. Mappa lo stivale e pianta la sua bandiera immaginaria in qualunque luogo sia sede di concorso. La vita affettiva verrà dopo. La vita affettiva, oggi, non si può nemmeno immaginare. Consulta i siti dei bandi quotidianamente. Studia da sempre e, non avendo mai mollato i libri, le è stato più semplice proiettarsi nei codici della pubblica amministrazione. Anche, se a tratti, ripensando ai test, riconosce che è impossibile sapere tutto, essere in grado di tener botta alle domande. Spiega che alcune materie vanno studiate assiduamente per un tempo che varia dai sei mesi all’anno. E le energie, nel suo racconto, fisicamente sembrano spostarsi là. Quasi fosse un’arte marziale o la preparazione di un virtuoso musicista. Sul timore che quei posti siano comunque destinati ad altri e non a lei glissa elegantemente e lo sguardo scivola sulla durata delle graduatorie. I tre anni sono già un arco di tempo accettabile per concedere alla speranza uno spazio dignitoso.
Costanza è una magnifica quarantenne.
Fazio dovrebbe invitare una persona come lei in trasmissione e concederle i quindici minuti che destina a Bersani e ad altri illustri ospiti per raccontare la sua storia. La commemorazione dei centocinquant’anni di unità d’Italia passa anche attraverso le bandierine che Costanza pianta nel paese a caccia di un lavoro vero.
http://www.mininterno.net/concorsi.asp
http://www.simoneconcorsi.it/concorsinatto/lkz2.htm
(Giovanna Profumo)
OLI 273: GIUSTIZIA - Aldrovandi: le tremende parole della verità
E' sabato 9 ottobre 2010 e nel blog della famiglia Aldrovandi vengono scritte parole molto tristi, non solo per il significato privato del dolore di una madre che ha perso un figlio, ma anche per la fotografia pubblica che viene fatta dello stato della giustizia in Italia, dove un omicidio viene liquidato, di fatto, senza nemmeno un giorno di carcere per nessuno. La signora Aldrovandi cerca almeno di considerare la cifra offerta dal ministero (in cambio del silenzio giudiziario) a titolo di scuse ufficiali della Polizia, in assenza di una qualsiasi azione istituzionale reale in tal senso. Come fosse un secondo funerale e con quattro poliziotti condannati per omicidio colposo ancora in servizio attivo. Il post non viene riportato sui principali media istituzionali, ma solo su blog e iniziative giornalistiche in rete: sembra doveroso citarlo integralmente.
(Dal Blog federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/2010/10/09/risarcimento/)
"SABATO, 9 OTTOBRE 2010
Risarcimento
Questo è un passo importante, almeno così pensavo.
Mi sono chiesta tante volte se accettare significava vendere mio figlio.
Ma purtroppo Federico non me lo potrà restituire nessuno e io non ho nemmeno più la forza di odiare.
Mi piace pensare che questo sia un gesto riparatore dello stato e delle istituzioni nei confronti miei e della mia famiglia.
Doveroso e significativo. Così mi piace pensare, perché i poliziotti che hanno ucciso mio figlio non faranno un giorno di carcere mai, anche se proseguissimo in appello e in cassazione, perché i poliziotti che hanno ucciso mio figlio rimarranno in servizio anche se vinceremo in appello e in cassazione.
Questo non è giusto, e siccome l’odio dentro di me non deve prevalere sull’amore che ho ancora e sempre per Federico mi piace pensare che lo stato mi abbia chiesto scusa
perché altro non mi rimane. L’unica soddisfazione è quella di avere restituito la verità sulla sua morte e sulla sua memoria, ma nessuno putroppo pagherà per ciò che ci hanno fatto
perché questa è l’Italia"
(Stefano De Pietro)
(Dal Blog federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/2010/10/09/risarcimento/)
"SABATO, 9 OTTOBRE 2010
Risarcimento
Questo è un passo importante, almeno così pensavo.
Mi sono chiesta tante volte se accettare significava vendere mio figlio.
Ma purtroppo Federico non me lo potrà restituire nessuno e io non ho nemmeno più la forza di odiare.
Mi piace pensare che questo sia un gesto riparatore dello stato e delle istituzioni nei confronti miei e della mia famiglia.
