martedì 6 luglio 2010

Oli 268: PUBBLICITA' - Un altro punto di vista

Partendo e arrivando nelle stazioni ferroviarie d'Italia da circa un mese ci si sente inspiegabilmente osservati. Sono esseri viventi, in gruppo o da soli, che ci guardano da cartelloni pubblicitari dallo sfondo cupo, senza ammiccare. Uomini e donne, nudi, o forse cani e gatti per via della maschera che indossano? Nessun golden retriever che ispira tenerezza o mellifluo gatto che annusa un patè raffinato, nessun bikini o jeans attillato in zona pubica, ad ostentare i gioielli di famiglia. Semplicemente, naturalmente nudi. Al punto che ci si sorprende a domandarsi chi guardi chi, animale-uomo, uomo-animale. Un ambiguità che nulla ha a che vedere con i baci saffici di alcune patinate pubblicità, che corre invece sul sottile confine tra uomo ed animale. 
Si tratta di una campagna pubblicitaria di alimenti per animali firmata da Oliviero Toscani. Forse basta quest'ultimo particolare a dar adito a polemiche, insieme alla nudità dei soggetti fotografati. Il Secolo XIX ha recentemente pubblicato una lettera di un gruppo di studentesse e professoresse dell'Istituto Duchessa di Galliera di Genova, infastidite dall'esibizione strumentale del nudo femminile. Su facebook è apparso qualche sparuto gruppo che si oppone all'oscenità della campagna, il dibattito è poi attivissimo sulla pagina facebook della stessa azienda che l'ha commissionata. 
Proviamo però a guardare la questione da un altro punto di vista, parafrasando lo slogan di questa pubblicità. Senza chiederci quale messaggio Toscani voglia trasmetterci, se le sue immagini ci piacciano o meno, se siano in linea con il prodotto o ci sia invece una relazione strumental-provocatoria. Domandiamoci la ragione profonda del fastidio che evocano. Difficilmente si potrà ravvisare nell'ostentazione di un corpo nudo, quando ormai curve ed avvenenza, nel bene e nel male, sembrano diventate essenziali elementi del successo in ogni campo. Il turbamento nasce laddove scorgiamo in quei corpi con i volti coperti una naturale ferinità che ci appartiene, ma che rifuggiamo. Perfettamente complementare alla pratica quotidiana dell'umanizzazione degli animali domestici, la ferinità, nella sua accezione positiva, non feroce, è un punto di incontro tra noi e loro, una comunanza sulla quale fondare il rispetto della natura e degli esseri che reciprocamente la abitano. 
La maturità, non solo sessuale, par essere inversamente proporzionale alla sua esibizione...
(Maria Alisia Poggio)


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