Doveroso e significativo. Così mi piace pensare, perché i poliziotti che hanno ucciso mio figlio non faranno un giorno di carcere mai, anche se proseguissimo in appello e in cassazione, perché i poliziotti che hanno ucciso mio figlio rimarranno in servizio anche se vinceremo in appello e in cassazione.
Questo non è giusto, e siccome l’odio dentro di me non deve prevalere sull’amore che ho ancora e sempre per Federico mi piace pensare che lo stato mi abbia chiesto scusa
perché altro non mi rimane. L’unica soddisfazione è quella di avere restituito la verità sulla sua morte e sulla sua memoria, ma nessuno putroppo pagherà per ciò che ci hanno fatto
perché questa è l’Italia"
(Stefano De Pietro)
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Stefano De Pietro
OLI 273: SICUREZZA SUL LAVORO - Dietro il velo della ipocrisia
OLI ha deciso di pubblicare l’appello lanciato da Marco Bazzoni per il ritiro della campagna del Ministero del lavoro Sicurezza sul lavoro "La pretende chi si vuole bene", serie di spot zuccherosi che colpevolizzano i lavoratori lanciata mentre il governo sta facendo a pezzi il Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro.
Un esempio di cui non si ha quasi traccia sui giornali? L’art. 12 del Disegno di Legge 2243 “Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese”, in discussione alla Camera, prevede:
Lo fanno Il Fatto Quotidiano del 6 ottobre e L’Unità dell’11 ottobre, con diversi articoli raccolti sotto il titolo: La sicurezza sul lavoro è uno spot «vergogna». L’appello: venga ritirato. Ma sono casi isolati. Sulla nostra stampa locale riusciamo a rintracciare solo l’intervento di Antonio Perziano, segretario della Camera del lavoro, nella rubrica “Punti di vista” de Il Secolo XIX del 6 ottobre. Ci è sfuggito qualcosa?
Prima di lasciare la parola all’appello, una piccola nota che prendiamo da Il Fatto Quotidiano dello scorso 21 agosto: “Marco Bazzoni è un lavoratore di 36 anni. Da 16 fa l’operaio in una fabbrica di Firenze che produce frantoi, presse per il settore enologico. I suoi compagni di lavoro dal 2003 lo hanno nominato Rls (Responsabile [Rappresentante, ndr] dei lavoratori per la sicurezza). Da allora è diventato un vero esperto in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Non c’è redazione di giornale o direttore che sfugga alle sue mail, ai suoi comunicati. Scrive a tutti”.
Lui scrive a tutti, ma i “tutti”, a quanto pare, fanno orecchie da mercante.
(Paola Pierantoni)
Un esempio di cui non si ha quasi traccia sui giornali? L’art. 12 del Disegno di Legge 2243 “Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese”, in discussione alla Camera, prevede:
- l’obbligo di denunciare solo gli infortuni con prognosi superiore ai 14 giorni (oggi il limite è tre giorni);
- la cessazione dell’obbligo di segnalare alla autorità giudiziaria le lesioni con prognosi superiore ai 30 giorni;
- l’eliminazione dell’obbligo delle aziende di tenere il “Registro degli infortuni”.
Lo fanno Il Fatto Quotidiano del 6 ottobre e L’Unità dell’11 ottobre, con diversi articoli raccolti sotto il titolo: La sicurezza sul lavoro è uno spot «vergogna». L’appello: venga ritirato. Ma sono casi isolati. Sulla nostra stampa locale riusciamo a rintracciare solo l’intervento di Antonio Perziano, segretario della Camera del lavoro, nella rubrica “Punti di vista” de Il Secolo XIX del 6 ottobre. Ci è sfuggito qualcosa?
Prima di lasciare la parola all’appello, una piccola nota che prendiamo da Il Fatto Quotidiano dello scorso 21 agosto: “Marco Bazzoni è un lavoratore di 36 anni. Da 16 fa l’operaio in una fabbrica di Firenze che produce frantoi, presse per il settore enologico. I suoi compagni di lavoro dal 2003 lo hanno nominato Rls (Responsabile [Rappresentante, ndr] dei lavoratori per la sicurezza). Da allora è diventato un vero esperto in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Non c’è redazione di giornale o direttore che sfugga alle sue mail, ai suoi comunicati. Scrive a tutti”.
Lui scrive a tutti, ma i “tutti”, a quanto pare, fanno orecchie da mercante.
(Paola Pierantoni)
OLI 273: SICUREZZA SUL LAVORO - Ritirate quello spot
Questo è un appello per il ritiro dello spot del Ministero del Lavoro: “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene”. Un messaggio e due spot
rivolti solo al lavoratore e non a tutti gli “attori” coinvolti.
Dopo aver frantumato il Dlgs 81 del 2008 del Governo Prodi, hanno ben pensato di correggerlo con il decreto correttivo Dlgs 106/09 (sanzioni dimezzate ai datori di lavoro, dirigenti, preposti, arresto in alcuni casi
sostituito con l'ammenda, salvamanager, ecc).
Ora il governo cerca di rifarsi la “verginità” con spot inutili che costano alle nostre tasche ben 9 milioni di euro. Spot non solo inutili, ma anche dannosi per l’immagine di chi ogni giorno rischia la vita, e non perché gli piaccia esercitarsi in sport estremi. Spot che colpevolizzano sottilmente il lavoratore stesso, nascondendo una realtà drammatica: l’attuale organizzazione del lavoro offre ben poche possibilità al lavoratore di ribellarsi a condizioni di lavoro sempre più precarie in tema di sicurezza.
E’ una campagna vergognosa perché oggi il lavoratore ha ben poche possibilità di rispettare lo slogan “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene”, quasi che la mancanza di sicurezza fosse imputabile al
fatto che il lavoratore non vuole bene a se stesso ed ai suoi familiari. Non dice nulla di chi deve garantire la sicurezza per legge, ovvero i datori di lavoro. Sottovaluta i rapporti di forza nei luoghi di lavoro. Non accenna
minimamente al fatto che i lavoratori, specialmente di questi tempi, sono sempre più ricattabili e non hanno possibilità di scegliere di fronte ad un lavoro in nero, un lavoro precario e un lavoro a tempo determinato, mentre devono viceversa sottostare a ritmi da medioevo.
La campagna dovrebbe invece avviare un processo di comunicazione diffusa, in modo da rendere nota a tutti la necessità di un impegno costante da parte di tutti gli “attori” coinvolti, soprattutto di chi deve garantire la sicurezza. Questi spot devono essere sostituiti da una campagna di comunicazione che dovrà puntare sulle responsabilità civili, penali e non ultime anche etico-morali che l’imprenditore deve assumersi per tutelare l’integrita’ delle persone che lavorano per lui.
Via questi spot vergognosi. Pretendiamo viceversa più ispettori ASL e più risorse, affinché la mattanza quotidiana dei lavoratori abbia fine. Non si raggiunga il profitto a tutti i costi e soprattutto non lo si faccia attraverso il sacrificio di vite umane innocenti.
Primi firmatari:
Marco Bazzoni - Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza - Firenze.
Andrea Bagaglio - Medico del Lavoro-Varese.
Leopoldo Pileggi - Rappresentante dei lavoratori per La Sicurezza-Correggio.
Daniela Cortese - RSU/RLS Telecom Italia Sparkle-Roma
Chi vuole aderire all'appello, invii il proprio nominativo, azienda, qualifica e città al seguente indirizzo email: bazzoni_m@tin.it
E se volete vedere gli spot ...
http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/AreaComunicazione/CampagneComunicazione/2010/20100727_Campagna
_Comunicazione_salute_sicurezza.htm
rivolti solo al lavoratore e non a tutti gli “attori” coinvolti.
Dopo aver frantumato il Dlgs 81 del 2008 del Governo Prodi, hanno ben pensato di correggerlo con il decreto correttivo Dlgs 106/09 (sanzioni dimezzate ai datori di lavoro, dirigenti, preposti, arresto in alcuni casi
sostituito con l'ammenda, salvamanager, ecc).
Ora il governo cerca di rifarsi la “verginità” con spot inutili che costano alle nostre tasche ben 9 milioni di euro. Spot non solo inutili, ma anche dannosi per l’immagine di chi ogni giorno rischia la vita, e non perché gli piaccia esercitarsi in sport estremi. Spot che colpevolizzano sottilmente il lavoratore stesso, nascondendo una realtà drammatica: l’attuale organizzazione del lavoro offre ben poche possibilità al lavoratore di ribellarsi a condizioni di lavoro sempre più precarie in tema di sicurezza.
E’ una campagna vergognosa perché oggi il lavoratore ha ben poche possibilità di rispettare lo slogan “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene”, quasi che la mancanza di sicurezza fosse imputabile al
fatto che il lavoratore non vuole bene a se stesso ed ai suoi familiari. Non dice nulla di chi deve garantire la sicurezza per legge, ovvero i datori di lavoro. Sottovaluta i rapporti di forza nei luoghi di lavoro. Non accenna
minimamente al fatto che i lavoratori, specialmente di questi tempi, sono sempre più ricattabili e non hanno possibilità di scegliere di fronte ad un lavoro in nero, un lavoro precario e un lavoro a tempo determinato, mentre devono viceversa sottostare a ritmi da medioevo.
La campagna dovrebbe invece avviare un processo di comunicazione diffusa, in modo da rendere nota a tutti la necessità di un impegno costante da parte di tutti gli “attori” coinvolti, soprattutto di chi deve garantire la sicurezza. Questi spot devono essere sostituiti da una campagna di comunicazione che dovrà puntare sulle responsabilità civili, penali e non ultime anche etico-morali che l’imprenditore deve assumersi per tutelare l’integrita’ delle persone che lavorano per lui.
Via questi spot vergognosi. Pretendiamo viceversa più ispettori ASL e più risorse, affinché la mattanza quotidiana dei lavoratori abbia fine. Non si raggiunga il profitto a tutti i costi e soprattutto non lo si faccia attraverso il sacrificio di vite umane innocenti.
Primi firmatari:
Marco Bazzoni - Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza - Firenze.
Andrea Bagaglio - Medico del Lavoro-Varese.
Leopoldo Pileggi - Rappresentante dei lavoratori per La Sicurezza-Correggio.
Daniela Cortese - RSU/RLS Telecom Italia Sparkle-Roma
Chi vuole aderire all'appello, invii il proprio nominativo, azienda, qualifica e città al seguente indirizzo email: bazzoni_m@tin.it
E se volete vedere gli spot ...
http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/AreaComunicazione/CampagneComunicazione/2010/20100727_Campagna
_Comunicazione_salute_sicurezza.htm
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OLI 273: LAVORO - Salviamo le Cinque Terre anche da Trenitalia
Salviamo le 5 Terre anche da Trenitalia. La tempestività con cui le Ferrovie, a ridosso degli scandali, hanno sospeso il servizio di biglietteria, presso i point gestiti direttamente dall'Ente Parco, lungo le stazioncine tanto amate da centinaia di migliaia di turisti, lascia esterefatti. Ora hanno inviato, dicono, una task force, ovvero il loro personale viaggiante che a ciglio dei binari garantirà il servizio di emissione biglietti. Circa un milione di euro di credito vantano le Ferrovie verso l'Ente Parco, quelle Ferrovie che ogni giorno dell'anno fanno impazzire i pendolari.
Un acuto dispiacere credo abbia pervaso i cittadini per quanto è successo in quella parte di Liguria ormai famosa come Portofino, anzi di più, tra ragazzzi stranieri che arrivano qui apposta e non scendono nella piazzetta dei vip.
Perchè apre il cuore, suscita speranze, l'allegro e incessante viavai
di turisti che salgono, scendono per stradine, sentieri, sciamano per i vicoli dei borghi. Sono famiglie con bambini, adulti, gente di ogni età, scuole, ma soprattutto è tanta gioventù. E molti sono stranieri, vengono da ogni parte del mondo, è un tamtam sulla rete, fra Facebook, un passaparola in Erasmus a visitare quel lembo di terra italiana , patrimonio dell'Unesco.
Funzionava tutto nel Parco, nonostante un sottobosco di innominabili, che ha distrutto una dei vanti della nostra Regione e su cui la magistratura doverosamente accerterà. Perchè intanto FS mette in crisi una gestione davvero accogliente, fatta da 200 ragazzi premurosi ed affabili? Ora da Trenitalia spiegano che è una sospensione temporanea, in attesa che venga saldato il debito, meno di un milione di euro. Proprio le Ferrovie che hanno passivi e disservizi vergognosi e qui hanno un giro di tre milioni di passeggeri.
Al di là degli scandali, malinconici spettacoli per noi cittadini, stanchi, ammutoliti e preoccupati dal presente e dal futuro, salviamo le 5 Terre. E con loro quei 200 ragazzi che ogni giorno, sabato e domenica sempre, vi lavorano, rispondono gentili, sorridenti ad ogni dubbio del turista. Ora rischiano seriamente di essere lasciati a casa, in una Regione già così martoriata per l'occupazione.
Saprà intervenire la politica, anche se si sa le risorse sono poche? Sono lavoratori anche loro questi ragazzi, che non hanno ammortizzatori sociali, solo alle spalle famiglie senza più parole e speranza.
(Bianca Vergati)
Un acuto dispiacere credo abbia pervaso i cittadini per quanto è successo in quella parte di Liguria ormai famosa come Portofino, anzi di più, tra ragazzzi stranieri che arrivano qui apposta e non scendono nella piazzetta dei vip.
Perchè apre il cuore, suscita speranze, l'allegro e incessante viavai
di turisti che salgono, scendono per stradine, sentieri, sciamano per i vicoli dei borghi. Sono famiglie con bambini, adulti, gente di ogni età, scuole, ma soprattutto è tanta gioventù. E molti sono stranieri, vengono da ogni parte del mondo, è un tamtam sulla rete, fra Facebook, un passaparola in Erasmus a visitare quel lembo di terra italiana , patrimonio dell'Unesco.
Funzionava tutto nel Parco, nonostante un sottobosco di innominabili, che ha distrutto una dei vanti della nostra Regione e su cui la magistratura doverosamente accerterà. Perchè intanto FS mette in crisi una gestione davvero accogliente, fatta da 200 ragazzi premurosi ed affabili? Ora da Trenitalia spiegano che è una sospensione temporanea, in attesa che venga saldato il debito, meno di un milione di euro. Proprio le Ferrovie che hanno passivi e disservizi vergognosi e qui hanno un giro di tre milioni di passeggeri.
Al di là degli scandali, malinconici spettacoli per noi cittadini, stanchi, ammutoliti e preoccupati dal presente e dal futuro, salviamo le 5 Terre. E con loro quei 200 ragazzi che ogni giorno, sabato e domenica sempre, vi lavorano, rispondono gentili, sorridenti ad ogni dubbio del turista. Ora rischiano seriamente di essere lasciati a casa, in una Regione già così martoriata per l'occupazione.
Saprà intervenire la politica, anche se si sa le risorse sono poche? Sono lavoratori anche loro questi ragazzi, che non hanno ammortizzatori sociali, solo alle spalle famiglie senza più parole e speranza.
(Bianca Vergati)
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REGIONE
OLI273: REGIONE - Uomini e uccelli
L’art. 1 della legge 157 del 1992 recita: “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale”, ma la Regione Liguria, relativamente al significato del termine “indisponibile”, deve avere delle vedute piuttosto elastiche. Infatti, unica regione d’Italia, ha approvato una legge che consente ai cacciatori di sparare fino a mezz’ora dopo il tramonto, con 25 consiglieri a favore, 5 contrari e molte assenze variamente motivate.
La legge approvata ha il singolare pregio di mettere (quasi) tutti d’accordo: infatti è stata votata da Lega Nord, Partito Democratico - guidato dal cacciatore Ferrando, UDC, “Noi con Burlando” e dalla signora Fusco dell’IDV. Contro, solo la Federazione della Sinistra e i consiglieri Scialfa, Quaini e Piredda dell’IDV. Altri consiglieri (Rossi, Siri e Pellerano) si sono allontanati dall’aula, appellandosi alla illegittimità del provvedimento.
Questo provedimento si propone di modificare la legge regionale del 1994 che fissava al tramonto il limite agli spari, in accordo con la legge quadro nazionale 157.
Ricordiamo che un precedente tentativo di modificare la legge regionale, portato avanti sempre dalla Regione Liguria, presidenza Biasotti, era stato respinto, perché in contrasto con essa.
Inoltre, in questa storia, interviene anche un profilo costituzionale, cioè quello che afferma l’esigenza di uno ‘standard’ di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, mentre “a livello regionale eventuali deroghe agli standard minimi di tutela fissati nella legislazione statale, sono consentite soltanto per la salvaguardia degli interessi generali” (vedi sentenza 226/2003 della Corte Costituzionale, in merito ad una legge venatoria della Regione Puglia).
Provvedimento di dubbia validità, quindi, oltre che fraudolento nel rapporto fra uomo, cacciatore con armi e uccelli, colti in un momento di debolezza, quando cercano rifugio e riposo al termine di una giornata trascorsa a procurarsi il cibo e ad arricchire i nostri cieli e il nostro mondo.
Chi ha votato contro il provvedimento ha sostenuto che esso aumenta i pericoli anche per i cacciatori, anch’essi sottoposti alle leggi della fatica, della diminuzione della vista con il buio e dello stress da bisogno di successo (spesso frustrato). E ha ragione.
E’ molto probabile che questo provvedimento non abbia futuro. E questo ci auguriamo mossi anche da quel sentimento di pietas per il creato la cui assenza sta inaridendo il nostro vivere. E poi se gli uccelli non votano, e questo sicuramente impoverisce la nostra democrazia, i cacciatori non son più quella grande lobby di una volta, passati come sono in Liguria dai 70mila degli anni ’80 del secolo scorso ai 20mila di oggi.
Però guardiamo il cielo, perché anche gli uccelli si incazzano! E circola voce che potrebbero decidere di cambiare regione, se non stato, anche quelli non cacciabili, per solidarietà di specie, e perché dopo il tramonto si fidano ancora meno della capacità di discernere dei cacciatori.
(Angelo Guarnieri)
La legge approvata ha il singolare pregio di mettere (quasi) tutti d’accordo: infatti è stata votata da Lega Nord, Partito Democratico - guidato dal cacciatore Ferrando, UDC, “Noi con Burlando” e dalla signora Fusco dell’IDV. Contro, solo la Federazione della Sinistra e i consiglieri Scialfa, Quaini e Piredda dell’IDV. Altri consiglieri (Rossi, Siri e Pellerano) si sono allontanati dall’aula, appellandosi alla illegittimità del provvedimento.
Questo provedimento si propone di modificare la legge regionale del 1994 che fissava al tramonto il limite agli spari, in accordo con la legge quadro nazionale 157.
Ricordiamo che un precedente tentativo di modificare la legge regionale, portato avanti sempre dalla Regione Liguria, presidenza Biasotti, era stato respinto, perché in contrasto con essa.
Inoltre, in questa storia, interviene anche un profilo costituzionale, cioè quello che afferma l’esigenza di uno ‘standard’ di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, mentre “a livello regionale eventuali deroghe agli standard minimi di tutela fissati nella legislazione statale, sono consentite soltanto per la salvaguardia degli interessi generali” (vedi sentenza 226/2003 della Corte Costituzionale, in merito ad una legge venatoria della Regione Puglia).
Provvedimento di dubbia validità, quindi, oltre che fraudolento nel rapporto fra uomo, cacciatore con armi e uccelli, colti in un momento di debolezza, quando cercano rifugio e riposo al termine di una giornata trascorsa a procurarsi il cibo e ad arricchire i nostri cieli e il nostro mondo.
Chi ha votato contro il provvedimento ha sostenuto che esso aumenta i pericoli anche per i cacciatori, anch’essi sottoposti alle leggi della fatica, della diminuzione della vista con il buio e dello stress da bisogno di successo (spesso frustrato). E ha ragione.
E’ molto probabile che questo provvedimento non abbia futuro. E questo ci auguriamo mossi anche da quel sentimento di pietas per il creato la cui assenza sta inaridendo il nostro vivere. E poi se gli uccelli non votano, e questo sicuramente impoverisce la nostra democrazia, i cacciatori non son più quella grande lobby di una volta, passati come sono in Liguria dai 70mila degli anni ’80 del secolo scorso ai 20mila di oggi.
Però guardiamo il cielo, perché anche gli uccelli si incazzano! E circola voce che potrebbero decidere di cambiare regione, se non stato, anche quelli non cacciabili, per solidarietà di specie, e perché dopo il tramonto si fidano ancora meno della capacità di discernere dei cacciatori.
(Angelo Guarnieri)
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